Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 1 Num. 31675 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 1 Num. 31675 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 09/12/2024
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 20891/2023 R.G. proposto da:
COGNOME NOME COGNOME, elettivamente domiciliato in ROMA INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato COGNOME (CODICE_FISCALE che lo rappresenta e difende unitamente all’avvocato COGNOME (CODICE_FISCALE
-ricorrente-
contro
PREFETTURA
DI
ROMA,
QUESTURA
DI
ROMA,
-intimati-
avverso ORDINANZA di NOME COGNOME ROMA n. 40164/2022 depositata il 11/08/2023.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 11/10/2024 dal Consigliere NOME COGNOME
FATTI DI CAUSA
Con provvedimento del 31.08.2022 il Prefetto di Roma ha disposto l’espulsione dal territorio nazionale di Talagalage NOME Talagala, perché non più in possesso di permesso di soggiorno, scaduto e non rinnovato. Avverso il predetto provvedimento il ricorrente, regolarmente residente in Italia dal 2008 fino al 2014 e
all’epoca dell’espulsione destinatario di un’offerta di lavoro come collaboratore domestico, aveva proposto impugnazione dinanzi al Giudice di Pace di Roma, lamentando, in particolare: -di essere originario dello Stato dello Sri Lanka, paese nel quale, per via dell’attuale momento storico legato alla crisi economica, un respingimento avrebbe potuto mettere in pericolo la sua incolumità personale; -di essere sposato, come certificato in atti, con la Sig.ra NOME COGNOME NOME COGNOME la quale si trova regolarmente residente nel territorio italiano ed è in possesso di permesso di soggiorno di lungo periodo.
Il Giudice di Pace di Roma, con ordinanza depositata in data 11 agosto 2023, ha respinto l’opposizione avverso il decreto di espulsione del 31 agosto 2022, motivando sulla sostanziale irrilevanza delle circostanze allegate dall’interessato, in particolare del rapporto di coniugio non adeguatamente documentato ai sensi dell’art.33 DPR n.445/2000, e quindi inidoneo a fornire prova certa del matrimonio (nella motivazione del provvedimento si dà atto che, su richiesta del Giudicante, a fondamento del rapporto di coniugio era stata prodotta solo la copia di un certificato redatto in lingua straniera e in inglese, accompagnata da traduzione asseverata in italiano che, però, non poteva attestarne l’autenticità).
COGNOME NOME COGNOME ha proposto ricorso per cassazione fondandolo su due motivi:
Violazione e falsa applicazione di norme di diritto ex art. 360 comma 1 n. 3 c.p.c., in relazione all’art. 5 della direttiva UE 2018/115 (c.d. direttiva rimpatri), dell’art. 8 CEDU, dell’art. 7 della Carta Fondamentale dei diritti UE, nonche’ degli artt. 19 e 30 del d.lgs. 268/98
Secondo il ricorrente, nel provvedimento impugnato, che richiama sostanzialmente quello dell’amministrazione prefettizia, è stato preso in considerazione esclusivamente il mancato rinnovo del permesso di soggiorno e ciò ha determinato un’evidente illegittimità, essendo l’espulsione sproporzionata e dannosa in relazione ai diritti fondamentali di Talagalage NOME COGNOME il quale è altresì incensurato. La decisione cui è pervenuto il Giudice di Pace si pone sotto un altro aspetto, sempre secondo il ricorrente, in evidente contrasto con i principi generali del diritto interno e comunitario, tenuto conto degli obblighi in materia di protezione dei rifugiati e di diritti dell’uomo. Il Giudice ha, infatti, omesso di pronunciare in merito alla circostanza per la quale parte ricorrente avrebbe potuto essere esposta a rischi per la sua incolumità personale in caso di rimpatrio nel suo paese di origine che è lo Sri Lanka. È stato rappresentato in primo grado (nonostante ciò costituisca un fatto
notorio) come il paese asiatico sia stato, recentemente, interessato da un piano di salvataggio da parte del Fondo Monetario Internazionale, il quale ha richiesto, però, importanti riforme al fine di garantire il rientro e la sostenibilità del debito sovrano dello Stato.
