Ordinanza di Cassazione Civile Sez. L Num. 14603 Anno 2025
Civile Ord. Sez. L Num. 14603 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: NOME
Data pubblicazione: 30/05/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 14122/2024 R.G. proposto da : MINISTERO DELLA DIFESA, elettivamente domiciliato in ROMA INDIRIZZO presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO (NUMERO_DOCUMENTO), che lo rappresenta e difende
-ricorrente-
contro
COGNOME NOME, elettivamente domiciliato in ROMA INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato COGNOME NOME COGNOME (CODICE_FISCALE che lo rappresenta e difende -controricorrente- avverso SENTENZA di CORTE D’APPELLO PERUGIA n. 172/2023 depositata il 09/12/2023.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 12/03/2025 dal Consigliere NOME COGNOME
FATTI DI CAUSA
1.La Corte d’appello di Perugia confermava la sentenza del Tribunale di Spoleto, che aveva dichiarato il diritto di NOME COGNOME, colonnello dell’Esercito Italiano, già riconosciuto in sede amministrativa soggetto equiparato alle vittime del dovere, alla valutazione della invalidità permanente secondo i criteri fissati dal dPR n. 181/2009 in luogo dei criteri di cui al precedente dPR n. 243/2006, applicati dalla Commissione medica e, per l’effetto , aveva determinato la invalidità complessiva nella maggiore misura del 48,5% dalla data della domanda amministrativa (8 settembre 2008 ) e condannato il MINISTERO DELLA DIFESA al pagamento delle differenze sul trattamento economico riconosciuto, oltre interessi legali, decorrenti dal 120° giorno successivo alla presentazione della domanda amministrativa.
2.Per quanto ancora in discussione, la Corte territoriale respingeva il quarto motivo dell’appello principale del Ministero, con il quale la amministrazione si doleva della condanna al pagamento degli interessi legali sulle differenze economiche riconosciute, deducendo che la normativa di riferimento prevedeva il pagamento soltanto della rivalutazione monetaria annuale.
Osservava che la norma richiamata dal Ministero (articolo 8 l. n. 302/1990) riguardava unicamente il riconoscimento della rivalutazione monetaria ma nulla diceva in ordine agli interessi legali, che rappresentavano accessori diversi e maturavano di diritto.
3.Proponeva ricorso per la cassazione della sentenza il MINISTERO DELLA DIFESA, articolato in un unico motivo di censura, cui resisteva con controricorso NOME COGNOME
4.A seguito di formulazione della proposta di definizione accelerata del giudizio per la manifesta infondatezza delle censure, il MINISTERO DELLA DIFESA ha presentato istanza di decisione ai sensi del secondo comma dell’art. 380bis c.p.c., all’esito della quale è stata fissa la odierna adunanza camerale.
MOTIVI DELLA DECISIONE
1.Con l’unico motivo di censura il Ministero ha dedottoai sensi dell’articolo 360 n.3 c.p.c.la violazione e falsa applicazione dell’art. 8, comma 2, l. n. 302/1990; si sostiene che il disposto normativo detterebbe un regime speciale rispetto alla normativa applicabile ai pubblici dipendenti in tema di rivalutazione ed interessi (art. 16, comma 6, della legge 30 dicembre 1991, n. 412; art. 22, comma 36, della legge 23 dicembre 1994, n. 724).
2. Il ricorso è infondato.
Giova premettere che il riconoscimento dello status di vittima del dovere o soggetto equiparato (articolo 1, commi 563 e 564, l. 23 dicembre 2005 n. 266), la cui ricorrenza non è in questione, comporta l’attribuzione di plurimi benefici ed, in particolare, sotto il profilo delle elargizioni economiche dirette:
-ai sensi dell’art. 4 comma 1 lett. a ) dPR n. 243/2006: il pagamento della speciale elargizione una tantum prevista dalla l. n. 302 del 1990, art. 1, corrisposta in proporzione alla percentuale di invalidità riportata, in ragione di 2.000 euro per ogni punto percentuale, nella misura massima di 200.000 euro (art.5, comma 1, l. 3 agosto 2004 n. 206 e art.34, comma 1, d.l. 1° ottobre 2007 n. 159, conv. con mod., in l. novembre 2007, n. 222).
-ai sensi dell’art. 4 comma 1 lett. b ) dPR n. 243/2006: la corresponsione dell’assegno vitalizio di cui all’art. 2 l. 23 novembre 1998 n. 407, in caso di invalidità permanente non inferiore ad un quarto della capacità lavorativa, nella misura di € 500 mensili (Cass. Sez. Un. 7761/2017);
-ai sensi dell’art. 2, comma 105, l. 24 dicembre 2007, n. 244: il pagamento dello speciale assegno vitalizio previsto dalla l. 3 agosto 2004 n. 206, art. 5, commi 3 e 4, sempre in caso di invalidità permanente non inferiore ad un quarto della capacità lavorativa, pari ad € 1.033 mensili.
