Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 1 Num. 22165 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 1 Num. 22165 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: NOME COGNOME
Data pubblicazione: 31/07/2025
ORDINANZA
sul ricorso 17149-2022 proposto da:
RAGIONE_SOCIALE rappresentata e difesa dall ‘ Avvocato NOME COGNOME per procura in calce al ricorso;
– ricorrente –
contro
FALLIMENTO RAGIONE_SOCIALE rappresentata e difeso dall ‘ Avvocato NOME COGNOME per procura in calce al controricorso;
– controricorrente –
avverso il DECRETO N. 3665/2022 del TRIBUNALE DI BARI, depositato il 30/5/2022;
udita la relazione della causa svolta dal Consigliere NOME COGNOME nell ‘ adunanza in camera di consiglio del 25/6/2025;
FATTI DI CAUSA
1.1. La RAGIONE_SOCIALE, socia di maggioranza della RAGIONE_SOCIALEp.aRAGIONE_SOCIALE per una percentuale parti al 99,37% del capitale sociale, ha proposto opposizione allo stato passivo del Fallimento di quest ‘ ultima, chiedendo, per quanto ancora rileva, l ‘ammissione per i seguenti importi: a) €
50.000,00, per crediti in via di regresso; b) € 1.488.450,49, per versamenti in conto futuro aumento capitale.
1.2. Il Fallimento ha resistito all ‘ opposizione, chiedendone il rigetto.
1.3. Il tribunale, con il decreto in epigrafe, ha respinto l ‘ opposizione.
1.4. Il tribunale, in particolare, per ciò che riguarda la pretesa della RAGIONE_SOCIALE di ammissione al passivo del fallimento RAGIONE_SOCIALE. RAGIONE_SOCIALE s.p.a. per la somma di € . 50.000,00 a titolo di regresso, dopo aver rilevato che: – l ‘ opponente assume di avere il diritto di regresso nei confronti della fallita per aver corrisposto alla RAGIONE_SOCIALE la somma di € . 50.000,00, in qualità di fideiussore delle obbligazioni assunte dalla Football Club Bari 1908 s.p.a.; – la RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE.r.RAGIONE_SOCIALE, a seguito di domanda di insinuazione, è stata ammessa al passivo del fallimento per l ‘importo di € . 188.000,00, come emerge dallo stato passivo reso esecutivo in data 24/6/2019; successivamente, in data 29/6/2021, la RAGIONE_SOCIALE, creditrice della fallita, e la RAGIONE_SOCIALE, fideiussore di quest ‘ ultima, hanno raggiunto un accordo transattivo in base al quale la RAGIONE_SOCIALE avrebbe corrisposto alla RAGIONE_SOCIALE l ‘ importo complessivo di € . 50.000,00, surrogandosi alla debitrice principale; ha ritenuto che, come correttamente eccepito dal Fallimento, ‘ per il riconoscimento del credito in via di regresso la società ricorrente dovrà procedere secondo quanto disposto dall ‘ art. 115 l.f., poiché in caso surroga e cessione del credito o comunque di modifica della titolarità di un credito già ammesso al passivo fallimentare non occorre una nuova domanda di ammissione al passivo ‘; -‘ in tal caso è sufficiente comunicare al curatore fallimentare l ‘ avvenuta cessione, unitamente alla documentazione probatoria della
stessa ‘; -‘ sarà quindi il curatore fallimentare, su istanza dell ‘ interessato, a rettificare lo stato passivo e in sede di riparto ad attribuire le quote di spettanza ai cessionari/surroganti ‘.
