Ordinanza di Cassazione Civile Sez. L Num. 6165 Anno 2025
Civile Ord. Sez. L Num. 6165 Anno 2025
Presidente: NOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 07/03/2025
Oggetto: Impiego pubblico -mancata progressione economica -illegittimità atto di verifica negativo –
Dott. NOME COGNOME
Presidente
–
Dott. NOME COGNOME
Consigliere rel. –
Dott. NOME COGNOME
Consigliere –
Dott. COGNOME
Consigliere –
Dott. NOME COGNOME
Consigliere –
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 20041/2020 R.G. proposto da:
NOMECOGNOME NOME , elettivamente domiciliata in ROMA, NOME COGNOME INDIRIZZO presso lo studio del dott. NOME COGNOME rappresentato e difeso dagli avvocati NOME COGNOME e NOME COGNOME con diritto di ricevere le comunicazioni presso l ‘ indirizzo pec dei Registri di Giustizia;
– ricorrente –
contro
C.N.R. -CONSIGLIO NAZIONALE RAGIONE_SOCIALE, in persona del legale rappresentante pro tempore , elettivamente domiciliato in ROMA
INDIRIZZO presso l ‘ AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO che lo rappresenta e difende, ope legis ;
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 845/2019 della CORTE D ‘ APPELLO di BOLOGNA, depositata il 18/11/2019 R.G.N. 343/2017; udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del
09/01/2025 dal Consigliere Dott. NOME COGNOME
RILEVATO CHE
NOME COGNOME dipendente a tempo indeterminato del C.N.R. dal 28/4/2000, in servizio presso l ‘ IRSIG (Istituto di Ricerca sui Sistemi Giudiziari) di Bologna con profilo di ricercatore III livello, avendo raggiunto l ‘ anzianità per il passaggio alla fascia superiore, aveva inviato al Direttore della struttura di appartenenza la relazione sull ‘ attività svolta nel periodo dall ‘ 1/4/2008 fino al 2013.
Con atto di verifica prot. n. 170 del 9/7/2013 il Direttore dell ‘ Istituto si esprimeva negativamente impedendo in tal modo l ‘ avanzamento in carriera del Nicolì.
Esito negativo aveva l ‘ istanza di riesame avanzata dal dipendente.
La verifica negativa aveva, peraltro, ulteriore seguito ed infatti interveniva altra analoga valutazione interveniva con atto n. 382 del 12/1/2013, in sede di successiva procedura selettiva di cui al bando n. 364.174 del 4/10/2013.
Il COGNOME proponeva ricorso (anche d ‘ urgenza) dinanzi al Tribunale di Bologna che si concludeva con il rigetto della domanda.
Pronunciando sull ‘ impugnazione del dipendente, la Corte d ‘ appello di Bologna confermava la statuizione di prime cure.
Riteneva che la verifica ai fini della progressione, prevista dal C.C.N.L. e dalle circolari del C.N.R., non potesse basarsi solo sulle relazioni degli interessati ma dovesse essere intesa quale accertamento ‘a tutto tondo’ sulla complessiva attività del ricercatore.
Rilevava che nello specifico le negatività ostative ad un giudizio positivo erano state relative a ‘sistematici e prolungati ritardi’ nella consegna dei rapporti e delle relative pubblicazioni, oltremodo ingiustificati a fronte della ‘ripetitività e scarsità’ della produzione scientifica nel periodo oggetto della verifica.
Inoltre, quanto all ‘ attività ordinaria, aveva correttamente concorso a determinare l ‘ esito negativo della verifica l ‘ assenza di disponibilità a collaborare alle necessità organizzative dell ‘ Istituto.
Escludeva che detto giudizio fosse travalicato in valutazioni sulla qualità delle ricerche e degli elaborati di cui il COGNOME si era occupato.
