Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 1 Num. 4691 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 1 Num. 4691 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 21/02/2024
ORDINANZA
sui ricorsi iscritti al n. 36293/2018 R.G. proposti da:
COGNOME NOME, COGNOME NOME, COGNOME NOME, COGNOME NOME, COGNOME NOME, COGNOME NOME, COGNOME NOME, COGNOME NOME, elettivamente domiciliati in ROMA INDIRIZZO, presso lo studio dell’avvocato COGNOME NOME (CODICE_FISCALE) che li rappresenta e difende unitamente all’avvocato COGNOME NOME (CODICE_FISCALE);
-ricorrenti- e da:
COGNOME NOME, COGNOME NOME, COGNOME NOME, CITI NOME, elettivamente domiciliati in INDIRIZZO, presso lo studio dell’avvocato COGNOME NOME (CODICE_FISCALE) ; rappresentati e difesi dagli avvocati COGNOME NOME (CODICE_FISCALE), COGNOME NOME (CODICE_FISCALE);
-ricorrenti-
Contro
RAGIONE_SOCIALE, in persona del Sindaco elettivamente domiciliato in INDIRIZZO, presso lo studio dell’avvocato NOME COGNOME (CODICE_FISCALE) che lo rappresenta e difende unitamente all’avvocato COGNOME NOME (CODICE_FISCALE);
-controricorrente-
avverso la SENTENZA della CORTE D’APPELLO di FIRENZE n. 1085/2018 depositata il 17/05/2018.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 24/01/2024 dal Consigliere COGNOME NOME COGNOME.
RILEVATO CHE
Con atto di citazione notificato il 4.08.1992 al Comune di Prato, COGNOME NOME, comproprietario al 50% di terreni che, per la realizzazione di opere pubbliche viarie, erano stati assoggettati a procedimenti di occupazione d’urgenza e di espropriazione, poi definito con decreto ablativo del 12.12.1992, adiva la Corte di appello di Firenze opponendosi alla stima dell’indennità di esproprio e chiedendo, in relazione alla quota in sua titolarità, la determinazione RAGIONE_SOCIALE indennità di occupazione legittima e di esproprio, quantificata in via provvisoria in una somma a suo parere incongrua rispetto al valore di mercato dei beni da assumere a parametro di relativa quantificazione.
Si costituiva in giudizio il Comune di Prato, contestando il fondamento della domanda di cui chiedeva il rigetto; intervenivano adesivamente alla domanda dell’opponente NOME, NOME, NOME, NOME, NOME e NOME, quali eredi di NOME COGNOME comproprietari della restante quota. Con sentenza depositata n. 422 del 6.4.1999, la Corte d’Appello di Firenze determinava l’indennità di esproprio, muovendo dal presupposto della natura edificabile del suolo, accertata a mezzo di
c.t.u., osservando che non poteva tenersi conto della destinazione a viabilità e sosta, prevista dal PRG approvato nel 1985, e nemmeno della destinazione a viabilità o zone di rispetto viario di cui al precedente PRG approvato nel 1971, trattandosi di vincoli preordinati ad esproprio: alla vocazione edificatoria legale, poi, si associavano le caratteristiche obiettive dei fondi, situati in zona del tutto urbanizzata ed edificata. Avverso la sentenza della Corte distrettuale il Comune di Prato proponeva ricorso per cassazione, affidato a cinque motivi e resistito da COGNOME NOME, NOME, NOME, NOME, NOME e COGNOME NOME, nonché da COGNOME NOME, NOME e NOME, quali eredi di NOME. Con sentenza n. 296 dell’11.01.2002 la Corte di legittimità accoglieva il terzo motivo del ricorso del Comune, dichiarava assorbito il quinto motivo e rigettava i restanti due, cassava la sentenza impugnata e rinviava, anche per le spese, ad altra sezione della Corte d’Appello di Firenze.
Riassumevano il giudizio ex art. 392 c.p.c., NOME, NOME, NOME, NOME, NOME e NOME nonché il rag. COGNOME NOME, quale curatore dell’eredità giacente di NOME.
