Ordinanza di Cassazione Civile Sez. L Num. 3190 Anno 2025
Civile Ord. Sez. L Num. 3190 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 08/02/2025
ORDINANZA
sul ricorso 4946-2019 proposto da:
NOME COGNOME RAGIONE_SOCIALE in persona del legale rappresentante pro tempore, COGNOME ENIO, elettivamente domiciliati in ROMA, INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato NOME COGNOME, rappresentati e difesi dall’avvocato COGNOME;
– ricorrenti –
contro
ISPETTORATO NAZIONALE RAGIONE_SOCIALE – SEDE TERRITORIALE DI MACERATA, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso ope legis dall’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO presso i cui Uffici domicilia in ROMA, alla INDIRIZZO
– controricorrente –
nonché contro
Oggetto
R.G.N. 4946/2019
COGNOME
Rep.
Ud.27/11/2024
CC
RAGIONE_SOCIALE in persona del suo Presidente e legale rappresentante pro tempore, in proprio e quale mandatario della RAGIONE_SOCIALE elettivamente domiciliati in ROMA, INDIRIZZO presso l’Avvocatura Centrale dell’Istituto, rappresentati e difesi dagli avvocati NOME COGNOME NOME COGNOME NOME COGNOME NOME COGNOME NOME COGNOME;
– controricorrenti –
nonché contro
COGNOME NOMECOGNOME NOME COGNOME NOME COGNOME
– intimati – e sul RICORSO SUCCESSIVO SENZA N.R.G. proposto da: RAGIONE_SOCIALE, in persona del suo Presidente e legale rappresentante pro tempore, in proprio e quale mandatario della RAGIONE_SOCIALE, elettivamente domiciliati in ROMA, INDIRIZZO presso l’Avvocatura Centrale dell’Istituto, rappresentati e difesi dagli avvocati NOME COGNOME NOME COGNOME NOME COGNOME NOME COGNOME NOME SGROI;
– ricorrenti successivi –
contro
ISPETTORATO RAGIONE_SOCIALE – SEDE TERRITORIALE MACERATA, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso ope legis dall’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO presso i cui Uffici domicilia in ROMA, alla INDIRIZZO
– resistente con mandato al ricorso successivo nonché contro
NOME COGNOME RAGIONE_SOCIALE in persona del legale rappresentante pro tempore, COGNOME ENIO, elettivamente domiciliati in ROMA, INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato NOME COGNOME, rappresentati e difesi dall’avvocato COGNOME;
– controricorrenti al ricorso successivo nonché contro
COGNOME NOMECOGNOME NOME COGNOME NOME COGNOME
– intimati –
avverso la sentenza n. 296/2018 della CORTE D’APPELLO di ANCONA, depositata il 31/07/2018 R.G.N. 54/2017; udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 27/11/2024 dal Consigliere Dott. NOME COGNOME
RILEVATO CHE
NOME di COGNOME NOME RAGIONE_SOCIALE ed NOME COGNOME in proprio avevano opposto dinanzi al Tribunale di Macerata una cartella portante crediti INPS per contribuzione dovuta in relazione a lavoratori che, formalmente legati da rapporti di associazione in partecipazione, erano stati considerati subordinati.
A seguito del rigetto, i ricorrenti hanno proposto appello, e la Corte d’appello di Ancona, con sentenza n. 296/2018, ha: disatteso gli argomenti relativi alla nullità dell’accertamento per essere l’art. 14 della legge n. 689/1981 applicabile a fattispecie diversa nonché l’eccezione di decadenza ex art. 25 del d.lgs. n. 46/1999, poiché il termine opera solo per i contributi dovuti a partire dal 1 gennaio 2004 e per gli accertamenti di crediti pregressi notificati dopo tale data (acquisendo rilievo la notifica del verbale ispettivo); accolto l’eccezione di prescrizione per i
contributi maturati sino al 1 gennaio 1998 applicando il termine quinquennale in assenza di denuncia di lavoratore; respinto, nel merito, le doglianze quanto al periodo successivo.