Riteneva del pari corretta la disamina delle risultanze istruttorie come effettuata dal Tribunale evidenziava che dalle prove orali fosse emersa tanto la necessità di sollecitare il dipendente al deposito degli elaborati quanto la scarsa collaborazione non solo in relazione all ‘ attività di ricerca ma anche per la scelta, del tutto personale, di non utilizzare il sistema elettronico di rilevazione all ‘ accesso delle presenze.
Riteneva, infine, che il giudizio negativo espresso dal Direttore dell ‘ Istituto non fosse in alcun modo ricollegabile ad un atteggiamento persecutorio o frutto di una antipatia evidenziando che le iniziative del Nicolì di attivazione di un procedimento disciplinare o di richiesta di incompatibilità ambientale non erano andate a buon fine.
Sottolineava che delle tre sanzioni disciplinari che avevano interessato il COGNOME solo una era stata comminata dal Direttore dell ‘ Istituto mentre le altre due, incluso il licenziamento, dall ‘ UPD della sede centrale del C.N.R.
Da ultimo respingeva la richiesta di risarcimento di pretesi danni non patrimonio/i (alla professionalità, all ‘ immagine e alla salute psico-fisica) ritenendo che la stessa fosse del tutto generica e non circostanziata.
Avverso tale sentenza NOME COGNOME ha proposto ricorso per Cassazione affidato a otto motivi.
Il C.N.R. ha resistito con controricorso.
4. Il ricorrente ha depositato memoria.
CONSIDERATO CHE
Con il primo motivo il ricorrente denuncia la v iolazione o falsa applicazione di norme di diritto e dei contratti e accordi collettivi nazionali di lavoro ex art. 360, comma 1, n. 3) cod. proc. civ., con riguardo a: – art. 4, comma 6, C.C.N.L. per l ‘ area della dirigenza e delle relative specifiche tipologie professionali del comparto ricerca biennio 1996-1997 del 5.3.1998 e delle Circolari applicative emanate dal C.N.R.; – art. 13 del d.lgs. n. 381/1999; – artt. 1175 e 1375 cod. civ. (violazione dei principi di correttezza e di buona fede applicati agli obblighi contrattuali nell ‘ ambito dei rapporti di lavoro subordinati).
Deduce l’erroneità della sentenza impugnata nella parte in cui ha ritenuto che una attività di accertamento (verifica) dovesse essere svolta ‘a tutto tondo’ con riguardo all’ attività prestata dal ricercatore (e cioè non solo de/lavoro di ricerca in senso tecnico, ma anche, più genericamente, di ogni attività svolta nell ‘ ambito dei suoi doveri d ‘ ufficio e contrattuali.
E videnzia che, a termini delle disposizioni indicate, la verifica non può estendersi oltre quanto esposto nella relazione, ossia oltre l ‘ attività di ricerca, in essa documentata; e che non si può ampliare ad ogni comportamento del dipendente.
Aggiunge che il Direttore può smentire i contenuti della Relazione unicamente sulla base di precisi atti della struttura: alias atti scritti, da cui risulti che ‘ i compiti assegnati al ricercatore non sono stati eseguiti con regolarità e cura’.
2. Il motivo è infondato.
Va preliminarmente rilevata l ‘ inammissibilità del motivo nella parte in cui denuncia, come diretta violazione di legge, la violazione delle circolari dell ‘ ente in quanto le stesse sono meri atti amministrativi non provvedimentali, che non contengono norme di diritto, bensì disposizioni di indirizzo uniforme interno all ‘ Amministrazione da cui promanano (in
tal senso ex multis Cass. 2 settembre 2024, n. 23524; Cass. 25 luglio 2018, n. 19697; Cass. 10 agosto 2015, n. 16644).
Per il resto, l ‘ interpretazione delle disposizioni pattizie prospettata dal ricorrente non è condivisibile.
Nel caso qui in esame si discute di un avanzamento nella fascia stipendiale superiore non semplicemente di un giudizio ‘ tecnico ‘ su un elaborato o progetto.