1.5. Il tribunale, per ciò che riguarda la pretesa della RAGIONE_SOCIALE di ammissione per la somma di € 1.488.450,49 per versamenti ‘ in conto futuro aumento di capitale ‘, ha rilevato che: – in data 15/6/2018, l ‘ assemblea straordinaria dei soci della società poi fallita ha approvato la situazione patrimoniale intermedia della società alla data del 31/3/2018, che portava una perdita di esercizio pari a complessivi € . 18.825.142,00, dando atto che, nei due esercizi precedenti (2016 e 2017), la società aveva accumulato perdite per complessivi € . 13.137.294,00 (di cu i € . 7.830.171,00 al 30.6.2016 ed € . 5.307.123,00 al 30.6.2017) e che a tali perdite si aggiungevano quelle di € . 5.687.848,00 del periodo 1/7/201731/3/2018; – la RAGIONE_SOCIALE, al 31/3/2018, si trovava, quindi, nella situazione di cui all ‘ art. 2447 c.c. (riduzione del capitale sociale al di sotto del minimo legale), con un patrimonio netto negativo per € . 4.491.907,00; – l ‘ assemblea dei soci, a fronte di tale situazione, ha, quindi, deliberato, tra l ‘ altro, l ‘ utilizzo, a copertura parziale delle perdite, dei versamenti in conto futuro aumento di capitale precedentemente eseguiti dal socio RAGIONE_SOCIALE fino al 31/3/2018, per l ‘importo complessivo di €. 5.900.000,00, l ‘azzeramento del capitale sociale di €. 7.500.000,00 e il suo aumento a pagamento fino ad € 4.591.907,00, con la possibilità per i soci di esercitare il diritto di opzione ai sensi dell ‘ art. 2441 c.c. entro quindici giorni dalla pubblicazione della delibera nel registro delle imprese, con l ‘ obbligo di versare contestualmente alla sottoscrizione delle azioni, e in proporzione alle azioni e alle partecipazioni detenute da ciascuno dei due soci, una somma
pari alla copertura delle residue perdite di € . 4.491.907,00 e al 25% del capitale sottoscritto; – RAGIONE_SOCIALE quale socio al 99,37%, con comunicazione del 6/7/2018, ha manifestato la volontà di esercitare il diritto di opzione per la sottoscrizione dell ‘ aumento di capitale, comunicando di voler provvedere agli adempimenti previsti dalla delibera del 15/6/2018 con il pagamento del 25% del capitale sottoscritto mediante bonifico bancario dell ‘importo di € . 24.827,50, disposto nella medesima data della comunicazione, il versamento della propria quota per la copertura delle perdite pari a € . 4.463.697,99 attraverso: a) l ‘imputazione in conto futuro aumento capitale di € . 1.400.000,00, già versati a mezzo bonifici bancari sul conto corrente intestato alla società; b) il versamento di € . 63.607,99, già accreditato a mezzo bonifico bancario il 25.06.2018 con causale ‘ copertura delle perdite ‘; c) la restante parte di € . 3.000.000,00 a mezzo cessione dei crediti perfezionata in pari data tra RAGIONE_SOCIALE e la RAGIONE_SOCIALE; – in data 11/7/2018, però, il consiglio di amministrazione ha deliberato che la dichiarazione di esercizio del diritto di opzione in misura pari al 99,37% dell ‘ aumento di capitale, non era rispondente alle condizioni di cui alla delibera assembleare perché ‘ la sottoscrizione non era conforme all ‘ integrale versamento contestuale alla somma necessaria ‘, sicché non accoglieva la proposta del socio RAGIONE_SOCIALE del 6/7/2018 e così la sottoscrizione del capitale sociale, collocando anche presso terzi le azioni inoptate per la quota di aumento di capitale nella misura del 99,37%; – in tale contesto, la procura della Repubblica presso il tribunale di Bari ha depositato il ricorso per la dichiarazione di fallimento della Football Club Bari RAGIONE_SOCIALE.aRAGIONE_SOCIALE, interrompendo definitivamente le operazioni di aumento del capitale sociale in corso; – con sentenza del 14/1/2019, il
tribunale di Bari ha, infine, dichiarato il fallimento della RAGIONE_SOCIALE
