Ordinanza di Cassazione Civile Sez. L Num. 34772 Anno 2024
Civile Ord. Sez. L Num. 34772 Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 28/12/2024
ORDINANZA
sul ricorso 29529-2019 proposto da:
COGNOME NOME, domiciliata in ROMA, INDIRIZZO presso LA CANCELLERIA DELLA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE, rappresentata e difesa dall’avvocato NOME COGNOME
– ricorrente –
contro
MINISTERO DELL’INTERNO, in persona del Ministro pro tempore, rappresentato e difeso ex lege dall’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO presso i cui Uffici domicilia in ROMA, alla INDIRIZZO
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 584/2019 della CORTE D’APPELLO di REGGIO CALABRIA, depositata il 17/06/2019 R.G.N. 734/2017; udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 29/10/2024 dal Consigliere Dott. NOME COGNOME
Oggetto
R.G.N. 29529/2019
COGNOME
Rep.
Ud. 29/10/2024
CC
R.G. 29529/19
Rilevato che:
Con sentenza del giorno 17.6.2019 n. 584, la Corte d’appello di Reggio Calabria respingeva l’appello proposto da NOME NOME avverso la sentenza del Tribunale di Palmi che aveva respinto la domanda proposta da quest’ultima, avverso il Ministero dell’Inter no, volta a chiedere, in quanto figlia di NOME NOME, ucciso il 7.11.1987 a seguito di agguato mafioso, l’erogazione dei benefici previsti dalla legge n. 302/90, a favore delle vittime innocenti del terrorismo e della criminalità organizzata.
La Corte d’appello, nel confermare la sentenza di primo grado, ha ribadito che il requisito dell’estraneità ad ambienti e rapporti delinquenziali costituisce requisito costitutivo per il riconoscimento dei benefici oggetto di controversia, con onere della prova a carico del richiedente, nella specie non assolto.
Avverso la sentenza della Corte d’appello, NOME COGNOME ricorre per cassazione, sulla base di cinque motivi, illustrati da memoria, mentre il Ministero dell’Interno resiste con controricorso.
Il Collegio riserva ordinanza, nel termine di sessanta giorni dall’adozione della decisione in camera di consiglio.
Considerato che:
Con il primo motivo di ricorso, la ricorrente deduce il vizio di violazione di legge, in particolare, degli artt. 1, 2, 4, 7 e 9 bis della legge n. 302/90, dell’art. 11 disp. prel., dell’art. 34 comma 1 della legge n. 222/07 e dell’art. 2 comma 105 della l egge n. 244/07, in relazione all’art. 360 primo comma n. 3 c.p.c., e il vizio di nullità della sentenza, in relazione all’art. 360 primo comma n. 4 c.p..c, perché la Corte d’appello non aveva correttamente valutato la circostanza che la Mileto era già stata
riconosciuta familiare di vittima innocente della criminalità organizzata.
Con il secondo motivo di ricorso, la ricorrente deduce il vizio di violazione di legge, in particolare, dell’art. 2 quinquies della legge n. 94/09, in relazione all’art. 360 comma 1 n. 3 c.p.c., nonché il vizio di nullità della sentenza, in relazione all ‘art. 360 primo comma n. 4 c.p.c., perché la Corte d’appello aveva fatto un’applicazione retroattiva della norma di cui alla rubrica, che aveva introdotto ulteriori requisiti per accedere al beneficio, in particolare, in riferimento al coniuge, al convivente e ai parenti ed affini entro il quarto grado dei beneficiari, rispetto ai quali non dovevano sussistere gli elementi controindicativi, menzionati nel citato art. 2 -quinquies, quali avere in corso un procedimento o avere applicata una misura di prevenzione o procedimenti penali di cui all’art. 51 comma 3 bis del c.p.p.
Con il terzo motivo di ricorso, la ricorrente deduce il vizio di violazione di legge, in particolare, degli artt. 416 commi 1 e 3 e 437 comma 2 c.p.c., in relazione all’art. 360 comma 1 nn. 3 e 5 c.p.c. e il vizio di nullità della sentenza, in relazione al ‘art. 360 comma 1 n. 4 c.p.c., perché, erroneamente, la Corte d’appello aveva fondato la propria decisione su documenti prodotti tardivamente da parte dell’Amministrazione resistente, quali allegati alla memoria di costituzione in giudizio (in particolare, la nota della divisione della Polizia anticrimine della Questura di Reggio Calabria del 25.8.11 e l’Informativa del Commissariato PS di Cittanova del 10.9.10).
