Ordinanza di Cassazione Civile Sez. L Num. 10634 Anno 2025
Civile Ord. Sez. L Num. 10634 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: NOME COGNOME
Data pubblicazione: 23/04/2025
ORDINANZA
sul ricorso 1523-2024 proposto da:
DI NOME COGNOME, RAGIONE_SOCIALE in persona del legale rappresentante pro tempore, domiciliati in ROMA INDIRIZZO presso RAGIONE_SOCIALE DI CASSAZIONE, rappresentati e difesi dall’avvocato NOME COGNOME;
– ricorrenti –
contro
ISPETTORATO TERRITORIALE DEL LAVORO DI COGNOME, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso ex lege dall’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, presso i cui Uffici domicilia in ROMA, alla INDIRIZZO
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 95/2023 della CORTE D’APPELLO di CAMPOBASSO, depositata il 22/12/2023 R.G.N. 24/2023;
Oggetto
Sanzioni amministrative in materia di lavoro e previdenza
R.G.N. 1523/2024
COGNOME
Rep.
Ud. 05/02/2025
CC
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 05/02/2025 dal Consigliere Dott. COGNOME
RILEVATO CHE
NOME COGNOME e la RAGIONE_SOCIALE proponevano, innanzi al Tribunale di Isernia, opposizione avverso l’ordinanza n. 5/2019 con la quale l’Ispettorato del lavoro di Campobasso -Isernia aveva ingiunto loro il pagamento di euro 42.169,60 dovuti a titolo di sanzione amministrativa per l’omessa regolarizzazione del rapporto di lavoro intrattenuto dalla società con alcuni dipendenti.
L’adito Tribunale rigettava l’opposizione e la Corte di appello di Campobasso, con la sentenza n. 95/2023, confermava la pronuncia di prime cure.
La Corte distrettuale rilevava che: a) non sussisteva la reiterata denuncia circa la violazione dell’art. 14 legge n. 689/1981 dovendosi avere riguardo, per la decorrenza dei novanta giorni dai quali calcolare il termine per la notifica della contestazione, quello di conclusione degli accertamento e non la mera notizia della commissione dell’illecito amministrativo; b) nella fattispecie non era ravvisabile alcun comportamento arbitrario in avanti del dies a quo per ritardi nello svolgimento dei compiti ispettivi e la notifica del verbale unico di accertamento, avvenuta il 9.9.2016, era tempestiva; c) infondata era l’eccezione di prescrizione in quanto il termine quinquennale era stato interrotto con la notifica del verbale unico di accertamento (9.6.2016) e con la notifica dell’ordinanza ingiunzione (27.3.2019) a fronte di un illecito che si era protratto fino al 28.8.2013; d) andava esclusa l’incapacità a testimoniare dei lavoratori e ritenuta l’attendibilità de lle affermazioni rese nell’immediatezza del sopralluogo; e) i lavoratori oggetto dell’accertamento avevano prestato la loro attività lavorativa, dal giugno 2013 all’agosto 2013, alle dipendenze di NOME; f) doveva ritenersi raggiunta la prova della sussistenza di un rapporto di lavoro subordinato tra gli opponenti e i lavoratori stessi.
Avverso la sentenza di secondo grado NOME COGNOME e la RAGIONE_SOCIALE ricorrevano per la cassazione con due motivi. L’Ispettorato Territoriale del Lavoro di Campobasso -Isernia si costituiva con controricorso, sanando la nullità della notifica del ricorso effettuato il 16.1.2024 presso l’Avvocatura Distrettuale dello Stato di Campobasso e non presso l’Avvocatura Generale dello Stato.
I ricorrenti depositavano istanza di celere fissazione di udienza nonché memoria.
Il Collegio si riservava il deposito dell’ordinanza nei termini di legge ex art. 380 bis 1 cpc.
CONSIDERATO CHE
I motivi possono essere così sintetizzati.
Con il primo motivo si denuncia, ai sensi dell’art. 360 co. 1 n. 3 cpc, la violazione e falsa applicazione dell’art. 14 legge n. 689/1981 nonché, ai sensi dell’art. 360 co. 1 n. 4 cpc, la violazione dell’art. 132 n. 4 cpc, per avere la Corte territoriale, senza pronunciarsi sui motivi di appello, reiterato le argomentazioni del primo giudice circa la denunciata violazione dell’art. 14 della legge n. 689/1981 in ordine alla congruita o meno del tempo utilizzato dagli organi ispettivi per svolgere gli accertamenti, in particolare sulla circostanza che i lavoratori, dopo una prima serie di dichiarazioni, furono nuovamente sentiti, e sulla eccessività del tempo impiegato e della imputabilità del ritardo alla colpevole inerzia dell’Ispettorato sull’omesso invio di solleciti nei confronti dei denuncianti, nonché per non essere state esposte le ragioni della individuazione del momento iniziale dell’accertamento.