1.6. Il tribunale, quindi, dopo aver rilevato che: – i versamenti della somma complessiva di € . 1.400.000,00 da parte del socio di maggioranza RAGIONE_SOCIALE sui conti correnti della Football Club Bari 1908 s.p.a. sono stati eseguiti con i seguenti bonifici: a) € . 570.000 il 6/4/ 2018 con causale ‘ in conto aumento di capitale ‘; b) € . 230.000,00 il 6/4/2018 con causale ‘ in conto aumento di capitale ‘; c) € . 50.000,25 il 26/4/ 2018 con causale ‘ in conto capitale ‘; d) € . 250.000,25 il 27/4/ 2018 con causale ‘ in conto capitale ‘; e) € . 300.000,25, il 3/5/ 2018 con causale ‘ in conto capitale ‘ ; ha, in sostanza, ritenuto che non vi sono elementi in atti che inducano a ritenere che tali versamenti siano stati eseguiti ‘ in conto futuro aumento capitale ‘ , rilevando, tra l ‘ altro, che: – il socio, nell ‘ effettuare i bonifici, non ha mai utilizzato la formula ‘ in conto futuro aumento capitale ‘, ma indistintamente le formule ‘ in conto aumento di capitale ‘ e ‘ in conto capitale ‘ ; – il versamento, dunque, già sul piano nominale, non è stato individuato dal socio come versamento ‘in conto futuro aumento capitale ‘ , e tanto meno si fa riferimento alla data, o almeno all ‘ epoca, entro la quale l ‘ aumento di capitale si sarebbe dovuto verificare; – tali versamenti, del resto, sono stati eseguiti nell ‘ aprile e nel maggio 2018, e cioè quando la società, nei due esercizi precedenti (2016 e 2017), aveva accumulato ingentissime perdite per complessivi € . 13.137.294,00; – si tratta, quindi, di versamenti eseguiti dal socio per incrementare il patrimonio netto della società in perdita anche per evitare che operasse la causa di scioglimento di cui all ‘ art. 2484 n. 4 c.c.; – la relazione illustrativa al bilancio intermedio al 31/3/2018 (precedente alla delibera assembleare del 15/6/2018 che ha deciso, tra l ‘ altro, di ripianare le perdite)
ha, del resto, evidenziato che ‘ la manovra finanziaria predisposta dal Presidente del Consiglio di Amministrazione e condivisa dall ‘ intero organo amministrativo prevede, inter alia … un immediato rafforzamento patrimoniale, tramite i necessari interventi finanziari che verranno richiesti dal Consiglio di Amministrazione agli azionisti, quanto meno al fine di consentire la necessaria operazione di ripianamento della società ai sensi dell ‘ art. 2447 c.c. ‘ e che ‘ a tal riguardo occorre considerare che il socio di riferimento RAGIONE_SOCIALE nel corso dei precedenti esercizi ed anche dopo il 31 marzo 2018, ha proseguito la propria attività di sostegno alla Società ed eseguito una serie di versamenti destinati in conto a futuro aumento di capitale per l ‘importo complessivo di € 7.300.00,00=, di cui € 5.900.000,00= fino al marzo 2018 ed € 1.400.000,00= successivamente a tale data e fino a quella di redazione della presente relazione ‘ ; – è lo stesso organo amministrativo della Football Club Bari 1908 s.p.a. che, pur denominando i v ersamenti effettuati dalla RAGIONE_SOCIALE come ‘ in conto futuro aumento di capitale ‘ , ha, quindi, previsto ‘ la loro destinazione a copertura delle perdite ‘, che era, nei fatti, la finalità perseguita dal socio di maggioranza in presenza di un rilevante squilibrio quantomeno economico (al 31/12/2017).
1.7. Si tratta, ha osservato il tribunale, di elementi che inducono a ritenere che: -‘la somma versata di € 1.400.000,00 è stata da subito definitivamente acquisita al patrimonio sociale e di tale somma la società era libera di disporre come di qualsiasi altra riserva proprio per ridurre le perdite e quindi non è configurabile alcun collegamento casuale tra i versamenti/bonifici eseguiti dal socio ed un successivo aumento del capitale sociale ‘ ; – i versamenti in questione, aventi piuttosto natura di versamenti ‘ a fondo perduto ‘ (ma anche se li si
qualificasse ‘ in conto capitale ‘, l’ esito del giudizio rispetto a tale pretesa sarebbe lo stesso), non possono essere, pertanto, restituiti.
