Ordinanza di Cassazione Civile Sez. L Num. 30163 Anno 2025
Civile Ord. Sez. L Num. 30163 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 15/11/2025
ORDINANZA
sul ricorso 19641-2019 proposto da:
RAGIONE_RAGIONE_SOCIALE IN LIQUIDAZIONE, in persona del Liquidatore pro tempore, COGNOME NOME, rappresentati e difesi dagli avvocati NOME COGNOME, NOME COGNOME;
– ricorrenti –
contro
RAGIONE_RAGIONE_SOCIALE, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dagli avvocati NOME COGNOME, NOME COGNOME;
– controricorrente –
nonché contro
RAGIONE_RAGIONE_SOCIALE, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dagli avvocati NOME COGNOME, NOME COGNOME,
Oggetto
CONTRIBUTI PREVIDENZIALI
R.G.N.NUMERO_DOCUMENTO
Ud 24/10/2025 CC
NOME COGNOME, NOME COGNOME, CARLA D’ALOISIO;
– resistente con mandato –
nonché contro
I.T.L. ISPETTORATO TERRITORIALE DEL RAGIONE_RAGIONE_SOCIALE DI MILANO, RAGIONE_RAGIONE_SOCIALE
– intimati –
avverso la sentenza n. 1666/2018 della CORTE D’APPELLO di MILANO, depositata il 24/12/2018 R.G.N. 1419/2015; udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 24/10/2025 dal AVV_NOTAIO.
Rilevato che:
RAGIONE_RAGIONE_SOCIALE liquidazione adiva il Tribunale di RAGIONE_SOCIALE in funzione di giudice del RAGIONE_SOCIALE e, convenuti in giudizio RAGIONE_RAGIONE_SOCIALE, RAGIONE_RAGIONE_SOCIALE, RAGIONE_RAGIONE_SOCIALE e RAGIONE_RAGIONE_SOCIALE, impugnava la cartella di pagamento emessa nei suoi confronti deducendo vizi formali e l’infondatezza nel merito delle pretese, eccepiva la prescrizione dei carichi e comunque chiedeva ridursi le somme pretese a titolo di contributi e le sanzioni applicate.
1.1. Con separato ricorso NOME COGNOME (ex amministratore unico della cooperativa) adiva il Tribunale di RAGIONE_SOCIALE in funzione di giudice del RAGIONE_SOCIALE e, convenuti in giudizio RAGIONE_RAGIONE_SOCIALE e RAGIONE_RAGIONE_SOCIALE impugnava l’ordinanza ingiunzion e emessa nei suoi confronti, eccepiva la prescrizione delle pretese contributive e comunque la loro infondatezza sostenendo che non c’erano lavoratori regolarizzati in data successiva all’inserimento nella committente.
1.2. Le due cause venivano riunite e il Tribunale di RAGIONE_SOCIALE, sezione RAGIONE_SOCIALE, disattendeva le eccezioni di carattere formale,
rigettava le opposizioni e, in accoglimento della domanda riconvenzionale dell’RAGIONE_RAGIONE_SOCIALE , condannava RAGIONE_RAGIONE_SOCIALE in liquidazione al pagamento della somma di euro 3.122.000,00 a titolo di contributi evasi e di sanzioni civili.
Avverso detta sentenza hanno proposto appello RAGIONE_RAGIONE_SOCIALE liquidazione e RAGIONE_RAGIONE_SOCIALE NOME COGNOME. Si costituivano gli appellati RAGIONE_RAGIONE_SOCIALE, RAGIONE_RAGIONE_SOCIALE e RAGIONE_RAGIONE_SOCIALE chiedendo il rigetto dell’impugnazione. RAGIONE_RAGIONE_SOCIALE rimaneva contumace. Con la sentenza n. 1666/2018 depositata il 24/12/2018 la Corte di Appello di RAGIONE_SOCIALE, sezione RAGIONE_SOCIALE, accoglieva parzialmente l’appello, dichiarava dovuto l’importo oggetto della cartella esattoriale nella minor somma di euro 484.324,10 e riduceva le sanzioni civili in favore dell’RAGIONE_RAGIONE_SOCIALE alla somma di euro 1.072.093,38, confermava nel resto la sentenza di primo grado.
