Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 2 Num. 6786 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 2 Num. 6786 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 14/03/2024
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 12752/2019 R.G. proposto da: COGNOME NOME, COGNOME NOME, elettivamente domiciliati in ROMA, INDIRIZZO, presso lo studio dell’avvocato COGNOME NOME (CODICE_FISCALE) che li rappresenta e difende;
-ricorrenti- contro
AMORUSO NOME
-intimata- avverso la SENTENZA della CORTE D’APPELLO di BARI n. 1914/2018, depositata il 14/11/2018.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 22/11/2023 dal Consigliere NOME COGNOME.
PREMESSO CHE
NOME COGNOME ha citato in giudizio NOME COGNOME e NOME COGNOME, deducendo che i convenuti le avevano venduto, con atto del 4 marzo 1996, una casa con attiguo giardino rimanendo proprietari del fondo confinante, che nel 2001 in occasione della richiesta dell’autorizzazione alla realizzazione di una veranda aveva scoperto che tutta la residua potenzialità edificatoria spettante all’immobile da lei acquistato era stata ‘sottratta’ dai venditori mediante la presentazione nel 1995 al Comune di Valenzano di una istanza di progetto di variante, perfezionatasi dopo la stipulazione della compravendita con il rilascio in data 19 marzo nel 1996 della concessione edilizia. L’attrice chiedeva quindi di condannare i convenuti alla restituzione della potenzialità edificatoria sottratta ovvero, in subordine, di condannarli al risarcimento del danno o all’indennizzo corrispondente alla diminuzione patrimoniale subita. Il Tribunale Bari, con sentenza n. 4798/2014, ha accertato l’inadempimento contrattuale dei venditori e ha accolto la domanda subordinata, condannandoli al pagamento in favore dell’attrice di euro 30.022,05 a titolo risarcitorio.
La sentenza è stata impugnata dai coniugi COGNOME e COGNOME. La Corte d’appello di Bari con la sentenza 14 novembre 2018, n. 1914 -ha rigettato il gravame.
Avverso la sentenza NOME COGNOME e NOME COGNOME ricorrono per cassazione.
L’intimata NOME COGNOME non ha proposto difese.
Memoria è stata depositata dai ricorrenti.
CONSIDERATO CHE
Il ricorso è articolato in tre motivi.
Il primo motivo contesta ‘v iolazione e falsa applicazione degli artt. 1362, 1364, 1366, 1369 e 1489 c.c. ‘: oggetto del contratto era ‘ una casa , ritualmente censita al catasto fabbricati, con l’ attiguo giardino e non già il suolo sul quale detta casa era
stata edificata ‘, così che la mancata conoscenza del vincolo di edificabilità può avere determinato un errore sulla valutazione economica del bene oggetto del contratto, ma non ha inciso sull’identità o qualità dello stesso, né ha pregiudicato il libero godimento della casa da parte dell’acquirente.
Il secondo motivo denuncia ‘v iolazione e falsa applicazione degli artt. 1480 e 1489 c.c. ‘ : la decisione impugnata è illegittima ‘ nella parte in cui fa corrispondere la riduzione del prezzo alla cubatura astrattamente realizzabile sul lotto di terreno ‘, in quanto ‘il minore valore per il mancato sfruttamento della potenzialità edificatoria di un lotto di terreno non è equiparabile al minore valore della limitazione stessa con riguardo a un fabbricato’.
3. Il terzo motivo fa valere ‘v iolazione e falsa applicazione degli artt. 1362, 1363 e 1364 c.c. ‘, in quanto la Corte d’appello ha fatto riferimento alla ‘espressa dichiarazione del venditore attestante la libertà del bene compravenduto da oneri, diritti reali e personali di godimento’ quando invece l’art. 5 del contratto parla di ‘pesi e gravami ipotecari, che sono ben diversa cosa ‘ .