1.8. Il tribunale, quindi, ha respinto l ‘ opposizione.
1.9. La RAGIONE_SOCIALE con ricorso notificato il 29/6/2022, ha chiesto, per due motivi la cassazione del decreto.
1.10. Il Fallimento ha resistito con controricorso.
RAGIONI DELLA DECISIONE
2.1. Con il primo motivo, la ricorrente, lamentando la violazione e/o la falsa applicazione del comb.disp. degli artt. 115, comma 2°, l.fall. e 156, comma 3°, c.p.c., in relazione all ‘ art. 360 n. 3 c.p.c., ha censurato il decreto impugnato nella parte in cui il tribunale ha ritenuto che la domanda di insinuazione al passivo della somma di €. 50.000,00 per effetto della surrogazione ad un creditore, e cioè la RAGIONE_SOCIALE già ammesso al passivo sul rilievo che l ‘ opponente aveva erroneamente formulato la propria richiesta attraverso una nuova domanda di ammissione, laddove, al contrario, secondo quanto disposto dall ‘ art. 115 l.fall., avrebbe dovuto comunicare al curatore fallimentare dell ‘ avvenuta cessione (della titolarità) del credito, unitamente alla documentazione probatoria della stessa, omettendo, per contro, di considerare che: – la norma dell ‘ art. 115 l.fall. ‘ si limita a richiedere al nuovo creditore di comunicare al Curatore l ‘ avvenuta modifica della titolarità del credito, inviando la relativa documentazione probatoria ‘; – la disposizione in questione, infatti, non impone alcun requisito di forma alla ‘ comunicazione ‘, la quale, pertanto, deve ritenersi pienamente valida ed efficace in qualunque forma effettuata, purché ovviamente sia stato raggiunto lo scopo cui l ‘ atto era destinato, e cioè di informare il curatore dell ‘ intervenuta modifica della titolarità del credito e di trasmettergli i relativi
documenti probatori; – la domanda di ammissione al passivo per effetto dell ‘ intervenuta surrogazione si configura, quindi, a tutti gli effetti una comunicazione idonea a produrre gli effetti di cui all ‘ art. 115 l.fall., avendo informato il curatore della surrogazione della RAGIONE_SOCIALE per l ‘importo di €. 50.000,00, nel credito già ammesso al passivo della RAGIONE_SOCIALE ed avendo fornito allo stesso la documentazione probatoria della surroga.
2.2. Il motivo è inammissibile. Questa Corte, infatti, ha già avuto modo di affermare (Cass. n. 10454 del 2014, in motiv.) e, recentemente, di ribadire (Cass. n. 7832 del 2025, in motiv.) che, in caso di fallimento del debitore ceduto, occorre distinguere a seconda che il credito sia stato o meno gi à ammesso al passivo fallimentare: – nel caso in cui il credito ceduto non sia stato ancora ammesso al passivo, il cessionario deve dare la prova del credito ed anche della sua anteriorità al fallimento, ove venga in discussione la sua opponibilità; – nel caso in cui, al contrario, il credito ceduto è già stato ammesso al passivo, il cessionario deve seguire la procedura prevista dall ‘ art. 115, comma 2°, l.fall., nel testo successivo alle modifiche dettate dai decreti legislativi nn. 5/2006 e 169/2007, ritenuta applicabile anche ai fallimenti regolati dalla disciplina previgente (Cass. n. 15660 del 2011).
2.3. In forza di questo principio, dettato in caso di cessione del credito ma applicabile in tutti i casi di subingresso nel credito a titolo particolare, come la surrogazione, chi subentra in un credito concorsuale può (anzi, deve) proporre la domanda di ammissione al passivo del fallimento del debitore soltanto se la relativa pretesa non è stata già ammessa: viceversa, nel caso, come quello in esame, in cui il credito azionato è già stato ammesso al passivo, il nuovo creditore (in
forza di cessione ovvero, come la norma espressamente prevede, di ‘ surrogazione ‘) deve procedere (anche nel caso in cui la domanda di ammissione è stata rinunciata: Cass. n. 814 del 2016; Cass. n. 19930 del 2017) nei modi previsti dall ‘ art. 115, comma 2°, l.fall., e cioè procedere alla comunicazione dell ‘ atto e/o del fatto traslativo al curatore del fallimento, il quale, con atto suscettibile di reclamo (al pari dell ‘ eventuale omissione) a norma dell ‘ art. 36 l.fall., provvede, poi, alla rettifica formale dello stato passivo.