Violazione dei principi generali in tema di disponibilità e valutazione delle prove ex art. 115, 116 e 167 c.p.c. e dell’art. 132 n. 4 c.p.c. con riferimento all’art. 360, comma 1, n. 3 c.p.c., nonché omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti ex art. 360 comma 1, n. 5 c.p.c.
Il giudice ha omesso di considerare la circostanza, pur rappresentata nel corso dell’intero giudizio, che Talagalage NOME COGNOME aveva svolto per anni, ininterrottamente, attività lavorativa fin dall’anno 2008, data del suo ingresso in Italia, con conseguente possibilità di provvedere regolarmente alle proprie necessità e a quelle della sua famiglia. Peraltro, l’espulsione dello straniero irregolare dovrebbe essere pur sempre giustificata da comprovati motivi di pericolosità sociale, valutazione che non è mai stata formulata nei confronti del ricorrente, il quale ha ricevuto la notificazione di un provvedimento amministrativo del tutto standardizzato. Il Giudice di Pace ha inoltre disatteso il certificato di matrimonio, pur mai contestato dalla Questura di Roma con le conseguenze ex art.115 e 116 c.p.c., ritenendolo ingiustificatamente privo di legalizzazione. Si produce in questa sede di legittimità il certificato di matrimonio con apostilla che ne dimostra l’autenticità.
Non è stato proposto controricorso nell’interesse delle Pubbliche Amministrazioni destinatarie della notificazione del ricorso.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Si esamina per ragioni di priorità logica in primo luogo il secondo motivo di ricorso proposto, che è fondato per quanto di ragione.
Si richiama la normativa di riferimento da tenere presente per la valutazione della doglianza in esame. Essa è costituita dall’art.8 della Convenzione Europea dei Diritti dell’Uomo, che rappresenta la ‘disposizione guida’, secondo cui ‘ 1. Ogni persona ha diritto al rispetto della propria vita privata e familiare, del proprio domicilio e della propria corrispondenza; 2. Non può esservi ingerenza di una autorità pubblica nell’esercizio di tale diritto a meno che tale ingerenza sia prevista dalla legge e costituisca una misura che, in una società democratica, è necessaria alla sicurezza nazionale, alla pubblica sicurezza, al benessere economico del paese, alla difesa dell’ordine e alla prevenzione dei reati, alla protezione della salute o della morale, o alla protezione dei diritti e delle libertà altrui ‘; dalla disposizione dell’art.5 co 6, d.
ls. N.268/98, secondo il quale ‘ Il rifiuto o la revoca del permesso di soggiorno possono essere altresì adottati sulla base di convenzioni o accordi internazionali, resi esecutivi in Italia, quando lo straniero non soddisfi le condizioni di soggiorno applicabili in uno degli Stati contraenti, fatto salvo il rispetto degli obblighi costituzionali o internazionali dello Stato italiano ‘ (la sottolineatura è di chi scrive); dall’art.19 co 2 l.cit., secondo il quale ‘ Non è consentita l’espulsione, salvo che nei casi previsti dall’articolo 13, comma 1, nei confronti: … c) degli stranieri conviventi con parenti entro il secondo grado o con il coniuge, di nazionalità italiana ‘, coerente con il disposto dell’art.13 co 2 d. lgs. n.268/98, secondo cui ‘ Nell’adottare il provvedimento di espulsione ai sensi del comma 2, lettere a) e b), nei confronti dello straniero che ha esercitato il diritto al ricongiungimento familiare ovvero del familiare ricongiunto, ai sensi dell’articolo 29, si tiene anche conto della natura e della effettività dei vincoli familiari dell’interessato, della durata del suo soggiorno nel territorio nazionale nonché dell’esistenza di legami familiari, culturali o sociali con il suo Paese d’origine’, norme entrambe da coordinare con il contenuto normativo dell’art.8 CEDU, cit.
