Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 1 Num. 12812 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 1 Num. 12812 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 13/05/2025
ORDINANZA
Sul ricorso n. 15545/2019 R.G.
proposto da
RAGIONE_SOCIALE in liquidazione , in persona del liquidatore pro tempore , rappresentata e difesa dall ‘a vv. NOME COGNOME, elettivamente domiciliata in Roma, INDIRIZZO presso il RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE, in virtù di procura speciale in atti;
ricorrente principale
contro
Provincia di Rimini , in persona del Presidente pro tempore, rappresentata e difesa dall ‘a vv. NOME COGNOME elettivamente domiciliata in Roma, INDIRIZZO presso lo studio dell’avv. NOME COGNOME in virtù di procura speciale in atti;
contro
ricorrente al ricorso principale
nonché da
NOME COGNOME rappresentato e difeso dagli avvocati NOME COGNOME e NOME COGNOME in virtù di procure speciali in atti;
ricorrente incidentale
contro
Provincia di Rimini , in persona del Presidente pro tempore, rappresentata e difesa dall ‘a vv. NOME COGNOME elettivamente domiciliata
in Roma, INDIRIZZO presso lo studio dell’avv. NOME COGNOME COGNOME in virtù di procura speciale in atti;
contro
ricorrente al ricorso incidentale
avverso la sentenza n. 799/2019 della Corte d’appello di B ologna, pubblicata l’11/03/2019 ;
udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 31/01/2025 dal Consigliere NOME COGNOME;
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Con atto di citazione del 10/10/2001, la RAGIONE_SOCIALE conveniva in giudizio davanti alla Corte d’appello di Bologna la Provincia di Rimini e il Comune di Riccione, opponendosi alla stima di terreni di sua proprietà, della superficie complessiva di mq. 2905, espropriati per la realizzazione di una scuola pubblica.
Esponeva che la relativa indennità era stata determinata dalla Giunta comunale di Riccione, in via provvisoria, nella somma di £ 109.200.000, pari a £ 35.000 al mq, e, in via definitiva, dalla Commissione provinciale per la determinazione dei valori agricoli medi di Rimini in £ 144.637.272 (o in £ 241.062.120 in caso di cessione volontaria).
Si costituiva ritualmente la sola Provincia di Rimini, eccependo la congruità della stima e comunque l ‘ applicazione della riduzione del 40% di cui all’art. 5 bis della l. n. 359 del 1992.
Il Comune di Riccione restava invece contumace.
Nel corso dell’istruttoria veniva espletata consulenza tecnica d’ufficio. Con sentenza n. 1358/2004 la Corte d’appello di Bologna, ritenuta la natura edificabile dell’area, liquidava in € 436.516,72 l’indennità di esproprio e in € 217.196,82 l’indennità di occupazione legittima, escludendo la riduzione del 40%, data la palese inadeguatezza dell’indennità provvisoria, il cui rifiuto dalla società proprietaria era ritenuto giustificato.
Avverso la sentenza la Provincia di Rimini proponeva ricorso per cassazione, deducendo: 1) la violazione dell’art. 5 bis l. n. 359 del 1992 e la carenza di motivazione nella riconosciuta natura edificatoria dei
terreni, che pure erano inclusi nella zona per attrezzature generali scuole superiori nel nuovo piano regolatore del 1984; 2) la violazione della medesima norma e la carenza di motivazione nella determinazione dell’indennità di esproprio, senza prendere in considerazione il valore di aree omogenee a quelle espropriate.
Resisteva con controricorso la RAGIONE_SOCIALE mentre il Comune di Riccione non svolgeva attività difensiva.
Con sentenza n. 5216/2011, questa Corte di legittimità accoglieva il primo motivo di ricorso e, ritenuto assorbito il secondo, cassava con rinvio la decisione impugnata, rilevando, in particolare, che dalla stessa sentenza della Corte d’appello si evinceva che il piano regolatore generale del 1984 aveva inserito le aree in questione in una zona adibita ad “attrezzature generali… scuole superiori” e, pertanto, era privo di adeguata motivazione il successivo passaggio argomentativo che assegnava ai terreni espropriati vocazione pienamente edificatoria.