2.4. Con il secondo motivo, la ricorrente, lamentando la violazione e/o la falsa applicazione dell ‘ art. 1362, comma 2°, c.c., in relazione all ‘ art. 360 n. 3 c.p.c., ha censurato il decreto impugnato nella parte in cui il tribunale ha rigettato la domanda di ammissione al passivo per l ‘importo di €. 1.488.450,49 sul rilievo che, in sostanza, le parti (e cioè RAGIONE_SOCIALE non avevano inteso condizionare i versamenti effettuati dal socio ad un futuro aumento di capitale, poi deliberato in data 15/6/2018, e che, in definitiva, non vi sarebbe ‘ alcun collegamento causale ‘ tra i versamenti effettuati dal socio istante in favore della società poi fallita ed il successivo aumento del capitale sociale, omettendo, tuttavia, di considerare che: al fine di individuare la volontà comune delle parti, occorre tener conto, a norma dell ‘ art. 1362, comma 2°, c.c., del loro comportamento complessivo; – la delibera dell ‘ assemblea dei soci del 15/6/2018, infatti, ha previsto espressamente che i soci, in sede di sottoscrizione dell ‘ aumento di capitale, avevano l ‘ obbligo di eseguire un versamento pari alla copertura integrale delle residue perdite di €. 4.591.907,00 ed al 25% del capitale sottoscritto ma ‘ con espressa facoltà di imputare i versamenti personalizzati specificamente destinati a futuro aumento di capitale già eseguiti o che verranno eseguiti dal 1° aprile 2018
fino alla data della sottoscrizione ‘; – tale delibera, dunque, contiene ‘ una vera e propria ricognizione del collegamento causale esistente tra i versamenti effettuati dal socio e il (futuro) aumento di capitale deliberato dalla società nella medesima riunione assembleare ‘ e possiede, quindi, pur se assunta successivamente all ‘esecuzione dei versamenti, ‘ una fortissima valenza ricognitiva di quella che è stata l ‘ effettiva volontà delle parti in relazione all ‘ esecuzione dei suddetti versamenti e alla finalità loro specificamente attribuita dalle parti ‘; -‘ il socio e la società ‘, infatti, ‘ riconoscono espressamente che i versamenti di cui è causa erano collegati, condizionati e destinati a quel futuro aumento di capitale che poi è stato deliberato dalla società proprio con la delibera del 15 giugno 2018 ‘.
2.5. Il motivo è inammissibile. Il decreto impugnato, infatti, non tratta in alcun modo la questione della rilevanza della delibera di aumento di capitale sociale quale successivo atto ricognitivo dell ‘ effettiva volontà delle parti in relazione all ‘ esecuzione dei suddetti versamenti e alla finalità che la stessa avrebbe asseritamente ad essi attribuito, e cioè di collegare sul piano causale i versamenti eseguiti dal socio all ‘ aumento di capitale che poi è stato deliberato dalla società proprio con la delibera del 15/6/2018.
2.6. Ed è, invece, noto che, ove una questione giuridica (implicante, come quella in esame, un accertamento di fatto) non risulti trattata in alcun modo nella pronuncia impugnata, il ricorrente che la proponga in sede di legittimità, onde non incorrere nell ‘ inammissibilità per novità della censura, ha l ‘ onere (rimasto, nel caso in esame, inadempiuto) non solo di allegare l ‘ avvenuta deduzione della questione dinanzi al giudice di merito, ma anche, per il principio di autosufficienza del ricorso per cassazione, di indicare in quale atto del giudizio precedente
lo abbia fatto, per consentire alla Corte di controllare ex actis la veridicità di tale asserzione, prima di esaminare nel merito la censura stessa (Cass. n. 3473 del 2025; Cass. n. 2038 del 2019).