Tutte queste disposizioni danno indicazioni significative sull’importanza da attribuire alla situazione familiare e di vita e alle relazioni affettive dello straniero in Italia, a prescindere dalla posizione di soggetto formalmente richiedente o suscettibile di ricongiungimento familiare e dalla sussistenza dei presupposti a tal fine necessari. Si richiama sul punto l’orientamento interpretativo di questa Cortereiterato, di recente, nell’ordinanza 35684/2023 -che valorizza anche la convivenza di fatto-, nella cui motivazione si legge quanto segue: ‘ In materia di espulsione, … l’estensione dell’ambito di applicazione dell’art. 13, comma 2, bis d. lgs. n. 286/1998 – che contiene un richiamo al profilo ‘della natura e della effettività dei vincoli familiari dell’interessato’, oltre alla ‘durata del suo soggiorno nel territorio nazionale nonché dell’esistenza di legami familiari, culturali o sociali con il suo Paese d’origine’ -‘, deve essere effettuata ‘anche al cittadino straniero, il quale, ancorché non si trovi nelle condizioni per richiedere formalmente il ricongiungimento familiare, abbia legami familiari nel territorio nazionale, secondo un ampliamento della nozione del diritto all’unità familiare formatosi in sede di giurisprudenza EDU e fatto propria dalla Consulta con la sentenza n. 202 del 2013 (Cass. 2395/2018; Cass. 781/2019; conf. Cass. 1665/2019; Cass. 11955/2020; Cass. 24908/2020). Il ‘diritto vivente’ ha, quindi, individuato il profilo dei legami familiari come elemento ostativo all’espulsione, che consente allo straniero privo del
permesso di soggiorno di poter comunque permanere nel territorio nazionale con un permesso rilasciato a norma dell’art. 28 lett. b) D.P.R. 394 del 1999 (che riguarda gli stranieri ‘che si trovano nelle documentate circostanze di cui all’art. 19 comma 2° lett. c) del testo unico’). In particolare, è stato evidenziato da questa Corte (Cass. n. 781/2019; conf. Cass. n. 11955/2020) che ‘In tema di espulsione del cittadino straniero, l’art. 13, comma 2 bis, del d.lgs. n. 286 del 1998, secondo il quale è necessario tener conto, nei confronti dello straniero che ha esercitato il diritto al ricongiungimento familiare, della natura e dell’effettività dei vincoli familiari, della durata del soggiorno, nonché dell’esistenza di legami con il paese d’origine, si applica – con valutazione caso per caso ed in coerenza con la direttiva comunitaria 2008/115/CE – anche al cittadino straniero che abbia legami familiari nel nostro Paese, ancorché non nella posizione di richiedente formalmente il ricongiungimento familiare, in linea con la nozione di diritto all’unità familiare delineata dalla giurisprudenza della Corte EDU con riferimento all’art. 8 CEDU e fatta propria dalla sentenza n. 202 del 2013 della Corte Costituzionale. Tuttavia il giudice del merito è tenuto, onde pervenire all’applicazione della tutela rafforzata di cui al citato art.13, comma 2 bis, a dare conto di tutti gli elementi qualificanti l’effettività di detti legami (rapporto di coniugio, durata del matrimonio, nascita di figli e loro età, convivenza, dipendenza economica dei figli maggiorenni ecc.) oltre che delle difficoltà conseguenti all’espulsione, senza che sia possibile, fuori dalla valorizzazione in concreto di questi elementi, fare riferimento ai criteri suppletivi relativi alla durata del soggiorno, all’integrazione sociale nel territorio nazionale, ovvero ai legami culturali o sociali con il Paese di origine’. Questa Corte, nell’interpretazione dell’art. 13 comma 2 bis d. lgs. n. 