Avviato il giudizio di rinvio nei confronti della RAGIONE_SOCIALE di RAGIONE_SOCIALE in liquidazione (già RAGIONE_SOCIALE, del socio accomandatario RAGIONE_SOCIALE in liquidazione e del socio accomandate COGNOME la Corte d’appello , con la sentenza in questa sede impugnata, determinava in € 53.577,23 l’indennità definitiva di esproprio e in € 27.959,05 l’indennità di occupazione spettante alla RAGIONE_SOCIALE di RAGIONE_SOCIALE in liquidazione, nel frattempo estinta, e, dunque, ai soci RAGIONE_SOCIALE in liquidazione e Morri Osvaldo.
Avverso tale sentenza ha proposto ricorso per cassazione la RAGIONE_SOCIALE in liquidazione, affidato a tre motivi di impugnazione.
Anche COGNOME NOME ha impugnato la stessa sentenza, formulando due motivi di ricorso per cassazione.
La Provincia di Rimini si è difesa con separati controricorsi al ricorso per primo proposto, divenuto, quindi, ricorso principale, e al ricorso successivo, da qualificare come ricorso incidentale.
Il ricorrente principale e il ricorrente incidentale hanno depositato memorie difensive.
RAGIONI DELLA DECISIONE
RICORSO PRINCIPALE
Con il primo motivo di ricorso principale è dedotta la falsa ed errata applicazione dell’art. 37 d.P.R. n. 327 del 2001, ai sensi dell’art. 360, comma 1, n. 3, c.p.c., in relazione alla ritenuta decadenza del vincolo espropriativo a norma dell’art 2 l. n. 1187 del 1968, poiché alla data dell’esproprio , nel 1997, il vincolo espropriativo apposto con la delibera del Consiglio Provinciale del 1989, a norma della l. n. 1 del 1978 (recante l’approvazione del progetto generale e di primo stralcio del Liceo scientifico ‘Volta’ di Riccione) , era scaduto per decorso del termine quinquennale di validità di cui all’art. 2 l. n. 1987 del 1968 .
Con il secondo motivo di ricorso è dedotto il travisamento e l’omesso esame e motivazione di un fatto decisivo , ai sensi dell’art. 360, com ma 1, n. 5, c.p.c., in riferimento alla risposta al quesito e alle conclusioni del CTU Ing. COGNOME nella perizia depositata il 26/09/2017, poiché la Corte d’appello aveva inteso che il consulente tecnico avesse ritenuto che con riferimento alle aree espropriate il PRG del 1968 e il PRG del 1984 contenessero dei vincoli preordinati all’esproprio, mentre, invece, il perito aveva solo detto che il vincolo era scaduto, per cui si doveva applicare il criterio dell’edificabilità di fatto.
Con il terzo motivo di ricorso è dedotta la violazione del principio del giusto ristoro di cui all’art. 42 Cost. e la manifesta illogicità della decisione, poiché il terreno espropriato non aveva mai avuto una destinazione agricola e, comunque, la determinazione del valore stimato, operato in sentenza, sulla base del prezzo pagato, costituiva una affermazione illogica e priva di qualsiasi significato.
RICORSO INCIDENTALE
Con il primo motivo di ricorso incidentale è dedotta la violazione e falsa applicazione del combinato disposto dell’art. 32 , comma 1, e 37, commi 1 e 3, d.P.R. n. 327 del 2001, oltre che l’ erronea applicazione dei
criteri indennitari di cui all’art. 5 bis l. n. 359 del 1992, per avere la Corte d’ a ppello di Bologna, ritenuto ‘conformativo’ , e pertanto non scaduto, piuttosto che ‘espropriativo’, il vincolo gravante sulle aree espropriate.
