Ordinanza di Cassazione Civile Sez. L Num. 31172 Anno 2024
Civile Ord. Sez. L Num. 31172 Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 05/12/2024
ORDINANZA
sul ricorso 31886-2018 proposto da
RAGIONE_SOCIALE in persona del legale rappresentante pro tempore , e COGNOME NOME COGNOME rappresentati e difesi, in virtù di procura conferita in calce al ricorso per cassazione, dagli avvocati NOME COGNOME NOME COGNOME E NOMECOGNOME e, quanto al signor COGNOME anche dall’avvocato NOME COGNOME per procura rilasciata in calce alla comparsa di costituzione di ulteriore difensore, con domicilio eletto presso lo studio dell’avvocata NOME COGNOME, in ROMA, INDIRIZZO
-ricorrenti –
contro
ISTITUTO NAZIONALE PER L’ASSICURAZIONE CONTRO GLI INFORTUNI SUL LAVORO (INAIL), in persona del legale rappresentante pro tempore , rappresentato e difeso, in forza di procura conferita in calce al controricorso, dagli avvocati COGNOME e
R.G.N. 31886/2018 Cron.
Rep.
C.C. 28/05/2024
giurisdizione Accertamento del vincolo di subordinazione.
NOME COGNOME, con domicilio eletto presso la sede legale dell’Istituto, in ROMA, INDIRIZZO
-controricorrente –
e
MINISTERO DEL LAVORO E DELLE POLITICHE SOCIALI, DIREZIONE TERRITORIALE DEL LAVORO DI COGNOME, in persona del legale rappresentante pro tempore , rappresentato e difeso ex lege dall’Avvocatura generale dello Stato e domiciliato presso i suoi uffici, in ROMA, INDIRIZZO
-controricorrente –
per la cassazione della sentenza n. 343 del 2018 della CORTE D’APPELLO DI FIRENZE, depositata il 3 maggio 2018 (R.G.N. 138/2017).
Udita la relazione della causa, svolta nella camera di consiglio del 28 maggio 2024 dal Consigliere NOME COGNOME
FATTI DI CAUSA
1. –RAGIONE_SOCIALE e i signori NOME COGNOME e NOME COGNOME hanno convenuto in giudizio, dinanzi al Tribunale di Arezzo, la Direzione territoriale del l avoro di Arezzo e l’INAIL e ha nno chiesto di accertare e dichiarare l’ illegittimità del verbale unico di accertamento e notificazione del 5 agosto 2014 e dei consequenziali provvedimenti assunti dall’INAIL , dichiarando che nulla è dovuto alla citata Direzione territoriale di Arezzo e all’INAIL.
Il Tribunale di Arezzo ha dichiarato l’illegittimità del verbale unico di accertamento e notifica del 5 agosto 2014 e del provvedimento di variazione del rapporto assicurativo, adottato dall’INAIL il 4 dicembre 2014, e ha confermato gli accertamenti relativi ai contratti a progetto stipulati da RAGIONE_SOCIALE dal 2009 al 2012.
2. -Con sentenza n. 343 del 2018, depositata il 3 maggio 2018, la Corte d’appello di Firenze, in parziale riforma della pronuncia del Tribunale di Arezzo, ha così deciso sui gravami interposti dall’INAIL e
dal Ministero e, in via incidentale, dalla RAGIONE_SOCIALE e dai signori NOME COGNOME e NOME COGNOME: ha dichiarato inammissibile il ricorso proposto da RAGIONE_SOCIALE, dai signori NOME COGNOME e NOME COGNOME contro il verbale di accertamento del 5 agosto 2014; quanto al rapporto con l’INAIL, ha respinto il ricorso proposto da RAGIONE_SOCIALE e dai signori COGNOME e COGNOME contro il provvedimento del 4 dicembre 2014, di variazione del rapporto assicurativo.