Avverso la sentenza, NOME COGNOME NOME e RAGIONE_SOCIALE ed NOME COGNOME in proprio propongono tre motivi di censura.
Resiste INPS con controricorso.
Resiste l’Ispettorato Nazionale del Lavoro sede di Macerata, evidenziando che la notifica del ricorso nei suoi confronti è effettuata ai soli fini della litis denuntiatio .
Sono rimasti intimati COGNOME NOME, NOMECOGNOME COGNOME NOME, NOME.
Avverso la medesima sentenza propone un autonomo ricorso INPS, sulla base di un unico motivo.
Resistono NOME COGNOME NOME e RAGIONE_SOCIALE ed NOME COGNOME in proprio.
L’Ispettorato Nazionale del Lavoro sede di Macerata non ha svolto attività difensiva.
Sono rimasti intimati COGNOME NOME, NOMECOGNOME COGNOME NOME, NOME.
Chiamata la causa all’adunanza camerale del 27 novembre 2024, il Collegio ha riservato il deposito dell’ordinanza nel termine di giorni sessanta (art.380 bis 1, secondo comma, cod. proc. civ.).
CONSIDERATO CHE
NOME COGNOME NOME e RAGIONE_SOCIALE ed NOME COGNOME in proprio propongono tre motivi di censura.
I)Violazione e/o falsa applicazione dell’art. 14 della legge n. 689/1981 in relazione all’art. 360, comma 1, n. 3 cod. proc. civ. nonché violazione dell’art. 112 cod. proc. civ. in relazione all’art. 360, comma 1, n. 4 cod. proc. civ (perché la Corte ha disatteso tutte le doglianze relative ai vizi della procedura amministrativa ritenendo non applicabile l’art. 14 cit., così omettendo, di fatto, la decisione).
II)Nullità della sentenza per violazione dell’art. 161, comma 1, cod. proc. civ., violazione dell’art. 112 cod. proc. civ. in relazione all’art. 360, comma 1, n. 4 cod. proc. civ. (perché la Corte non ha deciso il motivo di appello n. 4 con cui era stata dedotta nullità della sentenza per aver il Giudice di prime cure limitato l’istruttoria, non consentendo all’opponente di dare prova dei propri assunti).
III)Violazione e/o falsa applicazione degli artt. 2549, 2552, 2553, 2554 cod. civ. anche in relazione all’art. 1362 cod. civ. nonché violazione degli artt. 115 e 116 cod. proc. civ. e/o art.2697 cod. civ. nonché travisamento della prova (art. 360, comma 1, n. 3 e 4 cod. proc. civ.).
INPS impugna la medesima sentenza sulla base di un unico motivo, per omesso esame di un fatto decisivo oggetto di discussione tra le parti ex art. 360, comma 1, n. 5 cod. proc. civ., non avendo la Corte esaminato, con riferimento al lavoratore NOME COGNOME il fatto decisivo costituito dalla denuncia dell’omissione contributiva presentata il 2 giugno
2000, che avrebbe reso decennale la prescrizione quanto alla sua posizione.
Va premesso che il principio dell’unicità del processo di impugnazione contro una stessa sentenza comporta che, una volta avvenuta la notificazione della prima impugnazione, tutte le altre debbono essere proposte in via incidentale nello stesso processo e perciò, nel caso di ricorso per cassazione, con l’atto contenente il controricorso: tuttavia quest’ultima modalità non può considerarsi essenziale, per cui ogni ricorso successivo al primo si converte, indipendentemente dalla forma assunta e ancorchè proposto con atto a sè stante, in ricorso incidentale. (Cass. n. 28656/2017 ex multis ).
Il primo motivo di censura proposto con il ricorso principale è infondato.