Con il quarto motivo di ricorso, la ricorrente deduce il vizio di violazione di legge, in particolare, dell’art. 437 c.p.c., in relazione all’art. 360 primo comma n. 3 c.p.c., perché erroneamente, la Corte d’appello aveva ritenuto inammissibile
la documentazione prodotta dalla ricorrente solo in grado di appello, ‘per la sua assoluta irrilevanza ai fini del decidere’ .
Con il quinto motivo di ricorso, la ricorrente deduce il vizio di violazione di legge, in particolare, dell’art.9 bis della legge n. 309/90, in relazione all’art. 360 primo comma n. 3 c.p.c., perché la Corte d’appello aveva errato nel valutare la prova documentale versata in atti, perché NOME era già stata riconosciuta familiare di vittima innocente della criminalità organizzata e, pertanto, aveva già dimostrato, ai sensi e per gli effetti di cui all’art. 9 bis della legge n. 302/90, l’estraneit à ad ambienti delinquenziali.
Il primo, terzo, quarto e quinto motivo di ricorso, che possono essere oggetto di un esame congiunto, sono inammissibili, perché volti a contestare la valutazione di alcune circostanze di fatto (primo motivo), oppure la valutazione del materiale istruttorio (terzo, quarto e quinto motivo), chiedendo, in sostanza una nuova valutazione del merito della controversia, che è di competenza esclusiva del giudice del merito ed incensurabile in cassazione, se non nei limiti di cui all’art. 360 primo comma n. 5 c.p.c, novellato.
Il secondo motivo è, in via preliminare, inammissibile, in quanto già la Corte d’appello ha rilevato come il tribunale non aveva correlato in alcun modo la decisione di rigetto della domanda alla novella del testo normativo intervenuta a decorrere dall’ago sto del 2009, con la legge n. 94/09 (che aveva esteso ai parenti ed affini entro il quarto grado della vittima di reati per criminalità organizzata, la condizione di non risultare coinvolti in reati di criminalità organizzata, ex art. 51 comma 3 bis c.p.p. o ave re in corso un procedimento per l’applicazione di una misura di prevenzione), giacché aveva esaminato la sola
condizione che il beneficiario fosse del tutto estraneo ad ambienti e rapporti delinquenziali, condizione già contemplata dalla legge 302/90, vigente ratione temporis .
Nel merito il motivo è parimenti infondato; infatti, secondo la giurisprudenza di questa Corte, ‘in tema di benefici a favore delle vittime della criminalità organizzata e dei loro familiari, il requisito dell’estraneità all’ambiente mafioso è necessario per “tutti i soggetti destinatari”, dovendosi comprendere nell’espressione anche i familiari delle vittime e i loro superstiti, per effetto del richiamo congiunto compiuto dagli artt. 9 bis e 4 della l. n. 302 del 1990 all’art. 1, commi 1 e 2, della medesima legge, al fine di impedire l’attribuzione di strumenti di solidarietà previsti per le vittime di atti criminosi in favore dei loro autori o di persone ad essi contigue, e risultando in contrasto con l’art. 3 Cost. una richiesta del requisito per le vittime e non anche per i loro familiari o aventi causa’ (Cass. n. 31136/19, cfr. nello stesso senso, Cass. n. 23844/20, 20541/22) .
Nella specie, vi è stato un accertamento di fatto espresso della Corte d’appello sulla non estraneità di NOME NOME ad ambienti e rapporti delinquenziali (cfr. fogli 10 e 11 della sentenza impugnata), che era già richiesto dal testo vigente ratione temporis degli artt. 1 e 4 della legge n. 302/90 quale requisito costitutivo del diritto.
Al rigetto del ricorso, segue la soccombenza secondo quanto meglio indicato in ricorso.
Sussistono i presupposti per il versamento da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo, rispetto a quello già versato a titolo di contributo unificato.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso.
Condanna la ricorrente a pagare al Ministero dell’Interno le spese di lite, che liquida nell’importo di € 3.000,00, oltre € 200,00 per esborsi, oltre il 15% per spese generali, oltre accessori di legge.
Ai sensi dell’art. 13 comma 1 quater del D.P.R. n. 115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, ove dovuto, da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello corrisposto per il ricorso, a norma del comma 1 -bis dello stesso articolo 13.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio del 29.10.24