Ordinanza di Cassazione Civile Sez. L Num. 33806 Anno 2024
Civile Ord. Sez. L Num. 33806 Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: NOME
Data pubblicazione: 21/12/2024
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 28379/2019 R.G. proposto da: COGNOME COGNOME, NOME COGNOME NOME COGNOME, NOME COGNOME, elettivamente domiciliate in ROMA INDIRIZZO (TEL/FAX NUMERO_TELEFONO, presso lo studio dell’avvocato COGNOME NOME (CODICE_FISCALE rappresentate e difese dall’avvocato NOME COGNOME (CODICE_FISCALE
-ricorrenti- contro
INPS, elettivamente domiciliato in ROMA INDIRIZZO presso l’avvocato COGNOME (CODICE_FISCALE, che lo rappresenta e difende unitamente agli avvocati COGNOME (CODICE_FISCALE), COGNOME NOME (CODICE_FISCALE), NOME (CODICE_FISCALE
-controricorrente-
avverso SENTENZA di CORTE D’APPELLO SALERNO n. 181/2019 depositata il 19/03/2019.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 13/11/2024 dal Consigliere NOME COGNOME
RILEVATO CHE
1.La Corte d’Appello di Salerno, in riforma della sentenza del Tribunale della stessa sede, rigettava la domanda proposta da NOME COGNOME avverso il verbale di disconoscimento del rapporto di piccola colonia intercorso con le proprie figlie NOME COGNOME nonché le domande proposte da queste ultime avverso la cancellazione dall’elenco dei braccianti agricoli e la ripetizione delle prestazioni ricevute indebitamente.
In via pregiudiziale, la Corte di merito respingeva l’eccezione di inammissibilità dell’appello dell’INPS opposta dalle parti appellate, osservando che l’ente, prima di ribadire le difese del primo grado, aveva idoneamente censurato la ricostruzione del fatto operata dal primo giudice, in punto di sussistenza del rapporto di piccola colonia.
3.Escludeva, poi, la formazione del giudicato interno sulla pronuncia di annullamento del verbale ispettivo, che era stata censurata con l’appello e che, comunque, assumeva centralità rispetto al tema devoluto al giudice della impugnazione.
4.Sempre in via pregiudiziale, respingeva la eccezione di tardività della produzione documentale dell’INPS (fascicoli AGEA), documentazione acquisita d’ufficio nel grado di appello, in quanto esplicativa di dati già rinvenibili nel verbale ispettivo dell’INPS e nella sentenza di primo grado.
5.Nel merito, il giudice del gravame osservava, in punto di validità del verbale ispettivo, che non era ragione di nullità la dedotta violazione dell’art. 33 l. n. 183/2010, trattandosi di sanzione non prevista e perché, comunque, la norma si riferiva al personale della direzione territoriale del lavoro e non agli ispettori dell’INPS, la cui posizione era stata equiparata a quella del personale ministeriale soltanto in epoca successiva all’accertamento impugnato (dell’anno 2014), con il d.lgs. 149/2015. In ogni caso, il giudizio non aveva ad oggetto l’impugnazione di un atto ammnistrativo ma i fatti materiali accertati nel verbale.
6.Sotto questo profilo, era onere delle parti private fornire la prova del rapporto di piccola colonia.
7.Dalle risultanze istruttorie, lette alla luce della documentazione acquisita in appello, emergeva che il vero titolare dell’attività agricola era il marito della COGNOME, sig. COGNOME che aveva concluso con la COGNOME un rapporto di affitto per gli stessi terreni concessi in piccola
colonia alle figlie. La coltivazione dei fondi avveniva da parte delle figlie con l’aiuto del COGNOME e degli altri familiari, per poi dividere i prodotti tra tutti i familiari -e non solo tra le piccole colone -ed in quantità non predeterminate.
8.La costituzione dei rapporti di piccola colonia era ammessa soltanto per una compartecipazione limitata a singole coltivazioni stagionali mentre le appellate non avevano provato tale attività, con indicazione delle colture e della quantità dei prodotti da dividere.
