Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 3 Num. 34421 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 3 Num. 34421 Anno 2024
Presidente: NOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 24/12/2024
Oggetto
Responsabilità Avvocato
professionale
–
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 27057/2022 R.G. proposto da RAGIONE_SOCIALE rappresentata e difesa dall’Avv. NOME COGNOME (p.e.c. indicata: EMAIL);
-ricorrente –
contro
Fuggetti NOME, rappresentata e difesa dall’Avv. Prof. NOME COGNOME (p.e.c.: EMAIL) e dall’Avv. NOME COGNOME (p.e.c.: EMAIL, con domicilio eletto presso lo studio di quest’ultimo in Roma, INDIRIZZO
-controricorrente – avverso l’ordinanza della Corte d’appello di Venezia depositata in data
21 settembre 2022 e avverso la sentenza del Tribunale di Padova, n. 1991/2021 depositata il 3 novembre 2021. Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 21 novembre
2024 dal Consigliere NOME COGNOME.
FATTI DI CAUSA
Con sentenza n. 1991 del 2021 il Tribunale di Padova accolse solo in parte le domande proposte dalla RAGIONE_SOCIALE contro l’Avv. NOME COGNOME
Dichiarò infatti risolti, per grave inadempimento della convenuta, i rapporti nascenti dagli incarichi professionali alla medesima conferiti, in particolare per aver omesso di proporre, come richiestole, atti di opposizione a nove decreti ingiuntivi notificati alla predetta società ─ in date comprese tra il 18 settembre 2014 e il 10 gennaio 2017 ─ da dipendenti e da società straniere con essa in rapporti commerciali (alcune delle quali aventi sede a Bruxelles), ma accolse solo in minima parte le connesse domande risarcitorie, nella restante parte rigettandole per mancanza di prova del nesso di causa tra il pur accertato inadempimento del mandato professionale e i danni dedotti.
In parziale accoglimento della domanda riconvenzionale accertò inoltre il diritto della convenuta al pagamento degli onorari professionali dovuti in relazione ad alcune procedure esecutive (con riferimento alle quali ritenne insussistente l’ inadempimento del legale, rigettando dunque per esse le pure ex adverso proposte domande di risoluzione e risarcimento danni).
Con ordinanza in data 21 settembre 2022 la Corte d’appello di Venezia ha dichiarato inammissibile, ex art. 348bis cod. proc. civ., il gravame interposto dalla RAGIONE_SOCIALE
Avverso l’uno e l’altro provvedimento quest’ultim a propone ricorso per cassazione articolando sei motivi, cui resiste, depositando controricorso, l’Avv. NOME COGNOME
Il Pubblico Ministero non ha depositato conclusioni.
Entrambe le parti hanno depositato memorie.
RAGIONI DELLA DECISIONE
I primi tre motivi di ricorso censurano l’ordinanza della Corte d’appello sotto vari profili tutti involgenti la dedotta violazione di norme processuali.
1.1. Con il primo si denuncia violazione o falsa applicazione degli articoli 348bis e 348ter in relazione all’art. 350 c.p.c. per essere stata l’ordinanza emessa senza previa fissazione dell’udienza per l’audizione specifica delle parti sull’eventuale applicazione dell’art. 348bis c.p.c..
1.2. Con il secondo si deduce la violazione degli articoli 24 e 111 Cost, 101, 348bis e 348ter e 350 c.p.c., per essere stata emessa l’ordinanza in violazione del principio del contraddittorio e del diritto di difesa, poiché deliberata in data 14 settembre 2022 prima della scadenza del termine per il deposito di note di replica fissato dal Presidente con il provvedimento che, in data 27 luglio 2022, nel disporre la trattazione scritta dell’appello, aveva stabilito le relative scansioni temporali in particolare prevedendo che, nel caso in cui l’a ppellata si fosse costituita nei dieci giorni precedenti l’udienza o alla stessa udienza, l’ appellante avrebbe avuto « ulteriore termine di giorni cinque, dalla data dell’udienza, per eventuali note di replica ».
1.3. Con il terzo motivo si denuncia violazione dell’art. 132, comma secondo, num. 4, cod. proc. civ., per difetto di motivazione essendosi la Corte d’appello « limitata a riportare acriticamente quanto esposto nella sentenza di primo grado, senza prendere in minima considerazione, o solo esaminare, le motivazioni dell’appello ».
I restanti motivi riguardano la sentenza di primo grado.