Il ricorrente ha, in particolare, dedotto che i suoli espropriati erano inseriti nel PRG del 1984 nella zona F (aree destinate ad opere di pubblico interesse generale), aggiungendo che l’ area in questione (foglio 6, mappali 2281, 1339, 1348 e 2348) era destinata ad ‘attrezzature generali e numerazione della relativa scheda (n. 4)’ , Scuole Superiori, come emergeva dalla CTU dell’Ing. Bruttomesso (doc. 3 allegato al ricorso per cassazione), e dal certificato di destinazione urbanistica (doc. 4 allegato al ricorso per cassazione), mentre tutte le altre aree ricomprese nella zona avevano destinazioni differenti, così verificandosi quell’effetto prenotativo ai fini dell’espropriazione , con conseguente soggezione alla decadenza quinquennale, nella specie inter venuta prima dell’adozione del decreto di esproprio.
Con il secondo motivo di ricorso incidentale è dedotta la violazione dell’art. 1 l. n. 1 del 1978 e conseguente la falsa applicazione dell’art 37 , comma 1, d.P.R. n. 327 del 2001 e/o dell’art. 5 bis l. n. 359 del 1992, poiché, anche a voler ritenere la natura conformativa alle previsioni di piano, occorreva tenere presente che la delibera del Consiglio provinciale n. 428 del 1989, con cui veniva approvato il progetto esecutivo per la realizzazione del Liceo scientifico ivi destinato dal PRG, equivaleva a dichiarazione di pubblica utilità e urgenza dell’opera, i cui vincoli erano cessati non essendo iniziate le opere nel triennio successivo, con la conseguenza che l’esproprio, disposto con delibera del Consiglio comunale del 21/04/1997, si era verificato su suoli in relazione ai quali i vincoli imposti (prima con il PRG e poi con la delibera del 1989) erano scaduti, con la conseguenza che il valore dei terreni doveva essere stimato in base al valore venale.
PRECISAZIONI PRELIMINARI
Occorre prima di tutto evidenziare che non possono essere esaminate le censure formulate alla luce delle disposizioni contenute nel
d.P.R. n. 327 del 2001, il quale non era ancora entrato in vigore al momento dell’adozione del decreto di esproprio e neppure al tempo dell’introduzione della domanda , essendo il menzionato d.P.R. entrato in vigore il 30/06/2003 (cfr. art. 59 d.P.R. cit.).
I MOTIVI DI RICORSO PRINCIPALE
Il primo motivo di ricorso principale è inammissibile.
Parte ricorrente ha censurato la qualificazione del vincolo contenuto nei Piani Regolatori Generali del 1968 e del 1984 come vincolo conformativo, ritenendola errata e illogica, affermando che invece nel caso in esame vi era un vincolo espropriativo imposto con la delibera di approvazione del progetto dell’opera, assunta nel 1989 – che aveva valore di dichiarazione di pubblica utilità, indifferibilità e urgenza -scaduto per il decorso del termine quinquennale di validità di cui all’art. 2 l. n. 1187 del 1968.
La censura non coglie la ratio decidendi e non contrasta gli argomenti posti a sostegno della decisione, poiché non tiene conto che la sentenza impugnata si fonda sulla valutazione posta a monte, rispetto all’approvazione dell’opera, r iguardante la ritenuta natura conformativa dei vincoli di piano, su cui le valutazioni della parte, del tutto assertive e immotivate, non hanno alcuna incidenza.
Come più volte affermato da questa Corte, la proposizione, mediante ricorso per cassazione, di censure prive di specifica attinenza al decisum della sentenza impugnata, comporta l’inammissibilità del ricorso, risolvendosi in un ‘ non motivo ‘ (Cass., Sez. 2, Ordinanza n. 9450 del 09/04/2024).