La Corte ha compiutamente e correttamente motivato la reiezione delle doglianze relative ai vizi della procedura amministrativa, vuoi per l’inapplicabilità dell’invocato art. 14 della legge n. 689/1981 alla fattispecie sottoposta alla sua attenzione, vuoi perché ‘tutte le doglianze inerenti agli ulteriori vizi della procedura di contestazione dell’illecito amministrativo … non acquistano il minimo rilievo rispetto al petitum e alla causa petendi dell’odierna causa’, trattandosi di vizi relativi al procedimento amministrativo in una vertenza avente ad oggetto un debito contributivo iscritto a ruolo, come spiegato nel periodo precedente della sentenza.
Il ricorrente lamenta la sussistenza di violazioni delle garanzie endoprocedimentali nel procedimento ispettivo, violazioni che, anche laddove ritenute sussistenti, non potrebbero determinare l’esito preteso, posto che il giudice del lavoro non è giudice
dell’atto amministrativo ma del rapporto sostanziale dedotto in giudizio.
Come da giurisprudenza consolidata di questa Corte, in caso di opposizione ad avviso di addebito o a cartella di pagamento, il ricorso introduce un ordinario giudizio di cognizione in ordine al rapporto contributivo, sicchè, anche in caso di eccepita nullità dell’avviso o della cartella, deve essere esaminato il merito della pretesa contributiva e deve essere vagliata la sussistenza o meno della dedotta obbligazione contributiva (Cass. n. 13313/2024, n. 8792/2024, n. 8781/2024 tra le più recenti).
Infatti, «in tema di riscossione di contributi e premi assicurativi, il giudice dell’opposizione alla cartella esattoriale che ritenga illegittima l’iscrizione a ruolo non può limitarsi a dichiarare tale illegittimità, ma deve esaminare nel merito la fondatezza della domanda di pagamento dell’istituto previdenziale, valendo gli stessi principi che governano l’opposizione a decreto ingiuntivo (cfr, ex plurimis, Cass., 6 agosto 2012, n. 14149), con la conseguenza che gli eventuali vizi formali della cartella esattoriale opposta comportano soltanto l’impossibilità, per l’Istituto, di avvalersi del titolo esecutivo, ma non lo fanno decadere dal diritto di chiedere l’accertamento in sede giudiziaria dell’esistenza e dell’ammontare del proprio credito (cfr., Cass., 19 gennaio 2015, n. 774; Cass. 26 novembre 2011, n. 26395)» (Cass. n.12025/2019 e ivi richiamate, ex multis ).
L’eventuale illegittimità dell’iscrizione a ruolo non esimerebbe, quindi, il Giudice dall’esaminare il merito della pretesa.
Con tale doverosa disamina, la Corte di merito si è cimentata, sulla scorta delle allegazioni e delle difese delle parti.
Come di recente argomentato da Cass. n. 19776/2023 (in un giudizio che aveva ad oggetto un’azione di accertamento negativo del credito contributivo, preteso da INPS sulla base di
due verbali di accertamento ispettivo), «la violazione delle regole del giusto procedimento, sancite dai precetti costituzionali (art. 97 Cost.) e specificate dalla legge nr. 241 del 1990, non si ripercuote sul sorgere del diritto alle prestazioni previdenziali, ancorato alla sussistenza dei requisiti tipizzati dalla legge (di recente, Cass. nr. 3129 del 2023 che richiama Cass. nr. 37971 del 2022, punto 10, in conformità a un indirizzo oramai costante); … allorché difettino i fatti costitutivi del diritto vantato, l’interessato non può limitarsi a far leva sulle anomalie del procedimento amministrativo al fine di conseguire la prestazione che rivendica (sentenza nr. 37971 del 2022, cit., punto 11; in epoca più risalente, Cass., sez. lav., 24 febbraio 2003, n . 2804); …detti principi si attagliano anche all’ipotesi in cui sia stato l’Istituto previdenziale a dare impulso al procedimento, in seguito a una verifica ispettiva (Cass., nr. 3129 cit; Cass. nr. 31954 del 2019; nei medesimi termini, Cass. nr. 20604 del 2014); …quel che rileva è sempre l’accertamento del rapporto sostanziale dedotto in causa».
