Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 2 Num. 428 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 2 Num. 428 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: NOME COGNOME
Data pubblicazione: 08/01/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 28565/2021 R.G. proposto da: COGNOME rappresentato e difeso da ll’avvocato COGNOME (CODICE_FISCALE ed elettivamente domiciliato a ll’ indirizzo PEC del difensore iscritto nel REGINDE;
– ricorrente –
contro
COMUNE DI TORINO, elettivamente domiciliato in ROMA, INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato COGNOME (CODICE_FISCALE) rappresentato e difeso dall’avvocato COGNOME (CODICE_FISCALE;
– controricorrente –
avverso la SENTENZA del TRIBUNALE di TORINO n. 1565/2021 depositata il 02/04/2021;
udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 21/05/2024 dal Consigliere NOME COGNOME
RILEVATO CHE:
Con ricorso al Giudice di Pace di Torino, NOME COGNOME impugnava il verbale, notificatogli dalla Polizia Municipale di Torino in data 8-10.01.2018, con cui gli veniva contestata la violazione dell’art. 142 codice della strada, avendo il veicolo di sua proprietà superato di oltre 40 Km/h (ma entro i 60 Km/h) la velocità massima consentita di 50 Km/h.
Il Giudice di Pace rigettava il ricorso.
La sentenza veniva appellata da NOME COGNOME innanzi al Tribunale di Torino, che -con sentenza n. 1565/2021 – rigettava il gravame cosi argomentando:
è irrilevante l’assenza di menzione nel verbale notificato inerente la segnaletica;
in merito al rilievo della necessità sia di segnaletica fissa che di segnaletica mobile, si richiama quanto ritenuto dalla Cassazione (v. ordinanza n. 30207/2019), secondo cui la funzione di avviso dell’utenza circa la possibilità di subire un accertamento della velocità di marcia mediante apparecchiature elettroniche su un determinato tratto di strada è adeguatamente assolto da qualsiasi cartello di avviso, indipendentemente dalla sua natura fissa o mobile, senza che rilevi in alcun modo il tipo di postazione di controllo, permanente o temporanea;
-grava sull’opponente l’onere di provare la concreta inidoneità della segnaletica ad assolvere la funzione di avviso della presenza di postazioni di controllo della velocità;
rilevato che la verifica della perfetta funzionalità dell’ autovelox risulta regolarmente effettuata, accertato che dal verbale di verifica prodotto dall’Amministrazione risulta che lo strumento di rilevazione della velocità è stato sottoposto ad ulteriore verifica in data 14.12.2017, la circostanza che tali specifiche indicazioni non siano
riportate nel verbale di accertamento è irrilevante, non essendovi alcun motivo di illegittimità che non si trae né dalla normativa né dai principi ad essa sottesi.
La predetta sentenza veniva impugnata per cassazione da NOME COGNOME con ricorso affidato a quattro motivi.
Resisteva il Comune di Torino depositando controricorso.
In prossimità dell’adunanza entrambe le parti facevano pervenire memorie.
CONSIDERATO CHE:
1. Con il primo motivo si deduce violazione o falsa applicazione di legge con riferimento agli artt. 2967 e 2700 cod. civ., all’art. 142, comma 6bis codice della strada, all’art. 4 legge n. 168/2002, al D.M. trasporti del 15.08.2007, nonché alla circolare Ministero Interni Prot. n. 300/A/5620/17/144/5/20/3 e Direttiva Minniti (art. 360, comma 1, n. 3) cod. proc. civ.). Nullità della sentenza e del procedimento (art. 360, comma 1, n. 4) cod. proc. civ.). Omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio (art. 360, comma 1, n. 5) cod. proc. civ.). Con una prima censura il ricorrente lamenta la violazione delle norme di legge menzionate dalle quali si evince -unitamente all ‘interpretazione data dalla giurisprudenza di legittimità – che la preventiva segnalazione univoca ed adeguata della presenza di sistemi elettronici di rilevamento della velocità costituisce un obbligo specifico ed inderogabile degli organi di Polizia Stradale, la cui violazione non può non riverberarsi sulla legittimità degli accertamenti determinandone la nullità. Ne deriva che è errata la conclusione cui perviene il giudice del gravame laddove afferma che il verbale di contestazione non deve fornire indicazioni circa la presenza del cartello di preavviso del dispositivo elettronico, prova specifica che grava sull’opponente. Con una seconda censura il ricorrente aggredisce la pronuncia nella parte in cui, con riferimento
alla natura della segnaletica fissa e mobile, non ha applicato quanto stabilito dalla direttiva Minniti del 2017, che decreta la necessità di segnaletica sia fissa che mobile nell’ipotesi, come quella di cui è causa, in cui i rilevamenti avvengono sporadicamente.