Con il secondo motivo si censura, ai sensi dell’art. 360 co. 1 n. 3 e n. 4 cpc, la violazione degli artt. 115 e 116 cpc nonché, ai sensi dell’art. 132 n. 4 cpc, per avere la Corte distrettuale ritenuto attendibili le dichiarazioni dei lavoratori rese nell ‘immediatezza dei fatti e per avere valutato rilevanti le conferme di soli due testi su sei, nonostante l’indicazione di decisive prove contrarie.
Preliminarmente, va evidenziata la ritualità del controricorso dell’Ispettorato in quanto diretto a sanare una nullità della notifica del
ricorso (effettuata presso l’Avvocatura Distrettuale e non presso quella Generale dello Stato) e, quindi, la sua validità anche se tardivo (Cass. n. 6300 del 2023): ciò ai fini della valutazione sulla corretta instaurazione del contraddittorio e sugli effetti della regolare costituzione delle parti, anche in ordine alle spese.
I due motivi, da esaminare congiuntamente per la loro connessione logico-giuridica, non sono fondati.
Giova premettere che, in tema di contenuto della sentenza, il vizio di motivazione previsto dall’art. 132, comma 2, n. 4, c.p.c. e dall’art. 111 Cost., denunciato dai ricorrenti in relazione ad entrambi i motivi, sussiste quando la pronuncia riveli una obiettiva carenza nella indicazione del criterio logico che ha condotto il giudice alla formazione del proprio convincimento, come accade quando non vi sia alcuna esplicitazione sul quadro probatorio, né alcuna disamina logico-giuridica che lasci trasparire il percorso argomentativo seguito (Cass. n. 3819/2020).
Nella fattispecie, la Corte territoriale, con adeguata motivazione che consente di ripercorrere l’iter logico -giuridico seguito, ha sottolineato, da un lato, che il tempo impiegato dall’amministrazione per compiere le verifiche preliminari alla contestazi one dell’addebito era congruo, perché, oltre alle verifiche (mediante reiterate audizioni dei lavoratori e indagini presso l’INPS) compiute di ufficio dal 5.9.2014 (data del verbale di primo accesso) al 3.5.2016, solo in data 25.7.2016 veniva acquisita una dichiarazione spontanea di tale NOME COGNOME di talché non vi era stato un ritardo nello svolgimento dei compiti ispettivi dovendosi vagliare tutto il materiale acquisito che è stato effettuato fino alla notifica del verbale unico dell’1.9.2016 avven uta il 9.9.2016 al Di COGNOME; inoltre, la Corte di appello ha precisato, dall’altro, che le dichiarazioni rese dai lavoratori, nell’immediatezza del sopralluogo, erano attendibili perché, oltre ad essere sostanzialmente concordi tra loro, avevano trovato riscontro nelle affermazioni dei due testi escussi nel processo i quali avevano confermato le dichiarazioni rilasciate all’Ispettore nel corso degli accertamenti e allegate al fascicolo di parte.
Si verte, relativamente ad entrambe le statuizioni, in ipotesi di accertamenti di merito, e non di travisamento della prova (che ricorre in caso di svista concernente il fatto probatorio in sé e non di verifica logica della riconducibilità dell’informazione probatoria al fatto probatorio), di talché essi sono insindacabili in questa sede.
In diritto va, poi, osservato che i verbali redatti dai funzionari degli enti previdenziali e assistenziali o dell’Ispettorato del lavoro fanno piena prova dei fatti che i funzionari stessi attestino avvenuti in loro presenza o da loro compiuti, mentre, per le altre circostanze di fatto che i verbalizzanti segnalino di avere accertato (ad esempio, per le dichiarazioni provenienti da terzi, quali i lavoratori, rese agli ispettori) il materiale probatorio è liberamente valutabile e apprezzabile dal giudice, unitamente alle altre risultanze istruttorie raccolte o richieste dalle parti (per tutte Cass. n. 9251/2010).
