Ordinanza di Cassazione Civile Sez. L Num. 19302 Anno 2025
Civile Ord. Sez. L Num. 19302 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 14/07/2025
ORDINANZA
sul ricorso 1843-2021 proposto da:
COGNOME rappresentato e difeso dall’avvocato COGNOME;
– ricorrente –
contro
RAGIONE_SOCIALE in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dagli avvocati NOME COGNOME, NOME COGNOME;
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 1946/2020 della CORTE D’APPELLO di NAPOLI, depositata il 10/07/2020 R.G.N. 971/2018; udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del
07/05/2025 dal Consigliere Dott. COGNOME
Oggetto
Interpretazione
verbale di
conciliazione –
mansioni
superiori
R.G.N. 1843/2021
COGNOME
Rep.
Ud. 07/05/2025
CC
FATTI DI CAUSA
1. il Tribunale di Napoli, pronunciandosi sul ricorso proposto da NOME COGNOME per ottenere la condanna dell’ex -datore di lavoro al pagamento di differenze retributive a vario titolo e per l’accertamento dell’illegittimità del licenziamento irrogatogli in data 5.2.2014, in contraddittorio con la società RAGIONE_SOCIALE, dichiarava l’illegittimità del licenziamento, ordinava alla società la riassunzione del prestatore di lavoro o, in difetto, la condannava al risarcimento del danno mediante versamento di un’indennità pari a sei mensilità dell’ultima retribuzione globale di fatto, E condannava la società al pagamento della somma complessiva di € 66.979,17, oltre accessori , a titolo di differenze retributive;
2. la Corte d’Appello di Napoli, in parziale accoglimento dell’appello della società, confermata l’illegittimità del recesso, riduceva la condanna al pagamento di differenze di retribuzione alla somma di € 1.715 a titolo di TFR residuo, oltre accessori; la sostanziale riduzione della somma riconosciuta in primo grado veniva motivata sulla base di verbale di conciliazione sottoscritto tra le parti il 26.5.2011, nel quale si stabiliva la corresponsione da parte del datore di lavoro al dipendente, oltre che di richiesta anticipazione sul TFR, della somma di € 100 a titolo di bonus transattivo; la Corte, riportato il contenuto dell’accordo, lo giudicava sufficientemente chiaro e analitico, a prescindere dall’esiguità del bonus , osservando che ciò che rileva è la consapevolezza da parte del lavoratore di rinunciare a diritti economici; trattandosi di conciliazione in sede sindacale, questa era inoppugnabile ai sensi dell’art. 2113, comma 4, c.c.; la domanda era perciò inammissibile con riferimento al periodo antecedente;
3. la Corte territoriale rigettava altresì la domanda di inquadramento superiore rispetto al II livello del CCNL Industria metalmeccanica privata applicato al rapporto, ritenendo lo stesso conforme alle mansioni di fatto svolte (il Tribunale aveva invece ritenuto accertato il diri tto all’inquadramento nel III livello, a fronte di richiesta del lavoratore di inquadramento nel IV livello), e rigettava anche, per difetto di prova, la domanda di riconoscimento di somma a titolo di lavoro straordinario non correttamente retribuito;
4. per la cassazione della sentenza d’appello propone ricorso il lavoratore con cinque motivi; resiste la società con controricorso; entrambe le parti hanno depositato memoria; al termine della camera di consiglio, il Collegio si è riservato il deposito dell’ordinanza.
