Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 2 Num. 25224 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 2 Num. 25224 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: NOME
Data pubblicazione: 15/09/2025
ORDINANZA
sul ricorso 2324 – 2019 proposto da:
NOME COGNOME e COGNOME NOME, elettivamente domiciliati in Roma, INDIRIZZO presso lo studio dell’avv. NOME COGNOME rappresentati e difesi da sé stessi, anche reciprocamente, giuste rispettive procure in calce al ricorso, con indicazione degli indirizzi pec;
– ricorrenti –
contro
COGNOME, elettivamente domiciliato in Roma, INDIRIZZO presso lo studio dell’ avv. prof. NOME COGNOME rappresentato e difeso dall’avv. prof. NOME COGNOME giusta procura in calce al controricorso, con indicazione de ll’ indirizzo pec;
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 6050/2018 del TRIBUNALE DI NAPOLI, pubblicata il 18/6/2018; udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 12/6/2024 dal consigliere NOME COGNOME
lette le memorie delle parti.
FATTI DI CAUSA
Con atto di citazione notificato il 5 aprile 2012, NOME COGNOME e NOME COGNOME convennero in giudizio, dinnanzi al Giudice di Pace di Napoli, NOME COGNOME chiedendone la condanna al pagamento, in loro favore, rispettivamente di Euro 3.000,00 e di Euro 4.000,00, a titolo del vincolo di solidarietà ex art. 68 r.d.l. n. 1578 del 27/11/1933 dei compensi professionali loro dovuti dal terzo loro assistito NOME COGNOME Rappresentarono, infatti, di avere difeso quest’ultimo in un precedente giudizio instaurato, dinnanzi al Tribunale di Napoli, nei confronti dello stesso NOME COGNOME convenuto, per ottenere l’annullamento della cessione di una quota societaria; quel giudizio era stato dichiarato estinto con compensazione di spese, perché NOME COGNOME aveva rinunziato al giudizio per transazione stragiudiziale intervenuta con NOME COGNOME; la loro rinuncia al vincolo di solidarietà non risultava né dalla transazione, né dalla dichiarazione di rinuncia formulata in proprio dal loro assistito.
Nel contraddittorio con NOME COGNOME con sentenza n. 35246 del 2013, il Giudice di pace di Napoli rigettò la domanda degli attori, escludendo la sussistenza dell’invocato vincolo di solidarietà ex art. 68 r.d.l. n. 1578/33 in quanto operante soltanto quando il giudizio non sia definito da un giudice, laddove nella specie era stata pronunciata una statuizione in merito alle spese.
Con sentenza n. 6050 del 2018, il Tribunale di Napoli rigettò l’appello, ritenendo che la pronuncia di estinzione non fosse stata ricondotta direttamente alla transazione dal Giudice del Tribunale di
Napoli del procedimento presupposto, sicché correttamente era stata esclusa l’operatività del principio di solidarietà ex art. 68 r.d.l. n. 1578/33.
Avverso questa sentenza NOME COGNOME e NOME COGNOME hanno proposto ricorso per cassazione affidandolo a cinque motivi; NOME COGNOME ha resistito con controricorso.
Entrambe le parti hanno depositato memoria.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Con il primo motivo, articolato in riferimento al n. 4 del primo comma dell’art. 360 cod. proc. civ., NOME COGNOME e NOME COGNOME hanno lamentato la nullità della sentenza impugnata per non avere il Tribunale esaminato la causa così come prospettata dai ricorrenti, incorrendo così nella violazione dell’art. 6 CEDU e dell’art. 111 Cost. e per essersi il Tribunale limitato a riprodurre la sentenza di primo grado senza esporre il fatto oggetto del giudizio, invocando principi di diritto inconferenti e così violando l’art. 118 disp. att. cod. proc. civ. e l’art. 132 cod. proc. civ..
