Ordinanza di Cassazione Civile Sez. L Num. 11018 Anno 2025
Civile Ord. Sez. L Num. 11018 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 27/04/2025
ORDINANZA
sul ricorso 1432-2023 proposto da:
MINISTERO DELL’INTERNO, in persona del Ministro pro tempore, rappresentato e difeso ope legis dall’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO presso i cui Uffici domicilia in ROMA, alla INDIRIZZO
– ricorrente –
contro
COGNOME NOME, domiciliato in ROMA, INDIRIZZO presso la CANCELLERIA DELLA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE, rappresentato e difeso dall’avvocato, NOME COGNOME
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 291/2022 della CORTE D’APPELLO di CALTANISSETTA, depositata il 20/10/2022 R.G.N. 347/2021; udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 11/03/2025 dal Consigliere Dott. NOME COGNOME
Rilevato che:
COGNOME NOME chiedeva il riconoscimento dello status di vittima del dovere ai sensi dell’art. 1, comma 563, della legge 266/2005. L’Amministrazione negava il beneficio. COGNOME NOME adiva il Tribunale di Enna, in funzione di giudice del lavoro, chiedendo accertarsi la qualità di vittima del dovere. Il Mini stero dell’Interno si costituiva in giudizio chiedendo il rigetto della domanda. Il Tribunale di Enna, in funzione di giudice del lavoro, con la sentenza n. 521/2021 accertava lo status di vittima del dovere in capo al ricorrente e condannava l’Amministraz ione al riconoscimento dei benefici assistenziali.
Avverso detta sentenza proponeva appello il Ministero dell’Interno. Si costituiva in giudizio COGNOME Stefano chiedendo il rigetto dell’impugnazione. La Corte di Appello di Caltanissetta, sezione lavoro, con la sentenza n. 291/2022 emessa il 12/10/2022 r igettava l’impugnazione.
Avverso detta sentenza ha proposto ricorso per cassazione il Ministero dell’Interno articolando due motivi. Si è costituito con controricorso COGNOME Stefano chiedendo il rigetto dell’impugnazione.
Con atto depositato in data 26/09/2024 il Consigliere delegato proponeva la definizione del ricorso ai sensi dell’art. 380-bis c.p.c..
Con istanza del 31/10/2024 il Ministero dell’Interno chiedeva fissarsi l’udienza per la decisione ai sensi dell’art. 380 -bis cod. proc. civ..
Veniva fissata l’udienza camerale del 11/03/2025.
La parte controricorrente ha prodotto memorie illustrative
Il ricorso è stato trattato dal Collegio nella camera di consiglio dell’11/03/2025.
Considerato che :
In via del tutto preliminare il Collegio ritiene necessario riaffermare il principio secondo il quale nel procedimento per la decisione accelerata dei ricorsi inammissibili, improcedibili o manifestamente infondati ex art. 380-bis c.p.c. (come novellato dal d.lgs. n. 149 del 2022), il presidente della sezione o il consigliere delegato che ha formulato la proposta di definizione può far parte – ed eventualmente essere nominato relatore – del collegio investito della definizione del giudizio ai sensi dell’art. 380-bis.1 c.p.c., non versando in situazione di incompatibilità agli effetti degli artt. 51, comma 1, n. 4, e 52 c.p.c., atteso che tale proposta non rivela una funzione decisoria e non è suscettibile di assumere valore di pronuncia definitiva, né la decisione in camera di consiglio conseguente alla richiesta del ricorrente si configura quale fase distinta, che si sussegue nel medesimo giudizio di cassazione con carattere di autonomia e con contenuti e finalità di riesame e di controllo sulla proposta stessa (Cass., Sez. U, 10/04/2024, n. 9611).
Con il primo motivo di ricorso il Ministero dell’Interno deduce violazione e/o falsa applicazione degli artt. 2934 c.c., 1, comma 563, della legge 266/2005 in relazione al diritto ad essere riconosciuti «vittime del dovere» ovvero «soggetti ad esse equi parati» ai sensi dell’art. 360, comma 1, n. 3, cod. proc. civ.. Secondo la parte ricorrente la sentenza impugnata avrebbe errato nell’affermare l’imprescrittibilità del diritto del soggetto al riconoscimento quale vittima del dovere, perché si tratterebbe di un diritto soggettivo, prescrivibile secondo le regole generali e nel termine di anni dieci e nella fattispecie il diritto si sarebbe prescritto prima dell’avvio della pratica.
2.1. Con orientamento costante e anche di recente ribadito, tanto da costituire diritto vivente, questa Corte ha affermato che la condizione di vittima del dovere, tipizzata dall’art. 1, commi 563 e 564, della legge n. 266 del 2005, ha natura di status, cui
consegue l’imprescrittibilità dell’azione volta al suo accertamento, ma non dei benefici economici che in tale status trovano il loro presupposto, quali i ratei delle prestazioni assistenziali previste dalla legge (Cass. 30/05/2022, n. 17440; Cass. 08/02/2023, n. 3868).
2.2. Secondo detti principi possono, pertanto, prescriversi i singoli ratei ma non il diritto all’accertamento dello status. Vi è, poi, da considerare che: in tema di benefici in favore delle vittime del dovere, il diritto sulle somme pretese a titolo di rivalutazione automatica dell’assegno vitalizio mensile, ai sensi dell’art. 2 della l. n. 407 del 1998, è soggetto, nel caso in cui le somme stesse non siano state poste in riscossione ovvero messe a disposizione dell’avente diritto, alla prescrizione decennale e non a quella quinquennale, atteso che quest’ultima presuppone la liquidità del credito, da intendere non secondo la nozione desumibile dall’art. 1282 c.c., ma quale effetto del completamento del procedimento di liquidazione della spesa (Cass. 03/09/2020, n. 18309).