9.Anzi, il COGNOME aveva beneficiato dal 2006 di contributo AGEA per la coltivazione degli stessi terreni, in violazione dell’art. 21 l. n. 203/1982.
10.Hanno proposto ricorso per la cassazione della sentenza NOME COGNOME e le figlie NOME COGNOME e NOME COGNOME articolato in cinque motivi di censura ed illustrato con memoria. L’INPS ha resistito con controricorso.
CONSIDERATO CHE
1.I primi due motivi di ricorso devono essere trattati congiuntamente, in quanto connessi.
2.Con la prima critica si deduce -ai sensi dell’articolo 360 n. 4 cod.proc.civ. -la nullità della sentenza per violazione degli articoli 342 e 434 сod.proc.civ., in relazione alla pronuncia che ha escluso la inammissibilità dell’appello dell’INPS.
3.Le parti ricorrenti assumono che l’INPS non aveva censurato in modo specifico con l’atto di appello le due ragioni della sentenza di primo grado ovvero la violazione delle garanzie assicurate alla parte in sede ispettiva dall’art. 33 l. n. 183/2010 e la valutazione dell’esito della prova.
4.Con il secondo motivo di ricorso -proposto ai sensi dell’art.360 n. 3 e n. 4 cod.proc.civ. -si censura la sentenza impugnata deducendone la nullità nonché la violazione degli articoli 329 comma 2, 342 e 434 сod. proc.civ. nonchè dell’articolo 2909 cod.civ., per avere il giudice dell’appello escluso la formazione del giudicato interno sulla pronuncia di annullamento del verbale ispettivo per violazione delle garanzie assicurate alla parte soggetta ad ispezione.
5.I motivi sono infondati.
6.Dalla stessa trascrizione dello stralcio dell’atto di appello contenuta nell’odierno ricorso, alla pagina 12, risulta che l’impugnazione verteva sull’accertamento della esistenza del rapporto di piccola colonia e sull’annullamento del verbale ispettivo sicché al giudice dell’appello era devoluta l’intera materia del contendere.
7.Detto rilievo impedisce in limine di ritenere formato il giudicato interno in ordine ad una eventuale e pretesa pronuncia di annullamento del verbale ispettivo per vizi procedurali.
In ogni caso, va ricordato che questa Corte qualora venga denunciato il vizio di cui all’art. 360, comma 1, n. 4, cod.proc.civ., decide come giudice del fatto processuale, dovendo esaminare gli atti processuali.
Dalla lettura della sentenza di primo grado risulta che il Tribunale non è affatto pervenuto ad una pronuncia di nullità/annullamento del verbale ispettivo per violazioni procedurali.
10.I vizi della procedura di ispezione, per inosservanza delle garanzie assicurate alla COGNOME, parte sottoposta alla ispezione, non vengono, infatti, valutati dal giudicante isolatamente, come ragione di invalidità del verbale ispettivo ma sono valorizzati per esprimere il giudizio sulla attendibilità delle fonti di prova offerte dall’INPS ed, in particolare, delle dichiarazioni rese agli ispettori dalla COGNOME; secondo la sentenza «si tratta di elementi che inficiano sulla attendibilità e sulla genuinità della raccolta delle sue dichiarazioni». Il giudizio espresso dal Tribunale, in termini di «revoca», concerne, poi, «le risultanze del verbale ispettivo» e non il verbale ispettivo come atto; soltanto impropriamente -ed in senso atecnico -il giudice ha in dispositivo «annullato gli atti impugnati».
11.In sostanza, nella sentenza di primo grado non vi è una pronuncia dichiarativa della invalidità del verbale per vizi del procedimento suscettibile di costituire «capo autonomo» e, pertanto, idonea a passare in giudicato interno.
12.Quanto al primo motivo di censura, la sentenza della Corte territoriale è conforme al consolidato principio enunciato da questa Corte -per tutte, Cass. sez Un., 13 dicembre 2022, n.36481 -secondo cui gli artt. 342 e 434 cod.proc.civ. (nel testo formulato dal d.l. n. 83 del
2012, conv. con modif. dalla l. n. 134 del 2012) vanno interpretati nel senso che l’impugnazione deve contenere, a pena di inammissibilità, una chiara individuazione delle questioni e dei punti contestati della sentenza impugnata e, con essi, delle relative doglianze, affiancando alla parte volitiva una parte argomentativa che confuti e contrasti le ragioni addotte dal primo giudice, senza che occorra l’utilizzo di particolari forme sacramentali o la redazione di un progetto alternativo di decisione.
