Ordinanza di Cassazione Civile Sez. L Num. 30044 Anno 2025
Civile Ord. Sez. L Num. 30044 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 13/11/2025
ORDINANZA
sul ricorso 17458-2024 proposto da:
RAGIONE_RAGIONE_SOCIALE, in persona del legale rappresentante pro tempore, COGNOME NOME oltre che COGNOME NOME in proprio, rappresentati e difesi dagli avvocati NOME COGNOME, NOME COGNOME, NOME COGNOME;
– ricorrenti –
contro
ISPETTORATO D’AREA METROPOLITANA DI MILANO, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso ope legis dall’RAGIONE_RAGIONE_SOCIALE DELLO RAGIONE_RAGIONE_SOCIALE;
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 48/2024 della CORTE D’APPELLO di MILANO, depositata il 02/02/2024 R.G.N. 769/2023; udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del
17/09/2025 dal AVV_NOTAIO Dott. NOME COGNOME.
Oggetto
Opposizione a ordinanza ingiunzione
R.G.N. NUMERO_DOCUMENTO
COGNOME.
Rep.
Ud. 17/09/2025
CC
RILEVATO CHE
La Corte di appello di RAGIONE_SOCIALE ha confermato la sentenza del Tribunale di Monza che aveva rigettato l’opposizione proposta dalla RAGIONE_RAGIONE_SOCIALE avverso l’ordinanza ingiunzione con la quale l’RAGIONE_RAGIONE_SOCIALE av eva chiesto il pagamento della somma di € 15.990,40 per le violazioni di cui agli artt. 4 bis comma 2 del d.l. n. 181 del 2000, 9 bis comma 2, 2 bis, 2 ter del d.l. n. 510 del 1996 convertito con la legge n. 608 del 1996 come modificato dalla legge n. 44 del 2012, 39 commi 1, 2 e 7 del d.l. n. 112 del 2008 convertito con modificazioni dalla legge n. 133 del 2008 e modificato dall’art. 22 comma 5 del d.lgs. n. 151 del 2015.
1.1. In particolare, il giudice di appello ha ritenuto tempestiva l’ordinanza evidenziando che l’unico termine applicabile era quello quinquennale di prescrizione di cui all’art. 28 della legge n. 689 del 1981 e non anche quelli di cui all’art. 2 della legge n. 241 del 1990 richiamandosi a quanto affermato in proposito dalle sezioni unite della Cassazione (s.u. n. 9591 del 2006 e altre successive).
1.2. Ha escluso la buona fede della ricorrente e ravvisato la sussistenza dell’elemento soggettivo sotteso alle contestate violazioni. Ha ritenuto irrilevanti le doglianze aventi ad oggetto il diniego di accesso agli atti evidenziando che il diritto di difesa si era pienamente attuato nella fase giurisdizionale con lo scambio di memorie in primo grado, alle quali erano stati allegati proprio i verbali, sottolineando che comunque tale diniego era stato in altri casi considerato legittimo dal giudice amministrativo adito che aveva evidenziato come fosse
preminente l’esigenza di tutelare la riservatezza dei dipendenti sentiti in sede amministrativa.
1.3. Nel merito poi ha ritenuto che il quadro probatorio formato in sede ispettiva deponesse per la subordinazione accertata e che le deduzioni istruttorie fossero inidonee (perché generiche e irrilevanti) a contrastarne il contenuto. Con specifico riguardo alla posizione di uno dei lavoratori (il signor COGNOME), poi ha osservato che la data riportata nel contratto non era incompatibile con la decorrenza antecedente della collaborazione accertata.
1.4. Quanto alle sanzioni, infine, ha evidenziato che nulla era stato dedotto a sostegno di una loro riduzione ai minimi e, d’altro canto, la misura era giustificata dal rilevante numero di rapporti oggetto di accertamento oltre che dalla loro durata.