Con sentenza del 21.04-12.05.2009 la Corte di appello di Firenze, decidendo in sede di rinvio, determinava l’indennità di espropriazione dei terreni in questione nella somma di euro 337.796,90 maggiorata di interessi legali dal 12.12.1992.
Avverso la sentenza del giudice del rinvio il Comune di Prato ha proposto ricorso per cassazione notificato a NOME, NOME, NOME, NOME, NOME e NOME, che non hanno svolto attività difensiva, nonché al COGNOME, che ha resistito con controricorso, pure sollevando relativamente al primo motivo del ricorso principale e per il caso che si dovesse ritenere applicabile alla fattispecie dedotta in giudizio il c.d. principio del “divieto di reformatio in pejus “, anche questione d’illegittimità
costituzionale della correlata esegesi degli artt. 329 e 334 c.p.c., in riferimento agli artt. 24 Cost., commi 1 e 2 e 111 Cost., nonché rilievo di contrasto della medesima esegesi con la normativa CEDU. Il COGNOME aveva inoltre proposto ricorso incidentale. Con atto del 20.01.2014 sono intervenuti in giudizio quali eredi legittimi di COGNOME NOME a seguito di accettazione dell’eredità beneficiata (atto n. 361/1993), COGNOME NOME, rappresentato da COGNOME NOME, nonché COGNOME NOME nonché ancora COGNOME NOME con le figlie NOME, NOME e NOME, eredi di NOME.
La Corte di Cassazione con sentenza n. 17707/2014 ha accolto il ricorso e cassato (nuovamente) la decisione con rinvio alla Corte di Appello di Firenze in quanto era necessario esaminare la destinazione urbanistica della zona ‘a viabilità e sosta’ prevista dal PRG del 1985, esame decisivo per la ricognizione legale del terreno.
La Corte d’Appello di Firenze, con la sentenza, n 2438/2018, oggi impugnata ha fissato l’importo dell’indennità a € 154.386,00 e ha ordinato al Comune RAGIONE_SOCIALE Prato di depositare tale somma presso la competente Direzione Territoriale del RAGIONE_SOCIALE.
Nel contesto della motivazione, la Corte ha disatteso le argomentazioni del c.t.u. basate sul Piano Strutturale del 1998, affermando che non era in vigore al momento dell’esproprio; rileva infatti la Corte in via preliminare come ‘ sull’applicabilità alla fattispecie del piano regolatore del Comune di Prato del 1985 non vi può essere questione per l’argomento assorbente che è di questo strumento urbanistico che le sentenze n. 296/2002 e 17707/2014 della Corte di Cassazione danno per pacifica l’applicazione ‘ e ha affermato che non emergeva alcun vincolo espropriativo in tale piano, poiché non si tratta di una strada all’interno e al servizio di una singola zona e quindi ha qualificato il terreno in questione come non edificabile, ritenendo il vincolo conformativo. Ha quindi escluso la spettanza della maggiorazione calcolata dal c.t.u. ai
sensi dell’articolo 37, comma 2, del Testo Unico sulle espropriazioni, ritenendo che la sentenza della Corte di Cassazione n. 17707/14 non prevedesse tale maggiorazione e che questa non fosse stata oggetto di ricorso. Inoltre, la Corte ha precisato che la maggiorazione si applica solo alle espropriazioni di aree edificabili. Infine, la Corte ha giustificato l’integrale compensazione RAGIONE_SOCIALE spese di giudizio sulla base della rilevanza economica della questione principale (edificabilità del terreno), sottolineando che gli attori in riassunzione erano rimasti soccombenti su tale questione, ma l’importo liquidato era significativamente superiore a quello determinato dal Comune.