2.3. Come del tutto recentemente ribadito da altra pronuncia (Cass. 01/03/2025, n. 5426), non sussistono i presupposti per disporre la rimessione della questione alle Sezioni Unite di questa Corte, siccome richiesto dal Ministero ricorrente, non essendovi sul punto alcun contrasto tra decisioni rese dalle sezioni semplici né alcuna questione di massima di particolare importanza che non abbia già trovato soluzione univoca da parte della giurisprudenza di questa Corte; l’orientamento fatto proprio da Cass. 17 440/2022 e dalle successive conformi pronunce trae origine dalla rielaborazione della nozione di status compiuta da Cass. Sez. Un., 12/07/2000, n. 483 e da allora costantemente ribadita nella giurisprudenza di questa Corte.
Con il secondo motivo di ricorso il Ministero dell’Interno deduce nullità della sentenza per violazione dell’art. 112 cod. proc. civ. in relazione all’art. 360, primo comma, n. 4, cod. proc. civ. perché la sentenza avrebbe erroneamente ritenuto che l’Am ministrazione avesse eccepito la prescrizione decennale del diritto ai benefici senza eccepire la prescrizione dei singoli ratei.
3.1. Il motivo è inammissibile perché genericamente formulato. Va premesso che: «nel giudizio di legittimità, la deduzione del vizio di omessa pronuncia, ai sensi dell’art. 112 c.p.c., postula, per un verso, che il giudice di merito sia stato investito di una domanda o eccezione autonomamente apprezzabili e ritualmente e inequivocabilmente formulate e, per altro verso, che tali istanze siano puntualmente riportate nel ricorso per cassazione nei loro esatti termini e non genericamente o per riassunto del relativo contenuto, con l’indicazione specifica, altresì, dell’atto difensivo e/o del verbale di udienza nei quali l’una o l’altra erano state proposte, onde consentire la verifica, innanzitutto, della ritualità e della tempestività e, in secondo luogo, della decisività delle questioni prospettatevi. Pertanto, non essendo detto vizio rilevabile d’ufficio, la Corte di cassazione, quale giudice del fatto processuale, intanto può esaminare direttamente gli atti processuali in quanto, in ottemperanza al principio di autosufficienza del ricorso, il ricorrente abbia, a pena di inammissibilità, ottemperato all’onere di indicarli compiutamente, non essendo essa legittimata a procedere ad un’autonoma ricerca, ma solo alla verifica degli stessi» (Cass. 14/10/2021, n. 28072).
3.2. Orbene, la parte ricorrente non ha specificato in quale atto e con quale modalità avrebbe eccepito la prescrizione dei singoli ratei e, al contrario, ha allegato di averla eccepita «sia
pure implicitamente», così rimanendo generica la doglianza e intatta la motivazione sul punto della sentenza censurata.
Il ricorso deve, pertanto, essere dichiarato inammissibile perché la sentenza impugnata ha deciso le questioni di diritto in modo conforme alla giurisprudenza della Corte e l’esame dei motivi non offre elementi per confermare o mutare l’orientamento de lla stessa.
Alla soccombenza fa seguito la condanna del ricorrente al pagamento delle spese, competenze e onorari, liquidate in ragione del valore di causa, in favore della difesa di COGNOME Stefano costituitosi quale controricorrente.
5.1. Riguardo alle sanzioni previste dall’ultimo comma dell’art. 380 -bis c.p.c., stante l’esito giudiziale del tutto conforme alla proposta di definizione accelerata, sussistono i presupposti per l’applicazione del terzo e del quarto comma dell’art. 96 cod. proc. civ.. Alla presente pronuncia di inammissibilità del ricorso fa seguito, quindi, la condanna del ricorrente al pagamento delle ulteriori spese del terzo comma dell’art. 96 cod. proc. civ., nonché della sanzione di cui al successivo quarto comma, da versare alla Cassa delle Ammende, liquidata come in dispositivo.
5.2. Non vi è luogo a pronuncia sul raddoppio del contributo unificato, perché il provvedimento con cui il giudice dell’impugnazione disponga, a carico della parte che l’abbia proposta, l’obbligo di versare, ai sensi dell’art. 13, comma 1 quater, del d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, nel testo introdotto dall’art. 1, comma 17, della legge 24 dicembre 2012, n. 228, un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello dovuto ai sensi del comma 1 bis del medesimo art. 13, non può aver luogo nei confronti delle Amministrazioni dello Stato, istituzionalmente esonerate, per valutazione normativa della loro qualità soggettiva, dal materiale versamento del contributo
stesso, mediante il meccanismo della prenotazione a debito (Cass., Sez. U., 25 novembre 2013, n. 26280; Cass., 14 marzo 2014, n. 5955).
P.Q.M.
La Corte dichiara inammissibile il ricorso;
condanna il ricorrente alla rifusione delle spese di lite che liquida in euro 4.000,00 (quattromila) per compensi, oltre ad euro 200,00 per esborsi ed accessori come per legge, da distrarsi in favore del procuratore dichiaratosi antistatario. Condanna altresì il ricorrente al pagamento della ulteriore somma di euro 2.000,00 (duemila) in favore della controparte, ed al pagamento, in favore della cassa delle ammende, della somma di euro 2.000,00 (duemila).
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Quarta