Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 2 Num. 8846 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 2 Num. 8846 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: NOME COGNOME
Data pubblicazione: 03/04/2024
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 27766/2020 R.G. proposto da: RAGIONE_SOCIALE, domiciliata ex lege in ROMA, INDIRIZZO presso la CANCELLERIA della CORTE di CASSAZIONE, rappresentata e difesa dall’avvocato COGNOME (CODICE_FISCALE) -ricorrente- contro
PREFETTURA
UTG
TREVISO
-intimata- avverso SENTENZA di TRIBUNALE TREVISO n. 68/2020 depositata il 16/01/2020.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 31/01/2024 dal Consigliere COGNOME NOME.
FATTI DI CAUSA
Il giudizio trae origine dall’opposizione proposta dalla RAGIONE_SOCIALE a due ordinanze-ingiunzioni di pagamento, emesse il 4.7.2017,
alle h. 12.28 e 11.30, dal Prefetto di Treviso all’esito di distinti ricorsi proposti dal trasgressore in via amministrativa avverso i verbali di accertamento di infrazioni al Codice della Strada, elevati dalla Polizia municipale di Treviso, in relazione alla violazione, in due diverse occasioni, dell’art. 142, comma 7 e 8 , C.d.S, per superamento dei limiti di velocità accertato a mezzo di autovelox.
Il Giudice di Pace rigettò l’opposizione.
Il Tribunale di Treviso, con sentenza del 16.1.2020, confermò la decisione di primo grado.
Per la cassazione della sentenza d’appello, RAGIONE_SOCIALE ha proposto ricorso per cassazione sulla base di tre motivi.
La Prefettura di Treviso è rimasta intimata.
Il ricorso è stato avviato alla trattazione in camera di consiglio ai sensi dell’art. 380 -bis.1 cod. proc. civ.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Con il primo motivo di ricorso si deduce ‘l’illegittimità, erroneità e/o nullità (ai sensi dell’art.360 c.p.c., comma 1, n. 3, per violazione o falsa applicazione di norme di diritto) della sentenza n. 68/2020 del Tribunale ordinario di Treviso: omessa prova da parte della Pubblica Amministrazione delle contestate violazioni amministrative al Codice della Strada, D. Lgs n.285 del 1992, come dedotte con gli opposti verbali amministrativi e le successive ordinanze-ingiunzione prefettizia; e ciò in relazione al combinato disposto di cui agli articoli della Costituzione 3, 23, 24, comma 1, 25, comma 2, 101, comma 2, e 111, 47 della Carta dei Diritti dell’Unione Europea, nonché 6, 7 e 13 della CEDU (ratificata con L. 4.8.1955, n.848), come riconosciuti dall’art. 6 del Trattato U.E., 2 e 19 del Trattato U.E., 2697 e 2700, c.c., L. 24 novembre 1981, n. 689, 3, D. Lgs n. 30 aprile 1992,
n.285, 142, comma 6, D. Lgs n.1.9.2011, n.150 , 115 e 116, c.p.c.)’ : il ricorrente censura la sentenza impugnata per aver ritenuto provate le infrazioni pur in mancanza di specifici elementi probatori prodotti in giudizio riportanti la velocità del mezzo e di idoneo riscontro risultante dalle apparecchiature di rilevazione, debitamente omologate, circa i contestati eccessi di velocità. Sostiene il ricorrente che la documentazione fotografica presente sul sito internet era stata illegittimamente acquisita fuori dal giudizio e che era onere delle pubblica amministrazione provare l’esistenza di fatti integranti la violazione e la loro riferibilità al soggetto sanzionato.
Con il secondo motivo, così rubricato ‘ Illegittimità, erroneità e/o nullità (ai sensi dell’art.360, c.p.c., comma 1, n. 4): per nullità della sentenza n. 68/2020 del Tribunale ordinario di Treviso per errore di percezione sulla ritenuta sussistenza della prova delle contestate violazioni amministrative al Codice della Strada, come dedotte con gli opposti verbali amministrativi e le successive ordinanze ingiunzione prefettizie; e ciò in relazione al combinato disposto di cui agli articoli 115 c.p.c. e 116 c.p.c.’: il ricorrente censura la sentenza impugnata che, a suo avviso, sarebbe fondata su un errore percettivo, consistente nell’asserita esistenza delle fotografie del veicolo al momento della rilevazione delle presunte infrazioni, con l’indicazione della velocità mantenuta; il Tribunale avrebbe omesso di spiegare quali fossero le risultanze istruttorie, non avendo la pubblica amministrazione prodotto in giudizio le foto su cui si è basata la decisione.