Avverso la predetta sentenza hanno proposto ricorso NOME COGNOME, NOME COGNOME, NOME COGNOME (Eredi di NOME COGNOME), NOME COGNOME, NOME COGNOME, NOME COGNOME, NOME COGNOME (eredi NOME COGNOME), NOME COGNOME; con successivo ricorso hanno adito questa Corte anche NOME COGNOME, NOME COGNOME, NOME COGNOME e NOME COGNOME, dichiarandosi legittimate quali eredi di NOME COGNOME. Si è costituito il Comune di Prato con controricorso, resistendo e contestando la legittimazione degli eredi di NOME COGNOME poiché nell’ultimo giudizio di rinvio i predetti non sono stati né attori in riassunzione né intervenuti. Con successivo atto NOME COGNOME, NOME COGNOME e NOME COGNOME hanno rinunciato al giudizio, con richiesta di compensazione spese, rinuncia accettata dal Comune. Le parti hanno depositato memorie e la causa è stata trattata all’udienza camerale non partecipata del 24 gennaio 2024.
RILEVATO CHE
1.- Il primo ricorso proposto da NOME COGNOME e altri (difesi dagli AVV_NOTAIOti NOMEAVV_NOTAIONOME AVV_NOTAIO e NOME COGNOME) è affidato a quattro motivi, di seguito esposti.
1.1- Con il primo motivo si lamenta la violazione e/o falsa applicazione dell’art 1 del primo Protocollo addizionale CEDU; nonché violazione e/o falsa applicazione degli artt. 384 c.p.c., 9, 32
e 37 del DPR 327/01, con riferimento all’art. 360, co 1 n. 3 c.p.c .; Violazione dei principi e RAGIONE_SOCIALE norme sulla natura conformativa/ espropriativa del vincolo per esproprio di pubblica utilità.
Il primo motivo di ricorso si basa sul principio che la giurisprudenza costituzionale e quella della Corte Europea dei Diritti dell’Uomo hanno individuato un nucleo minimo di tutela del diritto di proprietà in materia di indennità di espropriazione. Tale tutela è garantita dall’art. 42, comma 3, della Costituzione italiana e dall’art. 1 del primo protocollo addizionale della CEDU. Secondo questo principio, l’indennità di espropriazione deve tener conto di ogni dato valutativo inerente ai requisiti specifici del bene e deve avere un ragionevole legame con il valore di mercato. I ricorrenti osservano che la Corte di Cassazione non essendo giudice del merito non ha accertato direttamente se trattavasi di vincolo conformativo o vincolo espropriativo ma ha rimesso questo accertamento al giudice del merito, il quale ha fatto ricorso a un’ulteriore consulenza le cui conclusioni avrebbero dovuto e potuto essere recepite dal giudice di merito; in base infatti a quanto accertato da ben tre consulenti, lo strumento urbanistico non aveva provveduto alla suddivisione del territorio comunale in zone omogene ma indicava in modo diretto e separato ogni singola destinazione e quindi il vincolo ‘viabilità e sosta’ non differisce dal sacrificio imposto al lottizzante che mette a disposizione le propri aree edificabili per la realizzazione di opere di urbanizzazione al fine di edificare l’intero lotto . Si è dunque in presenza di un vincolo espropriativo, ancorché previsto dal P.R.G.
1.-2. Con il secondo motivo si lamenta la violazione e/o falsa applicazione dell’art 37 c. 2 del D.P.R. 327/01, e del principio della unicità dell’indennità di esproprio. I ricorrenti sostengono che, in virtù della natura edificabile dei terreni, si applica pienamente l’art. 37, 2° comma, del D.P.R. 327/01. Si evidenzia che l’indennità offerta dal Comune di Prato ammontava a €80.753.000 (pari a €
6,48/mq), mentre l’Ing. COGNOME, nominato come consulente tecnico d’ufficio, valutava il valore di mercato dei terreni edificabili a €52,42/mq. Di conseguenza, la proposta del Comune risultava notevolmente inferiore alla stima dell’indennità definitiva, oltre gli “otto decimi” previsti dalla legge.
