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Vigilanza e governance: la responsabilità dei sindaci

Una Corte d’Appello ha confermato le sanzioni CONSOB a carico dei membri dell’organo di controllo di una società quotata. La decisione si fonda sulla violazione dei doveri di vigilanza e governance, in particolare per non aver comunicato al mercato e all’autorità di vigilanza le significative divergenze tra le pratiche di governo societario effettivamente adottate e quelle dichiarate nel codice di autodisciplina. La sentenza chiarisce che la responsabilità sorge dalla mancata trasparenza verso il mercato, indipendentemente dal merito delle scelte gestionali.

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Vigilanza e Governance: La Responsabilità dei Sindaci per le Pratiche Societarie non Dichiarate

Una recente sentenza della Corte d’Appello di Venezia fornisce chiarimenti fondamentali sui doveri di Vigilanza e governance che incombono sugli organi di controllo delle società quotate. Il caso riguarda l’impugnazione di una sanzione della CONSOB da parte di alcuni sindaci, ritenuti responsabili per non aver vigilato e comunicato le discrepanze tra la governance dichiarata e quella effettivamente praticata dalla società. La decisione sottolinea come il principio “comply or explain” non sia una mera formalità, ma un presidio essenziale per la trasparenza del mercato.

I Fatti: Una Governance di Facciata

L’autorità di vigilanza (CONSOB) aveva sanzionato i membri del collegio sindacale (poi comitato per il controllo sulla gestione) di una società quotata. L’accusa principale era di aver permesso che la società fornisse al mercato, attraverso le relazioni sul governo societario, un’immagine fuorviante e incompleta.

In particolare, la CONSOB aveva riscontrato che:

* Le pratiche reali si discostavano dal codice di autodisciplina a cui la società aveva dichiarato di aderire.
* L’informativa pre-consiliare era spesso carente e tardiva, creando significative asimmetrie informative tra un gruppo ristretto di amministratori e il resto del consiglio.
* Esisteva un sistema di governo parallelo in cui le decisioni più importanti venivano prese da un piccolo gruppo al di fuori delle sedi collegiali, svuotando di fatto il ruolo del Consiglio di Amministrazione.

Di conseguenza, la CONSOB ha ritenuto i sindaci responsabili per la violazione del loro dovere di vigilare e di comunicare senza indugio le irregolarità riscontrate, come previsto dal Testo Unico della Finanza (TUF).

La Posizione dei Sindaci: Tra Decadenza e Buona Fede

I sindaci ricorrevano in appello, basando la loro difesa su diversi motivi, tra cui:

1. Decadenza: Sostenevano che la CONSOB avesse notificato la contestazione oltre il termine di 180 giorni dalla conclusione dell’attività ispettiva.
2. Errata applicazione della norma: Le irregolarità erano, a loro dire, episodi sporadici e non una “prassi” di governo societario.
3. Mancanza di colpa: Affermavano di aver agito in buona fede e che la CONSOB non aveva provato l’elemento soggettivo dell’illecito.
4. Eccesso di potere: Accusavano la CONSOB di aver compiuto un “sindacato di merito” sulle scelte gestionali, andando oltre le proprie competenze.

Vigilanza e Governance: La Decisione della Corte d’Appello

La Corte d’Appello ha rigettato integralmente il ricorso, confermando la sanzione della CONSOB. La sentenza affronta punto per punto le doglianze dei ricorrenti, offrendo una lettura rigorosa dei doveri legati alla Vigilanza e governance.

Sulla Tempestività dell’Azione di CONSOB

La Corte ha chiarito che il termine di 180 giorni per la contestazione non decorre automaticamente dalla fine dell’ispezione. Il momento rilevante (“accertamento”) è quello in cui l’autorità dispone di tutti gli elementi necessari per una valutazione completa e ponderata. Questo può includere l’acquisizione di documenti da altre autorità (in questo caso, l’IVASS) o l’attesa di atti societari cruciali, come la relazione annuale sulla governance. Pertanto, l’azione della CONSOB è stata ritenuta tempestiva.