2.1. -A fondamento della decisione, la Corte territoriale ha evidenziato, in linea preliminare, che i verbali di accertamento e di notifica d’illecito della Direzione territoriale del lavoro hanno natura endoprocedimentale e che solo l’ordinanza ingiunzione, emessa a definizione del procedimento, può essere impugnata. Difetta, pertanto, l’interesse a ricorrere.
2.2. -Quanto al merito della pretesa, l’INAIL ha assolto all’onere di provare la natura subordinata dei rapporti di lavoro intercorsi tra la società RAGIONE_SOCIALE e gli operatori.
Dev’essere rigettato l’appello incidentale, riguardante la posizione dei lavoratori che hanno stipulato contratti a progetto dal 2009 al maggio 2012 , in considerazione dell’insussistenza di progetti specifici e dell’accertamento del vincolo di subordinazione.
RAGIONE_SOCIALE e i signori NOME COGNOME e NOME COGNOME ricorrono per cassazione, sulla base di sei motivi, contro la sentenza d’appello.
-Resistono con distinti controricorsi l’INAIL e il Ministero del lavoro e delle politiche sociali, Direzione territoriale del lavoro di Arezzo.
-Il ricorso è stato fissato per la trattazione in camera di consiglio, in applicazione degli artt. 375, secondo comma, e 380bis .1., primo comma, cod. proc. civ.
-Il Pubblico Ministero non ha depositato conclusioni scritte.
7. -In prossimità dell’adunanza in camera di consiglio, ha nno depositato memoria illustrativa i ricorrenti e l’INAIL .
-All’esito della camera di consiglio, il Collegio si è riservato il deposito dell’ordinanza nei successivi sessanta giorni (art. 380 -bis .1., secondo comma, cod. proc. civ.).
RAGIONI DELLA DECISIONE
1. -Con il primo motivo (art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ.), i ricorrenti deducono violazione e falsa applicazione dell’art. 100 cod. proc. civ., degli artt. 40 e seguenti del decreto del Presidente della Repubblica 30 giugno 1965, n. 1124, dell’art. 13 del decreto del Ministro del lavoro e della previdenza sociale 18 giugno 198 8, dell’art. 3 della legge 7 agosto 1990, n. 241.
Avrebbe errato la Corte territoriale nel negare l’interesse all’impugnazione del verbale della Direzione territoriale del lavoro e nel ritenere che tale interesse scaturisca solo dall’eventuale emissione dell’ordinanza ingiunzione.
Nella specie, il verbale di accertamento impugnato costituirebbe il necessario presupposto del provvedimento di riclassificazione dell’INAIL, lesivo della sfera giuridica della società : l’azione intrapresa , pertanto, sarebbe sorretta da un interesse evidente a proporre una ‘impugnazione anticipata’ contro un atto amministrativo di per sé pregiudizievole.
-Con il secondo mezzo (art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ.), i ricorrenti deducono violazione e/o falsa applicazione degli artt. 2094, 2697 e 2729 cod. civ. e dell’art. 416 cod. proc. civ.
La sentenza impugnata meriterebbe censura anche per aver qualificato gli operatori come lavoratori subordinati della RAGIONE_SOCIALE, assoggettati al potere direttivo della società, e per aver attribuito ai ricorrenti l’onere di dimostrare i propri assunti, in contrasto con l’orientamento che pone a carico dell’Istituto l’onere di dimostrare la fondatezza della pretesa dedotta.
Ad avviso dei ricorrenti, nessuna prova l’Istituto avrebbe offerto in ordine al vincolo di subordinazione e non si potrebbero trarre utili elementi di valutazione dai verbali ispettivi, idonei a provare soltanto i fatti che i pubblici ufficiali asseriscono essere avvenuti in loro presenza o essere stati da loro compiuti. RAGIONE_SOCIALE non impartirebbe alcuna direttiva ai soci della RAGIONE_SOCIALE, limitandosi a verificarne la disponibilità. Sarebbero le famiglie a fornire le indicazioni necessarie sullo svolgimento della prestazione. Non si potrebbero scorgere, pertanto, rispetto alla RAGIONE_SOCIALE, quei caratteri distintivi della subordinazione, che s’identificherebbero nell’assoggettamento al potere direttivo, organizzativo e disciplinare del datore di lavoro. La flessibilità del servizio, il regime di autonomia del collaboratore, l’esistenza di un rapporto di mero coordinamento tra il collaboratore e la committente comproverebbero «l’instaurazione di una genuina collaborazione coordinata e continuativa fra i collaboratori e RAGIONE_SOCIALE» (pagina 27 del ricorso per cassazione).