Né può poi sottacersi che, come già più volte precisato da questa Corte, «nel giudizio sul rapporto previdenziale, il verbale ispettivo viene in rilievo non nella sua natura di atto amministrativo, di cui si possa sindacare la legittimità come afferma il motivo, bensì come fonte di prova, liberamente valutabile dal giudice ai sensi dell’art.116 c.p.c. (Cass.14965/12)» (Cass. n. 5851/2024), con la conseguenza che, nella specie, il ricorrente avrebbe dovuto affermare che il verbale di accertamento era prova inattendibile in quanto non motivato, ma ciò non ha fatto, dolendosi, invece di vizi formali e procedurali ex se.
Il secondo ed il terzo motivo, da esaminarsi congiuntamente per l’intima connessione che li unisce, sono inammissibili.
Valga, al riguardo, richiamare l’orientamento consolidato per cui «è al giudice del merito che spetta, in via esclusiva, il compito di individuare le fonti del proprio convincimento, di assumere e valutare le prove, di controllarne l’attendibilità e la concludenza, di scegliere, tra le complessive risultanze del processo, quelle ritenute maggiormente idonee a dimostrare la veridicità dei fatti ad esse sottesi, dando prevalenza all’uno o all’altro dei mezzi di prova acquisiti, salvo i casi tassativamente previsti dalla legge» e «l’omessa ammissione della prova testimoniale o di altra prova può essere denunciata per cassazione solo nel caso in cui abbia determinato l’assenza di motivazione su un punto decisivo della controversia e, quindi, ove la prova non ammessa ovvero non esaminata in concreto sia idonea a dimostrare circostanze tali da invalidare, con un giudizio di certezza e non di mera probabilità, l’efficacia delle altre risultanze istruttorie che hanno determinato il convincimento del giudice di merito» (Cass. n. 18072/2024 e precedenti ivi richiamati).
Ciò che non si riscontra nella specie.
I ricorrenti, in sostanza, mirano a sollecitare un riesame delle risultanze istruttorie acquisite in giudizio, investendo l’apprezzamento di merito e delle fonti di prova, non sindacabile in questa sede se non nei ristretti limiti del vizio di motivazione nel testo riformato dell’art. 360, comma 1, n. 5 cod. proc. civ. (qui non possibile in presenza di doppia conforme), ed i motivi si risolvono in una critica dell’iter logico-argomentativo che sorregge la decisione.
La Corte motiva sulla base del testo dei contratti e delle dichiarazioni rese dai testi escussi: ‘l’apporto dell’associato si sostanziava nell’attività di conduzione dello specifico punto
vendita di articoli di profumeria di proprietà dell’associante, ‘in modo da garantirne il regolare funzionamento’ sotto ogni aspetto organizzativo e produttivo -apertura e chiusura ad orari prefissati, nonché pulizia e tenuta in ordine dell’esercizio, trasporto e sistemazione delle merci con mezzi propri dell’associante, riscossione dei corrispettivi delle vendite dai clienti, con obbligo della rimessa a fine giornata -restando viceversa riservata all’associante le scelte in ordine alla politica degli acquisti, le operazioni di rifornimento del negozio e l’indirizzo generale di gestione delle vendite’.
Il richiamo agli artt. 115 cod. proc. civ. e 2697 cod. civ. non è pertinente rispetto alle doglianze.
Non è stata denunciata una violazione dell’art. 115 cod. proc. civ., nei termini rigorosi delineati dalla giurisprudenza di questa Corte: la Corte d’appello, in consonanza con quanto già affermato dal giudice di primo grado, ha valutato il materiale probatorio acquisito, senza attingere elementi di riscontro da prove non introdotte dalle parti e assunte d’ufficio al di fuori dei casi che il codice di rito contempla. La doglianza, nel criticare il prudente apprezzamento che i giudici d’appello hanno compiuto, senza infr angere il divieto di cui all’art. 115 cod. proc. civ., si sostanzia in un’impropria richiesta di rivalutazione delle risultanze probatorie e non supera, pertanto, il vaglio di ammissibilità.