L ‘ art. 4 del C.C.N.L. dell ‘ Area della dirigenza e delle relative specifiche tipologie professionali del 5 marzo 1998 (Attribuzione del nuovo trattamento economico) così prevede:
« Il passaggio tra la posizione stipendiale in godimento e quella immediatamente superiore potrà essere acquisito, al termine dei periodi previsti dalla tabella B, sulla base dell ‘ accertamento positivo, da parte dell ‘ Ente, dell ‘ attività svolta in tutto l ‘ arco del periodo considerato. L ‘ accertamento consiste nella verifica complessiva della regolarità dell ‘ attività prestata sulla base di apposite relazioni presentate dai soggetti interessati ».
Non vi è dubbio che il riferimento alla verifica complessiva dell ‘ attività sia di portata ampia da comportare un accertamento sull ‘ attività svolta nella sua globalità e non limitato alla bontà degli elaborati o progetti redatti nel corso della stessa.
Il fatto che ai ricercatori siano garantite ( ex art. 13 del d.lgs. n. 381/1999) libertà di ricerca e autonomia professionale non esclude che gli stessi siano tenuti a rispettare, come qualunque altro dipendente, le direttive dell ‘ ente di appartenenza, a svolgere le attività nel rispetto delle stesse e dei programmi dell ‘ ente, ad offrire ogni collaborazione al fine del buon andamento dell ‘ ufficio.
3. Con il secondo motivo il ricorrente deduce, in connessione con il primo motivo, violazione dell ‘ art. 360, comma 1, n. 5 cod. proc. civ. per omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti.
Assume che la Corte d’appello abbia omesso di esaminare l’intero contenuto della Circolare del C.N.R. prot. n. 0030381 del 22.5.2013 applicativa dell ‘ art. 4 C.C.N.L. cit.
4. Il motivo è inammissibile.
Le precisazioni del ricorrente non sono idonee a superare l’integrata violazione dell’art. 348 ter u.c. cod. proc. civ.
Come si evince dalla stessa sentenza impugnata, le due statuizioni di merito sono fondate sul medesimo iter logico -argomentativo sicché si è in presenza di una doppia conforme che preclude la censura ex art. 360, comma 1, n. 5 cod. proc. civ. non ostandovi che il giudice di appello abbia aggiunto argomenti ulteriori per rafforzare o precisare la statuizione già assunta dal primo giudice (così da ult. Cass. 31 luglio 2024, n. 21592; Cass. 9 marzo 2022, n. 7724).
Né, d ‘ altra parte, a fronte dell ‘ argomento, comune ad entrambe le decisioni, con il quale sono state pienamente legittime le valutazioni negative oggetto di impugnativa, risulta dedotto l ‘ elemento decisivo del quale vi sarebbe stato l ‘ omesso esame, rilevante ai sensi dell ‘ art. 360, primo comma, n. 5 cod. proc. civ. (tale non potendo considerarsi quello afferente alla omessa valutazione di risultanze fattuali ed istruttorie, tra cui la circolare dell ‘ Ente – da ultimo Cass. n. 17005 del 20/06/2024 – ed egualmente non essendo rivedibile, in sede di legittimità, alla luce delle intervenute modifiche dell ‘ art. 360, n. 5, cod. proc. civ., il giudizio espresso quanto alle criticità poste a base delle suddette valutazioni).
Senza dire che l ‘ art. 360 n. 5 cod. proc. civ., nel testo applicabile ratione temporis , così come riformulato dall ‘ art. 54 del D.L. n. 83 del 2012, conv. in l. n. 134 del 2012, ha introdotto nell ‘ ordinamento un vizio specifico denunciabile per cassazione, relativo all ‘ omesso esame di un fatto storico, principale o secondario, la cui esistenza risulti dal testo della sentenza o dagli atti processuali, che abbia costituito oggetto di discussione tra le parti ed abbia carattere decisivo (vale a dire che, se esaminato, avrebbe determinato un esito diverso della controversia).
Detta violazione non è, però, configurabile se, come nel caso in esame, il fatto storico, rilevante in causa (esito negativo della verifica ai fini dell ‘ avanzamento alla fascia stipendiale superiore), sia stato comunque preso in considerazione dal giudice di merito, ancorché la sentenza non abbia dato conto di tutte le risultanze probatorie (Cass., Sez. Un., 7 aprile 2014, n. 8053).
