Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 1 Num. 6977 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 1 Num. 6977 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 15/03/2024
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 16053/2019 R.G. proposto da:
NOME, elettivamente domiciliato in INDIRIZZO, presso lo studio dell’avvocato RAGIONE_SOCIALE (CODICE_FISCALE) che lo rappresenta e difende;
-ricorrente-
contro
RAGIONE_SOCIALE, elettivamente domiciliato in INDIRIZZO, presso lo studio dell’avvocato COGNOME (CODICE_FISCALE) rappresentato e difeso dall’avvocato COGNOME NOME (CODICE_FISCALE);
-controricorrente-
avverso ORDINANZA CORTE D ‘ APPELLO NAPOLI n. 2065/2018 depositata il 06/11/2018.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 24/01/2024 dal Consigliere NOME COGNOME.
FATTI DI CAUSA
Con ricorso in data 16 aprile 2018 NOME COGNOME, premesso di essere proprietario di un suolo nel Comune di Acerra di 1855 mq., ricadente in zona D1 del P.R.G., inserito nel P.I.P. (Piano
Insediamenti Produttivi) approvato con delibera comunale n. 16 del 4 maggio 1999, decaduto per decorso del termine decennale, poi reiterato con delibera comunale n. 233 del 22 dicembre 2016, agiva per ottenere la corresponsione della indennità prevista dall’art. 39 del d.P .R. n. 327/2001 e non liquidata dal Comune di Acerra, per la reiterazione del vincolo espropriativo (ivi contenuto e scaduto) sul fondo di sua proprietà.
Il Comune di Acerra eccepiva la inammissibilità per tardività e la infondatezza della domanda.
La Corte d’appello di Napoli, con ordinanza del 6 novembre 2018, ha rigettato il ricorso, rilevando che sono indennizzabili i soli vincoli urbanistici reiterati di carattere particolare, non i vincoli (conformativi) posti a carico di intere categorie di beni, tra i quali rientra il vincolo derivante dall’adozione del P.I.P. che incide, come nella specie, su un’ampia area di territorio (piano di lottizzazione suddiviso in due comparti per una superficie totale di circa 150.000 mq di cui 44617 ancora da acquisire) e su una pluralità indifferenziata di soggetti, con l’effetto di destinare l’intera zona ad insediamenti produttivi con le prescrizioni ivi indicate.
NOME COGNOME propone ricorso, resistito dal Comune di Acerra. Le parti hanno presentato memorie.
RAGIONI DELLA DECISIONE
1. -Il ricorrente denuncia, con un unico motivo, violazione e falsa applicazione dell’art. 39, comma 1, del dPR n. 327/2001, imputando alla Corte territoriale di non avere considerato che il vincolo reiterato dal Comune di Acerra con la delibera n. 233 del 22 dicembre 2016 aveva natura espropriativa; che la giurisprudenza di legittimità non esclude la natura edificatoria delle aree interessata dall’attuazione dei P.I.P.; che il vincolo incide in modo particolare sul fondo di sua proprietà. Egli chiede che sia dichiarato il suo diritto alla corresponsione dell’indennità, commisurata all’entità del danno effettivamente prodotto dalle vicende successive alla
decadenza del vincolo espropriativo, originariamente impresso sul fondo, nonché dalla sua tardiva reiterazione, avvenuta con deliberazione comunale n. 233/2016, con condanna del Comune di Acerra al pagamento e attribuzione degli interessi legali e della rivalutazione monetaria.
-Il Comune controricorrente ha eccepito la decadenza dalla ‘opposizione alla stima’ proposta il 16 aprile 2018, cioè oltre il termine, previsto dall’art. 39, comma 3, dPR n. 327/2001, di trenta giorni dalla data (16 gennaio 2018) in cui NOME aveva avuto conoscenza che l’indennità per la reiterazione del vincolo preordinato all’esproprio non era dovuta, avendo trasmesso al Comune un atto di diffida a mezzo pec.
2.1. -L’eccezione è infondata. L’art. 39 citato, al comma 3, prevede che ‘l’opposizione va proposta, a pena di decadenza, entro il termine di trenta giorni, decorrente dalla notifica dell’atto di stima’, disposizione che, incidendo sul diritto di azione (art. 24 Costituzione), è di stretta interpretazione. E’ evidente che, non essendovi stata una stima, il ricorrente non avrebbe potuto proporre alcuna opposizione. Nel caso in cui l’amministrazione non abbia provveduto alla corresponsione dell’indennità, ‘l’autorità che ha disposto la reiterazione del vincolo è tenuta a liquidare l’indennità, entro il termine di due mesi dalla data in cui abbia ricevuto la documentata domanda di pagamento ed a corrisponderla entro i successivi trenta giorni…’ (comma 2) e, decorso il suddetto termine di due mesi, ‘il proprietario può chiedere alla corte d’appello di determinare l’indennità’, senza previsione di termini a pena decadenza o inammissibilità.