Rilevano che, con l’atto di citazione in riassunzione, avevano chiaramente richiesto la determinazione della “giusta indennità” di esproprio, basandosi sulla consulenza. Il Comune di Prato, nel depositare la sua risposta, si era limitato a chiedere la determinazione dell’indennità secondo i valori dei terreni agricoli. Si evidenzia che la Corte Suprema ha precedentemente affermato il principio dell’unicità dell’indennità di esproprio, anche in caso di pregiudizi derivanti da opere eseguite su suolo non espropriato. La Corte di Appello di Firenze, quindi, era adita per la determinazione della giusta indennità, anche ai sensi del secondo comma dell’art. 37 del DPR 327/01.
1.3.- Con il terzo motivo, proposto in subordine, si chiede di sollevare la questione di pregiudizialità comunitaria ex art 234 del Trattato in relazione all’art. 40 DPR 327/01, per violazione dell’art 1 del primo protocollo addizionale CEDU; si lamenta la non conformità con il diritto nazionale; la violazione e/ o falsa applicazione art 1 primo protocollo addizionale CEDU ex art 360, c. 1, n. 3 c.p.c.
Secondo i ricorrenti con l’entrata in vigore del Trattato di Lisbona, la Carta dei Diritti Fondamentali dell’Unione Europea e la Convenzione Europea dei Diritti dell’Uomo sono direttamente applicabili dai giudici nazionali.
La sentenza impugnata si basa sulla distinzione tra vincoli “conformativi” ed “espropriativi”, affermando la natura non edificabile dei terreni a causa del vincolo (conformativo) di Piano Regolatore Generale. Ove si ritenga corretta tale classificazione, l’effetto sarebbe che il vincolo conformativo, che non decade dopo
cinque anni, rende inedificabili i terreni per un lungo periodo, violando l’art. 1 del 1° protocollo addizionale alla Convenzione EDU. Di conseguenza, si chiede la remissione alla Corte di Giustizia dell’Unione Europea per una questione di pregiudizialità comunitaria, facendo riferimento all’art. 234, 3° comma, Trattato CE, con specifico riferimento all’art. 40 T.U. Espropri, per la violazione dell’art. 1 del 1° protocollo addizionale alla CEDU.
1.4.- Con il quarto motivo si lamenta la violazione e/o falsa applicazione degli artt. 91 e 92 c.p.c.; la violazione del principio di soccombenza per la compensazione RAGIONE_SOCIALE spese dei giudizi di merito e di legittimità. I ricorrenti deducono che inizialmente il Comune aveva proposto un’indennità provvisoria di €80.753.000, ma la Corte di appello di Firenze, pur riconoscendo la natura agricola dei terreni espropriati, ha liquidato l’indennità in €115.920,00, oltre € 38.466,00 a titolo di indennità per l’esproprio parziale, portando il totale a € 154.386,00. I ricorrenti sostengono che l’indennità offerta dal Comune è significativamente inferiore al valore di mercato dei terreni ablati, addirittura quattro volte meno, e dunque il Comune risulta soccombente nel giudizio di opposizione alla stima. Ribadiscono, altresì, l’insegnamento della Suprema Corte che stabilisce le condizioni in cui il giudice può disporre la compensazione RAGIONE_SOCIALE spese giudiziarie, e sostenendo che nessuna RAGIONE_SOCIALE ipotesi si applica al caso in questione.
2.- Il secondo ricorso, proposto da NOME COGNOME ed altri (difesi dagli AVV_NOTAIO) espone gli stessi motivi, cui se ne premette uno sulla legittimazione dei ricorrenti quali eredi di NOME COGNOME, legittimazione contestata dal Comune
Tre RAGIONE_SOCIALE quattro ricorrenti (NOME COGNOME, NOME COGNOME e NOME COGNOME) hanno rinunciato al giudizio, con rinuncia accettata dal Comune di Prato e pertanto nei loro confronti deve dichiararsi la estinzione del giudizio, ai sensi dell’art 391 c.p.c. con compensazione RAGIONE_SOCIALE spese come da accordo; non ha invece
rinunciato NOME COGNOME, nel cui interesse i difensori, con la memoria conclusiva, hanno chiesto l’accoglimento del ricorso. Il ricorso di NOME COGNOME è tuttavia inammissibile in quanto ella, che non risulta essere stata parte nell’ultimo giudizio di rinvio, dichiara la propria legittimazione attiva in quanto erede di NOME COGNOME (si veda primo motivo del ricorso) ma senza provare detta qualità; si tratta di una ragione di inammissibilità rilevabile d’ufficio (Cass. n. 34373 del 07/12/2023 Cass. n. 25655 del 04/12/2014; Cass. n. 15414 del 21/06/2017).