Avverso detta sentenza hanno proposto ricorso per cassazione RAGIONE_RAGIONE_SOCIALE liquidazione e RAGIONE_RAGIONE_SOCIALE articolando tre motivi di ricorso. L’RAGIONE_RAGIONE_SOCIALE si è costituito in giudizio con controricorso chiedendo il rigetto dell’impugnazione. L’RAGIONE_RAGIONE_SOCIALE si è limitato al deposito della procura , l’RAGIONE_RAGIONE_SOCIALE e RAGIONE_RAGIONE_SOCIALE sono rimasti intimati.
La parte ricorrente ha depositato memoria illustrativa.
Il ricorso è stato trattato dal Collegio nella camera di consiglio del 24/10/2025.
Considerato che :
Con il primo motivo di ricorso si deduce violazione e falsa applicazione di norme di diritto ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 3, c.p.c. in relazione agli artt. 115, 116 c.p.c. 2697, 2699 e 2700 c.c. nonché vizio di omessa/insufficiente
motivazione. Si critica la sentenza impugnata perché avrebbe attribuito valore di piena prova alle dichiarazioni e alla documentazione raccolta dagli ispettori nel verbale unico di accertamento e notificazione n. NUMERO_DOCUMENTO dell’RAGIONE_RAGIONE_SOCIALE e per avere fondato la decisione solo sulle risultanze del predetto verbale.
Il motivo è infondato perchè travisa la motivazione della sentenza impugnata.
2.1. La sentenza impugnata non limita la sua motivazione alla sintesi tratteggiata nel motivo di ricorso. La Corte di Appello richiama -come peraltro già fatto dal Tribunale all’esito del primo grado di giudizio -una pluralità convergente di elementi istruttori: il verbale, la documentazione agli atti del processo e già presa in esame dagli ispettori, le dichiarazioni rese dai responsabili delle società committenti e le stesse dichiarazioni di NOME COGNOME cui si attribuisce valore confessorio, una pluralità di elementi, dunque, che la Corte RAGIONE_SOCIALE ritiene convergenti nell’apprezzare il compendio istruttorio acquisito. La motivazione della sentenza non si fonda affatto, in via esclusiva, sulla fede privilegiata da attribuirsi al verbale.
2.2. Osserva, poi, il Collegio che nella valutazione del verbale ispettivo e della efficacia probatoria di quella fonte, la motivazione della sentenza non si pone in contrasto con i principi consolidati nella giurisprudenza di questa Corte. Fin dalla pronuncia Cass. 19/04/2010, n. 9251 si è affermato che: «i verbali redatti dai funzionari degli enti previdenziali e assistenziali o dell’RAGIONE_SOCIALE del RAGIONE_SOCIALE fanno piena prova dei fatti che i funzionari stessi attestino avvenuti in loro presenza o da loro compiuti, mentre, per le altre circostanze di fatto che i verbalizzanti segnalino di avere accertato (ad esempio, per le