Quanto alla violazione dell’art. 2697 cod. civ., può essere utilmente denunciata in sede di legittimità nella sola ipotesi in cui il giudice abbia attribuito l’onere della prova ad una parte diversa da quella che ne è gravata in applicazione di detta norma , non anche quando, a seguito di un’incongrua valutazione delle acquisizioni istruttorie, abbia ritenuto erroneamente assolto l’onere probatorio ad opera della parte su
cui tale onere incombe. In questo caso, vi è un erroneo apprezzamento sull’esito della prova, sindacabile in sede di legittimità solo per il vizio di cui all’art. 360, primo comma, n. 5, cod. proc. civ. (Cass., sez. lav., 19 agosto 2020, n. 17313).
Il motivo proposto con il ricorso incidentale dell’INPS è fondato. L’Istituto si duole dell’omesso esame del fatto decisivo costituito dall’esistenza di una denuncia presentata in data 2 giugno 2000 dal lavoratore NOME COGNOME fatto che, se valutato, avrebbe portato ad una decisione diversa in punto prescrizione delle pretese avanzate dall’Istituto con riferimento alla posizione di detto lavoratore.
Il motivo è stato sollevato nel rispetto del principio di autosufficienza, posto che nel ricorso sono riportati i tratti salienti della denuncia, prodotta sin dal primo grado di giudizio unitamente alla memoria di costituzione.
Che detta denuncia vi fosse risulta, del resto, dalla stessa sentenza di primo grado, per come riportata in ricorso, in cui il Giudice ha affermato che ‘nessuna delle eccezioni preliminari e procedurali sollevate dall’opponente appare fondata ed in partico lare quella di decadenza da parte dell’INPS in relazione all’iscrizione a ruolo e di prescrizione del credito contributivo in considerazione della normativa disciplinante dette materie, della tempistica dell’accertamento e della denuncia di un lavoratore, per tutte le ragioni esposte dall’Istituto previdenziale opposto’, nonché dall’atto di appello, trascritto nella parte essenziale nel ricorso, ove si legge che ‘la sentenza impugnata non disvela alcuno dei presupposti fattuali dai quali procede al rigetto delle eccezioni tutte sollevate dagli opponenti…Tra l’altro, la denuncia proveniente da un solo lavoratore (non meglio indicato) non poteva valere per ritenere l’infondatezza dell’eccezione con
riferimento al ruolo o con riferimento alla prescrizione del credito contributivo per tutti i lavoratori (congiuntamente trattati nella cartella unica)’.
La Corte d’appello ha testualmente affermato che «agli atti di causa non è stato acquisito alcun elemento di sia pur minima valenza probatoria in ordine alla circostanza che l’accertamento da quale trae origine la pretesa sia stato sollecitato attraverso una denuncia o una qualunque altra forma di richiesta di intervento per iniziativa dei lavoratori interessati» ed ancora «dovendosi con il termine denuncia intendere un atto di iniziativa di un determinato lavoratore che nella specie non è stato minimamente documentato e nemmeno appare richiamato in altri atti e documenti di causa».
In tal modo è incorsa nel vizio denunciato, omettendo l’esame del fatto decisivo, consistente nell’esistenza della denuncia del lavoratore NOME COGNOME presente in atti e invocata dall’Istituto in tutti i gradi di giudizio.
Pertanto, conclusivamente, respinto il ricorso principale, il ricorso incidentale deve essere accolto, in relazione ad esso la sentenza impugnata va cassata con rinvio alla Corte d’appello di Ancona, in diversa composizione, che provvederà anche in ordine alle spese del giudizio di legittimità.
Si dà atto che sussistono i presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente principale, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma dell’art. 13, comma 1 bis, d.P.R. n. 115/2002, ove dovuto.
PQM
La Corte accoglie il ricorso incidentale, rigetta il principale, cassa la sentenza impugnata in relazione al motivo accolto e rinvia alla Corte d’appello di Ancona, in diversa composizione, che provvederà anche in ordine alle spese del giudizio di legittimità. Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente principale, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis, se dovuto. Così deciso in Roma, nell’adunanza camerale del 27 novembre