Dev’essere enunciato il principio secondo cui il termine di trenta giorni previsto, a pena di decadenza dall’art. 39, comma 3, dPR n. 327/2001, per proporre opposizione alla stima dell’indennità per la reiterazione dei vincoli preordinati all’esproprio o sostanzialmente espropriativi, non è applicabile nel caso in cui l’autorità
amministrativa non abbia provveduto sulla domanda di pagamento o abbia provveduto dichiarando che l’indennità non è dovuta .
3. -Il ricorso è inammissibile perché non coglie e comunque travisa la ratio decidendi della sentenza impugnata.
L’art. 39 dPR n. 327/2001 disciplina l’ipotesi in cui il pregiudizio dedotto dal proprietario sia riferibile direttamente al vincolo espropriativo in sé e alla sua (pur legittima) reiterazione: esso è riferito, nella specie, al mancato rilascio di un permesso di costruire e dell’autorizzazione amministrativa per la realizzazione di un manufatto da adibire ad ‘attività commerciale – media struttura di vendita – M1 E’. Ne è derivato un contenzioso amministrativo che si è concluso nel senso della sostanziale legittimità dei provvedimenti di diniego emessi dal Comune di Acerra ed impugnati da COGNOME (Cons. di Stato, sez. IV, n. 2632/2017), ma tale constatazione non è sufficiente ad escludere la proponibilità, in astratto, dell’istanza indennitaria proposta ai sensi dell’art. 39 cit., la quale presuppone, appunto, la legittimità dell’azione amministrativa.
3.1. -La Corte territoriale ha affermato erroneamente che il P.I.P. (Piano Insediamenti Produttivi) abbia sempre e soltanto natura conformativa, con l’implicita conseguenza che i relativi vincoli non possano avere mai natura espropriativa e finalità di tipo localizzativo dell’opera pubblica e che, quindi, non siano mai suscettibili di decadenza. E’ un errore che non inficia le conclusioni cui è pervenuta l’ordinanza impugnata.
3.2. -Sono necessarie alcune puntualizzazioni preliminari di carattere generale.
In primo luogo, è da tempo acquisito che il carattere conformativo o ablatorio dei vincoli di piano non discende, direttamente e necessariamente, dal fatto in sé della loro collocazione nello strumento urbanistico, e non si impone, quindi, esclusivamente in ragione della tipologia di piano da cui il vincolo deriva, quanto
piuttosto dipende dai requisiti oggettivi, di natura e struttura, che i vincoli contenuti nello strumento urbanistico di norma di volta in volta presentano, in funzione della destinazione assolta e in ragione delle sue caratteristiche intrinseche e del rapporto con l’opera pubblica ( ex plurimis , Cass. SU n. 173/2001; sez. I n.21707/2015, n. 20230/2016). Ciò comporta che ove i vincoli, pur contenuti in piani di secondo livello, non abbiano una natura generale, ma si presentino come vincoli particolari, incidenti su beni determinati, in funzione non già di una generale destinazione di zona, ma della localizzazione puntuale (lenticolare) di un’opera pubblica, deve allora convenirsi che si tratti di vincolo sostanzialmente preordinato all’espropriazione, ma può anche realizzarsi una situazione specularmente inversa. Ciò in presenza di strumenti particolareggiati, di terzo livello (come nel caso dei P.I.P. e dei P.E.E.P.), le cui prescrizioni -di regola meramente attuative dei piani, attraverso la fissazione delle linee di un progetto espropriativo e la dichiarazione di pubblica utilità delle relative opere -possono, a loro volta, unire a tale loro funzione tipica quella ulteriore, di contenuto conformativo, di mutare nella zona contemplata le pregresse opzioni del piano regolatore con riguardo allo ius aedificandi dei proprietari dei suoli.
In secondo luogo, il P.I.P., strumento urbanistico di natura attuativa introdotto dall’art. 27 della legge n. 865 del 1971, ha efficacia decennale e valore di piano particolareggiato d’esecuzione ai sensi della legge n. 1150 del 1942 e succ. mod. (NUMERO_DOCUMENTO) e, una volta approvato, equivale a dichiarazione di pubblica utilità delle opere in esso previste (v. art. 12, lett. a, dPR n. 327/2001).