CONSIDERATO CHE
1. con il primo motivo, parte ricorrente deduce (art. 360, n. 5, c.p.c.) omesso esame di fatto decisivo per il giudizio, per avere la Corte di merito ritenuto valido il verbale di conciliazione pur in assenza di reciproche concessioni tra le parti, non avendo il lavoratore ricevuto alcun corrispettivo per le asserite rinunce;
2. con il secondo motivo, deduce (art. 360, n. 5, c.p.c.) omesso esame di fatto decisivo per il giudizio, per non avere la Corte di merito tenuto conto della mancata effettiva assistenza da parte del sindacato nei confronti del lavoratore;
3. con il terzo motivo, deduce (art. 360, n. 3 e n. 5, c.p.c.) violazione o falsa applicazione degli artt. 1965 e 2113 c.c., per avere la Corte di merito trascurato la rilevanza che assumono le reciproche concessioni nell’atto di transazione, con conseguente errata ricostruzione fattuale delle vicende giudiziali;
i suddetti motivi, connessi perché tutti riguardanti l’apprezzamento e la valutazione giuridica operata dalla Corte d’Appello di Napoli in riferimento alla discussa transazione, non sono ammissibili;
in primo luogo, perché, quanto alle censure di omesso esame di fatti decisivi per il giudizio, il relativo esame non è stato, appunto, omesso, avendo la Corte di merito valutato espressamente in fatto che la transazione in questione era valida e che era stata stipulata in sede protetta;
il giudizio di cassazione non è strutturato quale terzo grado di merito, nel quale ridiscutere gli esiti istruttori espressi nella decisione impugnata, non condivisi, al fine di un loro riesame (cfr. Cass. S.U. n. 34476/2019; Cass. n. 20814/2018, n. 15568/2020, n. 20553/2021); rientra nella fisiologia del sistema a doppio grado di merito la possibilità che le prove raccolte in primo grado possano, in grado d’appello, essere integrate o valutate (con o senza integrazioni) diversamente, purché di tale diversa valutazione siano spiegati adeguatamente i motivi; non è, invece, prevista, una terza valutazione delle prove nel giudizio di legittimità (cfr. Cass. n. 2976/2025);
quanto alla prospettata violazione di legge, osserva il Collegio che l’interpretazione degli atti negoziali è riservata al giudice del merito ed è incensurabile in sede di legittimità ove rispettosa dei criteri legali di ermeneutica contrattuale e sorretta da motivazione immune da vizi;
la censura di violazione dei canoni di ermeneutica contrattuale, al pari di quella per vizio di motivazione, non può risolversi in una critica del risultato interpretativo raggiunto dal giudice, che si sostanzi nella mera contrapposizione di una differente interpretazione, posto che, quando di una clausola contrattuale sono possibili due o più interpretazioni (plausibili),
non è consentito -alla parte che aveva proposto l’interpretazione poi disattesa dal giudice di merito – censurare in sede di legittimità il fatto che sia stata privilegiata l’altra; per il principio di autonomia del ricorso per cassazione ed il carattere limitato di tale mezzo di impugnazione, si deve escludere l’ammissibilità di una sostanziale prospettazione di tesi difformi da quelle recepite dal giudice di merito, di cui si chiede a tale stregua un riesame, inammissibile in sede di legittimità (v. Cass. n. 33425/2022, n. 27702/2020, n. 16368/2014, n. 24539/2009, n. 10131/2006, nonché, sulla conclusione che l’interpretazione del contenuto di verbale di conciliazione postula un’indagine sulla volontà delle parti e si risolve in un accertamento di fatto, Cass. n. 14270/2024, n. 33425/2022, n. 10981/2020);
9. con il quarto motivo, parte ricorrente deduce (art. 360, n. 3 e n. 5, c.p.c.) violazione o falsa applicazione del CCNL per i lavoratori addetti all’industria metalmeccanica privata e all’installazione di impianti ex art. 1362 c.c., per avere la Corte di merito errato nell’inquadrare il lavoratore nella seconda categoria;
10. il motivo non è ammissibile;
11. il capo della sentenza impugnata oggetto del motivo in esame è conforme alla consolidata giurisprudenza di questa Corte, in base alla quale, nel procedimento logico-giuridico diretto alla determinazione dell’inquadramento di un lavoratore subordinato, non può prescindersi da tre fasi successive, e cioè, dall’accertamento in fatto delle attività lavorative in concreto svolte, dall’individuazione delle qualifiche e dei gradi previsti dal contratto collettivo di categoria e dal raffronto tra il risultato della prima indagine ed i testi della normativa contrattuale individuati nella seconda;
