Ordinanza di Cassazione Civile Sez. U Num. 22701 Anno 2025
Civile Ord. Sez. U Num. 22701 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 05/08/2025
Sul ricorso iscritto al n. r.g. 15242/2023 proposto da:
COGNOME rappresentato e difeso dall’avvocato NOME COGNOME;
-ricorrente –
contro
COMUNE DI META, COGNOME, COGNOME;
– intimati – avverso la sentenza non definitiva n. 4869/2023 del CONSIGLIO DI STATO, depositata il 16/05/2023.
Udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 15/04/2025 dal Consigliere NOME COGNOME
lette le conclusioni scritte del Sostituto Procuratore Generale NOME COGNOME il quale chiede il rigetto del ricorso.
FATTI DI CAUSA
NOME COGNOME, conduttore di immobile ad uso abitativo di proprietà del Comune di Meta, aveva impugnato, con ricorso al Tribunale amministrativo regionale per la Campania, le deliberazioni n. 14 del 30 marzo 2017 e 41 dell’11 agosto 2017, con le quali il Consiglio Comunale di Meta aveva approvato, rispettivamente, ai sensi della legge n. 133/2008, il nuovo «piano di alienazione e valorizzazione immobiliari/annualità 2017-2019» e la successiva variazione del piano medesimo, stimando il valo re dell’immobile locato al Russo in € 333.668,62.
Prima dell’adozione di detti atti l’ente territoriale aveva, con delibera n. 52 del 19 ottobre 2016, incluso nel programma di alienazione del patrimonio immobiliare disponibile l’immobile condotto in locazione dal Russo, del quale, sulla base della relazione tecnica redatta dal funzionario del Servizio Patrimonio, aveva determinato il valore di mercato in € 190.000,00. A seguito di espressa richiesta proveniente dall’amministrazione comunale il Russo aveva, con nota del 1° marzo 2017, manifestato il suo int eresse all’acquisto.
Deliberati il nuovo piano e la successiva variazione, il Comune aveva formalmente formulato l’offerta di vendita ed invitato il ricorrente a sottoscrivere l’atto di accettazione dell’acquisto al prezzo indicato nella deliberazione dell’11 agosto 2017, magg iorato rispetto a quello quantificato nella relazione tecnica allegata alla delibera n. 52/2016.
NOME COGNOME aveva, pertanto, adito il TAR Campania, lamentando l’illegittimità della procedura di dismissione del patrimonio immobiliare ex lege n. 133/2008 e l’evidente incongruità del prezzo stabilito per l’immobile offerto in vendita, perché di gran lunga superiore a quello di mercato.
Pendente il giudizio, il Comune adottava la deliberazione n. 9 del 25 gennaio 2018, che, secondo quanto comunicato dall’amministrazione al Russo con nota del 6 luglio 2018, escludeva l’immobile condotto in locazione dall’elenco delle unità immobiliari «oggetto di valorizzazione e successiva alienazione». Nella nota indicata si precisava che nei confronti del conduttore non avrebbero più
prodotto effetti le deliberazioni adottate dal Consiglio Comunale nell’anno 2017, oggetto di impugnazione.
Il Russo impugnava anche l’ultimo atto, qualifica ndolo «complesso di ritiro», e formulava motivi aggiunti, con i quali denunciava l’eccesso di potere per carenza di istruttoria e di motivazione nonché per disparità di trattamento e deduceva, quanto a quest’ultima ragione di illegittimità, che gli unici immobi li rimasti inclusi nell’elenco adottato con la deliberazione n. 9/2018 erano quelli detenuti in locazione da soggetti che avevano esercitato il diritto di opzione alle condizioni imposte dall’ente terri toriale o avevano richiesto una proroga del termine.
Il TAR, con sentenza n. 2209/2019, dichiarava inammissibili per difetto di giurisdizione i motivi aggiunti, rilevando che con gli stessi il ricorrente aveva in sostanza denunciato la violazione del diritto di opzione all’acquisto , e riteneva improcedibile il ricorso per sopravvenuta carenza di interesse all ‘ impugnazione degli atti relativi alla proposta di vendita.
