Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 1 Num. 302 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 1 Num. 302 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME COGNOME
Relatore: NOME
Data pubblicazione: 08/01/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 37508/2019 R.G. proposto da : COGNOME NOME, elettivamente domiciliata in ROMA INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato COGNOME (CODICE_FISCALE che lo rappresenta e difende unitamente all’avvocato COGNOME NOME (CODICE_FISCALE per procura speciale allegata al ricorso
-ricorrente-
contro
COMUNE DI MELITO PORTO SALVO, rappresentato e difeso da ll’avvocato COGNOME (CODICE_FISCALE per procura speciale allegata al controricorso
-controricorrente-
e contro
COGNOME NOME
avverso l’ ORDINANZA della CORTE D’APPELLO di REGGIO CALABRIA R.G. n. 605/2015 depositata il 24/06/2019;
udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 17/12/2024 dal Consigliere NOME COGNOME
FATTI DI CAUSA
1. Con ordinanza n.5903/2019 emessa in data 24.06.2019, la Corte di Appello di Reggio Calabria liquidava in favore di NOME COGNOME l’indennità di acquisizione ex art. 42 bis T.U. espropri in € 15.071,00 comprensivi del risarcimento forfettario al 10% e l’indennità di occupazione sine titulo in € 13.417,83, calcolata per la durata di n. 7.036 giorni, intercorsi tra la data di occupazione illegittima, divenuta tale dal 15 luglio 1996, ed il provvedimento di acquisizione sanante, con interessi legali sulla maggiore somma riconosciuta dal giorno dell’espropriazione fino alla data del deposito della somma; inoltre la Corte di merito compensava tra le parti le spese di lite ed onerava le parti in solido a corrispondere alla consulente di ufficio il compenso, separatamente liquidato, con ripartizione in ragione di metà nei rapporti interni. La Corte territoriale, all’esito dell’espletamento di C.T.U., escludeva che il terreno fosse da ritenersi inserito in zona bianca, sul rilievo che la dichiarazione di p.u. era intervenuta in data 28-4-1987, ossia entro il quinquennio dall’approvazione del programma di fabbricazione (30.04.1982), che ne prevedeva l’inserimento in parte in zona strada pubblica e in parte in zona servizi (istruzione), di conseguenza accertando la natura inedificabile del bene. La Corte d’appello riteneva rilevante la data di pubblicazione dell’atto di approvazione nel Bollettino Ufficiale Regionale, e non la data dell’approvazione stessa, ai fini della decorrenza del suddetto quinquennio e condivideva integralmente, anche in punto di quantificazione delle indennità, le conclusioni della C.T.U..
2.Avverso tale ordinanza NOME COGNOME ha proposto ricorso per
Cassazione, affidato a cinque motivi, resistito con controricorso dal Comune di Melito Porto Salvo, mentre sono rimasti intimati NOME COGNOME commissario ad acta , e NOME COGNOME, dipendente UTC del Comune di Melito Porto Salvo.
3. Il ricorso è stato fissato per la trattazione in camera di consiglio. Il ricorrente ha depositato memoria illustrativa.
RAGIONI DELLA DECISIONE
1. La ricorrente denuncia: i ) con il primo motivo la vi olazione dell’art. 2 L. 241/1990 e la falsa applicazione dell’ art. 2 Legge 1187/1968, per non avere il C.T.U. nominato dalla Corte d’appello rilevato l’intervenuta decadenza del vincolo espropriativo posto dal Programma di Fabbricazione del Comune, nonché l’errata, insufficiente, impropria e contraddittoria motivazione su un punto decisivo della controversia e l’omesso esame fatto decisivo, ai sensi dell’art. 360 comma 1 n. 3 e n. 5 c.p.c.; deduce che erroneamente la Corte di merito ha attribuito rilevanza alla data di pubblicazione sul B.U.R. del Programma di Fabbricazione approvato con DPGR del 14-4-1982, ai fini della decorrenza del quinquennio e della conseguente decadenza della dichiarazione di pubblica utilità e del vincolo a contenuto espropriativo (strada); a parere della ricorrente la pubblicazione rileva solo quale mera condizione di efficacia dell’atto, il vincolo era da considerarsi decaduto, l’area occupata illegittimamente era da considerarsi zona bianca e di conseguenza la stima del bene avrebbe dovuto effettuarsi in base al valore venale nel libero mercato; ii) con il secondo motivo la violazione di norme di diritto sulla determinazione del valore venale dell’area, nonché l’errata, insufficiente, impropria e contraddittoria motivazione e l’omesso esame di fatto decisivo, ai sensi dell’art. 360 comma 1 n. 3 e n. 5 c.p.c.; deduce che non era stata negata la sussistenza la natura conformativa del vincolo di zona destinato ad edilizia scolastica e che in relazione a detto vincolo poteva determinarsi ‘ un procedimento ablativo anche al fine di