Il terzo motivo di ricorso è così rubricato: ‘ illegittimità, erroneità e/o nullità (ai sensi dell’art.360 c.p.c., comma 1, n. 4): nullità della sentenza n. 68/2020 del Tribunale di Treviso: vizio di motivazione (motivazione apparente, perplessa o incomprensibile e/o
intrinsecamente contraddittoria in modo manifesto e irriducibile, travisamento); e ciò in relazione al combinato disposto di cui agli articoli Cost., 3, 23, 24, 25, 97, 101, comma 2, e 111, commi 1, 2 e 6; 296, comma 2, TFUE; 41, comma 2, lett. c., e 47, commi 1 e 2, Carta dei diritti fondamentali della U.E.; 19 del Trattato sull’U.E.; 6, e 13 CEDU (come ratificata con L. 4.8.1955, n.848), 112, 115, 116, 132, 134, 156 c.p.c.; 118 disp. att. c.p.c., 2697 e 2700 c.c.)’: si denuncia il vizio di apparenza della motivazione della sentenza impugnata, che ha confermato la pronuncia di primo grado senza confrontarsi con le puntuali deduzioni svolte dall’appellante nell’atto di gravame, riguardo alla prospettata carenza di prova degli illeciti contestati, con particolare riferimento alla mancata produzione, da parte dell’amministrazione , della documentazione fotografica.
I motivi, che per la loro connessione vanno esaminati congiuntamente, sono infondati.
Le questioni prospettate sono state già decise da questa Corte con ordinanza della Seconda Sezione Civile del 14/09/2023, n.26511 in un precedente riguardante la medesima violazione, in cui il ricorrente aveva proposto le medesime censure.
Ha osservato il collegio, con motivazione che si condivide che, in materia di violazione delle norme del Codice della Strada relative ai limiti di velocità, l’efficacia probatoria dello strumento rivelatore del superamento di tali limiti (“autovelox”), che sia omologato e sottoposto a verifiche periodiche, opera fino a quando sia accertato, nel caso concreto, sulla base di circostanze allegate dall’opponente e debitamente provate, il difetto di costruzione, installazione o funzionamento del dispositivo elettronico ( Cass. 12.7.2018, n.18354).
Nel caso di specie, il giudice d’appello ha ritenuto provata la violazione del limite di velocità previsto dal C.d.S, sulla base dell’accertamento compiuto tramite autovelox.
Si aggiunga che non risulta che l’appellante abbia dedotto, quale specifico motivo di impugnazione della pronuncia del Giudice di Pace, l’assenza di omologazione dell’apparecchio autovelox.
Quanto all’omessa produzione delle fotografie, che sarebbero state visionate dal sito internet del Comune, non sussiste il lamentato errore percettivo da parte del giudice d’appello sul contenuto del materiale probatorio acquisito nel giudizio di merito, né la violazione del principio dell’onere della prova, che grava sull’amministrazione.
Il Tribunale di Treviso si è attenuto al principio di diritto, per il quale, in tema di violazione dei limiti di velocità nella circolazione stradale, rilevabili, a norma del comma 6 dell’art.142 , C.d.S, approvato con D. Lgs n.285 del 1992, a mezzo di apparecchiature debitamente omologate, è ininfluente – di per sé – il fatto che, nel giudizio di opposizione proposto avverso la relativa ordinanza ingiunzione di pagamento della sanzione amministrativa, il Prefetto non trasmetta il rilievo fotografico effettuato a mezzo di apparecchiatura “autovelox”. Ciò, in quanto, da un lato, ben può il giudice, ove lo ritenga necessario, acquisire il rilievo fotografico in questione e, dall’altro, il verbale di accertamento dell’infrazione fa piena prova – in sé – e fino a querela di falso, dei fatti in esso attestati dal pubblico ufficiale come avvenuti in sua presenza e descritti senza margini di apprezzamento, nonché della sua provenienza dal pubblico ufficiale.
L’accertamento delle violazioni delle norme sulla velocità deve ritenersi provato sulla base delle verbalizzazioni dei rilievi delle apparecchiature previste dal detto art. 142, facendo prova, il verbale in questione, fino a querela di falso, dell’effettuazione di tali rilievi, e
fermo restando che le risultanze di essi valgono – invece – fino a prova contraria, che può essere data dall’opponente, in base alla allegazione e prova del difetto di funzionamento di tali dispositivi, da fornirsi in base a concrete circostanze di fatto (Cass. 7667/97; Cass.12689/99; Cass. 1380/2000; Cass. 16697/2003).
Nel caso di specie, i giudici di merito hanno acquisito la documentazione via internet dal sito del Comune, sicchè non va ravvisata alcuna violazione del principio dell’onere della prova, né del diritto di difesa, potendo la parte, avuta visione delle fotografie, contestarle o impugnarle con querela di falso.
Quanto alla prospettata carenza strutturale della motivazione, è dato rilevare che la sentenza d’appello reca una struttura argomentativa chiara e sintetica, che soddisfa senz’altro il requisito del “minimo costituzionale”, come delineato dalla giurisprudenza di questa Corte (ex multis Cass. Sez. Unite 27.12.2019, n.34476; Cass. Sez. Un. 8053/2014).
Il ricorso va, pertanto, rigettato.
Nulla si deve statuire in punto di spese del presente giudizio di legittimità, non avendo la parte intimata svolto attività difensiva.
Ai sensi dell’art.13, comma 1 quater, del DPR 115/2002, va dato atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma del comma 1 -bis dello stesso art.13, se dovuto.
P.Q.M.
rigetta il ricorso.
Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da
parte del ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 -bis, se dovuto.
Così deciso in Roma, nella Camera di Consiglio della Seconda Sezione