1.2. Con il secondo motivo, articolato in riferimento al n. 4 del primo comma dell’art. 360 cod. proc. civ., i ricorrenti hanno prospettato la nullità della sentenza impugnata per motivazione apparente, in quanto resa in violazione dell’art. 132 comma II n. 4 cod. proc. civ. e 118 disp. att. cod. proc. civ.: il Tribunale, infatti, non avrebbe descritto e considerato il fatto così come ricostruito e documentato in domanda, incorrendo nelle medesime omissioni del Giudice di pace e limitandosi a riprodurre in maniera acritica il contenuto della sentenza di primo grado.
1.3. Con il terzo motivo, articolato in riferimento al n. 4 del primo comma dell’art. 360 cod. proc. civ., i ricorrenti hanno poi sostenuto la nullità della sentenza per violazione del principio di corrispondenza fra chiesto e pronunciato, come sancito dall’art. 112 cod. proc. civ.:
secondo i ricorrenti, il Giudice di pace prima e il Tribunale poi avrebbero fornito una descrizione dei fatti tale da portare a un mutamento della causa petendi ; in questo modo, sarebbe stato altresì violato il principio del contraddittorio.
1.4. Con il quarto motivo, articolato in riferimento al n. 3 del primo comma dell’art. 360 cod. proc. civ., NOME COGNOME e NOME COGNOME hanno quindi denunciato la violazione e falsa applicazione dell’art. 68 r.d. l. n. 1578/33, dell’art. 12 d.lgs. n.5/2003 e dell’art. 306 cod. proc. civ.: il giudizio presupposto, infatti, era stato definito per intervenuta transazione e nell’ordinanza di estinzione pronunciata dal Tribunale non sarebbe stata pronunciata alcuna statuizione sulle spese in conseguenza di un esame di soccombenza virtuale; era, perciò, certamente applicabile il principio di solidarietà di cui all’art. 68 del r.d. 1578/33.
1.5. Con il quinto motivo, articolato in riferimento al n. 5 del primo comma dell’art. 360 cod. proc. civ., i ricorrenti hanno infine lamentato che non fosse stato considerato che l’ordinanza di estinzione risultava pronunciata da un Giudice monocratico invece che collegiale, proprio perché fondata su ll’accordo transattivo intervenuto fra le parti e, perciò, non equivalente a una decisione sulle spese.
Il terzo motivo è infondato per come prospettato, perché la violazione del principio di corrispondenza tra chiesto e pronunciato denunciata dagli avvocati ricorre quando il giudice di merito, alterando gli elementi obiettivi dell’azione ( petitum o causa petendi ), emetta un provvedimento diverso da quello richiesto ( petitum immediato), oppure attribuisca o neghi un bene della vita diverso da quello conteso ( petitum mediato), così pronunciando oltre i limiti delle pretese o delle eccezioni fatte valere dai contraddittori (tra le tante, Cass. Sez. 2, n. 8048 del 21/03/2019; Cass. Sez. L, n. 2209 del 04/02/2016). N ell’argomentazione della censura, gli stessi ricorrenti lamentano,
invece, il ricorso ad argomentazioni giuridiche non prospettate dalle parti, laddove il principio dispositivo, evidentemente, non preclude al Giudice di rendere una pronuncia in base ad una diversa ricostruzione giuridica purché petitum o causa petendi non ne risultino alterati.
Il primo, il secondo e il quarto motivo, da esaminarsi congiuntamente per continuità di argomentazione, sono, invece, fondati.
Gli avvocati ricorrenti avevano chiesto al Giudice di pace di Napoli la condanna di NOME COGNOME convenuto in un giudizio instaurato dal loro assistito NOME COGNOME e conclusosi con dichiarazione di estinzione per intervenuta rinuncia accettata, al pagamento in loro favore dei compensi loro spettanti per l’attività di difesa prestata, invocando il vincolo di solidarietà ex art. 68 r.d.l. n. 1578 del 27/11/1933.