In terzo luogo, il pregiudizio indennizzabile ai sensi dell’art. 39 dPR n. 327/2001 è solo quello subìto dal proprietario come diretto effetto del vincolo espropriativo e della sua reiterazione, rimanendo al di fuori dal paradigma indennitario riferibile alla sentenza della
Corte costituzionale n. 179/1999 la possibilità per il proprietario di pretendere di essere indennizzato per le limitazioni d’uso al suo diritto di proprietà in relazione alle specifiche caratteristiche del bene, trattandosi, in tali casi, di vincoli conformativi che non scadono e non comportano indennizzo, pur potendo concorrere (nello stesso o in altro piano) con prescrizioni di tipo espropriativo. A tal fine il termine decennale di validità del P .I.P . si applica solo alle disposizioni di contenuto espropriativo e non anche alle prescrizioni conformative derivanti dalla restante disciplina dello stesso piano (o del PRG) che rimangono pienamente operanti e vincolanti senza limiti di tempo .
3.3. -Il ricorrente riferisce in modo non chiaro che il terreno, ricadente in zona D1, è soggetto a vincolo espropriativo approvato nel 1999, scaduto nel 2009 e reiterato nel 2013 e che, comunque, (il terreno) è ‘sottoposto alla disciplina d’uso stabilita dal piano regolatore ‘ (pag. 2 del ricorso) senza ulteriori specificazioni.
A tale riguardo, nel precedente contenzioso tra le stesse parti, il giudice amministrativo ebbe a richiamare l’obbligo di osservare, nella costruzione di nuovi edifici e nella modificazione di quelli esistenti, gli allineamenti e le prescrizioni di zona stabiliti dal piano o dal PRG, alla luce dell’art. 17 L. n. 1150/1942 che prevede, al primo comma, la ultrattività delle disposizioni del piano scaduto disciplinanti le modalità della edificazione.
Come rilevato dalla difesa del Comune di Acerra, il sacrificio delle aspettative edificatorie, già fatto valere nel giudizio amministrativo con l’impugnazione dei dinieghi dei permessi di costruire, è ora dedotto dal ricorrente impropriamente a sostegno dell’istanza indennitaria proposta nel presente giudizio, ex art. 39 dPR n. 327/2001.
Il suddetto sacrificio, in realtà, non è conseguenza della decadenza e della reiterazione del prospettato vincolo espropriativo
né di un vincolo espropriativo che si assume di durata indeterminata, ma è un effetto di prescrizioni conformative di piano non scadute e vigenti a tempo indeterminato (ex plurimis , Cons. di Stato, sez. IV, n. 6572/2009), che precludono ai proprietari l’edificazione con le modalità pretese dal ricorrente (nella specie, su terreni situati, anche in parte, in aree verdi). La eventuale (esistenza e) reiterazione di un vincolo espropriativo è evenienza compatibile con la soggezione del terreno a prescrizioni conformative, comportanti limitazioni d’uso coerenti con le specifiche caratteristiche del bene e non indennizzabili ai sensi dell’art. 39 dPR n. 327/2001 (in generale, sulla distinzione tra le tipologie di vincoli, Cass. n. 23572/2017, n. 25401/2016).
In tal senso le conclusioni dell’ordinanza impugnata che ha valorizzato la natura (anche) conformativa del P.I.P. sono condivisibili, seppur bisognose delle precisazioni di cui si è detto, ai sensi dell’art. 384, comma 4, c.p.c.
I precedenti giurisprudenziali richiamati in ricorso non sono pertinenti, riguardando la diversa questione della determinazione dell’indennità relativa a terreni espropriati, pur edificabili, inclusi nei P.I.P. e P.E.E.P.
3.4. -Dev’essere enunciato il principio secondo cui l’indennità prevista dall’art. 39 dPR n. 327/2001 non è dovuta nei casi in cui il pregiudizio dedotto in causa non sia riferibile direttamente alla insistenza e reiterazione di vincoli preordinati all’esproprio scaduti, che possono essere contenuti nei P.I.P. e in piani analoghi, ma sia riferibile alle limitazioni d’uso dei beni insite nelle prescrizioni conformative previste nello stesso piano o nel PRG, comportanti limitazioni d’uso coerenti con le specifiche caratteristiche del bene, alla luce dell’art. 17, comma 1, L. n. 1150/1942 che, prevedendo la ultrattività delle disposizioni del piano scaduto disciplinanti l’edificazione, stabilisce l’obbligo di osservare, nella costruzione di
nuovi edifici e nella modificazione di quelli esistenti, gli allineamenti e le prescrizioni di zona stabiliti nel piano .
4. -In conclusione, il ricorso è inammissibile. Le spese seguono la soccombenza.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso e condanna il ricorrente alle spese, liquidate in € 5.200,00, di cui € 200,00 per esborsi.
Dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, ai sensi dell’art. 13, comma 1 quater , del dPR n. 115 del 2002, nel testo introdotto dall’art. 1, comma 17, della legge n. 228 del 2012, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, in misura pari a quello, ove dovuto, per il ricorso, a norma del comma 1 bis dello stesso art. 13.
Così deciso in Roma, il 24/01/2024.