Per la cassazione della sentenza hanno proposto ricorso RAGIONE_RAGIONE_SOCIALE e NOME COGNOME anche in proprio che hanno articolato tre motivi. L’RAGIONE_SOCIALE d’area metropolitana di RAGIONE_SOCIALE ha resistito con controricorso.
2.1. È stata formulata proposta di decisione accelerata del ricorso a fronte della quale la ricorrente, che ha depositato anche memoria, ha chiesto la decisione.
2.2. All’esito della camera di consiglio il Collegio ha riservato il deposito dell’ordinanza nel termine di sessanta giorni.
RITENUTO CHE
Preliminarmente rileva il Collegio che il ricorso è procedibile essendo stata depositata nel fascicolo processuale la copia autentica della sentenza impugnata.
Tanto premesso il primo motivo di ricorso è infondato.
4.1. Con la censura è denunciata la violazione e falsa applicazione dell’art. 24 comma 7 della legge n. 241 del 1990 e si d educe che erroneamente, a fronte del rigetto dell’istanza di
accesso agli atti formulata il 26 luglio 2019, era stata esclusa la violazione del diritto di difesa erroneamente ritenuta insussistente sebbene il diniego non fosse supportato da esigenze di riservatezza dei lavoratori, mai specificatamente allegate dall’ amministrazione, lavoratori che non erano neppure più in forza presso la RAGIONE_RAGIONE_SOCIALE.
4.2. Va ricordato che in tema di opposizione ad ordinanza ingiunzione per l’irrogazione di sanzioni amministrative -emessa in esito al ricorso facoltativo al Prefetto ai sensi dell’art. 204 del d.lgs. 30 aprile 1992, n. 285, ovvero a conclusione del procedimento amministrativo ex art. 18 della legge 24 novembre 1981, n. 689 – i vizi di motivazione in ordine alle difese presentate dall’interessato in sede amministrativa non comportano la nullità del provvedimento, e quindi l’insussistenza del diritto di credito derivante dalla violazione commessa, in quanto il giudizio di opposizione non ha ad oggetto l’atto, ma il rapporto, con conseguente cognizione piena del giudice, che potrà (e dovrà) valutare le deduzioni difensive proposte in sede amministrativa (eventualmente non esaminate o non motivatamente respinte), in quanto riproposte nei motivi di opposizione, decidendo su di esse con pienezza di poteri, sia che le stesse investano questioni di diritto che di fatto.’ (cfr. Cass. 21/05/2018 n. 12503). Inoltre ‘la mancata audizione dell’interessato che ne abbia fatto richiesta in sede amministrativa non comporta la nullità del provvedimento, in quanto, riguardando il giudizio di opposizione il rapporto e non l’atto, gli argomenti a proprio favore che l’interessato avrebbe potuto sostenere in sede di audizione dinanzi all’autorità amministrativa ben possono essere prospettati in sede giurisdizionale’ (cfr. Cass. 07/08/2019 n. 21146).
4.3. Quanto a ll’accesso ai documenti amministrativi, premesso che sul diniego vi sarebbe la giurisdizione del giudice amministrativo, va poi considerato che – avuto riguardo al fatto che il giudizio di opposizione non ha ad oggetto l’atto, ma il rapporto, con conseguente cognizione piena da parte del giudice, che potrà (e dovrà) valutare le deduzioni difensive proposte in sede amministrativa (eventualmente non esaminate o non motivatamente respinte), siccome riproposte nei motivi di opposizione, decidendo su di esse con pienezza di poteri, sia che le stesse investano questioni di diritto che di fatto (cfr. per tutte cass. s.u. n. 1786 del 2010) – la Corte territoriale attenendosi a tali principi ha accertato in fatto che nel procedimento di primo grado il contraddittorio si è sviluppato proprio attorno a quei documenti prodotti in allegato alle note dalla convenuta. D’altra parte, proprio l’art. 18 della legge n.689 del 1981 consente di presentare scritti difensivi prima dell’emissione dell’ordinanza ingiunzione e di chiedere anche l’audizione e il diritto di difesa è comunque assicurato e garantito poi anche in sede di opposizione.