Il Tribunale, decidendo sull’appello di NOME COGNOME e NOME COGNOME avverso il rigetto della loro domanda, ha dapprima riprodotto testualmente lo svolgimento dei fatti descritto nella sentenza di primo grado; quindi, ha giudicato infondato il primo motivo di appello, con cui i difensori avevano rappresentato che l’ordinanza di estinzione implicava comunque il vincolo solidale ex art. 68 r.d.l. n. 1578/33, nonostante la pronuncia di «compensazione delle spese», affermando che «quando il Giudice istruttore nel corso del giudizio a cognizione piena opera come giudice monocratico, il provvedimento con cui dichiara che il processo si è estinto non è soggetto a reclamo e, siccome determina la chiusura del processo in base alla decisione di una questione pregiudiziale ha natura di sentenza, impugnabile con gli ordinari mezzi di impugnazione» e che «la mancata considerazione dell’accordo transattivo avrebbe potuto costituire un vizio del provvedimento dichiarativo di estinzione da far valere, avendo questo natura decisoria, mediante specifica impugnazione»; infine,
scrutinando la fondatezza del secondo motivo di appello con cui i due avvocati avevano lamentato la violazione dell’art. 68 r.d.l. 1578/33, ha ribadito che «nella fattispecie siamo in presenza di un procedimento definito mediante provvedimento dichiarativo di estinzione, avente natura decisoria» e che «l’estinzione non è quindi riconducibile direttamente alla transazione, ma al provvedimento del giudice che, peraltro, nemmeno menziona l’accordo transattivo ».
Ciò precisato, occorre allora considerare che il giudizio presupposto, celebrato con rito societario ex d.lgs. n. 5/2003 e, perciò, strutturato con un giudice relatore e una decisione collegiale, si era concluso con l’ ordinanza resa dal Giudice designato ex art. 12 dello stesso decreto legislativo, a verbale del 17/2/2009 : con l’ordinanza, (prodotta ritualmente in cartaceo, in questo giudizio, in all. 3 al ricorso introduttivo e richiamata nei suoi contenuti nell’argomentazione delle censure), il Giudice relatore aveva dichiarato, in composizione monocratica, l’ estinzione per intervenuta rinuncia, conseguente alla transazione stipulata tra le parti senza l’intervento dei difensori , esplicitamente rimarcando di definire il giudizio prima della rimessione al Collegio; la transazione, riportata come incontestata tra le parti, era stata acquisita al giudizio perché l’assistito dei ricorrenti, NOME COGNOME l’ aveva depositata in cancelleria unitamente alla sua dichiarazione di rinuncia; all’udienza appositamente fissata ex art. 12 d.lgs n. 5/2003 per la dichiarazione di estinzione, la rinuncia era stata, quindi, accettata da NOME COGNOME a mezzo del suo difensore munito di apposito mandato e per lui costituitosi; la statuizione di «compensazione delle spese» era stata, infine, pronunciata di seguito alla dichiarazione di estinzione, senza alcun riferimento alla richiesta delle parti o a uno scrutinio di soccombenza virtuale o al rilievo di ragioni ex art. 92 cod. proc. civ.
Rispetto a questi fatti del processo presupposto e, in particolare, al contenuto dell’ordinanza di estinzione suesposta, la motivazione della sentenza impugnata risulta allora evidentemente apparente, secondo la definizione elaborata da questa Corte, perché, benché graficamente esistente, non rende, tuttavia, percepibile il fondamento della decisione, recando argomentazioni obbiettivamente inidonee a far conoscere il ragionamento seguito dal giudice per la formazione del proprio convincimento (v. tra le tante, in ultimo, Cass. Sez. U, n. 2767 del 30/01/2023, in motivazione, con numerosi richiami; Cass. Sez. 1, n. 7090 del 03/03/2022): il Tribunale, infatti, ha interpretato quale sentenza, con relativa statuizione sulle spese, l’ordinanza di estinzione del giudizio presupposto, senza valutare la struttura del procedimento disciplinato dal d.lgs. n.5/2003 e la funzione del Giudice relatore designato, richiamando un principio di diritto invece elaborato per i giudizi a cognizione ordinaria devoluti alla competenza del Giudice monocratico. S u questa premessa, ha escluso l’applicabilità alla fattispecie dell’art. 68 r.d.l. n. 1578/33 invocato dagli avvocati COGNOME e COGNOME con argomenti del tutto avulsi dalla fattispecie portata alla sua cognizione, senza esaminare adeguatamente il contenuto sia dell’ordinanza che ha definito il giudizio presupposto, sia delle censure formulate alla sentenza di rigetto di primo grado, essenzialmente fondate sulla operatività del vincolo di solidarietà della controparte non assistita proprio nell’ipotesi eccezionale della definizione transattiva del giudizio.