13.Essendo, nella specie, oggetto di appello la ricostruzione del fatto operata dal primo giudice ben poteva l’INPS contestare detto accertamento offrendo, come ricostruzione alternativa, quella già esposta nelle proprie difese del primo grado.
14.Con il terzo mezzo -proposto ai sensi dell’articolo 360 n. 3 cod.proc.civ. -si censura la sentenza impugnata per violazione degli artt.115, 421, 437 cod.proc.civ. nonché dell’articolo 2697 cod. civ., per avere il giudice dell’appello acquisito d’ufficio una documentazione (la denuncia Agea del marito della COGNOME indicata dall’INPS nella memoria difensiva del primo grado ma non depositata tempestivamente, la cui mancata produzione era già stata stigmatizzata dal Tribunale con pronuncia non specificamente impugnata.
15.Il motivo è infondato nella parte in cui denuncia la violazione degli articoli 421 e 437 cod.proc.civ.
16.Secondo l’insegnamento delle Sezioni Unite di questa Corte (Cass., sez. Un., 4 maggio 2017 n. 10790), costituisce prova nuova «indispensabile» in appello quella di per sé idonea ad eliminare ogni possibile incertezza circa la ricostruzione fattuale accolta dalla pronuncia gravata, smentendola o confermandola senza lasciare margini di dubbio oppure provando quel che era rimasto non dimostrato o non sufficientemente dimostrato, a prescindere dal rilievo che la parte interessata sia incorsa, per propria negligenza o per altra causa, nelle preclusioni istruttorie del primo grado. Le Sezioni Unite hanno posto un limite soltanto riguardo a prove già in prime cure dichiarate inammissibili perché dedotte in modo difforme dalla legge o a prove dalla cui assunzione il richiedente sia decaduto a seguito di vicende particolari occorse nel giudizio di primo grado e non anche in relazione al regime
delle preclusioni istruttorie, che deve essere contemperato con il principio della ricerca della verità materiale.
Nella fattispecie di causa, il primo giudice si è limitato ad evidenziare in sentenza che la denuncia AGEA presentata dal coniuge della COGNOME menzionata nel verbale dell’INPS, non era stata documentata in causa e, quindi, non poteva essere valutata.
18.La Corte di merito ha invece correttamente esercitato il proprio potere-dovere di ricerca della verità materiale, approfondendo una fonte di prova la cui esistenza già emergeva dagli atti del processo.
19.Non è conferente, poi, la deduzione del vizio di violazione degli articoli 115 cod.proc.civ. e 2697 cod.civ.; si tratta di norme che regolano il giudizio di accertamento nel merito e non l’attività di acquisizione delle fonti di prova. La violazione delle suddette disposizioni è prospettabile in questa sede di legittimità quando il giudice abbia deciso sulla base di prove non presenti in atti (art. 115 cod. proc.civ.) ovvero quando, in assenza della prova del fatto controverso, abbia applicato erroneamente la regola di giudizio dell’art. 2697 cod.civ., dichiarando soccombente una parte diversa da quella a cui carico cadeva l’onere probatorio. Le parti ricorrenti, piuttosto che denunciare la violazione delle regole legali di giudizio, chiedono a questo giudice di legittimità un’inammissibile rivalutazione del merito.
La quarta critica addebita alla sentenza -ai sensi dell’articolo 360 n. 3 cod.proc.civ. -la violazione e falsa applicazione degli articoli 329 e 416, comma 3, cod.proc.civ., dell’art.33 l. n. 183/2010, dell’art. 13 d.l.gs n.124/2004, dell’art.5 l. n. 2248/1865 all. E, dell’art.7, comma 2 lettera d ), d.l. n.70/2011, dell’art. 12, comma 2, l. n. 212/2000.
