Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 1 Num. 304 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 1 Num. 304 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME COGNOME
Relatore: NOME
Data pubblicazione: 08/01/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 27032/2021 R.G. proposto da :
COMUNE DI LIZZANO (TA), rappresentato e difeso da ll’avvocato COGNOME (CODICE_FISCALE per procura speciale allegata al ricorso
-ricorrente-
contro
COGNOME, COGNOME, rappresentati e difesi da ll’avvocato COGNOME (CODICE_FISCALE per procura speciale allegata al controricorso
-controricorrenti- avverso l’ ORDINANZA della CORTE D’APPELLO di LECCE -SEZ.DIST. DI TARANTO – n. 137/2021 depositata il 02/08/2021; udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 17/12/2024 dal Consigliere NOME COGNOME
FATTI DI CAUSA
Con ordinanza n.137/2021, pubblicata il 2-8-2021, la Corte di Appello di Lecce -sezione distaccata di Taranto – liquidava in favore di NOME COGNOME e di NOME COGNOME l’indennità di acquisizione ex art. 42 bis T.U. espropri in €328.783,16, a titolo di danno patrimoniale, l’indennità espropriativa a titolo di danno non patrimoniale in € 32.878,32, e l’indennità per occupazione senza titolo nell ‘importo di € 438.377,60, condannando il Comune di Lizzano a versare al M.E.F. la complessiva somma di €800.040,00, oltre interessi legali compensativi decorrenti dalla scadenza di ciascuna annualità, con detrazione dell’indennità eventualmente già versata. La Corte territoriale qualificava il vincolo apposto sull’area dei privati come espropriativo, in quanto lenticolare, e liquidava, senza disporre C.T.U., le indennità sulla scorta dei valori di mercato utilizzati in un precedente giudizio svoltosi tra le stesse parti avente ad oggetto altra area limitrofa (espropriata per la realizzazione della palestra del medesimo asilo nido) avente le stesse potenzialità edificatorie, sul rilievo che il mercato immobiliare era rimasto fermo e costante.
Avverso tale ordinanza il Comune di Lizzano ha proposto ricorso per cassazione, affidato a due motivi, resistito con controricorso da NOME COGNOME e di NOME COGNOME.
Il ricorso è stato fissato per la trattazione in camera di consiglio. Le parti hanno depositato memorie illustrative.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Il ricorrente denuncia: i ) con il primo motivo la v iolazione dell’art. 111 c omma 6 Cost. e degli artt. 42 bis, comma 3, e 37 DPR 327/2001, ai sensi dell’art.360 comma 1 n. 3 c.p.c.; deduce che erroneamente la Corte di merito ha ritenuto l’area edificabile in quanto inclusa in zona omogena B, in quanto, invece, l’area aveva destinazione urbanistica ad edilizia scolastica in base agli strumenti urbanistici, anche esecutivi (PdF approvato nel 1981 e successivo
vigente PRG approvato in data 26-9-2003, in base al quale la particella per cui è causa ricadeva in zona omogenea Bb con destinazione a ‘standard urbanistico’); rileva che, da una più attenta lettura degli atti, la Corte di merito avrebbe dovuto trarre la conclusione che il vincolo era conformativo, e dunque l’area inedificabile, poiché, quando il Comune, vigente il piano di fabbricazione del 1981, avviò la procedura espropriativa con l’occupazione d’urgenza e costruì l’edificio della scuola elementare, la particella era destinata ad edilizia scolastica, e ciò sin dal 1994; rimarca , inoltre, l’errata determinazione del valore del terreno e deduce che la Corte di merito avrebbe dovuto attribuire rilevanza alla situazione urbanistica esistente alla data dell’acquisizione sanante; ii) con il secondo motivo l’omesso esame di fatto decisivo, ai sensi dell’art.360 comma 1 n. 5 c.p.c. , e la violazione dell’art. 2909 c.c. in relazione all’art 360 c omma 1 n. 5 c.p.c.; ad avviso del Comune non sussiste un giudicato vincolante, costituito dall’ordinanza della stessa Corte d’appello n.602/2013, sul rilievo della diversità di petitum e causa petendi delle questioni controverse in quel giudizio rispetto al presente.
In via pregiudiziale, in ordine all’istanza di riunione avanzata dai controricorrenti, i quali si sono costituiti depositando due identici controricorsi in quanto hanno ricevuto per due volte la notifica del stesso ricorso, va rilevato che il procedimento iscritto a ruolo dalla parte ricorrente risulta essere uno solo (R.G.27032/2021), ossia il presente, sicché non v’è luogo a provvedere sulla suddetta istanza.
I motivi, che si possono esaminare congiuntamente per la loro connessione, sono in parte infondati e in parte inammissibili.