1.1. Il motivo è in parte in fondato e in parte inammissibile.
1.2. E’ infondato q uanto alla mancata indicazione nel verbale della presenza di segnalazione preventiva: come evidenziato nel ricorso, l’art. 4, D.L. 20 giugno 2002, n. 121 (convertito, con modificazioni, nella legge 1° Agosto 2002, n. 168) impone all’ente proprietario della strada di dare idonea informazione dell’installazione e della conseguente utilizzazione dei dispositivi di rilevamento elettronico della velocità. Analoga previsione è contenuta nell’art. 142, comma 6bis d.lgs. 30 Aprile 1992, n. 285 (Codice della Strada, CdS), a mente del quale le postazioni di controllo sulla rete stradale per il rilevamento della velocità devono essere preventivamente segnalate e ben visibili, ricorrendo all’impiego di cartelli o di dispositivi di segnalazione luminosi, conformemente alle norme stabilite nel regolamento di esecuzione del codice della strada.
Entrambe le norme impongono obblighi inderogabili a garanzia dell’utenza stradale, non avendo la Pubblica Amministrazione alcun margine di discrezionalità circa l’osservanza dei doveri di segnalazione o circa l’eventuale adozione di sistemi informativi alternativi che non assicurino la medesima trasparenza nell’attività di segnalazione (Cass. 7419/2009; Cass. 21634/2009; Cass. 5997/2014, Cass. 15899/2016).
Pur essendo la validità della sanzione amministrativa subordinata alla presegnalazione del dispositivo di rilevazione dell’infrazione, la sussistenza del cartello è, tuttavia, circostanza oggettiva, che ricade sotto la diretta percezione dei verbalizzati.
Proprio perché si tratta di obblighi di legge imposti alla P.A., non occorre -contrariamente a quanto argomentato in ricorso – che detto verbale contenga l’avvertimento puntuale, specifico, determinato che in quella data ora e a quella certa distanza dal punto di rilevazione era presente proprio un dato segnale, in modo da attestarne l’adeguatezza. Questa Corte ha stabilito che la circostanza che nel verbale di contestazione di una violazione dei limiti di velocità accertata mediante autovelox non sia indicato se la presenza dell’apparecchio sia stata preventivamente segnalata con apposito cartello non rende nullo il verbale stesso, sempre che di detta segnaletica venga comunque accertata l’esistenza (Cass. Sez. 6 – 2, Ordinanza n. 11792 del 18/06/2020, Rv. 658448 -01; Cass. Sez. 2, Ordinanza n. 1661 del 22/01/2019, Rv. 652248 – 01). Tale ultimo inciso deve essere interpretato nel senso dell’effettivo adempimento dell’obbligo di legge a cura dell’Amministrazione, del quale il verbalizzato può avere notizia sia tramite accesso al sito dell’Amministrazione, ove sono dettagliati tali adempimenti; ovvero in sede di contenzioso, posto che l’onere della prova della dimostrazione degli adempimenti di legge è a carico dell’Amministrazione stessa.
1.2.1. Il Tribunale di Torino ha rispettato i principi sopra riportati, ponendo a carico dell’opponente l’onere di provare la concreta inidoneità della segnaletica ad assolvere alla funzione di avviso della presenza di postazioni di controllo della velocità (v. sentenza p. 3, punto B) 5° capoverso), in linea peraltro con quanto già affermato da questa Corte in proposito (Cass. n. 6242 del 1999; Cass. n. 23566 del 2017).
1.3. E’ inammissibile la doglianza riferita all’utilizzo di postazioni di controllo fisse e mobili, perché carente di riferibilità alla ratio decidendi della sentenza impugnata, agli effetti dell’art. 366, comma 1, n. 4,
c.p.c. (Cass. Sez. 6 – 3, Ordinanza n. 19989 del 10/08/2017, Rv. 645361 – 01). Il Tribunale, citando il principio di diritto espresso da questa Corte successivamente all’intervento della Circolare menzionata (Cass. Sez. 6 – 2, Ordinanza n. 30207 del 2019), ha inteso sottolineare la funzione di avviso all’utenza assicurata da una qualsiasi postazione, mobile o fissa, con ciò conferendo alle indicazioni del Ministero il valore di ordini di servizio che nulla aggiungono alle disposizioni normative sopra richiamate, relative, appunto, alla necessità di adeguata segnalazione preventiva.
