Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 2 Num. 24391 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 2 Num. 24391 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 02/09/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 20870/2024 R.G. proposto da:
RAGIONE_SOCIALE elettivamente domiciliata in ROMA INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato COGNOME rappresentata e difesa dall’avvocato COGNOME
-RICORRENTE- contro
RAGIONE_SOCIALE, elettivamente domiciliata in BOLOGNA INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato COGNOME che la rappresenta e difende unitamente agli avvocati COGNOME COGNOME COGNOME -CONTRORICORRENTE- nonché
RAGIONE_SOCIALE COGNOME.
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INTIMATI- avverso l’ ORDINANZA del TRIBUNALE BOLOGNA n. 14672/2022 depositata il 26/08/2024.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 22/05/2025 dal Consigliere NOME COGNOME
RAGIONI IN FATTO E IN DIRITTO DELLA DECISIONE
L’RAGIONE_SOCIALE ha proposto regolamento di competenza sulla base di tre motivi avverso l’ordinanza del Tribunale di Bologna n. 14672/2022. La RAGIONE_SOCIALE ha resistito con memoria; l’RAGIONE_SOCIALE non ha formulato difese.
Le parti costituite hanno depositato memorie illustrative.
1.1 La ricorrente, avvalendosi della clausola compromissoria contenuta nel contratto di appalto stipulato con la Svecom in data 22.10.2015, aveva chiesto al collegio arbitrale la condanna di detta società al pagamento di una penale pattuita nella successiva scrittura privata del 12.12.2016, per il ritardo nella consegna e installazione di un macchinario. Costituitasi nel giudizio arbitrale la convenuta aveva eccepito l’incompetenza degli arbitri, sostenendo che la penale era stata oggetto di una pattuizione autonoma, non contenuta nel contratto originario e per la quale non poteva operare la clausola compromissoria.
In accoglimento dell’ec cezione, il Collegio arbitrale ha dichiarato la propria incompetenza, rimettendo le parti dinanzi al Tribunale di Bologna.
La ricorrente ha riassunto il giudizio, chiedendo il pagamento anche di una penale aggiuntiva prevista per il ritardo nell’avviamento e collaudo del macchinario.
La COGNOME ha eccepito l ‘incompetenza del giudice, invocando la clausola compromissoria; ha chiesto la chiamata in causa dell’ RAGIONE_SOCIALE (società che aveva progettato il macchinario oggetto dell’appalto) e di NOME COGNOME per essere manlevata in caso di condanna.
Al l’esito il Tribunale ha ritenuto ammissibile l’eccezione di incompetenza e ha affermato che la clausola compromissoria contenuta nel contratto di appalto del 22.10.2015 era efficace anche per le penali contenute nella scrittura del 12.12.2016, meramente integrativa del contratto originario.
Il primo motivo di ricorso denuncia la violazione dell’art. 819 ter c.p.c., per aver il tribunale ritenuto ammissibile l’eccezione di incompetenza sollevata dalla convenuta, trascurando che il giudizio riassunto era la prosecuzione della causa arbitrale, dovendosi applicare analogicamente l’art. 44 c.p.c. che r ende incontestabile la competenza ad opera del giudice ad quem ove la pronuncia non sia impugnata nei modi di legge, allo scopo di evitare un conflitto negativo di competenza in pregiudizio del diritto alla tutela giurisdizionale e a una pronuncia sul merito della causa.
Il secondo motivo denuncia la violazione dell’art. 819 ter, comma primo, c.p.c., lamentando che la RAGIONE_SOCIALE, avendo contestato dinanzi agli arbitri l’operatività della clausola compromissoria per il pagamento delle penali contemplate nella scrittura del 2016 e avendo poi eccepito il contrario dinanzi al giudice, avrebbe tenuto una condotta contraria ai doveri di lealtà e di buona fede, in violazione del divieto di venire contra factum proprium .
Il terzo motivo denuncia la violazione degli artt. 807, 808, 808 quater c.p.c., sostenendo che la scrittura del 2016, che prevedeva il pagamento di penali, non costituiva una semplice integrazione dell’originario contratto nel quale era in serita la clausola compromissoria, ma una scrittura autonoma contenente pattuizioni negoziali aggiuntive, per la quale non poteva operare la clausola compromissoria inserita nel precedente contratto di appalto.