realizzazione della viabilità di INDIRIZZO ma che per attuare la nuova destinazione (viabilità) il Comune avrebbe dovuto approvare una variante al PdF ex art 1 c. 5 Legge 1/1978, mentre la sola dichiarazione di p.u. era inidonea a determinare la variante del PdF ‘; iii) con il terzo motivo, l’errata, insufficiente, impropria e contraddittoria motivazione su un punto decisivo, nonché l’omesso esame di fatto decisivo, ai sensi dell’art. 360 comma 1 n. 3 e n. 5 c.p.c., per non avere il C.T.U. e di seguito la Corte di merito preso in considerazione le risultanze di altre perizie d’ufficio, afferenti a terreni omogenei e alla medesima opera (strada), che erano state consegnate al C.T.U.; iv) con il quarto motivo l’errata, insufficiente, impropria e contraddittoria motivazione, nonché l’omesso esame di fatto decisivo, ai sensi dell’art. 360 comma 1 n. 3 e n. 5 c.p.c.; rileva che il C.T.U. aveva utilizzato, ai fini della stima, i VAM della zona, in contrasto con quanto statuito dalla Corte Costituzionale con le pronunce n.348/07 e n.349/07; ribadisce che il terreno era da considerarsi zona bianca, che era necessaria la quantificazione secondo il valore di mercato e che non era stata valutata l’utilizzazione intermedia, possibile anche per le aree destinate ad edilizia scolastica; v) con il quinto motivo l’errata, insufficiente, impropria e contradditoria motivazione su un punto decisivo atteso che il calcolo operato in ordine al tempo rispetto al quale va rapportata l’indennità di esproprio è palesemente errato, nonché l’omesso esame di fatto decisivo, ai sensi dell’art. 360 comma 1 n. 3 e n. 5 c.p.c.; deduce che ‘ l’indennità di esproprio va rapportata al 1987, tempo in cui è avvenuta l’occupazione, la materiale apprensione del terreno di proprietà Musitano e non già con riferimento al 1996 come impropriamente calcolato dal C.T.U.. Il 1996 è soltanto la data in cui l’occupazione si è determinata ‘sine titulo’ di guisa che a detto periodo di occupazione abusiva va sommato anche il periodo che va dal luglio 1987 al 1996 di occupazione legittima. Da qui l’obbligo ineludibile di vagliare (al
fine di determinare il corretto ammontare dell’indennità di esproprio) il complessivo periodo 1987-2015. Cosa che il CTU COGNOME non ha colpevolmente fatto ‘ (pag.9 ricorso). Deduce che il C.T.U. aveva incredibilmente attribuito al terreno espropriato il valore di euro 7/mq. al 1996, di gran lunga inferiore a quello stabilito in altri giudizi in relazione ad altri beni, con caratteristiche identiche a quello del terreno oggetto del contendere.
Il primo motivo è infondato e in parte inammissibile.
Secondo il costante orientamento di questa Corte e anche della giurisprudenza amministrativa, l’efficacia del piano regolatore o di sue varianti decorre dalla data di pubblicazione del relativo provvedimento di approvazione sul bollettino ufficiale regionale, ai sensi della disposizione generale di cui all’art. 10 comma 6 della legge 17 agosto 1942, n. 1150 (cfr. Cons. Stato, 2487/2014; Cass. 5892/2008; Cass.4533/2003), salva diversa previsione legislativa regionale, nella specie non individuata, né indicata.
La Corte di merito si è attenuta a questi principi e ha, dunque, correttamente computato dalla data di pubblicazione del Programma di Fabbricazione sul B.U.R. il termine di decorrenza del vincolo di destinazione del bene, che non era, di conseguenza, decaduto. La censura è inammissibile nella parte in cui denuncia il vizio motivazionale per ‘ errata, insufficiente, impropria, contraddittoria motivazione su un punto decisivo ‘ , ossia senza rispettare il paradigma di cui all’art.360, comma 1 n.5 c.p.c. (Cass. S.U. n.8053/2014), come di seguito più approfonditamente si va ad illustrare.
Gli altri motivi, che si possono esaminare congiuntamente per la loro connessione, sono inammissibili.