2.1. Con il primo di essi (v. ricorso p. 57) si denuncia, ai sensi dell’art. 360, primo comma, num. 3, cod. proc. civ., violazione e/o falsa applicazione degli artt. 1178, 1218 e 2236 c.c., per avere il Tribunale ritenuto mancare la prova del danno conseguente all’inadempimento dei mandati professionali omettendo di considerare che una diligente
attività procedurale (eccezione di giurisdizione) avrebbe consentito la revoca del/dei decreti ingiuntivi e di portare tutta la controversia in ambito arbitrale, scongiurando le esecuzioni immobiliari in Italia ed i sequestri a Bruxelles che gettarono discredito sulla RAGIONE_SOCIALE
2.2. Con il secondo (v. ricorso p. 62) la ricorrente denuncia, con riferimento all’art. 360, primo comma, nn. 3 e 4, cod. proc. civ., violazione e/o falsa applicazione degli artt. 24 e 111 Cost., degli artt. 115, 132, comma secondo, num. 4, cod. proc. civ. per avere il Tribunale, da un lato, non ammesso le prove e, dall’altro, dichiarato che la parte non aveva assolto l’onere probatorio.
2.3. Con il terzo motivo (v. ricorso p. 63) la ricorrente deduce, infine, con riferimento all’art. 360, primo comma, nn. 3 e 4, cod. proc. civ., violazione e/o falsa applicazione dell’art. 132, comma secondo, num. 4, cod. proc. civ. e dell’art. 112 c.p.c..
Denuncia:
contraddittorietà della motivazione, per avere il Tribunale riconosciuto il diritto ai compensi alla controparte con riferimento a procedimenti per i quali l’avv. COGNOME non aveva svolto attività difensiva o erano stati dichiarati risolti per inadempimento della stessa;
vizio di ultrapetizione, dal momento che la convenuta, nelle proprie conclusioni riguardo al diritto al compenso per lo svolgimento degli incarichi ricevuti, aveva svolto una domanda generica e indeterminata.
È fondato il secondo motivo del ricorso proposto avverso l’ordinanza ex art. 348ter c.p.c. della Corte d’appello .
È documentato in atti ed è del resto incontroverso tra le parti che:
con decreto in data 27 luglio 2022 il Presidente della Sezione di Corte d’appello , cui il ricorso era stato per tabelle assegnato, dispose che la prima udienza, già fissata per il giorno 14 settembre 2022, fosse sostituita dallo scambio di note scritte; ciò fece richiamando l’art. 221, comma 4, d.l. n. 34 del 2020 (la cui applicazione, giova ricordare, era
stata prorogata fino al 31 dicembre 2022 dall’art. 16, comma 1, d.l. 30 dicembre 2021, n. 228, convertito con modificazioni dalla legge 25 febbraio 2022, n. 15 ; per il periodo successivo v. ora l’art. 127 -ter cod. proc. civ., come noto introdotto dalla c.d. Riforma Cartabia);
con tale decreto assegnò alle parti termine fino a cinque giorni prima per il deposito telematico delle note scritte;
dispose inoltre: « nel caso (C) in cui parte appellata si costituisca nei dieci giorni precedenti l’udienza o alla stessa udienza, parte appellante ha ulteriore termine di giorni cinque, dalla data dell’udienza, per eventuali note di replica »;
infine, avvertì che, « in difetto di istanza di trattazione orale » la causa sarebbe stata « assunta in riserva dal collegio previsto dalla vigente organizzazione sezionale … al termine del giorno d’udienza ovvero al decorso del termine di cui alla lett. (C) »;
il 7 settembre 2012 (entro, dunque, il primo dei termini concessi) l’appellante depositò note scritte, le quali però furono « erroneamente (?!?) rifiutate dalla cancelleria » (così si legge nello storico degli eventi estratto dal fascicolo informatico e prodotto in questa sede); il deposito venne successivamente accettato il 12 settembre;
come risulta dallo storico degli eventi ed anche da quanto attestato nell’ordinanza impugnata, l’appellata si costituì in data 12 settembre 2024 (quindi nei dieci giorni antecedenti l ‘udienza cartolare e, più precisamente, due giorni prima) e il giorno successivo depositò note scritte;
risulta ancora dallo storico che: g 1 ) il Collegio assunse il provvedimento in riserva il 14 settembre; g 2 ) il giorno successivo, 15 settembre, il difensore dell’appellante depositò note scritte;
h ) l’ordinanza impugnata reca in calce la data di deliberazione del 14 settembre 2024.