2.7. Questa Corte, del resto, ha ripetutamente affermato che: – l ‘ erogazione di somme, che a vario titolo i soci effettuano alle società da loro partecipate, può avvenire a titolo di mutuo, con il conseguente obbligo per la società di restituire la somma ricevuta ad una determinata scadenza, oppure di versamento destinato ad essere iscritto non tra i debiti, ma a confluire in apposita riserva ‘ in conto capitale ‘ , o altre simili denominazioni, il quale dunque non dà luogo ad un credito esigibile, se non per effetto dello scioglimento della società e nei limiti dell ‘ eventuale attivo del bilancio di liquidazione, ed è più simile al capitale di rischio che a quello di credito, connotandosi proprio per la postergazione della sua restituzione al soddisfacimento dei creditori sociali e per la posizione del socio quale residual claimant ; -la qualificazione, nell’uno o nell’altro senso, dipende dall’esame della volontà negoziale delle parti, dovendo trarsi la relativa prova, di cui è onerato il socio attore in restituzione, non tanto dalla denominazione dell’erogazione contenuta nelle scritture contabili della società, quanto dal modo in cui il rapporto è stato attuato in concreto, dalle finalità pratiche cui esso appare essere diretto e dagli interessi che vi sono sottesi (Cass. n. 2758 del 2012; Cass. n. 25585 del 2014); – nei versamenti ‘ in conto futuro aumento del capitale ‘ , in particolare, la dazione del denaro è finalizzata a liberare il debito da sottoscrizione di un futuro aumento del capitale sociale mediante successiva rinuncia, che il socio realizzerà dopo la deliberazione assembleare di aumento e la sua sottoscrizione; si tratta, dunque, di una riserva ‘ personalizzata ‘ (o ‘ targata ‘) in
quanto di esclusiva pertinenza dei soci che abbiano effettuato il versamento in relazione all ‘ entità delle somme da ciascuno erogate (Cass. n. 16393 del 2007; Cass. n. 2314 del 1996); – i versamenti in conto futuro aumento di capitale identificano, in definitiva, le dazioni di danaro dei soci a favore della società che non sono definitivamente acquisite al patrimonio sociale perché hanno uno specifico vincolo di destinazione, con la conseguenza che, ove l ‘ aumento non sia operato, il socio avrà diritto alla restituzione di quanto versato, quale ripetizione dell ‘ indebito (Cass. n. 24093 del 2023); – l ‘ erogazione di somme di denaro ‘ in conto futuro aumento di capitale ‘, effettuata dal socio in favore della società, dev ‘ essere, pertanto, iscritta in bilancio come riserva, e non come finanziamento soci, in quanto, ove l ‘ aumento intervenga, le somme confluiscono automaticamente nel capitale sociale, mentre, in caso contrario, devono essere restituite, in conseguenza del mancato perfezionamento della fattispecie programmata (Cass. n. 34503 del 2021; Cass. n. 31186 del 2018); la ‘ dazione ‘ del socio, tuttavia, per essere ricondotta a tale categoria, dev ‘ essere chiaramente e inequivocamente subordinata ad un aumento di capitale, mediante l ‘ indicazione ex ante di elementi sufficientemente specifici e dettagliati, i quali inducano a ritenere effettivamente convenuta tra i soci l ‘ effettuazione non di un versamento tout court a favore delle casse sociali, ma di un versamento avente titolo e causa concreta proprio nella partecipazione al capitale sociale mediante un futuro conferimento, che, sebbene meramente rinviato rispetto al momento della dazione materiale della somma, sia nondimeno sin dall ‘ inizio volto, secondo la complessiva operazione programmata dai soci, ad aumentare la rispettiva quota di partecipazione sociale, in termini assoluti (Cass. n. 29325 del 2020); – le sole parole usate non sono,
dunque, di per sé esaustive, ben potendo un versamento essere denominato, nei documenti societari e contabili, come eseguito ‘ in conto futuro aumento del capitale sociale ‘, ma non essere affatto, allo stesso tempo, accompagnato da quegli indici di dettaglio (ad es., il termine finale entro cui verrà deliberato l ‘ aumento, ma anche altre caratteristiche dello stesso), che soli qualificano la dazione come da ricondurre alla categoria in esame; – l ‘ interprete, pertanto, al fine di verificare che la volontà delle parti sia quella di subordinare il versamento all ‘ aumento di capitale, può a tal fine utilizzare indici di dettaglio (quali, oltre all ‘ indicazione del termine finale entro cui verrà deliberato l ‘ aumento, il comportamento delle parti, eventuali annotazioni contenute nelle scritture contabili o nella nota integrativa al bilancio, clausole statutarie) e, comunque, qualsiasi altra circostanza del caso concreto, capace di svelare la comune intenzione delle parti e gli interessi coinvolti, non essendo, a ciò, sufficiente la sola denominazione adoperata nelle scritture contabili (Cass. n. 34503 del 2021); – i versamenti a fondo perduto (o versamenti in conto capitale) sono, invece, i versamenti operati dai soci che l ‘ assemblea può discrezionalmente utilizzare, con le ordinarie modalità, per ripianare le perdite o per aumentare gratuitamente il capitale, imputandole a ciascun socio proporzionalmente alla partecipazione al capitale sociale; – l ‘ apporto del socio, quindi, produce l ‘ acquisizione definitiva al patrimonio della società delle somme versate, da assimilare al capitale di rischio, cui vanno equiparate agli effetti sostanziali; – la riserva così formata, al pari delle riserve ordinarie o facoltative per la quota eccedente la riserva legale, ha, dunque, di regola carattere disponibile ma un ‘ eventuale distribuzione non costituisce un diritto soggettivo del socio (Cass. n. 29325 del 2020, in motiv. ).