12. l’accertamento della natura delle mansioni concretamente svolte dal dipendente, ai fini dell’inquadramento del medesimo in una determinata categoria di lavoratori, costituisce giudizio di fatto riservato al giudice del merito ed è insindacabile, in sede di legittimità, se sorretto da logica ed adeguata motivazione (così Cass. n. 28284/2009; tra le molte successive conformi, v. Cass. n. 8589/2015, n. 18943/2016, n. 14413/2024);
13. nel caso di specie, tale procedimento trifasico è stato svolto e adeguatamente motivato sulla base di elementi probatori congrui e conseguenti, tenuto conto delle peculiarità della fattispecie concreta, e in rapporto alle declaratorie ed esemplificazioni della normativa contrattuale collettiva applicata al rapporto riportate nella motivazione, valorizzando le circostanze di fatto rilevanti ai fini del richiamato e imprescindibile procedimento trifasico, che, peraltro, non richiede che il giudice si attenga pedissequamente alla ripetizione di una rigida e formalizzata sequenza delle azioni fissate dallo schema procedimentale, ove risulti che ciascuno dei momenti di accertamento, di ricognizione e di valutazione abbia trovato concreto ingresso nel ragionamento decisorio, concorrendo a stabilirne le conclusioni (cfr. Cass. n. 30580/2019, n. 10485/2023, n. 21296/2024, n. 5412/2025);
14. con il quinto motivo viene dedotto (art. 360, n. 5, c.p.c.) omesso esame di risultanze processuali decisive, oggetto di discussione tra le parti, determinante l’errata interpretazione del CCNL di categoria, per non avere la Corte di merito tenuto conto dei titoli di studio del lavoratore in relazione alle deposizioni testimoniali in ordine alle mansioni espletate;
15. il motivo non è ammissibile;
16. della questione specifica oggetto del motivo (automatismo del passaggio di qualifica a determinate condizioni in relazione
al titolo di studio) non vi è traccia nella decisione impugnata, né parte ricorrente ha indicato e localizzato in quale atto delle fasi precedenti l’abbia sollevata; deve quindi darsi continuità alla giurisprudenza di questa Corte secondo cui, in tema di ricorso per cassazione, qualora siano prospettate questioni di cui non vi è cenno nella sentenza impugnata, il ricorrente deve, a pena di inammissibilità della censura, non solo allegarne l’avvenuta loro deduzione dinanzi al giudice di merito, ma anche, in virtù del principio di autosufficienza, indicare in quale specifico atto del grado precedente ciò sia avvenuto, giacché i motivi di ricorso devono investire questioni già comprese nel thema decidendum del giudizio di appello, essendo preclusa alle parti, in sede di legittimità, la prospettazione di questioni o temi di contestazione nuovi, non trattati nella fase di merito e non rilevabili di ufficio (Cass. n. 18018/2024);
il denunciato errore di ricognizione fattuale non è dunque rivedibile in sede di legittimità, atteso che il contratto collettivo di diritto comune, quale fonte contrattuale del rapporto di lavoro, integra un elemento del fatto costitutivo del diritto che la parte attrice ha l’onere di allegare nel processo, con la conseguenza che l’allegazione della violazione di una norma del contratto collettivo, di cui non sia stata tempestivamente (dal primo grado) dedotta l’esistenza ed il contenuto, è inammissibile in quanto introduce un nuovo elemento di fatto ed una nuova causa petendi della domanda (v. Cass. n. 1760/2018);
le spese del presente giudizio, liquidate come da dispositivo, seguono il regime della soccombenza.
Al mancato accoglimento dell’impugnazione consegue il raddoppio del contributo unificato, ove dovuto nella ricorrenza dei presupposti processuali;
P.Q.M.
La Corte dichiara inammissibile il ricorso.
Condanna parte ricorrente alla rifusione delle spese del presente giudizio, che liquida in € 4.500 per compensi, € 200 per esborsi, spese generali al 15%, accessori di legge.
Ai sensi dell’art. 13 comma 1 quater del d.P.R. n. 115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma del comma 1 bis dello stesso art. 13, se dovuto.
Così deciso in Roma, nell’Adunanza camerale del 7 maggio