3. -Con la terza censura (art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ.), i ricorrenti si dolgono della violazione e della falsa applicazione degli artt. 115, 416, 421 e 437 cod. proc. civ.
Né l’INAIL né il Ministero avrebbero contestato specificamente la ricostruzione dei rapporti delineata dalla RAGIONE_SOCIALE, che, pertanto, dovrebbe essere considerata pacifica. Il ricorso introduttivo del giudizio di primo grado avrebbe dimostrato in maniera persuasiva la formalizzazione dei rapporti di lavoro e «l’effettiva sussistenza della realtà imprenditoriale della RAGIONE_SOCIALE» (pagina 29 del ricorso per cassazione). A fronte della copiosa documentazione prodotta, le difese delle parti resistenti sarebbero affette da una «macroscopica genericità» (pagina 31 del ricorso per cassazione), esaurendosi nell’affermazione del carattere fittizio dell’attività d ella Cooperativa e nell’allegazione dell’insussistenza dell’autonomia dell’attività svolta dai
collaboratori. Tali asserzioni non travalicherebbero i confini delle mere «formule di stile» (pagina 32 del ricorso per cassazione).
4. -Con la quarta doglianza (art. 360, primo comma, n. 5, cod. proc. civ.), i ricorrenti allegano l’omesso esame di più fatti decisivi per il giudizio, oggetto di discussione fra le parti.
La Corte territoriale avrebbe pretermesso l’esame di circostanze decisive, attinenti alla libertà degli operatori di accettare la prestazione, al potere organizzativo spettante alla cooperativa, esposta al rischio d’impresa, alla variabilità del compenso, alla conformità delle modalità di organizzazione delle prestazioni all’Accordo sindacale del 7 aprile 2016, concernente i rapporti di collaborazione coordinata e continuativa tra i lavoratori e le società committenti deputate a erogare servizi di assistenza a favore di persone in stato di bisogno, e alla deliberazione della Commissione paritetica nazionale, adottata il 21 giugno 2016.
5. -Con la quinta critica (art. 360, primo comma, n. 4, cod. proc. civ.), i ricorrenti censurano la nullità della sentenza per violazione dell’art. 1 3 2 cod. proc. civ. e dell’art. 111 Cost.
Palesi sarebbero le lacune della motivazione della sentenza impugnata. La Corte territoriale non avrebbe chiarito in modo adeguato il percorso logicoargomentativo che l’ha condotta a d affermare la sussistenza d ell’ eterodirezione.
6. -Con il sesto motivo (art. 360, primo comma, n. 4, cod. proc. civ.), i ricorrenti denunciano la violazione dell’art. 132 cod. proc. civ. e dell’art. 111 Cost.
La pronuncia d’appello, nel rigettare l’appello incidentale, avrebbe trascurato elementi cruciali (la flessibilità del servizio, la libertà di accettare le prestazioni, la conformità delle collaborazioni occasionali e a partita IVA alle previsioni dell’accordo sindacale e alla delibera della Commissione paritetica nazionale) e non avrebbe spiegato per quale ragione non sia genuina l’autonomia dei contratti a progetto conclusi
dal 2009 al maggio 2012. La motivazione, pertanto, sarebbe insufficiente e/o contraddittoria.
7. -Il primo mezzo dev’essere respinto.