Il motivo di impugnazione è, infatti, costituito dall’enunciazione delle ragioni per le quali la decisione è erronea e si traduce in una critica della decisione impugnata, non potendosi, a tal fine, prescindere dalle motivazioni poste a base del provvedimento stesso, la mancata considerazione delle quali comporta la nullità del motivo per inidoneità al raggiungimento dello scopo. Tale nullità si risolve in un “non motivo” del ricorso per cassazione ed è conseguentemente sanzionata con
l’inammissibilità, ai sensi dell’art. 366, n. 4, c.p.c. (Cass., Sez. 3, Ordinanza n. 1341 del 12/01/2024; Cass., Sez. 5, Ordinanza n. 15517 del 21/07/2020; Cass., Sez. 3, Sentenza n. 17330 del 31/08/2015).
Il secondo motivo di ricorso principale è inammissibile per difetto di specificità.
La ricorrente ha affermato che la Corte territoriale ha travisato il contenuto della relazione peritale dell’Ing. COGNOME rappresentando il significato che, secondo il ricorrente doveva ad essa essere attribuito, senza, tuttavia, riportare il contenuto della relazione ritenuto rilevante e senza spiegare la decisività della stessa, solo assertivamente affermata, sebbene dalla lettura della sentenza emerga proprio il contrario, tenuto conto che la Corte d’appello si è discostata dalle relazioni peritali sia dell’Ing. COGNOME e sia dell’Ing. COGNOME così operando un’autonoma valutazione in ordine alla natura del vincolo in questione.
Anche in questo caso la censura si presenta come una generica non condivisione della valutazione operata dal giudice di merito, cui la parte ha assertivamente contrapposto la propria.
Il terzo motivo di ricorso principale è inammissibile.
La censura attiene alla valutazione operata ai fini della determinazione del valore venale del bene.
La Corte d’appello , dopo aver accertato il carattere conformativo delle previsioni di piano, risulta avere statuito come segue: «Nella sentenza n. 15513/01 la Corte di Cassazione ha affermato che la bipartizione dei suoli in agricoli ed, edificabili, di cui all’art. 5 bis L. 359/1992 non ammette figure intermedie ed è associata ad una verifica oggettiva e non legata a valutazioni opinabili onde non può essere classificata come edificabile un’area che gli strumenti urbanistici non preordinati all’espropriazione assoggettino a vincolo di inedificabilità o cui attribuiscano destinazione agricola perché in entrambi i casi all’area vengono precluse le possibilità legali di edificazione. Nella sentenza n. 15269/2014 la Corte di Cassazione ha, poi, ulteriormente affermato che ai fini della determinazione dell’indennità di esproprio deve essere esclusa la
edificabilità dell’area che al momento dell’esproprio sia destinata a pubblici impianti: l’inedificabilità che detta zonizzazione comporta dà luogo, infatti, ad un vincolo non ablativo ma conformativo sicché dell’incidenza della suddetta destinazione sul valore venale del bene deve tenersi conto ai fini della valutazione del fondo senza che abbia rilevanza l’eventuale previsione di una sia pur limitata volumetria consentita in tale zona che non costituisca estrinsecazione dello ius aedificandi, ma sia funzionale alla realizzazione del fine pubblicistico. Considerando che nel 1991 la sas COGNOME aveva acquistato le particelle de quibus, qualificate espressamente come non edificabili (cfr. rogito del 5-8-1991 allegato alla relazione dell’ingegner COGNOME) al prezzo di euro 7,75 al metro quadrato (cfr. pag. 11 della relazione del CTU COGNOME), il valore di euro 18,07 al metro quadrato stimato dalla Giunta Comunale per la determinazione, in via provvisoria, dell’indennità di espropriazione si appalesa come corretto valore venale delle particelle de quibus alla data dell’espropriazione (aprile 1997). In ragione di tale criterio la giusta indennità di esproprio ammonta a complessivi euro 53.577,23.»
