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Vittime del dovere: la Cassazione sui criteri di calcolo

La Corte di Cassazione ha stabilito un principio fondamentale per il calcolo dei benefici per le vittime del dovere. Con una recente ordinanza, ha chiarito che per determinare la percentuale di invalidità è obbligatorio confrontare due diverse tabelle di valutazione e applicare quella che risulta più favorevole al danneggiato. La sentenza di merito che aveva applicato un solo criterio, sfavorendo la vittima, è stata annullata con rinvio per una nuova valutazione.

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Pubblicato il 2 settembre 2025 in Diritto Civile, Diritto del Lavoro, Giurisprudenza Civile

Vittime del dovere: la Cassazione impone il criterio di calcolo più favorevole

Con una recente ordinanza, la Corte di Cassazione è intervenuta su un tema di grande importanza sociale e giuridica: il calcolo dell’invalidità per le vittime del dovere. La decisione chiarisce in modo definitivo che la valutazione deve sempre seguire il principio del favor laesi, ovvero l’applicazione del criterio che garantisce il risultato più vantaggioso per la persona danneggiata. Questa pronuncia rappresenta una tutela fondamentale per chi ha subito danni permanenti nell’adempimento dei propri doveri verso la collettività.

I Fatti di Causa

Il caso nasce dalla domanda di un cittadino volta a ottenere il riconoscimento dei benefici spettanti alle vittime del dovere. Inizialmente, la Corte d’Appello, decidendo a seguito di un precedente rinvio della Cassazione, aveva accolto la domanda, quantificando però l’invalidità permanente in una misura del 21%. Questa valutazione era stata effettuata sulla base dei criteri indicati dalle tabelle allegate al d.m. 5.2.1992.

Ritenendo errata e penalizzante tale metodologia di calcolo, il cittadino ha presentato un nuovo ricorso in Cassazione. Il motivo della contestazione era chiaro: la Corte d’Appello non aveva applicato correttamente la normativa di riferimento, in particolare gli articoli 3 e 4 del d.P.R. n. 181/2009, che prevedono un meccanismo di calcolo specifico e più tutelante.

La normativa sul calcolo per le vittime del dovere

Il cuore della controversia risiede nell’interpretazione delle norme che regolano la quantificazione del danno. Il ricorrente sosteneva che la Corte d’Appello avesse erroneamente applicato i criteri di cui all’art. 5 del d.P.R. n. 243/2006, ignorando le disposizioni del d.P.R. n. 181/2009.

Quest’ultimo decreto, all’art. 3, stabilisce che per l’accertamento dell’invalidità permanente si deve procedere scegliendo il valore più favorevole tra due diverse determinazioni:
1. Quella basata sulle tabelle per i gradi di invalidità civile (d.m. 5 febbraio 1992).
2. Quella basata sulle tabelle A, B, E ed F1 annesse al d.P.R. n. 915/1978 (relative alle pensioni di guerra e di servizio).

Inoltre, l’art. 4 dello stesso d.P.R. n. 181/2009 specifica che la valutazione deve comprendere anche il danno biologico e il danno morale, offrendo una tutela più completa.

Le Motivazioni della Decisione

La Corte di Cassazione ha accolto integralmente il ricorso, giudicando fondata la censura del ricorrente. Gli Ermellini hanno rilevato un evidente errore di diritto nella sentenza impugnata. La Corte d’Appello, infatti, si era limitata ad applicare una sola delle due tabelle previste dalla legge, senza effettuare il necessario confronto per individuare il risultato più vantaggioso per la vittima.

Richiamando una precedente e fondamentale pronuncia delle Sezioni Unite (Cass. S.U. n. 6214 del 2022), la Corte ha ribadito che il d.P.R. n. 181/2009 svolge una funzione selettivo-regolativa. Ciò significa che i criteri in esso contenuti non sono opzionali, ma obbligatori per tutte le liquidazioni dei benefici per le vittime del dovere. Di conseguenza, il giudice di merito ha il dovere di quantificare l’invalidità complessiva utilizzando i parametri medico-legali degli articoli 3 e 4 del citato decreto.

La sentenza impugnata è stata quindi cassata perché, non avendo proceduto a scegliere il valore più favorevole tra i due possibili, ha violato direttamente l’art. 3 del d.P.R. n. 181/2009.

Conclusioni

L’ordinanza in esame stabilisce un principio invalicabile a tutela delle vittime del dovere: nel determinare la percentuale di invalidità, l’autorità giudiziaria non può limitarsi a un’applicazione meccanica di una singola tabella, ma deve obbligatoriamente effettuare un confronto tra i diversi sistemi di valutazione previsti dalla legge e applicare quello che porta a un riconoscimento maggiore per il danneggiato. Questa decisione non solo garantisce una corretta applicazione della legge, ma rafforza concretamente la protezione di coloro che hanno subito gravi menomazioni al servizio dello Stato, assicurando che il risarcimento sia equo e completo, includendo tutte le componenti del danno, da quello lavorativo a quello biologico e morale.

Quali criteri devono essere utilizzati per calcolare l’invalidità delle vittime del dovere?
Per calcolare la percentuale di invalidità, è obbligatorio applicare i criteri previsti dall’art. 3 del d.P.R. n. 181/2009. Questo impone di scegliere il valore più favorevole al danneggiato tra quello determinato secondo le tabelle del d.m. 5.2.1992 e quello calcolato in base alle tabelle annesse al d.P.R. n. 915/1978.

È sufficiente applicare un solo set di tabelle per la valutazione?
No. Secondo la Corte di Cassazione, limitarsi ad applicare un solo set di tabelle senza effettuare il confronto per determinare il risultato più vantaggioso costituisce un errore di diritto che rende la sentenza annullabile.

La valutazione dell’invalidità deve includere anche il danno biologico e morale?
Sì. La Corte ha confermato che il calcolo deve seguire le previsioni dell’art. 4 del d.P.R. n. 181/2009, il quale prevede espressamente che nella determinazione della percentuale di invalidità si tenga conto anche del danno biologico e del danno morale.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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