dichiarazioni provenienti da terzi, quali i lavoratori, rese agli ispettori) il materiale probatorio è liberamente valutabile e apprezzabile dal giudice, unitamente alle altre risultanze istruttorie raccolte o richieste dalle parti». Più di recente, secondo un indirizzo che si è mantenuto costante, si è affermato che: i verbali redatti dall’ispettorato del RAGIONE_SOCIALE, o dai funzionari degli enti previdenziali in tema di comunicazioni dell’instaurazione di rapporti di RAGIONE_SOCIALE e di omesso versamento di contributi, fanno fede fino a querela di falso per quanto riguarda la provenienza dal pubblico ufficiale che li ha redatti ed i fatti che quest’ultimo attesta essere avvenuti in sua presenza, o essere stati da lui compiuti, con la conseguenza che incombe sulla controparte l’onere di fornire la prova contraria; invece per le altre circostanze di fatto che il verbalizzante segnali di aver accertato nel corso dell’inchiesta per averle apprese de relato o in seguito ad ispezione di documenti, la legge non attribuisce al verbale alcun valore probatorio precostituito, neppure di presunzione semplice, ma il materiale raccolto dal verbalizzante deve essere liberamente apprezzato dal giudice, il quale può valutarne l’importanza ai fini della prova, ma non può mai attribuirgli il valore di vero e proprio accertamento addossando alla controparte l’onere di fornire la prova dell’insussistenza dei fatti contestatigli (Cass. 28/08/2024, n. 23252). Ed ancora: i verbali redatti dai funzionari degli enti previdenziali e assistenziali o dell’RAGIONE_SOCIALE del RAGIONE_RAGIONE_SOCIALE fanno piena prova solo dei fatti che questi attestino avvenuti in loro presenza o da loro compiuti, mentre le dichiarazioni ad essi rese dagli interessati (ad esempio, i dipendenti del datore di RAGIONE_SOCIALE) sono liberamente apprezzabili dal giudice il quale, alla stregua della complessiva valutazione di tutte le risultanze istruttorie, può attribuire
maggior rilievo a tali dichiarazioni, riferite ai verbalizzanti nell’immediatezza dei fatti, rispetto a quelle raccolte in giudizio, potendo financo considerarle prova sufficiente delle relative circostanze in ipotesi di assoluta carenza di elementi probatori contrari, ferma restando la necessità di adeguata motivazione (Cass. 23/04/2025, n. 10634).
2.3. Orbene, dopo aver definito il corretto inquadramento giuridico della fattispecie, la sentenza ha verificato, nel concreto, il contenuto del verbale e ha valorizzato gli accertamenti direttamente condotti sui libri e le scritture contabili e sui registri dei lavoratori dagli ispettori, così prendendo atto di accertamenti condotti in via diretta dagli ispettori. A questi elementi, rettamente qualificati in termini probatori, la sentenza ha aggiunto il suo apprezzamento del restante, e copioso, materiale istruttorio. Non è, allora, ravvisabile alcuna violazione delle norme invocate.
2.4. La Corte di appello ha esercitato la sua facoltà di valutare il materiale probatorio, non sussiste la denunciata violazione di legge e il motivo di ricorso si risolve in una critica all’esame delle prove condotto dalla sentenza impugnata.
Con il secondo motivo di ricorso si deduce «omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio ex art. 360, primo comma, n. 5 c.p.c. nonché vizio di omessa/insufficiente motivazione in ordine alla natura presuntiva e non consuntiva dei programmi di RAGIONE_SOCIALE settimanali e per avere ingiustificatamente escluso l’assunzione testimoniale richiesta da RAGIONE_RAGIONE_SOCIALE e da NOME COGNOME».