286/1998, ha, dunque, ritenuto come elemento imprescindibile, integrante causa ostativa all’espulsione, quello dei «legami familiari», ritenendo gli altri criteri indicati nell’ultima parte del comma 2 bis non rilevanti autonomamente, ma meramente integrativi, nel senso che possono venire in rilievo solo se lo straniero abbia «legami familiari nel territorio dello Stato»’; ‘il diritto di cui all’art. 8 CEDU ‘alla vita privata e familiare’ non è assoluto e deve essere bilanciato su base legale con una serie di altri valori tutelati (sicurezza nazionale e pubblica, benessere economico del paese, difesa dell’ordine e prevenzione di reati, protezione della salute e della morale, protezione dei diritti e delle libertà altrui) ‘; la norma unionale tutela non soltanto le relazioni familiari, ‘ ma anche quelle affettive e sociali e, naturalmente, le relazioni lavorative ed economiche, le quali pure concorrono a comporre la vita privata di una persona,
rendendola irripetibile, nella molteplicità dei suoi aspetti, sia come singolo, sia nelle formazioni sociali ove si svolge la sua personalità ». 3.3. L’interpretazione della nuova disciplina e del ‘radicamento familiare’ deve essere declinata secondo le coordinate ermeneutiche e le specificazioni indicate dalla Corte di Strasburgo. Solo la Corte EDU, infatti, è autorizzata a riempire di contenuti le norme della Convenzione e alle sue indicazioni le autorità nazionali si devono attenere (Cass. 8400/2023), sicché acquista particolare rilievo quanto affermato dalla Corte di Strasburgo nella sentenza 14 febbraio 2019 (Ricorso n. 57433/15 – Causa COGNOME contro Italia) e cioè che l’art. 8 CEDU tutela anche il diritto di allacciare e intrattenere legami con i propri simili e con il mondo esterno, e comprende a volte alcuni aspetti dell’identità sociale di un individuo, e si deve accettare che tutti i rapporti sociali tra gli immigrati stabilmente insediati e la comunità nella quale vivono facciano parte integrante della nozione di ‘vita privata’ ai sensi dell’art. 8 citato ‘; ‘… sempre in base alle coordinate ermeneutiche indicate dalla Corte di Strasburgo, non rileva, quanto all’accertamento del requisito del ‘vincolo familiare’, la circostanza che il cittadino straniero non sia unito in matrimonio alla donna che allega essere la sua compagna. In proposito, secondo la consolidata giurisprudenza della Corte EDU (vedi Johnston e altri c. Irlanda del 18 dicembre 1986 § 56, Serie A n. 112), la nozione di ‘famiglia’ di cui all’art. 8 della Convenzione non è limitata soltanto alle relazioni fondate sul matrimonio e può comprendere altri ‘legami familiari’ di fatto, in cui le parti convivono fuori dal matrimonio (è stato finanche ritenuto nelle cause Kroon e altri c. Paesi Bassi, del 27 ottobre 1994, serie A n. 297-C, e Vallianatos e altri c. Grecia, Grande Camera, ric. n. 29381/09 32684/09, che possono esistere legami sufficienti per una vita familiare anche in assenza di convivenza) ‘ -cfr., nello stesso senso, anche alla luce della modifica richiamata dell’art.19 cit., Cass. n.20641/2023; cfr. anche Cass. n.16583/2024 e Cass. n.15843/2023-.
L’interpretazione sistematica, totalmente condivisibile, emergente dalla pronuncia richiamata evidenzia che il requisito del ‘vincolo familiare’ a cui fare riferimento nella materia in esame da una parte non deve essere necessariamente formalizzato nel matrimonio, dall’altra non può essere soddisfatto da un matrimonio solo fittizio, ma deve consistere in una effettiva comunanza di vita qualificante la sfera privata dello straniero.