3.- Passando ad esaminare i quattro motivi del primo ricorso (NOME COGNOME e altri) si rileva che il primo motivo è inammissibile.
La Corte fiorentina si è attenuta esattamente al mandato della Corte di Cassazione accertando se il vincolo avesse natura conformativa o espropriativa e ha escluso che si trattasse di un vincolo di natura espropriativa, con una valutazione di fatto sorretta da adeguata motivazione che in questa sede non è censurabile. La Corte di merito ha accertato che non si discute di una strada all’interno del servizio di una singola zona così attenendosi alle indicazioni date dalla Suprema Corte la quale ha evidenziato (sia nella prima che nella seconda sentenza) l’importanza di verificare se i collegamenti stradali fossero a servizio RAGIONE_SOCIALE singole zone (dalla motivazione della seconda ‘ i collegamenti stradali indicati nel n. 1 dello stesso art. 7, sono sottoposti alla medesima ripartizione: perciò configurando altrettanti vincoli preordinati all’esproprio soltanto nell’ipotesi (L. n. 1150, art. 13) di collegamenti a servizio RAGIONE_SOCIALE singole zone nell’ambito RAGIONE_SOCIALE quali sono ubicati; e della cui destinazione “legale” necessariamente partecipano ‘). Deve qui ricordarsi che il giudice non è obbligato a recepire le indicazioni del consulente tecnico d’ufficio potendo motivatamente discostarsene. Il giudizio della Corte d’appello incensurabile in punto di fatto, è conforme in punto di diritto agli arresti giurisprudenziali di Corte di legittimità,
secondo i quali in tema di espropriazione per pubblica utilità, per individuare la qualità edificatoria dell’area, da effettuarsi in base agli strumenti urbanistici vigenti al momento dell’espropriazione, occorre distinguere tra vincoli conformativi ed espropriativi, sicché ove con l’atto di pianificazione si provveda alla zonizzazione dell’intero territorio comunale, o di una sua parte, sì da incidere su di una generalità di beni, in funzione della destinazione dell’intera zona in cui essi ricadono e in ragione RAGIONE_SOCIALE sue caratteristiche intrinseche, il vincolo assume carattere conformativo ed influisce sulla determinazione del valore dell’area espropriata, mentre, ove si imponga un vincolo particolare, incidente su beni determinati, in funzione della localizzazione di un’opera pubblica, il vincolo è da ritenersi preordinato all’espropriazione e da esso deve prescindersi nella stima dell’area (Cass. n. 207 del 09/01/2020 ; Cass. n. 7393 del 14/03/2023)
Ritenuta l’area non edificabile, resta assorbita la questione proposta con il secondo motivo, relativa alla applicabilità dell’art. 37 del D.P.R. 327/2001 (determinazione dell’indennità nel caso di esproprio di un’area edificabile).
Il terzo motivo del ricorso è infondato.
I ricorrenti cadono in errore nel ritenere che con l’entrata in vigore del Trattato di Lisbona, la Carta dei Diritti Fondamentali dell’Unione Europea e la Convenzione Europea dei Diritti dell’Uomo sarebbero direttamente applicabili dai giudici nazionali e che potrebbe sollevarsi la questione pregiudiziale per violazione della norme CEDU.
I due sistemi -come ha ripetutamente chiarito la Corte Costituzionale – non possono essere tra loro confusi, in quanto il diritto europeo “entra” nell’ordinamento interno attraverso l’art. 11 Cost. ed è suscettibile di applicazione diretta da parte del giudice nazionale, con eventuale contestuale disapplicazione RAGIONE_SOCIALE norme di diritto interno con esso contrastanti (Corte Cost. 19/04/1985, n.