2.1. Deve anzitutto darsi atto della tempestività della riassunzione della causa.
Il processo dinanzi agli arbitri è stato incardinato nel 2022 per cui, pur non applicandosi l’art. 819 quater c.p.c., introdotto dal d.lgs. 149/2022, che opera per i giudizi proposti dal 28.2.2023, deve considerarsi che nei rapporti tra arbitri e giudici opera la translatio iudicii a seguito della pronuncia di parziale incostituzionalità dell’art. 819 ter c.p.c., ed è applicabile l’art. 50 c.p.c. (Cass. 26949/2021).
Mancando nella declaratoria di incompetenza la fissazione di un termine, la riassunzione doveva avvenire entro tre mesi dalla comunicazione della pronuncia, comunicazione di cui non si ha traccia in atti, sicché la riassunzione non può considerarsi tardiva, in mancanza di notificazione (per il giudizio ordinario: Cass. 22002/2012; Cass. 26949/2021).
Era lecito introdurre dinanzi al giudice ad quem una domanda aggiuntiva essendo rispettato il contraddittorio, poiché, secondo quanto già sostenuto da questa Corte, ove la nuova domanda fosse ritenuta inammissibile, la necessità di introdurre un nuovo giudizio da riunire al precedente, si tradurrebbe in un inutile dispendio di attività processuale, in contrasto con il principio della ragionevole durata del processo (Cass. 223/2011; Cass. 15753/2014; Cass. 132/2016).
2.2. Deve dichiararsi la competenza del tribunale.
I rapporti tra giudice ed arbitro sono regolati dall’art. 819 ter c.p.c.. La norma, nel testo originario, prevedeva che a tali rapporti non si applicassero gli artt. 44, 45, 48, 50 e 295 c.p.c., escludendo la riassunzione del giudizio dinanzi al giudice o all’arbitro , e la pronuncia declinatoria della competenza non era vincolante in caso di riassunzione.
L’art. 819 ter c.p.c. è stato dichiarato incostituzionale nella parte in cui escludeva l’applicabilità, ai rapporti tra arbitrato e processo, di regole corrispondenti all’articolo 50 c.p.c., cagionando, in caso di pronuncia del giudice ordinario di diniego della propria competenza a favore di quella dell’arbitro (o nell’ipotesi inversa), l’impossibilità di far salvi gli effetti sostanziali e processuali dell’originaria domanda proposta davanti al giudice ordinario (oppure all’arbitro, nel caso opposto; Corte cost. 223/2013).
La Corte costituzionale ha ricordato che, con la disciplina adottata con il d.lgs. 40/2006, i rapporti tra arbitro e giudice ordinario si configurano in termini di competenza, non di giurisdizione, e che
l’arbitrato costituisce una modalità di risoluzione delle controversie alternativa a quella giudiziale, rispetto alla quale si profilano le medesime esigenze di conservazione degli effetti della domanda garantita dalla translatio iudicii .
L ‘effetto della pronuncia n. 223/2013 è, appunto, l’applicabilit à dell’art. 50 c.p.c. nei rapporti tra arbitri e giudici (Cass. 26949/2021), ma l ‘ illegittimità della previsione è solo parziale e non ha comportato, in via consequenzi ale, l’illegittimità della norm a che esclude che la decisione sulla competenza vincoli il giudice ad quem, avendo la Corte costituzionale esplicitamente fatto salva la restante parte dell’art. 819 ter c.p.c. (Corte cost. 223/2013 , par. 4).
La previsione, in parte qua, è rimasta inalterata anche dopo l’adozione del d.lgs. 149/2022, che, sebbene intervenuto sul giudizio arbitrale, non ha introdotto, in proposito, alcuna novità.
Si deve inoltre considerare che, sia pure in tema di giurisdizione, la Corte costituzionale, nel dichiarare illegittime le norme processuali del giudizio amministrativo nella parte in cui non prevedevano la translatio iudicii, ha ritenuto doverosa sul piano costituzionale la previsione di un meccanismo di salvezza degli effetti sostanziali e processuali della domanda, lasciando al legislatore la scelta se mantenere in vita il principio per cui ogni giudice è giudice della propria giurisdizione ovvero adottare l’opposto principio seguito dal codice di procedura civile (art. 44) per la competenza (Corte cost. 77/2007, par. 8), a conferma che l’applicabilità dell’art. 44 c.p. c. in caso di riassunzione della causa non è costituzionalmente imposta.