I motivi non possono essere accolti. La Corte d’appello ha rilevato come l’accertata esistenza del vincolo, di natura reale, di inedificabilità imposto sull’immobile configuri un onere limitativo del godimento del bene, abilitando l’acquirente alle azioni previste dall’art. 1489 c.c. L’affermazione trova conforto nella giurisprudenza di questa Corte, secondo cui ‘nelle ipotesi di terreno con edificabilità minore di quella prevista o sul quale sia realizzabile una minore cubatura si configura un onere gravante sulla res vendita , che consiste in un vincolo giuridico incidente sul godimento del proprietario e sul suo diritto’, ipotesi nelle quali il compratore ha diritto oltre che alla risoluzione del contratto o alla riduzione del prezzo, secondo quanto stabilito dall’art. 1480 c.c., anche al risarcimento del danno, fondato sulle norme generali degli artt. 1218 e 1223 c.c., in base al richiamo di quest’ultima
disposizione da parte dell’art. 1479 c.c., a sua volta richiamato dall’art. 1480 c.c., cui rinvia ancora l’ art. 1489 c.c. (così, da ultimo, Cass. n. 19831/2014). Al riguardo i ricorrenti obiettano come l’imposto vincolo di inedificabilità non incida nel caso in esame sul bene compravenduto, essendo l’oggetto del contratto stato identificato con ‘l’intera casa, nonché l’attiguo giardino’ e non con il terreno. L’obiezione non convince. Come ha sottolineato la Corte d’appello, il terreno sul quale è costruito un fabbricato ne costituisce, in difetto di diversa pattuizione contrattuale, parte imprescindibile in base al principio ‘ per cui la proprietà immobiliare (c.d. proprietà fondiaria) si estende in linea verticale teoricamente all’infinito, sia nel sottosuolo che nello spazio sovrastante al suolo, fin dove l’uno e l’altro siano suscettibili di utilizzazione economica’ (Cass., sez. un., n. 3873/2018), senza contare che nel caso in esame è stato compravenduto non il solo fabbricato, ma anche il terreno attiguo (‘il giardino, separato da altra proprietà di COGNOME NOME con muro divisionale’), così che è stato oggetto di compravendita anche il suolo, suolo appunto inedificabile a seguito di vincolo che è stato taciuto dai venditori e che, come ha specificato il giudice d’appello, non era apparente (profilo che i ricorrenti solo in parte contestano, v. infra ). Nel primo motivo (v. le pagg. 6 e 7 del ricorso) si richiamano due precedenti di questa Corte (Cass. n. 29010/2018 e Cass. n. 20148/2013), dai quali si ricaverebbe l’irrilevanza della mancata conoscenza del vincolo di inedificabilità, ma tali precedenti sono richiamati in modo incompleto, avendo questa Corte affermato (v. in particolare la pronuncia n. 29010/2018) che la sussistenza di una servitus non aedificandi gravante sul bene oggetto di un compromesso di vendita non rientra nella nozione di errore di fatto idoneo a giustificare una pronuncia di annullamento del contratto, e non ha quindi escluso l’esperibilità delle azioni di cui all’art. 1489 c.c.
Ne discende così l’infondatezza del primo e del secondo m otivo, appunto imperniati sull’essere oggetto della compravendita la casa e non il terreno.
Infondato è anche il terzo motivo, invece fondato sulla violazione della lettera dell’art. 5 del contratto. L’articolo (trascritto alla nota 7 della pag. 9 del ricorso) prevede la garanzia da parte dei venditori dell’ ‘assoluta libertà da ogni peso o gravame ipotecario dell’intero immobile in oggetto’. Il giudice d’appello ha interpretato la locuzione ‘assoluta libertà da ogni peso’ come attestazione da parte dei venditori della ‘libertà del bene compravenduto da oneri, diritti reali e personali di godimento’ e quindi anche dal vincolo di inedificabilità. Tale vincolo non era apparente -secondo la Corte d’appello per due ragioni, da un lato ‘l’utilizzo di un atto costitutivo del vincolo, connotato da specificità e particolarità’ e dall’altro lato ‘la dichiarazione, presente nell’atto pubblico di compravendita, attraverso cui il venditore garantiva l’assoluta libertà da ogni peso o gravame ipotecario’. I ricorrenti anzitutto contestano solo la seconda ragione e non la prima, così che la contestazione non ha carattere decisivo; inoltre l’interpretazione offerta dalla Corte d’appello, che valorizza l’espressione ‘ogni peso’ distinguendola da quella ‘gravame ipotecario’, appare più plausibile di quella offerta dai ricorrenti secondo i quali ‘ogni peso’ andrebbe interpretato come ‘pesi di natura ipotecaria’; infine, i ricorrenti non considerano l’art. 3 del contratto (da loro trascritto alla nota 8 della pag. 9 del ricorso), che dispone l’ulteriore garanzia della ‘integrale consistenza’ dell’immobile, ‘con ogni accessione, pertinenza e diritto, annessi e relativi, e così come pervenuto ai venditori , nulla escluso od eccettuato’, garanzia che comprende anche la potenzialità edificatoria del bene compravenduto come pervenuta ai venditori.
II. Il ricorso va pertanto rigettato.
Non vi è provvedimento sulle spese non essendosi l’intimata difesa nel presente giudizio.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1quater del d.P.R. n. 115/ 2002, si d à atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte dei ricorrenti, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso a norma del comma 1bis dello stesso art. 13, se dovuto.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso.
Sussistono, ex art. 13, comma 1quater del d.P.R. n. 115/2002, i presupposti processuali per il versamento, da parte dei ricorrenti, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso a norma del comma 1bis dello stesso art. 13, se dovuto.
Così deciso in Roma, nella adunanza camerale della sezione