Con il secondo motivo di ricorso è denunciata la violazione degli artt. 2697 e 2700 c.c. e degli artt. 115, 116, 251, 252, 253 e 254 c.p.c. per avere riconosciuto pieno valore probatorio alle dichiarazioni rese agli ispettori e poste a base del verbale ispettivo e dell’ordinanza poi opposta.
Con il terzo motivo, infine, ci si duole della mancata ammissione delle prove testimoniali articolate deducendosi che l’onere di dimostrare la subordinazione grava va sull’accertante e che le dichiarazioni dei lavoratori raccolte a verbale non potevano essere considerate assunte in contraddittorio e comunque erano state rese in risposta a domande tendenziose,
raccolte in maniera confusa a penna e non pienamente intellegibili, e non erano state confermate in sede giudiziale.
7. Le due censure, da esaminare congiuntamente, sono inammissibili poiché pur veicolate come vizi di violazione di legge esse tendono entrambe a sollecitare una diversa valutazione dei fatti non consentita davanti a questa Corte se non attraverso la denuncia di un vizio motivazionale che, nei limiti in cui è ancora ammissibile, non è stato affatto denunciato. 7.1. La Corte di merito ha accertato che i lavoratori avevano dichiarato agli ispettori le modalità con le quali era stata svolta da ciascuno la prestazione e, a fronte di ciò, ha verificato che nessuna prova contraria idonea era stata articolata. Ciò posto, va ricordato che, come anche di recente affermato da questa Corte, se i verbali redatti dai funzionari degli enti previdenziali e assistenziali o dell’RAGIONE_SOCIALE del lavoro fanno piena prova solo dei fatti che questi attestino avvenuti in loro presenza o da loro compiuti ed invece le dichiarazioni ad essi rese dagli interessati (ad esempio, i dipendenti del datore di lavoro) sono liberamente apprezzabili dal giudice resta che questi, alla stregua della complessiva valutazione di tutte le risultanze istruttorie, ben può attribuire maggior rilievo a tali dichiarazioni, riferite ai verbalizzanti nell’immediatezza dei fatti, rispetto a quelle raccolte in giudizio, potendo financo considerarle prova sufficiente delle relative circostanze in ipotesi di assoluta carenza di elementi probatori contrari, ferma restando la necessità di adeguata motivazione (cfr. Cass. n. 10634 del 2025 e anche n. 23252 del 2024). In sostanza il materiale raccolto dal verbalizzante deve essere liberamente apprezzato dal giudice, il quale, e questo è avvenuto nel caso di specie, ben può valutarne l’importanza ai fini della prova e la ricostruzione probatoria non è sindacabile in sede di legittimità se non, come
detto, sotto il profilo del vizio di motivazione qui neppure denunciato.
8. In conclusione per le ragioni esposte il ricorso deve essere rigettato. Le spese seguono la soccombenza e sono liquidate in dispositivo. Non sussistono i presupposti per l ‘applicazione dell’art. 96 commi 3 e 4 c.p.c. come richiamato dall’ultimo comma dell’art. 380 bis c.p.c.. Sussistono invece ai sensi dell’art. 13 comma 1 quater del d.P.R. n. 115 del 2002 i presupposti processuali per il versamento da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso a norma dell’art.13 comma 1 bis del citato d.P.R., se dovuto.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso.
Condanna la parte ricorrente al pagamento delle spese del giudizio che liquida in € 3.000,00 per compensi professionali, € 200,00 per esborsi, 15% per spese forfetarie oltre agli accessori dovuti per legge.
Ai sensi dell’art. 13 comma 1 quater del d.P.R. n. 115 del 2002 dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso a norma dell’art.13 comma 1 bis del c itato d.P.R., se dovuto.
Così deciso in Roma il 17 settembre 2025
La Presidente
NOME COGNOME