La dottrina ha suggerito di superare le complicazioni ed il vulnus alle esigenze di corretto funzionamento della translatio iudicii nei rapporti tra giudici ed arbitri, riconoscendo comunque -in via interpretativa – il vincolo della pronuncia di incompetenza in virtù dell’unitarietà del giudizio o in applicazione dell’art. 59 L. 69/2009 in tema di giurisdizione, soluzione cui si oppongono l ‘inapplicabilità dell’art. 44 c.p.c. esplicitamente statuita dall’art. 819 ter c.p.c., e l’insussistenza
di un vincolo della declaratoria di incompetenza per il giudice (o l’arbitro) della causa riassunta, oltre che la configurazione dei rapporti tra giudice ed arbitri in termini di competenza, non di giurisdizione.
È possibile che il giudice (o l’arbitro) ad quem possa, in presenza di un’eccezione di parte (non essendo l’incompetenza rilevabile d’ufficio), dichiararsi a sua volta incompetente, dando luogo ad un conflitto negativo, situazione che, in tema di giurisdizione, autorizza il ricorso in cassazione ai sensi dell’art. 362 c.p.c. senza limiti di tempo (cfr., per la soluzione dei conflitti di competenza tra giudici: Cass. 1009/2003, Cass. 5713/2013, Cass. 2081/2018).
In tema di arbitrato la declaratoria di incompetenza adottata dagli arbitri è impugnabile per nullità ai sensi dell’art. 827 c.p.c. dinanzi alla Corte d’appello nei casi di questioni non compromettibili, che non hanno formato oggetto di compromesso o in caso di nullità della convenzione arbitrale (Cass. 23473/2017), mentre la pronuncia del giudice è sottoposta al regolamento di competenza (art. 819 ter, comma terzo, c.p.c.: Cass. 19268/2012).
Ciò posto, ritiene questa Corte che non occorra farsi carico dei dubbi e delle ricadute dell’inapplicabilità dell’art. 44 c.p.c., potendo la competenza essere regolata, nella fattispecie, già solo mediante lo scrutinio di ammissibilità dell’eccezione sollevata dinanzi al tribunale. Va considerato che la medesima parte che aveva visto accogliere la propria eccezione di incompetenza dagli arbitri, ha riproposto l ‘ eccezione al giudice della causa riassunta allo scopo di ottenere una pronuncia di incompetenza anche del l’autorità giudiziaria ordinaria, con deduzione difensiva che si è risolta nella riproposizione di argomentazioni esattamente contrarie a quelle formulate dinanzi all’arbitro e in una richiesta di riesame del lodo che la resistente non sarebbe stata legittimata neppure ad impugnare, non potendo sollevare la questione dinanzi alla Corte d’appello nei termini poi proposti al Tribunale , essendo vincitrice sull’eccezione di rito .
In definitiva, non può ammettersi la proposizione d ell’eccezione contraria a quella sollevata dalla stessa parte dinanzi agli arbitri e da questi accolta, in violazione del divieto di venire contra factum proprium, con deduzione che, in assenza di altro concreto interesse (ricollegabile alla soluzione delle posizioni di merito), appare rivolta unicamente ad impedire o ritardare la pronuncia sulla pretesa azionata, piegando ad un utilizzo abusivo lo strumento processuale esperito, con un oggettivo aggravio della posizione processuale della ricorrente per effetto della dilatazione dei tempi del processo.
Non rileva che con la riassunzione sia stato chiesto il pagamento anche della penale per il collaudo, poiché entrambe le penali erano contenute nella medesima scrittura integrativa redatta nel 2016 e, con l’eccezione, è stato posto in discussione il solo profilo comune dell’operatività della clausola compromissoria in ragione dell’ autonomia o del carattere meramente integrativo del patto successivo, sicché anche rispetto alla nuova domanda, la resistente ha sollevato solo argomenti contrari a quelli formulati anteriormente. Data l’i nammissibilità dell’eccezione, il Tribunale non poteva dichiarare la propria incompetenza, dovendo trattenere la causa e deciderla nel merito.
È assorbita ogni altra questione.
È, per tali ragioni, accolto il secondo motivo di ricorso, sono assorbiti gli altri, la pronuncia è cassata in relazione al motivo accolto e va dichiarata la competenza del Tribunale di Bologna, dinanzi al quale vanno rimesse parti, con riassunzione nel termine di legge.
Le spese sono compensate per la novità della questione.
P.Q.M.
accoglie il secondo motivo di ricorso, dichiara assorbiti gli altri, cassa la pronuncia impugnata in relazione al motivo accolto, e conseguentemente dichiara la competenza del Tribunale di Bologna, dinanzi al quale rimette le parti con riassunzione nel termine di legge.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Seconda sezione