Non si tratta quindi, nei giudizi relativi alla legittimità dell’espulsione contestata per profili rientranti nell’ambito di applicazione delle norme sopra richiamate, di
accertare lo ‘status’ di persona libera o coniugata del cittadino straniero ma di vagliare l’esistenza, in concreto, di legami affettivi e di comunanza qualificabili come vincoli familiari e, rispetto a questo tipo di valutazione, il fatto che il certificato di matrimonio allegato, formato da uno Stato Estero, non sia munito di apostille che ne garantisca l’autenticità è irrilevante (e, del resto, un certificato di matrimonio sicuramente autentico nulla potrebbe valere se il matrimonio attestato risultasse in realtà di convenienza o fittizio, e cioè, appunto, non supportato da un reale progetto di vita tra i coniugi solo formalmente tali -cfr. da ultimo, al riguardo, Cass. n.13189/2024).
Quello che rileva è l’effettiva comunanza di vita, affettiva e materiale, comportante un reciproco supporto, anche economico, e questo può e deve essere verificato in concreto, rappresentando l’esistenza di un documento-atto di matrimonio, a prescindere dalla attestazione di autenticità dello stesso, un significativo elemento di valutazione al riguardo (salvo che vi siano motivi concreti, per le caratteristiche materiali del documento o per il suo contenuto, tali da farne sospettare la falsità, affrontabili ove necessario con appositi approfondimenti istruttori: per esempio, può essere specificamente richiesta la produzione del certificato con autenticazione).
Se si valuta alla luce delle indicazioni che precedono il motivo di ricorso sub iudice, si deve rilevare che il Giudice di Pace ha omesso qualsiasi considerazione sull’effettiva situazione personale del ricorrente -residente in Italia dal 2008, in regola fino al 2014, e svolgente per tutto il periodo indicato regolare attività lavorativa- e, in particolare, sui suoi legami personali e familiari sul territorio nazionale, sulle sue possibilità lavorative ulteriori (è documentata una proposta di lavoro), sul suo effettivo inserimento nel contesto sociale non solo in considerazione della stabile convivenza con la compagna -residente in Italia in base ad un regolare permesso di soggiorno di lunga durata: l’allegazione in fotocopia, evidenziata nel provvedimento impugnato, è di per sé sufficiente, salva la eventuale necessità di approfondimenti, affrontabili in primis attraverso la richiesta di esibizione dell’originale-: la verifica sulla situazione di vita di Talagalage NOME Talagala, è stata fondata -con esito negativo- su un profilo esclusivamente formale, di per sè irrilevante, costituito dalla mancanza di apostille al certificato di matrimonio prodotto.
La fondatezza del motivo di ricorso sub iudice assorbe la valutazione del motivo sub 1 per i profili relativi alla possibilità di considerare lo Sri Lanka uno Stato sicuro e alla rilevanza di ciò sulla possibilità di pronunciare il provvedimento di espulsione.
L’ordinanza del Giudice di Pace di Roma deve pertanto essere cassata, con rinvio degli atti allo stesso ufficio perché, con diversa composizione, verifichi se vi siano i presupposti giustificanti l’esclusione della possibilità di espellere dal territorio nazionale Talagalage NOME COGNOME per la natura e l’effettività dei suoi vincoli familiari e per il suo radicamento sul territorio e nel contesto sociale in relazione alla durata del suo soggiorno nel territorio nazionale.
Il Giudice del rinvio disciplinerà all’esito del giudizio le spese processuali, anche per la fase di cassazione.
PQM
La Corte accoglie il secondo motivo di ricorso proposto, assorbito il primo, e cassa l’ordinanza del Giudice di Pace di Roma del 11.8.2023, rinviando al Giudice di Pace di Roma perché, in altra composizione rivaluti il merito del ricorso proposto da Talagalage NOME COGNOME avverso il provvedimento di espulsione del 31.8.2022 alla luce delle indicazioni esposte in motivazione.
Così deciso nell’adunanza in camera di consiglio del 11.10.2024