7.1. -Nell’accogliere il motivo d’impugnazione relativo alla carenza d’interesse ad agire contro il verbale unico di accertamento (pagine 6 e 7 della decisione della Corte territoriale), la pronuncia d’appello si è conformata alla giurisprudenza consolidata di questa Corte, che attribuisce a tali verbali valenza endoprocedimentale, disconoscendone l’idoneità a dispiegare effetti sulla situazione soggettiva del datore di lavoro.
Il verbale adempie all’esclusiva funzione di contestare il fatto e di segnalare la facoltà del pagamento in misura ridotta. In difetto di tale pagamento, l’autorità competente valuterà i presupposti per l’irrogazione della sanzione e ne determinerà l’entità, con un ulteriore atto, l’ordinanza ing iunzione, suscettibile di autonoma impugnazione, in quanto immediatamente lesiva (Cass., S.U., 4 gennaio 2007, n. 16). Pertanto, solo dall’emissione di tale atto, che rappresenta l’approdo del procedimento amministrativo e tiene conto anche delle ragioni addotte dal contravventore, sorge l’interesse del privato a rivolgersi all’autorità giudiziaria (Cass., sez. lav., 12 luglio 2010, n. 16319).
Il verbale di accertamento della violazione è impugnabile in sede giudiziale, unicamente se concerne l ‘ inosservanza di norme sulla circolazione stradale: solo in tale ipotesi, invero, il verbale è idoneo ad acquisire il valore e l ‘ efficacia di titolo esecutivo per la riscossione della pena pecuniaria nell ‘ importo direttamente stabilito dalla legge.
7.2. -Da tali principi, richiamati anche nel controricorso del Ministero del lavoro e delle politiche sociali, Direzione territoriale del lavoro di Arezzo, non vi sono ragioni di discostarsi.
Né a diverse conclusioni induce il nesso di necessaria consecuzione, che il motivo adombra tra il verbale e le contestazioni mosse dall’INAIL. La pretesa dell’Istituto, che attiene a un diverso rapporto, dev’essere
valutata in maniera autonoma, sulla scorta delle allegazioni e degli elementi prospettati dalle parti, e in una prospettiva più ampia, che non si arresta all’accertamento della regolarità formale del verbale.
Né in questa sede possono trovare ingresso gli argomenti, che la parte ricorrente ha esposto solo nella memoria illustrativa (pagine 5, 6, 7 e 8), in ordine alla carenza di legittimazione ad impugnare del Ministero e al conseguente passaggio in giudicato delle statuizioni della pronuncia di primo grado.
La memoria illustrativa può sviluppare e chiarire i profili già ritualmente sottoposti al vaglio di questa Corte nei motivi di ricorso, ma le è precluso introdurre nuovi temi, sottraendoli così a un effettivo contraddittorio fra le parti. Contraddittorio tanto più indispensabile, in quanto gli argomenti, nel caso di specie, si sostanziano in una contestazione delle statuizioni della Corte territoriale, che ha accolto l’appello e ha dunque affermato in modo univoco la legittimazione della parte a proporlo. I ricorrenti avrebbero dovuto formulare tali rilievi in modo tempestivo e con uno specifico motivo, diretto a infirmare il decisum della Corte d’appello sulla legittimazione a interporre gravame, presupposto indefettibile della stessa decisione adottata sul merito delle doglianze.
-Quanto alle restanti censure, che possono essere esaminate con specifico riguardo al rapporto con l’INAIL, senza dar corso alla trattazione unitaria dei procedimenti, richiesta nelle memorie illustrative, hanno priorità logica la quinta e la sesta.
Esse denunciano un vizio radicale della pronuncia impugnata e, in particolare, la nullità per assoluta carenza della motivazione, inidonea a dar conto, per le sue lacune e le sue contraddizioni, del percorso logico seguìto.
8.1. -Entrambe le censure devono essere disattese.