Il Consiglio di Stato, con la pronuncia non definitiva impugnata in questa sede, n. 4869 del 16 maggio 2023, ha rigettato il motivo di appello inerente al dichiarato difetto di giurisdizione e, attraverso il richiamo a principi espressi da questa Corte regolatrice, ha evidenziato che il Russo con i motivi aggiunti aveva fatto valere il suo diritto di opzione, asseritamente leso da un atto non autoritativo, adottato dal Comune nell’ambito dell’attività negoziale dell’amministrazione.
Ha, invece, ritenuto sussistente la giurisdizione del giudice amministrativo sull’impugnazione originaria, concernente la congruità del prezzo di alienazione, ed ha evidenziato che la sopravvenuta carenza di interesse non poteva essere dichiarata prima della pronuncia del giudice ordinario sulla legittimità o meno del provvedimento di esclusione dell’immobile dall’elenco dei beni destinati all’alienazione. Ha, quindi, sospeso il giudizio in attesa della definizione di quello pregiudicante.
Avverso questa decisione NOME COGNOME ha proposto ricorso ex art. 362, comma 1, c.p.c. sulla base di un unico motivo, al quale non hanno opposto difese il Comune di Meta, NOME COGNOME e NOME COGNOME rimasti intimati.
L’Ufficio della Procura generale ha depositato conclusioni scritte ed ha chiesto il rigetto del ricorso.
Il ricorrente ha depositato memoria.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Il ricorso denuncia «illegittimità della pronunciata carenza di giurisdizione sui motivi aggiunti annessi al ricorso al Tar -violazione dell’art. 7 del codice del processo amministrativo in relazione al comma 8, art. 111 Cost. nonché artt. 362 cod. proc. civ. e 110 cod. proc. amm.».
Il ricorrente premette che non si attagliano alla fattispecie i precedenti giurisprudenziali richiamati nella motivazione della sentenza impugnata e deduce che attraverso la formulazione dei motivi aggiunti era stato censurato l’esercizio del potere autoritativo e discrezionale dell’amministrazione , la quale, dopo avere incluso l’immobile fra quelli destinati all’alienazione, aveva rivisto le proprie determinazioni, decidendo di «escludere/ritirare» l’abitazione dal piano inizialmente redatto. L’azione non aveva ad oggetto la violazione del diritto di prelazione, atteso che l’immobile non era stato alienato a terzi, e la posizione giuridica che il ricorrente aveva fatto valere in giudizio era ed è di mero interesse legittimo, venendo in rilievo provvedimenti di programmazione delle alienazioni immobiliari e non atti assunti con le capacità ed i poteri del privato.
Il ricorso è fondato.
In premessa occorre ribadire l’orientamento, da tempo espresso da queste Sezioni Unite, secondo cui la materia della dismissione degli immobili di proprietà dello Stato, degli enti territoriali e degli enti pubblici non rientra nell’ambito della giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo , sicché opera l’ordinario criterio di riparto, fondato sul petitum sostanziale, che va identificato soprattutto in funzione della causa petendi , ossia dell’intrinseca natura della situazione soggettiva fatta valere in giudizio (Cass. S. U. 28 maggio 2020 n. 10082; Cass. S.U. 14 aprile 2020 n. 7831; Cass. S.U. 7 settembre 2015 n. 17684).
E’ stato anche affermato, ed al principio deve essere qui data continuità, che la procedura di dismissione si articola in fasi successive e nella prima, che comprende l’individuazione dei beni da alienare, la determinazione del prezzo, la procedura di evidenza pubblica finalizzata all’individuazione dell’acquirente, la Pubblica Amministrazione esercita poteri autoritativi e adotta atti che sono espressione di discrezionalità, sia pure tecnica, da esercitare nei limiti di legittimità imposti dalla normativa vigente. In questa fase, dunque, il conduttore dell’immobile è titolare di un interesse legittimo di tipo pretensivo alla corretta individuazione dei beni da dismettere ed alla quantificazione del prezzo in conformità ai criteri indicati dal legislatore, sicché resta escluso un sindacato di merito del giudice ordinario di tipo sostitutivo delle valutazioni esp resse dall’amministrazione pubblica (cfr. Cass. S.U. n. 17684/2015 cit. e Cass. S.U. 22 aprile 2013 n. 9692).