Inoltre, è stato precisato (Cass. n. 24208/2020) che la valutazione complessiva delle risultanze di causa ben consente al giudice di attribuire maggior rilievo alle circostanze riferite dagli interessati ai verbalizzanti, nell’immediatezza dei fatti, piuttosto che alle circostanze da essi riferite in sede di deposizione in giudizio, (cfr. Cass. n. 17555/02), e che in sostanza i verbali di contravvenzione forniscono elementi di valutazione liberamente apprezzabili dal giudice, il quale può peraltro anche considerarli prova sufficiente delle relative circostanze, sia nell’ipotesi di assoluta carenza di elementi probatori contrari – considerata la sussistenza in capo al datore di lavoro, obbligato ai versamenti contributivi, del relativo onere probatorio -, sia qualora il giudice di merito, nel valutare nel suo complesso il materiale probatorio a sua disposizione, pervenga, con adeguata motivazione, al convincimento della effettiva sussistenza degli illeciti denunciati (cfr. Cass. n. 11900/03, Cass. n. 3527/01, Cass. n. 9384/95).
Nel caso de quo , la Corte territoriale è giunta ad una valorizzazione dell’efficacia probatoria delle dichiarazioni rese agli ispettori attraverso una valutazione completa ed esaustiva di tutto il materiale probatorio, scrutinando compiutamente e con adeguata
motivazione anche le due testimonianze acquisite nel corso del giudizio e quelle rese in sede amministrativa ed evidenziando i profili di inattendibilità di alcuni dichiaranti rispetto agli altri.
E’ opportuno ribadire che la valutazione delle risultanze delle prove ed il giudizio sull’attendibilità dei testi (art. 244 cpc), come la scelta, tra le varie emergenze probatorie di quelle ritenute più idonee a sorreggere la motivazione, involgono apprezzamenti di fatto riservati al giudice di merito, il quale è libero di attingere il proprio convincimento da quelle prove che ritenga più attendibili, senza essere tenuto ad una esplicita confutazione degli altri elementi probatori non accolti, anche se allegati dalle parti (Cass. n. 16467 del 2017).
In tema di ricorso per cassazione, inoltre, la doglianza circa la violazione dell’art. 116 c.p.c. è ammissibile solo ove si alleghi che il giudice, nel valutare una prova o, comunque, una risultanza probatoria, non abbia operato – in assenza di diversa indicazione normativa – secondo il suo “prudente apprezzamento”, pretendendo di attribuirle un altro e diverso valore oppure il valore che il legislatore attribuisce ad una differente risultanza probatoria (come, ad esempio, valore di prova legale), oppure, qualora la prova sia soggetta ad una specifica regola di valutazione, abbia dichiarato di valutare la stessa secondo il suo prudente apprezzamento, mentre, ove si deduca che il giudice ha solamente male esercitato il proprio prudente apprezzamento della prova, la censura è ammissibile, ai sensi del novellato art. 360, primo comma, n. 5, c.p.c., solo nei rigorosi limiti in cui esso ancora consente il sindacato di legittimità sui vizi di motivazione.
Anche in ordine alla asserita violazione dell’art. 14 della legge n. 689/1981 la gravata sentenza è in linea con i precedenti di questa Corte secondo cui, in tema di sanzioni amministrative, qualora non sia avvenuta la contestazione immediata dell’infrazione, il termine di novanta giorni, previsto dall’art. 14 della legge 24 novembre 1981 n. 689 per la notifica degli estremi della violazione, decorre dal compimento dell’attività di verifica di tutti gli elementi
dell’illecito, dovendosi considerare anche il tempo necessario all’amministrazione per valutare e ponderare adeguatamente gli elementi acquisiti e gli atti preliminari, quali le convocazioni di informatori, che non hanno sortito effetto ( ex plurimis Cass. n. 7681/2014).
Alla stregua di quanto esposto, il ricorso deve essere rigettato.
Al rigetto segue la condanna dei ricorrenti al pagamento delle spese del presente giudizio di legittimità che si liquidano come da dispositivo.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1 quater, del DPR n. 115/02, nel testo risultante dalla legge 24.12.2012 n. 228, deve provvedersi, ricorrendone i presupposti processuali, sempre come da dispositivo.
PQM
La Corte rigetta il ricorso. Condanna i ricorrenti al pagamento, in favore del controricorrente, delle spese del presente giudizio che liquida in euro 4.500,00 per compensi, oltre alle spese prenotate a debito. Ai sensi dell’art. 13, comma 1 quater, del DPR n. 115/02 dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte dei ricorrenti, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso, a norma del comma 1 bis dello stesso art. 13, se dovuto.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio del 5 febbraio 2025