8.2. -Può essere denunciata in sede di legittimità soltanto l ‘ anomalia della motivazione, che si tramuti in violazione di legge
costituzionalmente rilevante, suscettibile di riverberarsi sull ‘ esistenza stessa della motivazione, purché il vizio risulti dal testo della sentenza impugnata, a prescindere dal confronto con le risultanze processuali. Tale anomalia si configura nell’ipotesi di ‘ mancanza assoluta di motivi sotto l ‘ aspetto materiale e grafico ‘ , di ‘ motivazione apparente ‘ , di ‘ contrasto irriducibile tra affermazioni inconciliabili ‘ e di ‘ motivazione perplessa ed obiettivamente incomprensibile ‘. Non riveste, dunque, alcun rilievo il semplice difetto di ‘ sufficienza ‘ della motivazione (Cass., S.U., 7 aprile 2014, n. 8053).
La motivazione, in particolare, si connota come apparente, quando, pur presente come segno grafico, non renda, tuttavia, percepibile il fondamento della decisione, in quanto si traduce in argomentazioni inidonee a far conoscere il ragionamento seguìto dal giudice per la formazione del proprio convincimento (Cass., S.U., 3 novembre 2016, n. 22232).
8.3. -Nessuna di tali fattispecie si può ravvisare nell’odierno giudizio.
8.3.1. -La motivazione della pronuncia d’appello, che si dipana dalla pagina 8 alla pagina 11, delinea compiutamente la vicenda controversa, pondera in modo accurato gli elementi probatori acquisiti e la loro plausibilità, si cimenta con le notazioni critiche degli odierni ricorrenti, alla stregua dei principi di diritto enunciati da questa Corte in tema di accertamento della subordinazione.
Il percorso logico che ha condotto alla decisione impugnata è stato diffusamente esposto, con analisi immune dalle lacune e dalle aporie che il quinto motivo segnala.
8.3.2. -Tali rilievi si attagliano anche alle censure articolate nel sesto motivo, che pone l’accento sul rigetto dell’appello incidentale.
A tale riguardo, la Corte di merito osserva che devono essere condivise le valutazioni espresse dal giudice di prime cure (pagina 11 della pronuncia d’appello): non si può riscontrare alcun progetto
specifico, rispettoso delle prescrizioni di legge, per i contratti conclusi dal 2009 al maggio 2012 , per l’assorbente rilievo che nessuna indicazione documentale è stata fornita in ordine al progetto e alla sua rispondenza ai requisiti dell’art. 69 del decreto legislativo 10 settembre 2003, n. 276.
Pertanto, in mancanza di un progetto specifico, il rapporto di lavoro si converte automaticamente in rapporto di lavoro subordinato a tempo indeterminato, a prescindere dall’accertamento dell’effettivo atteggiarsi di tale rapporto in termini di subordinazione (fra le molte, Cass., sez. lav., 25 agosto 2020, n. 17707).
Peraltro, nel caso di specie, è stato anche accertato il vincolo di subordinazione, per le ragioni analiticamente illustrate nella sentenza.
Dunque la pretesa dell’INAIL è fondata per una duplice, concorrente, ragione.
Anche sotto questo profilo, la pronuncia impugnata giustifica in modo lineare e intelligibile la ratio decidendi e soddisfa l’obbligo di motivazione dei provvedimenti giurisdizionali, prescritto dall’art. 111, sesto comma, Cost.
-Si può scrutinare il terzo mezzo, che pone una questione eminentemente processuale, concernente la violazione del principio di ‘non contestazione’ e di per sé idonea a condurre, nella prospettiva del ricorso, alla cassazione della sentenza impugnata.
9.1. -Il motivo non coglie nel segno.
9.2. -In primo luogo, la prospettazione difensiva dell’Istituto si pone in radicale antitesi con le allegazioni degli odierni ricorrenti in ordine all’insussistenza del vincolo di subordinazione e si fonda su una pluralità di dati, che la Corte di merito ha ritenuto di rilevanza preponderante rispetto a quelli enunciati dalla società.
Non si può discorrere, dunque, di ‘non contestazione’.