Il diritto soggettivo di opzione del privato conduttore dell’immobile è configurabile solo nella fase successiva e sorge una volta che l’ente, con la formulazione dell’offerta in tutte le sue componenti, abbia esaurito l’esercizio dei poteri pubblicistici, di talché appartiene alla giurisdizione del giudice ordinario la controversia con la quale quel diritto venga fatto valere, a fronte di una condotta dell’amministrazione che ne contesti la spettanza.
2.1. Calando nella fattispecie i richiamati principi, si perviene ad affermare la giurisdizione del giudice amministrativo in relazione ad entrambe le questioni poste dal ricorso e dai motivi aggiunti formulati dal Russo dinanzi al T.A.R.
Invero , quanto all’impugnazione originaria, basterà richiamare le argomentazioni espresse, da ultimo, da Cass. S.U. n. 7831/2020, cit., sulla natura autoritativa e discrezionale della determinazione del prezzo di vendita, a fronte della quale il privato condutto re dell’immobile, è titolare, come si è detto, di un mero interesse legittimo al corretto esercizio del potere.
Ad analoghe conclusioni si perviene quanto ai motivi aggiunti, che pongono in discussione la legittimità della deliberazione n. 9/2018, con la quale il Consiglio Comunale, in pendenza della procedura avviata ma non ancora conclusa, ha
approvato un nuovo ‘ piano delle alienazioni e valorizzazioni immobiliari 2018/2020’, non includendo fra le unità oggetto di dismissione quella condotta in locazione dal ricorrente.
Come evidenziato dallo stesso Consiglio di Stato in fattispecie sovrapponibile a quella oggetto di causa (cfr. C.d.S. 10 novembre 2023 n. 9638), il ricorrente nell’impugnare l’atto in parola, non ha lamentato, se non in via del tutto indiretta ed al fine d i giustificare l’interesse all’impugnazione, la lesione del diritto soggettivo di opzione, bensì ha censurato le modalità di esercizio del potere amministrativo di individuazione dei beni da alienare nelle annualità in discussione, implicante anche la revoca dei precedenti atti adottati. I profili di illegittimità individuati e dedotti (eccesso di potere per assoluta carenza di istruttoria e di motivazione, manifesta illogicità- perplessità, violazione artt. 3 e 21 quinquies L. n. 241/1990; illegittimità degli atti impugnati per invalidità derivata; ulteriore eccesso di potere per ingiustificata disparità di trattamento), attengono tutti alle modalità di formazione della volontà discrezionale della Pubblica Amministrazione e, pertanto, si è in presenza di un’azione diretta a mettere in discu ssione l’esercizio di poteri autoritativi ed a far valere nei confronti dell’ente , non il diritto soggettivo all’opzione bensì l’interesse legittimo alla correttezza dell’individuazione del patrimonio da dismettere, espressione, come già detto, di discrezionalità amministrativa.
In via conclusiva, in accoglimento del ricorso, va dichiarata la giurisdizione del giudice amministrativo con conseguente cassazione, in parte qua , della sentenza impugnata e rinvio della causa al Consiglio di Stato (cfr. Cass. S.U. 22 settembre n. 2023 n. 27177).
Le spese del giudizio di cassazione, liquidate come da dispositivo, seguono la soccombenza e vanno poste a carico del Comune di Meta.
P.Q.M.
La Corte, in accoglimento del ricorso, dichiara la giurisdizione del giudice amministrativo e cassa la sentenza non definitiva del Consiglio di Stato, dinanzi al quale rimette le parti.
Condanna il Comune di Meta al pagamento in favore di NOME COGNOME delle spese del giudizio di cassazione, liquidate in € 200,00 per esborsi ed € 5.000,00 per competenze professionali, oltre al rimborso spese generali nella misura del 15% ed agli accessori di legge.
Così deciso in Roma nella Camera di consiglio del 15 aprile 2025