La ricorrente denuncia, anche con tutti i restanti motivi, il vizio di ‘ errata, insufficiente, impropria e contraddittoria motivazione su un punto decisivo ‘, che non corrisponde più al paradigma legale del vizio di cui all’art.360 comma 1 n.5 c.p.c.. Come da tempo chiarito
dalle Sezioni Unite di questa Corte (sentenza n.8053/2014 e successive conformi), la riformulazione dell’art. 360, primo comma, n. 5, cod. proc. civ., disposta dall’art. 54 del d. l. 22 giugno 2012, n. 83, conv. in legge 7 agosto 2012, n. 134, deve essere interpretata, alla luce dei canoni ermeneutici dettati dall’art. 12 delle preleggi, come riduzione al “minimo costituzionale” del sindacato di legittimità sulla motivazione. Pertanto, è denunciabile in cassazione solo l’anomalia motivazionale che si tramuta in violazione di legge costituzionalmente rilevante, in quanto attinente all’esistenza della motivazione in sé, purché il vizio risulti dal testo della sentenza impugnata, a prescindere dal confronto con le risultanze processuali. Tale anomalia si esaurisce nella “mancanza assoluta di motivi sotto l’aspetto materiale e grafico”, nella “motivazione apparente”, nel “contrasto irriducibile tra affermazioni inconciliabili” e nella “motivazione perplessa ed obiettivamente incomprensibile”, esclusa qualunque rilevanza del semplice difetto di “sufficienza” della motivazione.
Anche la denuncia, invero non lineare ed espressa con una commistione indistinta di una molteplicità di profili tra loro confusi e inestricabilmente combinati, dei vizi di violazione di legge e di omesso esame di fatti decisivi non supera il vaglio dell’ammissibilità perché le censure sono generiche, non si confrontano con il percorso argomentativo dell’ordinanza impugnata, difettano di autosufficienza e sono impropriamente dirette al riesame del merito.
In particolare la ricorrente, riconoscendo che sull’area esisteva un vincolo (che assume conformativo) per destinazione ad edilizia scolastica (secondo motivo), ripropone la questione della zona bianca (quarto motivo ), lamenta l’omesso esame delle risultanze di altre perizie (terzo motivo) e l’omessa valutazione dell’utilizzazione intermedia del bene (quarto motivo) senza confrontarsi con il decisum e senza svolgere critiche compiute e pertinenti.
La Corte d’appello ha accertato che il PDF poneva l’inserimento dell’area, mai da considerarsi zona bianca (cfr. primo motivo), anche in strada pubblica e che mediante la C.T.U. era stato individuato l’effettivo valore di mercato del bene in base alle sue possibili utilizzazioni. Inoltre la Corte di merito ha richiamato l’elaborato peritale nella parte in cui affermava che le aree oggetto di altre consulenze e giudizi non erano ‘assimilabili’ a quella oggetto di causa e in cui erano state adeguatamente confutate le osservazioni critiche svolte dai consulenti di parte. Tramite la denuncia dei vizi di violazione di legge e di omesso esame di fatti decisivi, in realtà, la ricorrente sollecita impropriamente il riesame dei fatti e delle risultanze probatorie, senza invero neppure riportare compiutamente le parti della C.T.U. che contesta, difettando così le censure anche di specificità e di autosufficienza.
Le medesime considerazioni vanno espresse in ordine al quinto motivo, formulato parimenti in modo non lineare e con una commistione indistinta di una molteplicità di profili tra loro confusi e inestricabilmente combinati. Dopo una premessa in fatto, non chiaramente esplicitata, sul periodo di rilevanza ai fini del decidere, e ferma la precisazione, incontestata e incontrovertibilmente accertata anche dalla pronuncia del TAR richiamata in ricorso, che fino al 1996 l’occupazione del bene era stata legittima, la censura si conclude con l’assunto che tutto il complessivo periodo 1987 -2015 andrebbe vagliato al fine di determinare il corretto ammontare dell’ ‘indennità di esproprio’ (così risulta dal tenore letterale del mezzo sopra riportato in virgolettato).
La critica così svolta è inconferente, dato che oggetto del contendere è l’indennità ex art.42 bis T.U.E., che non comprende l’ indennità temporanea per il periodo di occupazione legittima (Cass. Sez. Un. 20691/2021).
In conclusione, il ricorso va complessivamente rigettato.
Le spese del presente giudizio seguono la soccombenza nei
confronti del Comune controricorrente e sono liquidate come in dispositivo, mentre nulla va disposto circa le spese nei confronti delle parti rimaste intimate.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1 -quater, del d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, nel testo introdotto dall’art. 1, comma 17, della legge 24 dicembre 2012, n. 228, si dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello per il ricorso, a norma del comma 1 -bis dello stesso art. 13, ove dovuto (Cass. S.U. 23535/2019).
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso; condanna la ricorrente al pagamento in favore del Comune di Melito Porto Salvo delle spese di lite del presente giudizio, che liquida in € 4.200,00, di cui €200,00 per esborsi, oltre al 15% per spese generali ed accessori di legge.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1 -quater, del d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, nel testo introdotto dall’art. 1, comma 17, della legge 24 dicembre 2012, n. 228, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello per il ricorso, a norma del comma 1 -bis dello stesso art. 13, ove dovuto.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio della Prima sezione