9.3. -Si deve osservare , inoltre, che la ‘non contestazione’ investe un fatto, una circostanza storica, e non le asserzioni della parte in
ordine alla pregnanza significativa di determinate circostanze. La genuinità della realtà imprenditoriale della cooperativa, la veste formale dei rapporti di lavoro, attengono al piano delle valutazioni.
La decisione impugnata non s’incardina sul rilievo che siano contestate le circostanze addotte dalla società e riproposte anche in questa sede, ma sulla considerazione che esse non presentino valenza significativa. Si verte, dunque, in materia di valutazioni, che esulano a rigore dall’àmbito applicativo della regola dell’art. 115 cod. proc. civ., invocata a supporto della censura.
-Possono essere esaminate congiuntamente la seconda e la quarta critica, che sottendono tematiche inscindibilmente connesse.
10.1. -I motivi devono essere dichiarati inammissibili, in tutti i profili in cui si articolano.
10.2. -Inammissibile, anzitutto, si dimostra la censura di violazione dell’art. 2697 cod. civ.
10.2.1. -La violazione di tale precetto può essere ritualmente denunciata in sede di legittimità soltanto nell ‘ ipotesi in cui il giudice abbia attribuito l ‘ onere della prova ad una parte diversa da quella su cui tale onere grava, secondo le regole di scomposizione delle fattispecie basate sulla differenza tra fatti costitutivi ed eccezioni, e non già quando oggetto di censura sia la valutazione che il giudice abbia espresso sulle prove proposte dalle parti. Tale valutazione è sindacabile, dinanzi a questa Corte, entro i ristretti limiti del l’art. 360, primo comma, n. 5, cod. proc. civ. (Cass., sez. lav., 19 agosto 2020, n. 17313).
10.2.2. -Nel caso di specie, i giudici del gravame hanno puntualizzato, senza dare àdito a equivoci di sorta e senza sovvertire le regole di distribuzione dell’onere della prova, che compete all’INAIL la dimostrazione degli elementi costitutivi della pretesa (pagina 10 della pronuncia impugnata).
La seconda censura, nel far leva sulla violazione dell’art. 2697 cod. civ., si appunta, a ben considerare, sull’apprezzamento delle prove e si palesa, pertanto, inammissibile.
Inammissibile è anche il correlato profilo di censura, che addebita alla Corte di merito di aver attribuito forza probatoria privilegiata agli accertamenti ispettivi. La sentenza impugnata mostra di apprezzare liberamente le risultanze di tali accertamenti (in tal senso, ex professo , pagina 9), senza conferire a tali risultanze una più penetrante fede pubblica, in contrasto con le regole racchiuse nell’art. 2700 cod. civ.
10.3. -Anche la censura di violazione dell’art. 2094 cod. civ. presta il fianco alle eccezioni d’inammissibilità sollevate nel controricorso dell’INAIL.
10.3.1. -Per costante giurisprudenza di questa Corte, «la valutazione circa la sussistenza degli elementi, dai quali è possibile inferire l ‘ esistenza di un rapporto di lavoro subordinato, costituisce un accertamento di fatto. Rispetto a tale accertamento, il sindacato di legittimità è equiparabile al più generale sindacato sul ricorso al ragionamento presuntivo da parte del giudice di merito. Pertanto, il giudizio relativo alla qualificazione di uno specifico rapporto come subordinato o come autonomo può essere censurato alla stregua dell ‘ art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ. solo per ciò che riguarda l ‘ individuazione dei caratteri identificativi del lavoro subordinato, come tipizzati dall ‘ art. 2094 cod. civ. La valutazione del giudice di merito è sindacabile nei limiti ammessi dall ‘ art. 360, primo comma, n. 5, cod. proc. civ., allorché il ricorso investa la critica del ragionamento (necessariamente presuntivo) concernente la scelta e la ponderazione degli elementi di fatto, altrimenti denominati indici o criteri sussidiari di subordinazione, che hanno indotto il giudice a includere il rapporto controverso nell ‘ uno o nell ‘ altro schema contrattuale (Cass., sez. lav., 21 luglio 2022, n. 22846)» (fra le molte,
Cass., sez. lav., 19 marzo 2024, n. 7344, punto 2.1. delle Ragioni della decisione , richiamata dall’Istituto nella memoria illustrativa) .