Con il secondo motivo si deduce violazione o falsa applicazione di legge con riferimento agli artt. 99 e 112 cod. proc. civ. (art. 360, comma 1, n. 3) cod. proc. civ.). Nullità della sentenza e del procedimento (art. 360, comma 1, n. 4) cod. proc. civ.). Omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio (art. 360, comma 1, n. 5) cod. proc. civ.). La tesi del ricorrente è che erroneamente il giudice del gravame ha considerato come motivo inammissibile, in quanto proposto nel divieto dei nova , quello in cui l’appellante censurava l’assenza di qualsiasi indicazione della doppia segnaletica fissa e mobile, posto che era stato sollevato dal ricorrente sin dall’atto introduttivo del ricorso al giudice di pace ove si legge: «Nel caso di specie, nel verbale non v’è traccia di riferimento alcuno alla segnaletica né tantomeno alla tipologia temporanea o fissa del segnale di preavviso di presenza di postazione di controllo … ».
2.1. Il motivo è infondato. Il tratto di ricorso sopra riportato conferma l’esattezza della decisione del giudice del gravame: la domanda dell’allora appellante era circoscritta, infatti, a diversa questione, ossia alla necessità di apporre segnaletica fissa e mobile, sulla quale in effetti il Tribunale si è pronunciato. Del diverso rilievo relativo all’assenza di qualsiasi indicazione della doppia segnaletica
fissa e mobile, una a destra e una a sinistra della carreggiata, non vi è traccia nel brano virgolettato.
Con il terzo motivo si deduce violazione o falsa applicazione di legge con riferimento agli artt. 115 e 421 cod. proc. civ., art. 2697 cod. Civ., art. 7 d.lgs. n. 150/2011, art. 142 CdS (art. 360, comma 1, n. 3) cod. proc. civ.). Nullità della sentenza e del procedimento (art. 360, comma 1, n. 4) cod. proc. civ.). Omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio (art. 360, comma 1, n. 5) cod. proc. civ.). Il ricorrente censura l’affermazione del giudice del gravame laddove ritiene che fosse onere del l’opponente, e non della P .A., provare la concreta inidoneità della segnaletica ad assolvere la funzione di avviso. A giudizio del ricorrente, invece, il Tribunale avrebbe dovuto applicare l’art. 115 cod. proc. civ., non essendo stata contestata dall’Amministrazione l’affermazione dell’opponente riguardo la scarsa visibilità e, in ogni caso, la mancata prova circa la visibilità avrebbe dovuto condurre all’accoglimento dell’opposizione a mente dell’art. 7, comma 10, d.lgs. n. 152/2011.
3.1. Avendo il Collegio rigettato il primo motivo di gravame, il terzo va dichiarato superato attenendo a questione connessa.
Con il quarto motivo si deduce violazione o falsa applicazione di legge con riferimento all’art. 45, comma 6, d.lgs. n. 285/1992, art. 2697 cod. civ., art. 7 d.lgs. n. 155/2011 (art. 360, comma 1, n. 3) cod. proc. civ.). Nullità della sentenza e del procedimento (art. 360, comma 1, n. 4) cod. proc. civ.). Omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio (art. 360, comma 1, n. 5) cod. proc. civ.). Il ricorrente considera errata la motivazione del Tribunale nella parte in cui ha ritenuto infondato il motivo d’appello con il quale l’opponente deduceva l’illegittimità del verbale per le mancate indicazioni circa taratura e funzionalità dell’apparecchio, verifiche periodiche imposte dalla Corte
costituzionale con sentenza n 113/2015, e prodotte solo in causa dalla P.A. Ciò anche in considerazione del fatto che, nel caso di specie, è stato negato l’accesso agli atti al ricorrente.
4.1. Il quarto motivo è infondato. A séguito dell’intervento della Corte costituzionale con la sentenza n. 113 del 2015 – con cui è stato dichiarato costituzionalmente illegittimo, per violazione dell’art. 3 Cost., l’art. 45, comma 6, del CdS nella parte in cui non prevede che tutte le apparecchiature impiegate nell’accertamento delle violazioni dei limiti di velocità siano sottoposte a verifiche periodiche di funzionalità e di taratura – tutte le apparecchiature di misurazione della velocità devono essere sottoposte a verifiche periodiche di funzionalità e di taratura, cui si correla l’obbligo della necessaria attestazione della loro verifica nel verbale di contestazione (v. in particolare, Cass. Sez. 6 – 2, Ordinanza n. 1921 del 24/01/2019, Rv. 652384 – 02).
Ciò posto, il punto è se, ai fini della legittimità della sanzione, è necessario che il verbale di contestazione contenga una specifica menzione, indicandone gli estremi, del certificato di taratura periodica. Al quesito ritiene il Collegio di dover dare risposta negativa, condividendo il consolidato orientamento giurisprudenziale al riguardo (v. da ultimo, Cass. n. 17574/2021). Questa Corte ha già evidenziato come tale indicazione non sia funzionale alla prova dell’effettuazione della taratura stessa, che va – difatti – fornita dall’amministrazione mediante la produzione delle relative certificazioni (Cass. 11776/2020; Cass. 32369/2018; Cass. 9645/2016). La Corte costituzionale, con la citata sentenza n. 113 del 2015, ha inoltre evidenziato la stretta correlazione che intercorre tra la previsione dell’art. 45, d.lgs. 285/1992 ed il successivo art. 142, che attribuisce alle risultanze delle rilevazioni della velocità tramite apparecchiature elettroniche il valore di piena prova delle violazioni.