L ‘ omesso esame non può, dunque, riguardare mezzi istruttori, quali, nello specifico le circolari di cui si è già detto (v. ex multis Cass. 20 giugno 2024, n. 17005).
Con il terzo motivo il ricorrente denuncia la violazione o falsa applicazione di norme di diritto e dei contratti e accordi collettivi nazionali di lavoro ex art. 360, comma 1, n. 3, cod. proc. civ., con riguardo a: – art. 4, comma 6, C.C.N.L. per l ‘ area della dirigenza e delle relative specifiche tipologie professionali del comparto ricerca biennio 1996-1997 del 5.3.1998 e delle Circolari applicative emanate dal C.N.R.; – art. 13 del d.lgs. n. 381/1999 – artt. 1175 e 1375 cod. civ. (violazione dei principi di correttezza e di buona fede applicati agli obblighi contrattuali nell ‘ ambito dei rapporti di lavoro subordinati).
Sostiene che l ‘ atto di verifica negativa sia travalicato nel merito della qualità delle ricerche e/o degli elaborati di cui si è occupato il dott. COGNOME contrariamente a quanto previsto dall ‘ art. 4, comma 6, del C.C.N.L. 1996-1997, ciò in violazione dei principi di buona fede e correttezza.
6. Il motivo è infondato.
Il giudizio non è dipeso dalla qualità delle ricerche ma dagli altri fattori evidenziati nello storico di lite.
Per quanto evidenziato al punto sub 3. che precede non vi è stata alcuna violazione della disposizione pattizia e, di conseguenza, alcuna violazione degli obblighi di buona fede e correttezza ma anzi una doverosa verifica della complessiva attività svolta nel periodo attenzionato.
A ben guardare le censure, pur a fronte della denuncia di violazioni di legge, mirano, in realtà, ad una rivalutazione dei fatti storici operata dal giudice di merito, così da realizzare una surrettizia trasformazione del giudizio di legittimità in un nuovo, non consentito, terzo grado di merito (vedi, per tutte: Cass., Sez. Un., 27 dicembre 2020, n. 34476 e Cass. 14 aprile 2017, n. 8758).
Con il quarto motivo il ricorrente denuncia nullità della sentenza ex art. 360, comma 1, n. 4 cod. proc. civ. per omessa e erronea valutazione dei mezzi di prova.
Il motivo è inammissibile.
Il percorso motivazionale, come sintetizzato nello storico di lite, è chiaramente esplicitato nella sentenza gravata, che resiste alle censure in esame, in quanto, secondo la consolidata giurisprudenza di questa Corte, ricorre il vizio motivazionale rilevante ai fini della nullità della sentenza allorquando il giudice di merito ometta ivi di indicare gli elementi da cui ha tratto il proprio convincimento ovvero li indichi senza un ‘ approfondita loro disamina logica e giuridica, rendendo, in tal modo, impossibile ogni controllo sull ‘ esattezza e sulla logicità del suo ragionamento (Cass. n. 9105/2017; conf. Cass. n. 20921/2019), restando il sindacato di legittimità sulla motivazione circoscritto alla sola verifica della violazione del cd. minimo costituzionale’ richiesto dall’ art. 111, sesto comma, Cost. (Cass. S.U. n. 8053/2014, n. 23940/2017, n. 16595/2019). Esula invece da questo perimetro la verifica della sufficienza e della razionalità della motivazione sulle quaestiones implicante un raffronto tra le ragioni del decidere adottate ed espresse nella sentenza impugnata e le risultanze del materiale probatorio sottoposto al vaglio del giudice di merito.
Con il quinto motivo il ricorrente denuncia la v iolazione dell ‘ art. 360, comma 1, n. 5, cod. proc. civ. per omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti.
Il motivo è inammissibile per le stesse ragioni evidenziate al punto sub 4. che precede.