3.1. Secondo l’orientamento di questa Corte che il Collegio condivide ‘ Mentre della condizione di inedificabilità del suolo assoggettato a procedura ablatoria, perché destinato a servizi ed attrezzature pubbliche (nella fattispecie, ad asilo nido), deve tenersi conto agli effetti valutativi per la determinazione
dell’indennità di espropriazione e per la liquidazione del danno da occupazione appropriativa, sempre che sia riconoscibile un vincolo conformativo, ovvero riguardante porzioni del territorio comunale identificate in base a criteri generali e predeterminati, riconducibili alla logica della zonizzazione, diversamente, nel caso in cui la destinazione a utilizzazione collettiva sia funzionale a porzioni circoscritte del territorio comunale – e la previsione di opera pubblica si suol dire oggetto, nella specie, di previsione “localizzativa” o “puntiforme” – la valutazione del bene deve essere inserita nel contesto territoriale i cui bisogni il previsto servizio è destinato a soddisfare, poiché si è in presenza di un vincolo preordinato a esproprio, e la valutazione dei suoli destinati alla realizzazione dell’opera pubblica deve essere riferita alla potenzialità edificatoria delle aree limitrofe, al cui servizio la destinazione pubblicistica è concepita, tenendo conto degli spazi da assegnare ad attrezzature collettive ‘ (Cass. 8218/2007). E’ stato infatti ulteriormente precisato (Cass. 20232/2016) che in via di eccezione, i suoli inseriti nella zona attrezzature pubbliche possono avere natura edificabile qualora sia accertato il carattere localizzativo (pre-espropriativo) della relativa destinazione urbanistica, sicché il suolo va valutato alla stregua della zona all’interno della quale l’opera pubblica da realizzare garantisce la prestazione del servizio pubblico (Cass., Sez. 1, n. 10343/2005), fermo restando che l’edificabilità va identificata con l’edilizia privata esprimibile dal proprietario dell’area e non con gli interventi finalizzati unicamente alla realizzazione dello scopo pubblicistico, i quali, lungi dal costituire espressione dello ius aedificandi , risultino funzionali alla realizzazione stessa (Cass. 2812/2006). Occorre altresì ribadire che in tema di espropriazione per pubblica utilità, per individuare la qualità edificatoria dell’area, da effettuarsi in base agli strumenti urbanistici vigenti al momento dell’espropriazione, occorre distinguere tra vincoli conformativi ed
espropriativi, sicché ove con l’atto di pianificazione si provveda alla zonizzazione dell’intero territorio comunale, o di una sua parte, sì da incidere su di una generalità di beni, in funzione della destinazione dell’intera zona in cui essi ricadono e in ragione delle sue caratteristiche intrinseche, il vincolo assume carattere conformativo ed influisce sulla determinazione del valore dell’area espropriata, mentre, ove si imponga un vincolo particolare, incidente su beni determinati, in funzione della localizzazione di un’opera pubblica, il vincolo è da ritenersi preordinato all’espropriazione e da esso deve prescindersi nella stima dell’area (Cass.2019/2019; Cass. 16084/2018; Cass.207/2020 citate anche dai controricorrenti).
3.2. La Corte d’appello si è attenuta a questi principi , ha accertato, con motivazione congrua, che il vincolo era lenticolare, concernente una porzione circoscritta, e ha ritenuto sussistente il carattere localizzativo (pre-espropriativo) della relativa destinazione urbanistica, di conseguenza e coerentemente poi valutandone il valore di mercato in base alla potenzialità edificatoria delle aree limitrofe, al cui servizio la destinazione pubblicistica era concepita, tenendo conto degli spazi da assegnare ad attrezzature collettive.
3.3. E’ inammissibile la censura espressa con il primo motivo nella parte in cui del tutto genericamente si deduce che la valutazione non è stata effettuata con riferimento alla data dell’acquisizione ex 42 bis (pag.12 ricorso), poiché non è indicato nel ricorso in base a quali argomentazioni o elementi di supporto sia basata la suddetta critica.
3.4. Anche le doglianze espresse con il secondo motivo sono inammissibili. La Corte d’appello ha considerato i valori di mercato applicati in un precedente giudizio svoltosi tra le stesse parti solo come riferimento per la quantificazione delle indennità, ossia, in altre parole, ha utilizzato lo stesso parametro liquidatorio adottato nella precedente decisione, ritenendolo motivatamente pertinente e
ancora congruo, sul rilievo che i beni appartenevano alla medesima zona omogenea (area edificata Bb) e che il mercato immobiliare era rimasto fermo e costante negli anni, sulla base delle risultanze della documentazione prodotta dalle parti e indicata nell’ordinanza. Dunque, non coglie nel segno la doglianza relativa alla violazione dell’art.2909 c.c., benché in effetti la Corte di merito impropriamente richiami il precedente ‘giudicato’, poiché il complessivo percorso argomentativo dell’ordinanza impugnata sul punto è univocamente da intendersi riferito nel senso appena precisato, considerato che è stata chiaramente esplicitata l’effettuata comparazione sia della pertinenza e identità della destinazione urbanistica dei beni ablati nei due distinti giudizi, sia della persistente congruità all’attualità dei valori di mercato, sì da rendere utilizzabili, senza necessità di disporre nuova C.T.U. estimativa, anche nel successivo giudizio le risultanze istruttorie acquisite nel precedente.
Infine è impropriamente diretta a sollecitare il riesame dei fatti, oltre che del tutto generica perché priva di specifiche allegazioni e deduzioni a supporto, la censura riferita all’asserita diversità dei beni oggetto dell’altro giudizio per estensione, conformazione morfologica, destinazione urbanistica e utilizzabilità, a fronte delle puntuali argomentazioni svolte a tale riguardo dalla Corte d’appello.
In conclusione, il ricorso va complessivamente rigettato.
Le spese del presente giudizio seguono la soccombenza e sono liquidate come in dispositivo.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1 -quater, del d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, nel testo introdotto dall’art. 1, comma 17, della legge 24 dicembre 2012, n. 228, si dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello per il ricorso, a norma del comma 1 -bis dello stesso art. 13, ove dovuto (Cass. S.U.
23535/2019).
La Corte rigetta il ricorso; condanna il ricorrente al pagamento delle spese di lite del presente giudizio, che liquida in € 15.200,00, di cui €200,00 per esborsi, oltre al 15% per spese generali ed accessori di legge.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1 -quater, del d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, nel testo introdotto dall’art. 1, comma 17, della legge 24 dicembre 2012, n. 228, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello per il ricorso, a norma del comma 1 -bis dello stesso art. 13, ove dovuto.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio della Prima sezione