113; Corte Cost. 8/04/1991, n. 168; Corte Cost. 12/03/1999, n. 85; Corte Cost. 12/05/2010, n. 227); invece il diritto convenzionale, in quanto appartenente al genus del diritto internazionale pattizio, “entra” nell’ordinamento interno attraverso l’art. 117 Cost., sicchè, pur assumendo una posizione sovraordinata rispetto alle norme poste con legge ordinaria o con atti aventi forza di legge, interponendosi tra queste ultime e il parametro costituzionale che è deputato ad integrare, non può essere direttamente applicato dal giudice comune, il quale è chiamato a risolvere le eventuali antinomie interpretando le norme interne in senso conforme alle norme convenzionali, salva la possibilità di sollevare la questione di legittimità costituzionale RAGIONE_SOCIALE prime per contrasto con l’art. 117 Cost., nell’ipotesi in cui l’interpretazione conforme non risulti possibile (cfr. Corte Cost. 24 ottobre 2007 n. 348 e Corte Cost. 24 ottobre 2007 n. 349. Nello stesso senso, successivamente, Corte Cost. 26 novembre 2009 n. 311, e Corte Cost. 4 dicembre 2009 n. 317).
Il sistema non ha subito mutamenti in seguito all’entrata in vigore del Trattato di Lisbona (1 dicembre 2009) con cui sono stati modificati il Trattato sull’Unione europea e il Trattato sul funzionamento dell’Unione europea (già trattato istitutivo della Comunità Europea): la Corte Costituzionale non ritiene, infatti, allo stato, che la riconduzione della Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti umani al diritto dell’Unione europea realizzata mediante il riconoscimento (art. 6, par. 1, nuova formulazione, del Trattato) dei diritti, RAGIONE_SOCIALE libertà e dei principi sanciti nella Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea (c.d. Carta di Nizza), nonché attraverso l’attribuzione, ai diritti fondamentali garantiti dalla Convenzione e risultanti dalle tradizioni costituzionali comuni agli Stati membri, della dignità di principi generali del diritto dell’Unione (art. 6 parr. 2 e 3) consenta di ritenere operante per le norme della Convenzione la copertura
dell’art.11 Cost. e di accedere conseguentemente alla possibilità di una loro diretta applicazione da parte del giudice nazionale (cfr., tra le tante, Corte Cost. 22 luglio 2011 n. 236; Corte Cost. 28 novembre 2012 n. 264; Corte Cost. 18 luglio 2013 n. 202; Corte Cost. 4 luglio 2014 n. 191; Corte Cost., Ord. 18 luglio 2014 n. 223).(V. anche Cass. n. 22834 del 29/09/2017).
Quanto al resto, la costituzionalità del nostro sistema legislativo sulla conformazione urbanistica del territorio, rispetto al quale rileva come parametro interposto la norma CEDU, è stata già oggetto di scrutino da parte della Consulta, la quale ha affermato che sono indennizzabili solo i vincoli che superino sotto un profilo quantitativo (“per la maggiore o minore incidenza che il sacrificio imposto ha sul contenuto del diritto”) la normale tollerabilità secondo una concezione della proprietà, che resta regolata dalla legge per i modi di godimento ed i limiti preordinati alla funzione sociale (art. 42, secondo comma, della Costituzione) e che non sono indennizzabili quei limiti che attengano, con carattere di generalità per tutti i consociati e quindi in modo obiettivo (Corte Cost. n. 6 del 1966 e n. 55 del 1968), ad intere categorie di beni, e per ciò interessino la generalità dei soggetti con una sottoposizione indifferenziata di essi -anche per zone territoriali -ad un particolare regime secondo le caratteristiche intrinseche del bene stesso (Corte cost., n. 179 del 1999). In conformità, la giurisprudenza di questa Corte ha affermato che non sono indennizzabili i vincoli che non sono soggetti a decadenza, quali quelli posti a carico di intere categorie di beni, come i vincoli di tipo conformativo e paesistici (Cass. n. 11444 del 10/05/2017)
5.- Il motivo relativo alla liquidazione RAGIONE_SOCIALE spese è infondato, posto che la Corte d’appello ha chiarito che c’è stata soccombenza reciproca perché se da un lato l’importo determinato è superiore di quello offerto dal Comune i ricorrenti sono rimasti soccombenti sulla questione dell’edificabilità del terreno espropriato. La Corte si
è attenuta al principio che la soccombenza deve essere valutata all’esito globale del processo ( Cass. s.u. n. 32906 del 08/11/2022) e che il potere del giudice di disporre la compensazione RAGIONE_SOCIALE stesse ha quale limite quello di non poter porne, in tutto o in parte, il carico in capo alla parte interamente vittoriosa (Cass. n. 10685 del 17/04/2019).