Com ‘è noto, ai fini della det erminazione dell’indennità di espropriazione di terreni non edificabili, in caso di contestazione da parte dell’espropriato, la stima deve essere effettuata applicando il criterio generale del valore venale pieno, ma l’interessato può dimostrare che il fondo è suscettibile di uno sfruttamento ulteriore e diverso rispetto a quello agricolo, pur senza raggiungere il livello dell ‘ edificatorietà, e che, quindi, il cespite possiede una valutazione di mercato che rispecchia possibilità di utilizzazione intermedie tra quella agricola e quella edificatoria (come, ad esempio, parcheggi, depositi, attività sportive e ricreative, chioschi per la vendita di prodotti), sempre che tali possibilità siano assentite dalla normativa vigente, sia pure con il conseguimento delle opportune autorizzazioni amministrative (Cass., Sez. 1, Ordinanza n. 27960 del 04/10/2023; Cass., Sez. 1, Ordinanza n. 6527 del 06/03/2019; Cass., Sez. 1, Ordinanza n. 19295 del 19/07/2018).
Nel caso di specie il ricorrente non ha dedotto di avere offerto elementi in concreto utilizzabili, ai fini di una diversa valutazione del terreno espropriato, che potessero rappresentare un utilizzo diverso da quello considerato, coerente con la conformazione del bene, sicché la censura si presenta come una generica contestazione della valutazione operata dal giudice di merito, che si presenta chiara e fondata su elementi motivatamente considerati nei termini e con gli adeguamenti sopra effettuati.
I MOTIVI DI RICORSO INCIDENTALE
Il primo motivo di ricorso incidentale è inammissibile.
Il ricorrente ha addebitato alla Corte di merito il vizio di non avere considerato che, nel PRG del 1984, l ‘area in questione era stata oggetto di una specifica destinazione, differente rispetto a tutte le altre aree ricomprese nella zona, ma non ha specificato in che cosa consistesse tale diversità, così fondando la qualificazione in termini di vincolo preordinato all’espropri o sulla base di mere asserzioni contrapposte alla valutazione illustrata e motivata del giudice di merito alle pagine 9-10 della sentenza impugnata , che ha portato a ritenere l’esistenza di un vincolo meramente conformativo.
Anche il secondo motivo di ricorso è inammissibile.
La censura non attinge la ratio della sentenza impugnata, la cui portata non è scalfita dalle vicende relative alla dichiarazione di pubblica utilità operante ex lege per effetto dell’approvazione del progetto relativo al Liceo scientifico da realizzare, posto che, a monte, vi è la ritenuta natura conformativa delle previsioni di piano.
STATUIZIONI FINALI
In conclusione, il ricorso principale e il ricorso incidentale devono essere dichiarati inammissibili.
La statuizione sulle spese segue la soccombenza, gravando sulle parti ricorrenti in via principale e in via incidentale in solido tra loro, tenuto conto della comunanza de ll’interesse e del tenore delle difese, ai sensi dell’art. 97 c.p.c.
11. Ai sensi dell’art. 13, comma 1 quater , d.P.R. n. 115 del 2002, nel testo introdotto dall’art. 1, comma 17, l. n. 228 del 2012, si deve dare atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente principale e del ricorrente incidentale, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello per il ricorso, a norma del comma 1-bis dello stesso art. 13, ove dovuto.
P.Q.M.
la Corte dichiara inammissibile il ricorso principale;
dichiara inammissibile il ricorso incidentale;
condanna il ricorrente principale e il ricorrente incidentale, in solido tra loro, al pagamento delle spese di lite sostenute dalla Provincia di Rimini, che liquida nella somma di € 7.000 ,00 per compenso ed € 200,00 per esborsi, oltre accessori di legge.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1 quater , d.P.R. n. 115 del 2002, nel testo introdotto dall’art. 1, comma 17, l. n. 228 del 2012, si dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente principale e del ricorrente incidentale, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello per il ricorso, a norma del comma 1-bis dello stesso art. 13, ove dovuto.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Prima Sezione civile