3.1. Il motivo è inammissibile perché, senza indicare uno specifico fatto storico decisivo che sia stato trascurato, si limita a mettere in discussione la valutazione delle prove e l’a ttività istruttoria condotta dal giudice di merito. Si consideri, in tal
senso che: in tema di scrutinio di legittimità del ragionamento sulle prove adottato dal giudice di merito, la valutazione del materiale probatorio -in quanto destinata a risolversi nella scelta di uno (o più) tra i possibili contenuti informativi che il singolo mezzo di prova è, per sua natura, in grado di offrire all’osservazione e alla valutazione del giudicante costituisce espressione della discrezionalità valutativa del giudice di merito ed è estranea ai compiti istituzionali della Suprema Corte (con la conseguenza che, a seguito della riformulazione dell’art. 360, comma 1, n. 5, c.p.c., non è denunciabile col ricorso per cassazione come vizio della decisione di merito), restando totalmente interdetta alle parti la possibilità di discutere, in sede di legittimità, del modo attraverso il quale, nei gradi di merito, sono state compiute le predette valutazioni discrezionali (Cass. 21/12/2022, n. 37382). Ed ancora: in tema di prova, spetta in via esclusiva al giudice di merito il compito di individuare le fonti del proprio convincimento, di assumere e valutare le prove, di controllarne l’attendibilità e la concludenza, di scegliere, tra le complessive risultanze del processo, quelle ritenute maggiormente idonee a dimostrare la veridicità dei fatti ad esse sottesi, assegnando prevalenza all’uno o all’altro dei mezzi di prova acquisiti, nonché la facoltà di escludere anche attraverso un giudizio implicito la rilevanza di una prova, dovendosi ritenere, a tal proposito, che egli non sia tenuto ad esplicitare, per ogni mezzo istruttorio, le ragioni per cui lo ritenga irrilevante ovvero ad enunciare specificamente che la controversia può essere decisa senza necessità di ulteriori acquisizioni (Cass. 13/06/2014, n. 13485).
Con il terzo motivo di ricorso si deduce violazione e falsa applicazione di norme di diritto ex art. 360, primo comma, n.
3 c.p.c. in relazione all’art. 3, comma 3, d.l. 12/2002, convertito con modificazioni in legge 73/2002 -come sostituito dall’art. 36 -bis, comma 7, d.l. 223/2006 convertito con modificazioni in legge 248/2006 come sostituito dall’art. 4, comma 1, lettera a), della legge 183/2010.
4.1. Con questo strumento d ‘ impugnazione la parte ricorrente si duole del rigetto della domanda di revoca dell’ordinanza ingiunzione emessa nei confronti di NOME COGNOME; secondo il ricorso le norme invocate sarebbero state violate perché la sanzione irrogata per ciascun lavoratore impiegato in nero ha dato luogo ad una maggiorazione pari a euro 150,00 per lavoratore e non, come doveva essere, pari ad euro 30,00 per ciascuna giornata di RAGIONE_SOCIALE irregolare, con conseguente erroneo calcolo delle sanzioni dovute effettivamente rispetto a quelle irrogate.
4.2. Il motivo è inammissibile: la sentenza impugnata non esamina la questione non rientrante tra i motivi di gravame proposti innanzi alla Corte di Appello.
4.3. Il motivo di ricorso non riporta, nemmeno per estratto, le parti del verbale unico di accertamento e notifica che hanno effettuato la descrizione dei comportamenti contestati ed operato la ricognizione delle disposizioni violate; il ricorso nemmeno descrive, in modo preciso ed esaustivo, la fattispecie oggetto del verbale ispettivo per come ravvisata dagli Ispettori e, per questa via, non mette la Corte in grado di valutare la denunciata illegalità della sanzione irrogata, conseguendone l’ inammissibilità per difetto di autosufficienza.
Il ricorso deve, pertanto, essere rigettato.
Alla soccombenza fa seguito la condanna della parte ricorrente al pagamento delle spese, competenze e onorari, liquidate in ragione del valore di causa, in favore della parte
contro
ricorrente RAGIONE_RAGIONE_SOCIALE. Nulla per le spese quanto ad RAGIONE_RAGIONE_SOCIALE, l’RAGIONE_RAGIONE_SOCIALE e RAGIONE_RAGIONE_SOCIALE
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso; condanna la parte ricorrente alla rifusione nei confronti dell’RAGIONE_RAGIONE_SOCIALE delle spese di lite liquidate in euro 6.000,00 (seimila) per compensi, euro 200,00 per esborsi, rimborso forfettario spese generali e accessori come per legge; a i sensi dell’art. 13, comma 1 -quater , del d.P.R. n. 115/2002, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, dell ‘ ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso a norma del comma 1bis del citato art. 13, se dovuto.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio, del 24 ottobre 2025.
Il Presidente NOME COGNOME