Alla luce di tali emergenze deve ritenersi che la scansione temporale fissata nel citato decreto presidenziale ─ la quale regolava,
da un lato, il contraddittorio e con esso l’esercizio del diritto di difesa delle parti e, dall’altro, conseguentemente, fissava il momento in cui sarebbe sorto il potere decisorio del Collegio ─ è stata violata due volte:
─ anzitutto , per essere stata la causa assunta in riserva anteriormente al termine che a tal fine era stato previsto in decreto (il quale infatti, nel caso -nella specie verificatosidi costituzione dell’appellata « nei dieci giorni precedenti l’udienza », aveva fissato tale momento « al decorso del termine di cui alla lett. C », ossia alla scadenza del termine di « giorni cinque dalla data dell’udienza » concesso per tale ipotesi « alla parte appellante … per eventuali note di replica »);
─ in secondo luogo , e soprattutto, per essere stata l’ordinanza deliberata il 14 settembre 2022, ben prima dunque della scadenza del predetto termine concesso all’appellante per il deposito di note di replica e prima anche del 15 settembre 2022, data in cui l’appellante depositò effettivamente tali note, delle quali dunque il Collegio non tenne conto, avendo deliberato il provvedimento il giorno prima.
Ciò determina la nullità dell’ordinanza per violazione del principio del contraddittorio.
Fondatamente la ricorrente richiama in tal senso il principio affermato da Cass. Sez. U. n. 36596 del 25/11/2021 secondo cui « la parte che proponga l’impugnazione della sentenza d’appello deducendo la nullità della medesima per non aver avuto la possibilità di esporre le proprie difese conclusive ovvero per replicare alla comparsa conclusionale avversaria non ha alcun onere di indicare in concreto quali argomentazioni sarebbe stato necessario addurre in prospettiva di una diversa soluzione del merito della controversia; la violazione determinata dall’avere il giudice deciso la controversia senza assegnare alle parti i termini per il deposito delle comparse conclusionali e delle memorie di replica, ovvero senza attendere la loro scadenza, comporta di per sé la nullità della sentenza per impedimento frapposto alla
possibilità dei difensori delle parti di svolgere con completezza il diritto di difesa, in quanto la violazione del principio del contraddittorio, ai quale il diritto di difesa si associa, non è riferibile solo a ll’ atto introduttivo del giudizio, ma implica che il contraddittorio e la difesa si realizzino in piena effettività durante tutto lo svolgimento del processo ».
Non può dubitarsi che, mutatis mutandis , tale principio debba trovare applicazione anche con riferimento al caso in cui il giudizio di appello si concluda, come nella specie, con ordinanza di inammissibilità ex art. 348ter c.p.c.. Quel principio presidia, infatti, esigenze in relazione alle quali non assumono rilievo né la forma né i particolari effetti del provvedimento conclusivo del procedimento e che attengono piuttosto alla tutela del contraddittorio e del diritto di difesa la cui piena realizzazione è condizione di validità anche del provvedimento in parola.
6. Né potrebbe obiettarsi che la disattesa scansione temporale non trovi piena corrispondenza nel dettato della norma (posta a fondamento del decreto presidenziale del 27 luglio 2022) di cui all’art. 221, comma 4, d.l. n. 34 del 2020, la quale invero si limita a stabilire che, ove disponga procedersi nella forma della c.d. udienza cartolare, « il giudice comunica alle parti almeno trenta giorni prima della data fissata per l’udienza che la stessa è sostituita dallo scambio di note scritte e assegna alle parti un termine fino a cinque giorni prima della predetta data per il deposito delle note scritte », non prevedendo dunque una appendice successiva alla data dell’udienza per il deposito di note di replica.
La difformità dalla scansione indicata dal legislatore avrebbe, infatti, se del caso, dovuto essere fatta valere dalle parti prima dell’avvio dello scadenzario fissato dal giudice, in mancanza di che quanto stabilito dal decreto presidenziale ha assunto la valenza di regola processuale da rispettare nel caso concreto poiché attributiva di
una facoltà inerente alla esplicazione del diritto di difesa che, una volta concessa, non può di fatto essere disattesa senza ledere i diritti della parte che su quella facoltà faceva legittimo affidamento.