L’art. 68 (di cui l’art. 1, comma 1, del d.lgs. 1 dicembre 2009 n.179 ha ritenuto indispensabile la permanenza in vigore, a norma dell’art. 14 della legge 28 novembre 2005, n. 246) dispone che quando un giudizio è definito con transazione, tutte le parti che hanno transatto sono solidalmente obbligate al pagamento degli onorari e al rimborso delle spese di cui gli avvocati ed i procuratori, che hanno partecipato
al giudizio degli ultimi tre anni, siano tuttora creditori per il giudizio stesso: la norma è proprio finalizzata a evitare che le parti processuali possano sottrarsi al pagamento del compenso, transigendo la lite e impedendo la liquidazione giudiziale delle spese.
Come chiarito dalla giurisprudenza di questa Corte, la possibilità per il difensore di invocare la speciale solidarietà prevista dalla legge professionale richiede perciò la sussistenza di un giudizio che sia stato bonariamente definito senza soddisfare le competenze del professionista (Cass. n. 7652/2017; Cass. n. 18334/2004) e che proprio per effetto dell’accordo transattivo – al giudice sia stato sottratto il potere di pronunciare sugli oneri del processo.
In particolare, in caso di transazione del giudizio, può escludersi la responsabilità solidale delle parti al pagamento degli onorari degli avvocati prevista dall’art. 68 soltanto quando la decisione contenga una statuizione del giudice sulla liquidazione delle spese senza che, invece, rilevi la ragione della definizione della causa (per cessazione della materia del contendere o per abbandono), poiché il presupposto per l’applicazione dell’art. 68 suddetto è specificamente l’esistenza di un accordo che sottragga al giudice anche la pronuncia sulle spese.
Può accadere, invece -e sul punto è essenziale l’indagine del Giudice di merito – che la «compensazione» pronunciata sia stata conseguenza della volontà delle parti di sottrarre al giudice proprio la valutazione secondo soccombenza, sia pure virtuale sicché la statuizione resa in tal senso risulti invece finalizzata soltanto a stabilizzare l’anticipazione delle spese (Cass. Sez. 6 – 3, n. 21209 del 20/10/2015; Cass. Sez. 2, n. 20266 del 14/07/2023).
3.1. Con la sua motivazione il Tribunale non ha valutato la situazione di fatto portata alla sua cognizione in riferimento a questi principi; pertanto, la sentenza impugnata deve essere cassata.
Dall’accoglimento del primo, del secondo e del quarto motivo deriva, in logica conseguenza, l’assorbimento del quinto motivo.
Il ricorso è, perciò, accolto e la sentenza impugnata deve essere cassata, con rinvio al Tribunale di Napoli, in persona di diverso magistrato, perché provveda al riesame della domanda degli avvocati ricorrenti in applicazione dei principi suesposti e in specifico riferimento alla struttura del rito adottato nel giudizio presupposto, alla motivazione dell’ordinanza che lo ha definito e al contenu to della dichiarazione di rinuncia e della correlata transazione.
Statuendo in rinvio, il Tribunale deciderà anche sulle spese di legittimità.
P.Q.M.
La Corte accoglie il primo, secondo e quarto motivo di ricorso, assorbito il quinto e dichiarato inammissibile il terzo;
cassa la sentenza impugnata e rinvia al Tribunale di Napoli, in persona di diverso magistrato, anche per le spese di legittimità.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della seconda