Le medesime considerazioni si possono replicare anche in ordine all’identificazione di chi in concreto eserciti il potere direttivo, in un rapporto di lavoro che coinvolge, a vario titolo, una pluralità di soggetti. L’individuazione del datore di lavoro che corrisponde al paradigma dell’art. 2094 cod. civ. rappresenta un accertamento di fatto, al pari dell’accertamento in ordine agli elementi costitutivi della subordinazione sul versante oggettivo.
10.3.2. -La Corte territoriale ha accertato in punto di fatto che, per l’intero arco temporale che rileva in causa, i vari collaboratori hanno operato «quali veri e propri dipendenti della società RAGIONE_SOCIALE per il periodo in cui rendevano la prestazione, soggetti al potere organizzativo, direttivo e di controllo della società, nella persona del suo amministratore NOME COGNOME NOME che riceveva la richiesta di assistenza della famiglia, per servizi a domicilio o in ospedale di badante, colf , accompagnamento, contrattava la prestazione, le modalità e il prezzo, quindi contattava il lavoratore e lo inviava alla famiglia, prescrivendogli -in base a quanto concordato con il cliente -il tipo di assistenza da fornire con le modalità richieste, gli orari da rispettare, il luogo dove recarsi, con obbligo di rivolgersi allo stesso COGNOME per qualsiasi variazione o problematica, per sostituzioni, modifiche della prestazione e nuove richieste del cliente, imponendogli una paga oraria fissa, controllando il suo operato tramite il report delle famiglie e decidendone eventualmente lo spostamento o l’allontanament o» (pagina 8 della sentenza impugnata).
A tali conclusioni la Corte di merito è giunta dopo aver esaminato anche l’evoluzione del rapporto negoziale, nella fase posteriore all’istituzione della cooperativa, e la natura elementare delle prestazioni, che plasma il concreto estrinsecarsi del potere direttivo del datore di lavoro.
La sentenza impugnata, nello scrutinio del materiale istruttorio acquisito, si sofferma sulle dichiarazioni rese dal signor NOME COGNOME (pagina 8) e da numerosi lavoratori (pagina 9), ne soppesa l’attendibilità, tratteggia una ricostruzione organica e attendibile dell ‘assetto dei rapporti tra le parti e non manca di passare in rassegna anche gli elementi di segno contrario, oggi posti in risalto nel ricorso.
Alla luce di tale quadro probatorio, la Corte di merito ha riconosciuto, in capo alla RAGIONE_SOCIALE, il potere direttivo, senza pretermettere alcun dato rilevante nella disamina delle peculiarità del lavoro prestato e delle modalità con cui, in concreto, il vincolo di subordinazione si è esplicato.
La Corte d’appello di Firenze ha rettamente interpretato la fattispecie tipizzata dall’art. 2094 cod. civ. e ha scrutinato le risultanze istruttorie alla stregua degli elementi costitutivi che tale disposizione enuclea.
È proprio sull’analisi in concreto della dinamica dei rapporti che s’incentra la ratio decidendi della pronuncia impugnata.
Inammissibile, dunque, è la censura che, dietro lo schermo della violazione di legge, tende, in ultima analisi, a ottenere una rivalutazione, in chiave più favorevole, delle prove acquisite.
La medesima finalità traspare anche dalla censura di violazione dell’art. 2729 cod. civ.
10.4. -Per le ragioni appena esposte, è inammissibile anche la doglianza, formulata con il quarto motivo, sull’omesso esame di fatti decisivi, oggetto di discussione fra le parti.