Con il sesto motivo il ricorrente denuncia la violazione o falsa applicazione di norme di diritto e dei contratti e accordi collettivi nazionali di lavoro ex art. 360, comma 1, n. 3, cod. proc. civ., con riguardo a: – art. 4, comma 6, C.C.N.L. per l ‘ area della dirigenza e delle relative specifiche tipologie professionali del comparto ricerca biennio 1996-1997 del 5.3.1998 e delle Circolari applicative emanate dal C.N.R.; – art. 13 del d.lgs. n. 381/1999; – artt. 1175 e 1375 cod. civ. (violazione dei principi di correttezza e di buona fede applicati agli obblighi contrattuali nell ‘ ambito dei rapporti di lavoro subordinati). Nullità della sentenza ex art. 360, comma 1, n. 4, cod. proc. civ. per omessa e erronea valutazione dei mezzi di prova.
Ripropone i medesimi rilievi di cui ai precedenti motivi estendendoli all ‘ atto di riesame del C.N.R.
Il motivo è da disattendere per le stesse ragioni già sopra illustrate.
Con il settimo motivo il ricorrente denuncia la violazione dell ‘ art. 360, comma 1, n. 5, cod. proc. civ. per omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti.
Sostiene che la Corte territoriale abbia omesso di pronunciarsi con riferimento alla richiesta risarcitoria avanzata dal dott. COGNOME per quanto riguarda lo specifico punto del mancato guadagno, conseguente alla circostanza per cui l ‘ Atto di verifica negativa del luglio 2013 ne ha bloccato il passaggio alla fascia stipendiale superiore a far data dal 1° aprile 2013.
Il motivo è inammissibile sia per la preclusione della doppia conforme (non vi è stata denuncia della violazione dell ‘ art. 112 cod. proc. civ.) sia perché la Corte si è pronunciata sia ancora perché la ritenuta legittimità delle valutazioni negative escludeva la sussistenza di illecito causativo di danno.
15. Con l ‘ ottavo motivo il ricorrente denuncia la violazione dell ‘ art. 92 cod. proc. civ. per omessa compensazione delle spese di lite relativamente ad entrambi i gradi di giudizio.
Osserva che sussistevano le condizioni per la compensazione delle spese di lite, sia in primo grado che in secondo grado, ricorrendo le condizioni indicate dalla Corte costituzionale nella nota sentenza n. 77/2018.
16. Il motivo è infondato.
La Corte territoriale ha applicato la regola della soccombenza.
Né il ricorrente richiama utilmente Corte cost. n. 77/2018 che ha affermato che se pure il lavoratore ricorrente, che agisca nei confronti del datore di lavoro, sia parte ‘debole’ del rapporto controverso, non sono giustificate norme di favore su un piano diverso da quello della regolamentazione delle spese di lite, una volta che quest’ultima è resa meno rigida a seguito della presente dichiarazione di illegittimità costituzionale del secondo comma dell’art. 92 cod. proc. civ. con l’innesto della clausola generale delle «gravi ed eccezionali ragioni».
L’individuazione di dette gravi ed eccezionali ragioni spetta tuttavia al giudice di merito e la ritenuta (implicita) mancata ricorrenza non è censurabile in sede di legittimità.
Conclusivamente il ricorso va rigettato.
La regolamentazione delle spese segue la soccombenza.
Occorre dare atto, ai fini e per gli effetti indicati da Cass., S.U., n. 4315/2020, della sussistenza delle condizioni processuali richieste dall ‘ art. 13, comma 1quater , del d.P.R. n. 115/2002.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso; condanna il ricorrente al pagamento, in favore del controricorrente, delle spese del giudizio di legittimità, liquidate in euro 4.000,00 per compensi, oltre accessori di legge e spese prenotate a debito.
Ai sensi dell ‘ art. 13, comma 1quater , del d.P.R. n. 115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, dell ‘ ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma del comma 1bis , dello stesso art. 13, se dovuto.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Sezione Lavoro