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Violazione distanze legali: no a risarcimento

Una proprietaria ha citato in giudizio la vicina per una sopraelevazione che non rispettava le distanze minime tra edifici. La Corte di Cassazione ha confermato le decisioni dei tribunali di merito, ordinando la demolizione dell’opera. Il caso stabilisce un principio fondamentale sulla violazione distanze legali: il rimedio è la riduzione in pristino (demolizione) e non il risarcimento monetario, poiché la tutela del diritto reale esige la completa rimozione del fatto lesivo.

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Pubblicato il 16 settembre 2025 in Diritto Immobiliare, Giurisprudenza Civile, Procedura Civile

Violazione Distanze Legali: Demolizione Obbligatoria, Niente Risarcimento

La Corte di Cassazione, con una recente ordinanza, ha ribadito un principio fondamentale in materia di diritto immobiliare: in caso di violazione distanze legali tra costruzioni, il rimedio previsto dalla legge è la demolizione dell’opera illecita e non un semplice risarcimento in denaro. Questa pronuncia chiarisce che la tutela del diritto di proprietà prevale su considerazioni di eccessiva onerosità della demolizione, confermando una linea giurisprudenziale consolidata a protezione dei diritti reali.

I Fatti del Caso: Una Sopraelevazione Contesa

La vicenda ha origine dalla controversia tra due proprietari di villette confinanti. Una proprietaria citava in giudizio la vicina, lamentando che quest’ultima, nel 2015, aveva realizzato una sopraelevazione del proprio immobile in violazione delle distanze minime previste dal Codice Civile e dai regolamenti edilizi locali. L’intervento aveva trasformato un sottotetto non abitabile in una mansarda abitabile, comportando un aumento di cubatura e un innalzamento delle quote del tetto, avvicinandosi così illegittimamente alla proprietà confinante. La richiesta era chiara: accertare l’illecito e ordinare la demolizione della parte di edificio costruita irregolarmente.

La Decisione della Corte: La violazione distanze legali e la tutela del diritto reale

Sia il Tribunale di primo grado che la Corte d’Appello hanno dato ragione alla proprietaria danneggiata, condannando la vicina alla demolizione della sopraelevazione e al ripristino dello stato dei luoghi. La questione è infine giunta dinanzi alla Corte di Cassazione.

L’Appello e il Ricorso per Cassazione

La proprietaria condannata ha tentato di difendere la sua opera sostenendo che la violazione fosse minima (“abuso infinitesimo”), che la demolizione sarebbe stata sproporzionata e pericolosa, e che si sarebbe dovuto optare per un risarcimento del danno per equivalente. In sostanza, chiedeva di poter “pagare” per mantenere l’abuso edilizio.

La violazione distanze legali secondo la Cassazione

La Suprema Corte ha rigettato il ricorso, definendolo inammissibile e manifestamente infondato. I giudici hanno chiarito che le argomentazioni relative alla presunta difficoltà o irreversibilità della demolizione erano censure di merito, non valutabili in sede di legittimità. Il punto cruciale della decisione, però, riguarda la natura del rimedio applicabile.

Le Motivazioni

La Corte ha spiegato che l’articolo 2058 del Codice Civile, che consente al giudice di disporre un risarcimento in denaro quando la reintegrazione in forma specifica (la demolizione) risulti eccessivamente onerosa, non si applica alle azioni a tutela di un diritto reale. La violazione delle norme sulle distanze lede direttamente il diritto di proprietà, un diritto assoluto che esige una tutela piena e ripristinatoria. L’unico modo per tutelare efficacemente tale diritto è la rimozione fisica del fatto lesivo, ovvero la demolizione dell’opera illegittima. Consentire un risarcimento monetario significherebbe, di fatto, imporre una servitù illegittima a carico del vicino danneggiato, cosa non permessa dall’ordinamento. La sentenza di primo grado, inoltre, aveva correttamente identificato l’oggetto della demolizione: non l’intero edificio, ma unicamente la “fascia di muratura realizzata in epoca successiva”, ovvero la sopraelevazione del 2015.

Le Conclusioni

Questa ordinanza è un monito importante per chi costruisce o modifica un immobile. La violazione delle distanze legali non è un illecito “sanabile” con il denaro. La tutela del diritto di proprietà del vicino è preminente e l’unica conseguenza prevista è la demolizione. Inoltre, la Corte ha condannato la ricorrente non solo al pagamento delle spese legali, ma anche a sanzioni per responsabilità aggravata (abuso del processo) ai sensi dell’art. 96 c.p.c., avendo promosso un ricorso giudicato manifestamente infondato, aggravando così i costi della sua iniziativa.

È possibile ottenere un risarcimento in denaro al posto della demolizione per una violazione delle distanze legali?
No. La sentenza chiarisce che la violazione di un diritto reale, come il rispetto delle distanze tra costruzioni, richiede la “riduzione in pristino”, ovvero la rimozione fisica dell’opera illecita (demolizione). Il risarcimento per equivalente non è applicabile in questi casi perché la tutela del diritto di proprietà esige il completo ripristino della situazione originaria.

Un piccolo aumento di volume è considerato una violazione delle distanze?
Sì. Nel caso specifico, la trasformazione di un sottotetto non abitabile in una mansarda abitabile, con un aumento di altezza e cubatura, è stata considerata una nuova costruzione rilevante ai fini del rispetto delle distanze. Anche se percepito come “minimo”, se l’intervento viola le norme, è illegittimo e deve essere rimosso.

Cosa succede se un ricorso in Cassazione viene giudicato manifestamente infondato?
La parte che ha presentato il ricorso non solo viene condannata a pagare le spese legali della controparte, ma può anche essere sanzionata per responsabilità aggravata (abuso del processo), come previsto dall’art. 96 c.p.c. Inoltre, è tenuta a versare un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, aumentando significativamente i costi del procedimento.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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