21. Si impugna la statuizione del giudice dell’appello secondo cui: l’art.33 l. n.183/2010 non prevede la sanzione di nullità del verbale ispettivo; la norma non è riferibile agli accertamenti condotti dal personale ispettivo dell’Inps; oggetto di giudizio non è l’accertamento della regolarità formale del verbale ispettivo ma la sussistenza dei fatti accertati nell’ispezione e posti a base delle determinazioni dell’INPS.
22.La censura è inammissibile perché non inficia la autonoma ratio decidendi secondo cui l’oggetto del giudizio di impugnazione del verbale
ispettivo dell’INPS è costituito unicamente dall’accertamento della situazione di fatto che ha dato luogo alla controversia.
23.Trattasi di statuizione corretta e di rilievo decisivo.
24.Il verbale ispettivo costituisce una «fonte di prova» dei fatti dedotti dall’ente previdenziale, come recita l’articolo 10, comma 5, d.lgs. n. 124/2004, a tenore del quale: «I verbali di accertamento redatti dal personale ispettivo sono fonti di prova ai sensi della normativa vigente relativamente agli elementi di fatto acquisiti e documentati…». Trattandosi di fonte di prova, il verbale non deve essere impugnato in giudizio al fine di ottenerne l’annullamento né il giudice deve disporne l’annullamento, posto che il giudizio di opposizione, tanto ad ordinanza ingiunzione che avverso la pretesa contributiva dell’ente previdenziale, è un giudizio sul rapporto e non sull’atto (Cass. 26 settembre 2018 n. 23045, in motivazione).
Pertanto, contrariamente a quanto assunto dalle parti ricorrenti, non rileva verificare se le denunciate irregolarità formali potessero produrre o meno la invalidità del verbale.
26.Peraltro, le violazioni lamentate in ricorso si riferiscono a garanzie (l’avviso della facoltà di farsi assistere da un professionista abilitato nel corso della ispezione) che non sono previste dall’art. 13 d.l.gs. 23 aprile 2004, n. 124, come sostituito dall’art. 33 l. 4 novembre 2010 n. 183, norme di cui si denuncia la violazione, ma da un codice di comportamento e da circolari, atti privi di valore normativo.
Il quinto motivo è proposto -ai sensi dell’articolo 360 n. 3 cod.proc.civ. -per violazione degli artt. 112 e 416, comma 3, сod.рroс. civ. nonché 2697 cod.civ.
28.Oggetto di censura è la statuizione secondo cui era onere delle originarie ricorrenti fornire prova del rapporto di piccola colonia.
Il motivo è inammissibile.
La laconicità della censura non consente di comprendere se le parti ricorrenti imputino al giudice dell’appello la violazione del principio di non contestazione -ed, in tal caso, la deduzione del vizio sarebbe connotata da evidente genericità, in quanto meramente assertiva -o, piuttosto, la erronea attribuzione dell’onere probatorio, nel qual caso
sarebbe preclusivo il rilievo che il giudice ha ritenuto comunque provata la inesistenza del rapporto di piccola colonia (poiché la divisione del raccolto avveniva tra tutti i familiari in quantità non predeterminate e gli stessi fondi erano condotti in affitto dal COGNOME) sicché la regola dell’articolo 2697 cod.civ., che opera soltanto quando manca la prova dei fatti controversi, non ha assunto rilevanza decisiva.
Il ricorso deve essere nel complesso respinto.
Non vi è luogo al pagamento delle spese, in ragione della dichiarazione resa dalle parti ricorrenti ai sensi dell’art. 152 disp.att.cod.proc.civ.
Stante il tenore della pronuncia, va dato atto, ai sensi dell’art. 13, comma 1-quater D.P.R. n. 115/02, della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte delle ricorrenti, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma del comma 1bis dello stesso art. 13, se dovuto.
La Corte rigetta il ricorso. Nulla per le spese.
Ai sensi dell’art. 13 comma 1 -quater del d.P.R. n. 115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte delle ricorrenti, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma del comma 1 bis dello stesso art. 13, se dovuto.
Così deciso in Roma, nella adunanza camerale del 13 novembre 2024