La Violazione del Principio “Comply or Explain”

Il cuore della decisione risiede nell’interpretazione dell’art. 123-bis del TUF. La Corte ha stabilito che la violazione non sta nel discostarsi dal codice di autodisciplina (scelta legittima), ma nell’omettere di comunicare al mercato tale scostamento e le relative ragioni. Una relazione sulla governance che dichiara l’adesione a un modello, mentre la prassi è un’altra, è ingannevole per gli investitori. L’obbligo informativo non riguarda singoli accadimenti, ma l’esistenza di una prassi decisionale che altera la governance dichiarata.

La Responsabilità dell’Organo di Controllo

La sentenza è netta nel definire la responsabilità dei sindaci come un illecito autonomo e specifico. Il loro compito non è solo quello di attendere segnalazioni, ma di esercitare attivamente la vigilanza sul rispetto delle norme e delle procedure di corretta amministrazione. Aver omesso di segnalare a CONSOB le gravi disfunzioni riscontrate integra pienamente la violazione dell’art. 149 del TUF. La Corte ha inoltre ribadito che, in materia di sanzioni amministrative, la colpa si presume, e spetta a chi ha commesso la violazione dimostrare di aver agito senza negligenza, prova che i ricorrenti non hanno fornito.

Le Motivazioni della Sentenza

Le motivazioni della Corte si fondano su una concezione sostanziale, e non meramente formale, della trasparenza e del governo societario. I giudici hanno sottolineato che il sistema “comply or explain” è un pilastro della fiducia degli investitori. L’affidamento che il mercato ripone sulla correttezza delle informazioni diffuse dalla società è un bene giuridico primario. La condotta omissiva dei sindaci è stata giudicata grave perché ha contribuito a perpetuare una rappresentazione non veritiera dell’assetto di governo, ledendo direttamente l’interesse alla trasparenza. La Corte ha ritenuto che la sanzione fosse proporzionata, poiché i fatti erano gravi, si erano protratti nel tempo e i sindaci, data la loro professionalità ed esperienza, non potevano non essere consapevoli dei loro obblighi di vigilanza e comunicazione.

Le Conclusioni: Implicazioni Pratiche della Sentenza

Questa pronuncia rafforza significativamente il ruolo e le responsabilità dei componenti degli organi di controllo. Le conclusioni pratiche che se ne possono trarre sono chiare:

* La vigilanza deve essere attiva e sostanziale: I sindaci non possono essere spettatori passivi, ma devono indagare proattivamente sul funzionamento effettivo della governance societaria.
* La trasparenza è un obbligo, non un’opzione: Dichiarare di aderire a un codice di autodisciplina comporta l’obbligo stringente di comunicare ogni deviazione. Il silenzio equivale a una comunicazione falsa.
* La responsabilità professionale è presunta: Professionisti come i sindaci hanno l’onere di dimostrare la propria assenza di colpa, un compito arduo di fronte a evidenti irregolarità procedurali.

In definitiva, la sentenza riafferma che la fiducia del mercato si costruisce su informazioni accurate e veritiere, e che i sindaci sono i primi guardiani di questo fondamentale principio.

Quando inizia a decorrere il termine per CONSOB per contestare una violazione?
La decorrenza non scatta automaticamente dalla fine dell’ispezione, ma dal momento in cui CONSOB acquisisce tutti gli elementi necessari per una valutazione completa e definitiva, che può includere la ricezione di documenti da altre autorità o l’approvazione di atti societari rilevanti.

In cosa consiste la violazione del principio “comply or explain”?
Consiste nel non comunicare al mercato le pratiche di governo societario effettivamente applicate quando queste si discostano da quelle previste dal codice di autodisciplina a cui si è dichiarato di aderire. La violazione risiede nella mancanza di trasparenza, non nella deviazione in sé.

Perché i sindaci sono stati ritenuti responsabili anche se le irregolarità erano commesse dagli amministratori?
Perché i sindaci hanno un dovere specifico e autonomo di vigilare sul rispetto delle regole di corretta amministrazione, incluse quelle sulla governance, e un obbligo di comunicare le irregolarità riscontrate a CONSOB. La loro passività e l’omessa comunicazione costituiscono un illecito proprio del loro ruolo.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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