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Violazione diritto marchio: la responsabilità oggettiva

La Corte d’Appello di Roma ha confermato una sentenza di condanna per violazione diritto marchio e concorrenza sleale nei confronti di una società e del suo amministratore, responsabili della vendita online di prodotti contraffatti. La decisione ribadisce che la responsabilità per la violazione è oggettiva e non richiede la prova della malafede del venditore. Inoltre, l’amministratore è stato ritenuto personalmente responsabile in quanto titolare dei domini web utilizzati per la vendita. Il risarcimento è stato confermato sulla base di una presunzione legata all’ingente volume di merce sequestrata, stante la mancata produzione di documentazione contabile da parte degli appellanti.

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Violazione Diritto Marchio: La Buona Fede del Venditore è Irrilevante

Una recente sentenza della Corte d’Appello di Roma offre importanti chiarimenti sulla violazione diritto marchio e sulla concorrenza sleale nel contesto dell’e-commerce. La decisione conferma che la responsabilità per la vendita di prodotti contraffatti è di natura oggettiva: non è necessario provare che il venditore fosse consapevole della falsità della merce per ottenere un risarcimento. Questo principio rafforza la tutela dei titolari di marchi e stabilisce criteri precisi per l’attribuzione di responsabilità.

I Fatti di Causa: E-commerce e Prodotti Contraffatti

Il caso ha origine dall’azione legale intrapresa da alcuni noti brand di moda contro una società a responsabilità limitata e il suo amministratore unico. Quest’ultimi commercializzavano, attraverso due siti di e-commerce, capi di abbigliamento e accessori di marchi famosi, risultati poi essere contraffatti.

Una perquisizione della Guardia di Finanza aveva portato al sequestro di migliaia di prodotti falsi e aveva fatto emergere un fatturato annuo dichiarato superiore ai 7 milioni di euro. Il Tribunale di primo grado aveva accolto le domande dei titolari dei marchi, condannando la società e l’amministratore in solido al risarcimento dei danni, quantificati in € 400.000,00.

La Decisione di Primo Grado e i Motivi dell’Appello

Gli imputati avevano proposto appello sostenendo tre motivi principali:

1. Difetto di motivazione sulla responsabilità: Sostenevano che il Tribunale avesse erroneamente presunto la loro consapevolezza sulla natura contraffatta dei prodotti, basandosi solo su elementi oggettivi.
2. Mancanza di legittimazione passiva dell’amministratore: Affermavano che l’azione legale dovesse essere rivolta solo contro la società e non contro l’amministratore a titolo personale.
3. Errata quantificazione del danno: Contestavano il calcolo del risarcimento, ritenendo che dovesse basarsi unicamente sui capi effettivamente sequestrati e non sull’intero utile generato dalla vendita di prodotti di quel marchio.

Analisi della Corte sulla Violazione Diritto Marchio

La Corte d’Appello ha respinto integralmente l’appello, confermando la sentenza di primo grado. In merito al primo motivo, i giudici hanno ribadito un principio consolidato: la violazione diritto marchio è un’azione di carattere reale che tutela la titolarità del bene immateriale. Di conseguenza, la responsabilità sorge dal semplice fatto oggettivo di aver commercializzato prodotti con un marchio contraffatto, indipendentemente dalla buona o mala fede del venditore. La Corte ha specificato che la richiesta di verifiche sull’autenticità dei prodotti a società terze, avanzata dagli appellanti, non è sufficiente a escludere la loro responsabilità.

La Responsabilità Personale dell’Amministratore

Anche il secondo motivo di appello è stato rigettato. La Corte ha evidenziato come l’azione giudiziaria fosse stata intentata sin dall’inizio sia nei confronti della società sia dell’amministratore. Quest’ultimo è stato ritenuto personalmente responsabile non solo in qualità di legale rappresentante della società, ma anche come titolare diretto dei domini web attraverso cui avveniva la vendita illecita. La sua condotta ha quindi contribuito direttamente alla perpetrazione dell’illecito, giustificando una sua responsabilità personale e solidale.

Le Motivazioni

La Corte ha fornito una motivazione solida e ben argomentata per rigettare l’appello. Sulla questione della responsabilità, ha citato la giurisprudenza della Cassazione (Cass. 5722/2014), secondo cui gli stati soggettivi come il dolo o la colpa sono irrilevanti ai fini dell’azione che impedisce la contraffazione del marchio. L’illecito si configura con la mera lesione oggettiva del diritto di titolarità. Riguardo al calcolo del danno, la Corte ha sottolineato la condotta processuale degli appellanti, i quali, nonostante le ripetute richieste, non avevano fornito la documentazione contabile (fatture, libri giornale) necessaria a circoscrivere l’entità delle vendite illecite. In assenza di prove contrarie, il giudice ha legittimamente utilizzato un criterio presuntivo, basando il calcolo sull’ingente quantità di merce sequestrata e sulle stesse ammissioni degli appellanti riguardo al volume d’affari. La Corte ha inoltre ricordato che, ai sensi dell’art. 125 del Codice della Proprietà Industriale, il titolare del marchio può chiedere la ‘retroversione degli utili’ realizzati dall’autore della violazione, un rimedio che prescinde dalla prova della colpa o del dolo e che ha una funzione non solo compensativa ma anche dissuasiva.

Le Conclusioni

La sentenza rappresenta un importante monito per tutti gli operatori del commercio, specialmente online. La vendita di prodotti contraffatti espone a una responsabilità oggettiva per violazione diritto marchio, dalla quale non ci si può difendere invocando la propria buona fede o l’ignoranza sulla falsità dei prodotti. Inoltre, gli amministratori di società coinvolte in tali attività possono essere chiamati a rispondere personalmente e con il proprio patrimonio, soprattutto se gestiscono direttamente gli strumenti utilizzati per l’illecito, come i siti di e-commerce. Infine, la mancata collaborazione nel processo, come l’occultamento della documentazione contabile, può ritorcersi contro chi ha commesso la violazione, legittimando il giudice a calcolare il danno sulla base di presunzioni a lui sfavorevoli.

È necessario dimostrare la malafede di chi vende prodotti contraffatti per ottenere un risarcimento per la violazione diritto marchio?
No, la sentenza chiarisce che la responsabilità per la violazione del marchio è di natura oggettiva. È sufficiente dimostrare il fatto oggettivo della vendita di prodotti con marchio contraffatto, essendo irrilevante che il venditore fosse in buona o mala fede.

L’amministratore di una società che vende merce contraffatta può essere ritenuto personalmente responsabile insieme alla società?
Sì, la Corte ha confermato la responsabilità personale e solidale dell’amministratore. In questo caso, la responsabilità derivava non solo dal suo ruolo nella società, ma anche dal fatto che fosse l’intestatario dei domini dei siti di e-commerce utilizzati per la commercializzazione illecita.

Come viene calcolato il danno se chi ha violato il marchio non fornisce la documentazione contabile per quantificarlo?
In assenza della documentazione contabile, il giudice può basare il calcolo del danno su presunzioni. Nel caso specifico, il danno è stato quantificato tenendo conto della rilevante consistenza numerica della merce sequestrata e delle ammissioni degli stessi appellanti riguardo al loro giro d’affari, presumendo che tutti i prodotti di un certo tipo fossero contraffatti.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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