10.4.1. -La deduzione di tale vizio non consente di censurare la complessiva valutazione delle risultanze processuali, contenuta nella sentenza impugnata, contrapponendo alla stessa una diversa interpretazione, al fine di ottenere la revisione da parte del giudice di legittimità degli accertamenti di fatto compiuti dal giudice di merito (fra le molte, Cass., sez. II, 19 luglio 2021, n. 20553).
10.4.2. -Nella qualificazione del rapporto di lavoro come subordinato, la Corte di merito non ha trascurato di tenere nel debito conto i dati, solo in apparenza divergenti, dedotti con il presente ricorso, e di armonizzarli con l ‘esaustiva ricostruzione che ha offerto della vicenda controversa.
Fra tali elementi, si annoverano l’asserita autonomia della cooperativa, il ruolo delle famiglie chiamate a fruire dei servizi offerti (pagina 10), la libertà di accettare la proposta di lavoro (pagina 11), la conformità alle prescrizioni della delibera del 21 giugno 2016 della Commissione paritetica nazionale (pagina 11), oggi menzionata a sostegno del ricorso.
Per ognuno di tali aspetti, la sentenza impugnata ha indicato in maniera circostanziata le ragioni che impediscono di annettere loro un’importanza dirimente .
Quanto alla cooperativa, la sentenza ha offerto i necessari ragguagli sui dati che suffragano il ruolo di mera fornitura di manodopera (pagina 10), anche alla luce dei legami tra la società ricorrente e la cooperativa stessa.
A fronte di un potere direttivo, che la Corte di merito ha ricostruito nella sua concreta esplicazione, si affievolisce la consistenza dei dati antitetici che il ricorso enfatizza e labile si rivela la forza persuasiva degl’indici sintomatici della prospettata autonomia.
Quel che rileva è proprio la fase dell’esecuzione della prestazione, che la sentenza impugnata ha scandagliato al fine d’individuare , nel reale configurarsi dei rapporti, i tratti distintivi del vincolo di subordinazione.
Né, rispetto al concreto atteggiarsi della dinamica negoziale, che rappresenta l’ineludibile termine di raffronto, possono rivestire rilievo preminente i dati squisitamente formali, come l’inquadramento dei rapporti di lavoro o l’asserita osservanza delle prescrizioni dell’Accordo sindacale o della delibera della Commissione paritetica nazionale.
La critica, nella sua essenza, sollecita una diversa, più favorevole, valutazione di fatti che la sentenza d’appello ha s crutinato, senza trascurarne il doveroso esame nel contesto del materiale probatorio acquisito, e si ripromette di ricondurre al mero coordinamento, compatibile con l’autonomia della prestazione, quelle particolarità che la sentenza impugnata ha ritenuto espressive, invece, di un più pregnante vincolo di subordinazione.
Verso il medesimo obiettivo di un più appagante coordinamento delle risultanze istruttorie convergono anche gli argomenti propugnati nelle memorie illustrative.
-Dalle considerazioni svolte discende il rigetto del ricorso.
-Le spese del presente giudizio, liquidate in dispositivo, seguono la soccombenza.
-Il rigetto del ricorso impone di dare atto dei presupposti per il sorgere dell’obbligo de i ricorrenti di versare un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per la stessa impugnazione, ove sia in concreto dovuto (Cass., S.U., 20 febbraio 2020, n. 4315).
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso; condanna la parte ricorrente a rifondere ai controricorrenti le spese del presente giudizio, che, in favore de ll’INAIL, liquida in Euro 6.000,00 per compensi, in Euro 200,00 per esborsi, oltre al rimborso delle spese forfettarie nella misura del 15% e agli accessori di legge, e, in favore del Ministero del lavoro e delle politiche sociali, Direzione territoriale del lavoro di Arezzo, in Euro 4.000,00 per compensi, oltre alle spese prenotate a debito.
Dichiara la sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte dei ricorrenti , dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per la stessa impugnazione, a norma del comma 1bis dell’art. 13 del d.P.R. n. 115 del 2002, ove dovuto.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Quarta Sezione