2.8. Il decreto impugnato si è attenuto ai principi esposti: lì dove, in particolare, dopo aver ritenuto, in fatto, che: – il socio opponente nell ‘ eseguire i bonifici, non ha mai utilizzato la formula ‘ in conto futuro aumento capitale ‘ ma indistintamente le formule ‘ in conto aumento di capitale ‘ e ‘ in conto capitale ‘; -il versamento, dunque, già sul piano nominale, non è stato individuato dal socio come versamento ‘in conto futuro aumento capitale ‘ ; -non v’è, del resto, alcun riferimento alla data o almeno all ‘ epoca entro la quale l ‘ aumento di capitale si sarebbe dovuto verificare; – tali versamenti, inoltre, sono stati eseguiti quando la società aveva in precedenza accumulato ingentissime perdite; l’organo amministrativo della società poi fallita, pur denominando i versamenti effettuati dal socio opponente come ‘ in conto futuro aumento di capitale ‘, ha, tuttavia, previsto ‘ la loro destinazione a copertura delle perdite’ ; – non sussistevano, dunque, elementi per ritenere che tali versamenti erano stati eseguiti ‘ in conto futuro aumento capitale ‘ , trattandosi, piuttosto, di versamenti eseguiti dal socio per incrementare il patrimonio netto della società in perdita anche per evitare che operasse la causa di scioglimento di cui all’art. 2484 n. 4 c.c. ; -‘ non è ‘, pertanto, ‘ configurabile alcun collegamento casuale tra i versamenti/bonifici eseguiti dal socio ed un successivo aumento del capitale sociale ‘ ; ha, sulla base di tale apprezzamento (non specificamente censurato per omesso esame di fatti decisivi emergenti dagli atti del giudizio ed esposti in ricorso ai sensi dell’art. 366, comma 2°, n. 6, c.p.c.), riten uto, in diritto, che: ‘la somma versata di € 1.400.000,00 è stata da subito definitivamente acquisita al patrimonio sociale ‘; -‘ di tale somma ‘, dunque, ‘ la società era libera di disporre come di qualsiasi altra riserva proprio per ridurre le perdite ‘; -i versamenti in questione dovevano essere, pertanto, qualificati
come versamenti ‘ a fondo perduto ‘ , con la conseguenza che il socio che li ha eseguiti non ha il diritto, tramite l’insinuazione al passivo, ad averne la restituzione.
Il ricorso, per l ‘ inammissibilità dei suoi motivi, è, a sua volta, inammissibile: e come tale dev ‘ essere, quindi, dichiarato.
Le spese del giudizio seguano la soccombenza e sono liquidate in dispositivo.
La Corte dà atto che sussistono i presupposti per il versamento, da parte della ricorrente, ai sensi dell ‘ art. 13, comma 1quater del d.P.R. n. 115/2002, nel testo introdotto dall ‘ art. 1, comma 17, della l. n. 228/2012, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, in misura pari a quello dovuto per il ricorso, a norma del comma 1 bis dello stesso art. 13.
P.Q.M.
La Corte dichiara l ‘ inammissibilità del ricorso; condanna la ricorrente a rimborsare al Fallimento le spese del giudizio, che liquida nella somma di € . 18.200,00, di cui €. 200,00 per esborsi, oltre accessori di legge e spese generali nella misura del 15%; dà atto che sussistono i presupposti per il versamento, da parte della ricorrente, ai sensi dell ‘ art. 13, comma 1quater del d.P.R. n. 115/2002, nel testo introdotto dall ‘ art. 1, comma 17, della l. n. 228/2012, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, in misura pari a quello dovuto per il ricorso, a norma del comma 1 bis dello stesso art. 13.
Così deciso a Roma, nella camera di consiglio della Prima