3.1. La norma dell’articolo 8, comma 2, l. n. 302/1990, di cui il MINISTERO DELLA DIFESA lamenta la violazione, si riferisce alla
rivalutazione della speciale elargizione una tantum prevista dalla stessa legge e non anche agli assegni vitalizi di cui alle leggi n.407/1998, art. 2 e n. 206/2004, art. 5, per i quali le leggi attributive hanno previsto altri meccanismi di adeguamento ed, in particolare, la applicazione della perequazione automatica di cui all’articolo 11 del d.lgs. 30 dicembre 1992 n. 503.
Così chiariti i limiti della censura, si rileva che a tenore dell’articolo 8, commi 1 e 2, l. n. 302/1990 la speciale elargizione una tantum , di cui si è detto, è soggetta ad una automatica rivalutazione annuale, in misura pari al tasso di inflazione accertato per l’anno precedente, sulla base dei dati ufficiali ISTAT.
Funzione della norma è quella di mantenere inalterato nel tempo il valore reale dell’importo economico fissato dal legislatore, mettendolo al riparo da eventuali fenomeni di inflazione.
4.1. E’ evidente la diversità della funzione assolta invece dagli interessi e/o dalla rivalutazione dovuti, a norma di legge, in caso di mancato o ritardato adempimento di una obbligazione, di valuta o di valore: in tale ipotesi interessi e/o rivalutazione non costituiscono il fisiologico adeguamento, nel tempo, di un importo determinato in misura fissa dal legislatore storico ma la risposta dell’ordinamento ad un inadempimento o ad un adempimento non corretto del soggetto obbligato.
Quanto alle prestazioni riconosciute in favore delle vittime del dovere e dei soggetti equiparati, questa Corte di cassazione ha da tempo affermato che esse hanno natura assistenziale (Cass. n. 22753 del 2018; Cass. n. 23300 del 2016).
5.1. Viene, dunque, in rilievo il regime della rivalutazione monetaria e degli interessi dovuti in relazione ai crediti per prestazioni previdenziali e assistenziali estinti in ritardo.
In particolare, trova applicazione l’art. 22, comma 36, l. 23 dicembre 1994 n. 724, a tenore del quale l’articolo 16, comma 6, legge 30 dicembre 1991 n. 412 si applica anche agli emolumenti di natura assistenziale (per i
quali non sia maturato il diritto alla percezione entro il 31 dicembre 1994) spettanti ai dipendenti pubblici, in attività di servizio o in quiescenza.
Il richiamato articolo 16,comma 6, relativo agli enti che gestiscono forme di previdenza obbligatoria, sancisce che sulle prestazioni dovute decorrono gli interessi dal momento di scadenza del termine previsto per la adozione del provvedimento sulla domanda (laddove quest’ultima risulti completa); inoltre, l’importo dovuto a titolo di interessi è portato in detrazione dalle somme eventualmente spettanti a ristoro del maggior danno subito dal titolare della prestazione per la diminuzione del valore del suo credito, in ragione del ritardo nel pagamento.
In questo senso il Collegio non ritiene di dare continuità alla affermazione, contenuta in Cass. n. 2664/2025, sulla base di Cass. n. 11013/2022, secondo cui in caso di ritardato pagamento delle prestazioni dovute alle vittime del dovere trova applicazione il regime generale di cui all’articolo 442 c.p.c., per come integrato dalle sentenze della Corte costituzionale n. 156 del 1991 e n. 196 del 1993, che prevede il cumulo di rivalutazione monetaria ed interessi legali.
La sentenza impugnata, che ha riconosciuto gli interessi sulle prestazioni economiche dovute, a decorrere dal 120 ^ giorno successivo alla presentazione della domanda amministrativa, si sottrae, pertanto, alle censure mosse in ricorso.
Il ricorso deve essere, in conclusione, respinto.
6. La novità della questione trattata giustifica la compensazione delle spese di giudizio. La esistenza di precedenti di questa Corte che hanno diversamente inquadrato la fattispecie di causa costituisce, altresì, ragione per mandare esente la parte dalla sanzione di cui all’articolo 96 , comma 4, c.p.c. Cass. Sez.U. n. 36069/2023 ha chiarito, infatti, che la norma dell’art. 380 bis ultimo comma c.p.c. codifica, attraverso una valutazione legale tipica, un’ipotesi di abuso del processo ma non prevede l’applicazione automatica delle sanzioni ivi previste, che resta affidata alla valutazione delle caratteristiche del caso concreto, in base ad un’interpretazione costituzionalmente compatibile del nuovo istituto.
Da ultimo, trova applicazione il principio secondo cui il giudice dell’impugnazione, ove pronunci l’integrale rigetto o l’inammissibilità o la improcedibilità dell’impugnazione, può esimersi dalla attestazione della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento di un ulteriore importo del contributo unificato quando la debenza del contributo unificato iniziale sia esclusa dalla legge in modo assoluto e definitivo (Cass. SU 20 febbraio 2020 n. 4315). L’ Amministrazione dello Stato, a tenore del D.P.R. 30 maggio 2002 n. 115, mediante il meccanismo della prenotazione a debito, è esentata dal pagamento delle imposte e tasse che gravano sul processo.
P. Q. M.
La Corte rigetta il ricorso. Compensa le spese.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio del 12 marzo 2025