Ordinanza di Cassazione Civile Sez. L Num. 16193 Anno 2025
Civile Ord. Sez. L Num. 16193 Anno 2025
Presidente: NOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 16/06/2025
ORDINANZA
sul ricorso 4552-2023 proposto da:
MINISTERO DELL’INTERNO, in persona del Ministro pro tempore, rappresentato e difeso ope legis dall’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO;
– ricorrente –
contro
COGNOME rappresentato e difeso dall’avvocato NOME COGNOME
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 51/2023 della CORTE D’APPELLO di L’AQUILA, depositata il 26/01/2023 R.G.N. 92/2022;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 27/03/2025 dal Consigliere Dott. NOME COGNOME
RILEVATO IN FATTO
che, con sentenza depositata il 26.1.2023, la Corte d’appello dell’Aquila, in riforma della pronuncia di primo grado, ha accolto
Oggetto
Vittime del dovere
R.G.N. 4552/2023
COGNOME
Rep.
Ud. 27/03/2025
CC
la domanda di NOME COGNOME volta al riconoscimento dei benefici spettanti alle vittime del dovere ex art. 1, l. n. 266/2005, in relazione alle lesioni riportate in data 16.5.1999; che avverso tale pronuncia il Ministero dell’Interno ha proposto ricorso per cassazione, deducendo quattro motivi di censura; che NOME COGNOME ha resistito con controricorso, successivamente illustrato con memoria;
che, chiamata la causa all’adunanza camerale del 27.3.2025, il Collegio ha riservato il deposito dell’ordinanza nel termine di giorni sessanta (articolo 380bis .1, comma 2°, c.p.c.);
CONSIDERATO IN DIRITTO
che, con il primo motivo di censura, il Ministero ricorrente denuncia violazione e falsa applicazione degli artt. 2934, 2935 e 2943 c.c. per avere la Corte di merito ritenuto che la condizione di vittima del dovere costituisse uno status e conseguentemente fosse imprescrittibile, salva nondimeno la prescrizione dei ratei delle singole prestazioni assistenziali ad essa correlate;
che, con il secondo motivo, il ricorrente lamenta violazione degli artt. 2934, 2935 e 2946 c.c. per non avere la Corte territoriale comunque considerato che, costituendo l’assegno vitalizio mensile ex art. 2, l. n. 407/1998, e lo speciale assegno vitalizio ex art. 5, comma 3, l. n. 206/2004, oggetto di un’obbligazione unica, ancorché adempiuta periodicamente, la proposizione della domanda oltre il termine prescrizionale avrebbe determinato l’estinguersi dell’obbligazione e non soltanto dei singoli ratei;
che, con il terzo motivo, il ricorrente si duole di violazione e falsa applicazione dell’art. 2, comma 1, l. n. 407/1998, e dell’art. 5, comma 3, l. n. 206/2004, per avere i giudici territoriali accolto la domanda concernente l’assegno vitalizio reversibil e e lo
speciale assegno vitalizio non reversibile senza prima accertare la percentuale di invalidità residuata in capo all’odierno controricorrente;
che, con il quarto motivo, il ricorrente deduce violazione e falsa applicazione dell’art. 2, d.P.R. n. 510/1999, per avere la Corte di merito pronunciato sentenza di condanna anche in relazione ai benefici dell’esenzione dalla compartecipazione alle spese sanitarie e dell’assistenza psicologica a spese dello Stato, rispetto ai quali difetterebbe la legitimatio ad causam , essendo posti a carico del Servizio Sanitario Nazionale;
che il primo motivo è infondato, avendo i giudici territoriali deciso conformemente alla giurisprudenza consolidata di questa Corte secondo cui la condizione di vittima del dovere, tipizzata dall’art. 1, commi 563 -564, l. n. 266/2005, ha natura di status , con conseguente imprescrittibilità dell’azione volta al suo accertamento, ancorché non dei benefici economici che in tale status trovano il loro presupposto, quali i ratei delle prestazioni assistenziali previste dalla legge (Cass. n. 17440 del 2022, cui hanno dato continuità, tra le molte, Cass. nn. 37522 del 2022, 3868 e 8960 del 2023, 9449 e 15461 del 2024, 617 e 2658 del 2025);
che del pari infondato è il secondo motivo, avendo questa Corte già disatteso l’apodittica prospettazione di parte ricorrente secondo cui l’assegno vitalizio mensile ex art. 2, l. n. 407/1998, e lo speciale assegno vitalizio ex art. 5, comma 3, l. n. 206/2 004, formerebbero oggetto di un’obbligazione unica, ancorché adempiuta periodicamente, e affermato piuttosto che entrambi danno luogo ad una prestazione periodica, con conseguente applicabilità della regola generale della prescrizione dei singoli ratei (Cass. nn. 36225 del 2023 e 5426 del 2025);
che il terzo motivo è inammissibile, essendo volto ad introdurre la questione del profilo dell’effettiva entità delle lesioni subite dall’odierno controricorrente, che è questione di fatto di cui la sentenza impugnata nulla dice e che dal ricorso per cassazione non risulta essere mai stata proposta nei precedenti gradi di merito;
che il quarto motivo, infine, è infondato, risultando dal petitum del ricorso introduttivo del giudizio che l’odierno controricorrente ebbe a chiedere non già la condanna del Ministero dell’Interno alla corresponsione dei benefici assistenziali concernenti l’esenzione dalla compartecipazione alle spese sanitarie e l’ass istenza psicologica a spese dello Stato, bensì soltanto la declaratoria del diritto ad ottenerli (cfr. pag. 3 del ricorso per cassazione, dove la domanda è debitamente trascritta), che è pronuncia che, essendo strettamente correlata all’accertamento dello status e destinata a valere erga omnes , correttamente è stata proposta nei confronti dell’odierno ricorrente, la legittimazione degli organi competenti del Servizio Sanitario Nazionale potendo venire in rilievo soltanto allorché si controverta della qualità e della misura dell’esenzione ovvero dell’assistenza psicologica;
che il ricorso, conclusivamente, va rigettato, provvedendosi come da dispositivo sulle spese del giudizio di legittimità, che seguono la soccombenza e si distraggono come da richiesta del difensore antistatario;
che non v’ha luogo a pronuncia circa il versamento dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, essendo le amministrazioni dello Stato esentate dal pagamento delle imposte e tasse che gravano sul processo in virtù della c.d. prenotazione a debito;
La Corte rigetta il ricorso e condanna parte ricorrente alla rifusione delle spese del giudizio di legittimità, che si liquidano in € 4.200,00, di cui € 4.000,00 per compensi, oltre spese generali in misura pari al 15% e accessori di legge, e si distraggon o in favore dell’Avv. NOME COGNOME dichiaratosi antistatario.
Dispone che, in caso di utilizzazione della presente decisione in qualsiasi forma, per finalità di informazione scientifica su riviste giuridiche, supporti elettronici o mediante reti di comunicazione elettronica, sia omessa l’indicazione delle generalità e degli altri dati identificativi di parte controricorrente.
Così deciso in Roma, nell’adunanza camerale del 27.3.2025.