Nemmeno può fondatamente obiettarsi, come fa la controricorrente, che l’indicazione in calce all’ordinanza della data del 14 settembre 2022 sia, ai fini in esame, dato ininfluente, occorrendo piuttosto aver riguardo alla data in cui l’ordinanza è stata depositata (nella specie quella del 21 settembre 2022) e dunque resa pubblica, così venendo effettivamente in esistenza nella realtà giuridica.
L’obiezione non coglie nel segno dal momento che, come condivisibilmente evidenziato nella richiamata sentenza delle Sezioni Unite, « il diritto al contraddittorio e alla difesa può risultare compromesso (e di fatto a certe condizioni resta compromesso) anche ove la sentenza risulti semplicemente deliberata anteriormente alla scadenza dei termini succitati, per poi esser depositata in data successiva; in questa eventualità l’assegnazione di termini resta invero fine a sé stessa, presidio di un’attività difensiva praticamente inutile, ridotta a mero simulacro a fronte di una decisione già presa ».
Né ancora vale obiettare che, in tale contesto, l’indicazione della data del 14 settembre 2022 debba essere imputata a mero ininfluente errore materiale, anche considerato che dal corpo dell’ordinanza si ricaverebbe che il Collegio prese comunque in considerazione argomenti di critica (relativi alla compensazione delle spese disposta dal primo giudice) proposti nelle note di replica dall’appellante .
8.1. Al riguardo occorre anzitutto rilevare, con le parole della citata sentenza delle Sezioni Unite, che « certamente la data di deliberazione di una sentenza non è, a differenza di quella di sua pubblicazione (che ne segna il momento di acquisto della rilevanza giuridica), un elemento essenziale dell’atto processuale. Ma ciò semplicemente comporta che la relativa mancanza o la sua erronea indicazione può non determinare in generale una nullità ove sia ascrivibile, appunto, a mero errore
materiale, emendabile ex artt. 287 e 288 cod. proc. civ. Non anche invece che l’errore materiale sussista sempre in sé e per sé, presuntivamente, ove si riscontri una diversità tra le date anzidette, che siano riportate entrambe in calce e a margine della sentenza.
Niente invero autorizza una simile generalizzazione, essendo fisiologico che il momento deliberativo della sentenza in camera di consiglio precede sempre la pubblicazione, che è atto di cancelleria conseguente a precisi e ulteriori incombenti di legge.
Sicché in sostanza non è vero che la divergenza delle date, specificamente indicate in sentenza, sia da ascrivere a errore materiale in base a una semplice presunzione ».
8.2. Ciò posto, va soggiunto che la prova che si sia trattato di mero errore materiale non può nella specie trarsi, come sostiene la controricorrente, dal fatto che nell’ordinanza si faccia riferimento ad un argomento (la compensazione delle spese) trattato nelle note di replica atteso che, a tacere del fatto che la controricorrente omette di indicare dove tali note sono reperibili nel fascicolo di causa e manca di considerare che l’appellante aveva anche depositato precedenti note difensive, in realtà quel l’argomento forma già oggetto di specifico motivo di gravame svolto nell’atto d’appello, come è desumibile dal contenuto di tale atto quale trascritto nel ricorso qui in esame (v. pag. 47, primo periodo).
Giova, infine, rimarcare che non può condurre, nella specie, a diversa valutazione circa le conseguenze invalidanti della rilevata violazione del principio del contraddittorio il nuovo testo dell’art. 101, secondo comma, c.p.c., come sostituito dall’art. 3, comma 7, d.lgs. 10 ottobre 2022, n. 149, là dove prevede, nel primo innovativo inciso, che « il giudice assicura il rispetto del contraddittorio e, quando accerta che dalla sua violazione è derivata una lesione del diritto di difesa, adotta i provvedimenti opportuni », trattandosi di disposizione non applicabile nella fattispecie ratione temporis (v. art. 35, comma 1, d.lgs. cit.).
10. In accoglimento del secondo motivo di ricorso, assorbiti tutti gli altri, l’ordinanza impugnata deve essere pertanto cassata, con rinvio al giudice a quo , in diversa composizione, al quale va demandato anche di provvedere sulle spese del presente procedimento.
P.Q.M.
accoglie il secondo motivo di ricorso; dichiara assorbiti i rimanenti; cassa la sentenza in relazione al motivo accolto; rinvia alla Corte di appello di Venezia, in diversa composizione, cui demanda di provvedere anche sulle spese del giudizio di legittimità.
Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Terza