E’ tale disposizione che invero armonizza in modo razionale le esigenze della tutela della sicurezza stradale assicurata anche dall’accertamento delle violazioni e dall’irrogazione delle sanzioni, e le situazioni soggettive dei soggetti sottoposti alle verifiche, i quali, in sede di opposizione al verbale di contestazione, sono, di norma, gravati della prova del cattivo funzionamento dell’apparecchiatura. Tale onere probatorio trova fondamento nella presunzione di affidabilità del mezzo tecnico impiegato, che consente di non ritenere pregiudicati oltre un limite ragionevole la certezza della rilevazione e dei sottesi rapporti giuridici e i diritti di difesa del soggetto sanzionato (cfr. Corte cost. 113/2015, par. 6.2.), fermo però che le rilevazioni della velocità mediante apparecchiature elettroniche possono assumere efficacia probatoria privilegiata solo se ne sia attestato il corretto funzionamento mediante la taratura ed il controllo periodico. Proprio la verifica costante di tale affidabilità rappresenta il fattore di contemperamento tra la certezza dei rapporti giuridici e il diritto di difesa del sanzionato. Il ragionevole affidamento che deriva dalla custodia e dalla permanenza della funzionalità delle apparecchiature, garantita quest’ultima da verifiche periodiche conformi alle relative specifiche tecniche, degrada tuttavia in assoluta incertezza quando queste ultime non vengono mai effettuate” (cfr. Cass. 5227/2018). In sostanza, la mancata menzione degli estremi del certificato di taratura non pregiudica i diritti di difesa del sanzionato, il quale può limitarsi a contestare l’effettuazione delle verifiche di regolare funzionamento dell’impianto, spostando sull’amministrazione l’onere di depositare la certificazione di taratura.
Le contestazioni dell’opponente circa la mancanza di detti controlli afferisce direttamente all’idoneità della fonte di prova impiegata per l’accertamento delle infrazioni, idoneità che l’amministrazione è tenuta
a dimostrare. Solo ove tale prova sia stata acquisita, l’opponente, per ottenere l’annullamento della sanzione, sarà tenuto a dimostrare che l’apparecchiatura era comunque malfunzionante (Cass. 5527/2018: in tal senso già Cass. 14040/2007; Cass. 15324/2006; Cass. 9441/2001; Cass. 8515/2001). Si giustifica – pertanto – che nessuna disposizione imponga, quale condizione di validità del verbale, la menzione del certificato di taratura (Cass. 5227/2018).
In altri termini, è solo in presenza di contestazioni da parte del soggetto sanzionato che spetta all’Amministrazione la prova positiva dell’iniziale omologazione e della periodica taratura dello strumento (Cass. Sez. 2, Sentenza n. 6579 del 2023; Cass. Sez. 6-2, Ordinanza n. 32369 del 13/12/2018). In presenza di detti elementi, di per sé sufficienti a dimostrare il corretto funzionamento dell’apparato di rilevazione della velocità – circostanza, quest’ultima, che costituisce elemento essenziale costitutivo della fattispecie sanzionatoria – spetta alla parte sanzionata l’onere della prova contraria (Cass. Sez. 2, Ordinanza n. 22015 del 2022; Cass. Sez. 2, Ordinanza n. 29093 del 18/12/2020; anche Cass. Sez. 6-2, Ordinanza n. 3538 1/02/2021, che ha confermato la sufficienza della produzione del certificato di taratura periodica, da parte della P.A., al fine di dimostrare la corretta verifica del funzionamento dell’apparato).
In definitiva, il Collegio rigetta il ricorso, liquida le spese secondo soccombenza come da dispositivo.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1quater D.P.R. n. 115 del 2002, sussistono i presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma dell’art. 13, comma 1 -bis , del D.P.R. n. 115 del 2002, se dovuto.
P.Q.M.
La Corte Suprema di Cassazione rigetta il ricorso e condanna la parte ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di legittimità, in favore della parte controricorrente, che liquida in complessivi € 1.200,00, di cui €200,00 per esborsi , oltre al rimborso delle spese forfettarie nella misura del 15% e agli accessori di legge.
Poiché il ricorso è stato proposto successivamente al 30 gennaio 2013, stante il tenore della pronuncia, va dato atto, ai sensi dell’art. 13, comma 1quater D.P.R. n. 115 del 2002, della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma dell’art. 13, comma 1 -bis , del D.P.R. n. 115 del 2002, se dovuto.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Seconda