Ne consegue: a) il rigetto del ricorso proposto da NOME COGNOME, NOME COGNOME, NOME COGNOME (Eredi di NOME COGNOME), NOME COGNOME, NOME COGNOME, NOME COGNOME, NOME COGNOME (eredi di NOME COGNOME), NOME COGNOME, con spese a carico, secondo il principio della soccombenza, liquidate come da dispositivo; b) la dichiarazione di estinzione del giudizio nei confronti di NOME COGNOME, NOME COGNOME e NOME COGNOME con compensazione integrale RAGIONE_SOCIALE spese; c) la dichiarazione di inammissibilità del ricorso di NOME COGNOME con spese a carico, secondo il principio della soccombenza liquidate come da dispositivo.
Per i ricorrenti il cui ricorso è stato rigettato o dichiarato inammissibile, segue la declaratoria prevista dall’art. 13, comma 1 quater, del d.P.R. n. 115 del 2002; non così per le rinuncianti, poiché la norma che pone a carico del ricorrente rimasto soccombente l’obbligo di versare un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, non trova applicazione in caso di rinuncia al ricorso per cassazione in quanto tale misura si applica ai soli casi tipici -del rigetto dell’impugnazione o della sua declaratoria d’inammissibilità o improcedibilità e, trattandosi di misura eccezionale, “lato sensu” sanzionatoria, è di stretta interpretazione e non suscettibile, pertanto, di interpretazione estensiva o analogica (Cass. n. 34025 del 05/12/2023).
P.Q.M.
Rigetta il ricorso proposto da NOME COGNOME, NOME COGNOME, NOME COGNOME, NOME COGNOME, NOME COGNOME, NOME COGNOME, NOME
COGNOME, NOME COGNOME; dichiara la estinzione del giudizio nei confronti di NOME COGNOME, NOME COGNOME e NOME COGNOME; dichiara la inammissibilità del ricorso proposto da NOME COGNOME. Compensa integralmente le spese processuali tra NOME
COGNOME, NOME COGNOME e NOME RAGIONE_SOCIALE e il Comune.
Condanna NOME COGNOME, NOME COGNOME, NOME COGNOME, NOME COGNOME, NOME COGNOME, NOME COGNOME, NOME COGNOME, NOME COGNOME, in solido a rifondere al Comune di Prato le spese del giudizio di legittimità che liquida in euro 7.000,00 per compensi, euro 200,00 per spese non documentabili oltre alle spese forfettarie nella misura del 15 per cento, ed agli accessori di legge. Condanna NOME COGNOME a rifondere al Comune di Prato le spese del giudizio di legittimità che liquida in euro 7.000,00 per compensi, euro 200,00 per spese non documentabili oltre alle spese forfettarie nella misura del 15 per cento, ed agli accessori di legge. Ai sensi dell’art. 13 comma 1 quater del d.P.R. n. 115 del 2002, inserito dall’art. 1, comma 17 della l. n. 228 del 2012, si dà atto, della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis, se dovuto, da parte dei ricorrenti, escluse le rinuncianti.
Così deciso in Roma, il 24/01/2024.