LexCED: l'assistente legale basato sull'intelligenza artificiale AI. Chiedigli un parere, provalo adesso!

Venire contra factum proprium: la Cassazione decide

Una società, dopo aver ottenuto una dichiarazione di incompetenza da un collegio arbitrale, ha riproposto la tesi opposta dinanzi al giudice ordinario. La Corte di Cassazione ha censurato tale comportamento contraddittorio, applicando il principio del venire contra factum proprium e affermando la competenza del tribunale. La decisione sottolinea come l’abuso degli strumenti processuali, contrario a buona fede, non sia tollerato dall’ordinamento.

Prenota un appuntamento

Per una consulenza legale o per valutare una possibile strategia difensiva prenota un appuntamento.

La consultazione può avvenire in studio a Milano, Pesaro, Benevento, oppure in videoconferenza.

02.37901052
8:00 – 20:00
(Lun - Sab)

Venire Contra Factum Proprium: la Cassazione sanziona l’abuso del processo

Il principio di lealtà e buona fede processuale è un pilastro del nostro ordinamento. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione ha riaffermato con forza questo concetto, sanzionando il comportamento contraddittorio di una parte in giudizio. Il caso esaminato offre un chiaro esempio di come non sia consentito avvalersi degli strumenti processuali in modo pretestuoso, applicando il divieto di venire contra factum proprium, ovvero di agire in contraddizione con il proprio precedente comportamento.

I Fatti del Caso: dall’Arbitrato al Tribunale

La vicenda trae origine da un contratto di appalto stipulato nel 2015, contenente una clausola compromissoria che devolveva le controversie a un collegio arbitrale. Successivamente, nel 2016, le parti avevano pattuito una penale per il ritardo nella consegna di un macchinario.

La società acquirente, lamentando il ritardo, avviava un giudizio arbitrale per ottenere il pagamento della penale. La società venditrice, convenuta in arbitrato, eccepiva l’incompetenza degli arbitri, sostenendo che la scrittura del 2016 fosse un patto autonomo e non coperto dalla clausola compromissoria del contratto originario. Il collegio arbitrale accoglieva l’eccezione, dichiarava la propria incompetenza e rimetteva le parti davanti al Tribunale ordinario.

A questo punto, si verificava il colpo di scena: la società venditrice, una volta convenuta davanti al Tribunale, cambiava radicalmente la propria linea difensiva. Sosteneva, infatti, l’esatto contrario di quanto affermato in sede arbitrale, eccependo l’incompetenza del giudice ordinario e l’operatività della clausola compromissoria. Il Tribunale, incredibilmente, accoglieva questa nuova eccezione, dichiarando a sua volta la propria incompetenza. Contro questa decisione, la società acquirente proponeva regolamento di competenza alla Corte di Cassazione.

La questione del Venire Contra Factum Proprium nella decisione della Corte

Il nodo centrale della questione, affrontato dalla Suprema Corte, è proprio l’inammissibilità di questo comportamento processuale ondivago. La Cassazione ha accolto il ricorso basandosi sul secondo motivo, che denunciava la violazione del divieto di venire contra factum proprium.

L’Inammissibilità dell’Eccezione Contraddittoria

La Corte ha stabilito che non può essere ammessa la proposizione di un’eccezione contraria a quella sollevata dalla stessa parte in una fase precedente del medesimo contenzioso e, per di più, accolta. Tale condotta viola il dovere di lealtà e buona fede processuale. Il comportamento della società resistente è stato qualificato come un abuso dello strumento processuale, finalizzato unicamente a impedire o ritardare una pronuncia sul merito della pretesa, con un conseguente e ingiustificato allungamento dei tempi del processo.

Le motivazioni della Cassazione

I Giudici di legittimità hanno ritenuto che la medesima parte che aveva visto accogliere la propria eccezione di incompetenza dagli arbitri non potesse, in un secondo momento, riproporre un’eccezione di segno opposto dinanzi al giudice della causa riassunta. Questo cambio di strategia, non supportato da alcun nuovo interesse concreto se non quello dilatorio, si risolve in una riproposizione di argomentazioni esattamente contrarie a quelle formulate in precedenza.

La Corte ha evidenziato che una simile condotta, oltre a violare il principio di buona fede, mina l’affidamento processuale e piega le regole del processo a scopi pretestuosi. Pertanto, l’eccezione di incompetenza sollevata davanti al Tribunale era da considerarsi fin da subito inammissibile. Data l’inammissibilità dell’eccezione, il Tribunale non avrebbe dovuto dichiarare la propria incompetenza, ma trattenere la causa per deciderla nel merito.

Le conclusioni

In conclusione, la Corte di Cassazione ha cassato l’ordinanza impugnata e ha dichiarato la competenza del Tribunale di Bologna. La decisione rappresenta un importante monito: le parti devono mantenere una condotta processuale coerente e leale. Il principio del divieto di venire contra factum proprium non è una mera enunciazione teorica, ma uno strumento concreto per garantire la ragionevole durata del processo e per sanzionare gli abusi che ne ostacolano il corretto svolgimento. La giustizia non può essere paralizzata da tattiche processuali contraddittorie e meramente dilatorie.

Una parte può prima contestare la competenza degli arbitri e poi, una volta in tribunale, contestare la competenza del giudice sostenendo la tesi opposta?
No. La Corte di Cassazione ha stabilito che tale comportamento è contrario al principio del venire contra factum proprium (divieto di contraddizione) e costituisce un abuso dello strumento processuale, volto unicamente a ritardare il processo.

L’eccezione di incompetenza sollevata in modo contraddittorio è ammissibile?
No, la Corte ha dichiarato inammissibile l’eccezione di incompetenza sollevata dalla parte resistente davanti al tribunale, proprio perché si basava su argomentazioni opposte a quelle sostenute con successo nella precedente fase arbitrale.

Qual è l’effetto di una condotta processuale contraria a buona fede?
Secondo la decisione, una condotta processuale che viola il dovere di lealtà e buona fede, manifestandosi in un’opposizione contraddittoria, porta all’inammissibilità della richiesta o eccezione. Di conseguenza, il giudice investito della causa deve trattenerla e deciderla nel merito.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

Desideri approfondire l'argomento ed avere una consulenza legale?

Prenota un appuntamento. La consultazione può avvenire in studio a Milano, Pesaro, Benevento, oppure in videoconferenza / conference call e si svolge in tre fasi.

Prima dell'appuntamento: analisi del caso prospettato. Si tratta della fase più delicata, perché dalla esatta comprensione del caso sottoposto dipendono il corretto inquadramento giuridico dello stesso, la ricerca del materiale e la soluzione finale.

Durante l’appuntamento: disponibilità all’ascolto e capacità a tenere distinti i dati essenziali del caso dalle componenti psicologiche ed emozionali.

Al termine dell’appuntamento: ti verranno forniti gli elementi di valutazione necessari e i suggerimenti opportuni al fine di porre in essere azioni consapevoli a seguito di un apprezzamento riflessivo di rischi e vantaggi. Il contenuto della prestazione di consulenza stragiudiziale comprende, difatti, il preciso dovere di informare compiutamente il cliente di ogni rischio di causa. A detto obbligo di informazione, si accompagnano specifici doveri di dissuasione e di sollecitazione.

Il costo della consulenza legale è di € 150,00.

02.37901052
8:00 – 20:00
(Lun - Sab)

Articoli correlati