Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 2 Num. 21440 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 2 Num. 21440 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 25/07/2025
ORDINANZA
sul ricorso 6692/2021 R.G. proposto da:
COGNOME NOMECOGNOME rappresentata e difesa dall’avvocato NOME COGNOME con domicilio digitale presso l’indirizzo pec del difensore;
– ricorrente –
contro
COGNOME rappresentato e difeso dall’avvocato COGNOME con domicilio digitale presso l’indirizzo pec del difensore;
-controricorrente – avverso la sentenza n. 1247/2020 della CORTE D’APPELLO di GENOVA, depositata il 22/12/2020;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 04/06/2025 dal Consigliere NOME COGNOME
il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.ssa NOME COGNOME ha depositato conclusioni scritte.
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 04/06/2025 dal Consigliere NOME COGNOME
Osserva
NOME COGNOME, madre dell’odierna ricorrente NOME COGNOME, evocò in giudizio NOME COGNOME innanzi al Tribunale di Sanremo, sezione distaccata di Ventimiglia, per sentirlo condannare al rilascio dell’unità immobiliare sita in Ventimiglia, INDIRIZZO INDIRIZZO composta da tre vani al secondo piano e da terrazzo al terzo, oltre cantina al piano terra, di cui si era dichiarata proprietaria.
1.1. Il convenuto si costituì in giudizio rilevando che l’attrice, con la sottoscrizione di due scritture private del 25.09.1992 e del 30.09.1992, aveva ceduto l’immobile oggetto causa a suo padre NOME COGNOME nelle more deceduto. Chiese, in via preliminare, l’inammissibilità dell’azione proposta per indeterminatezza della stessa, nel merito, il rigetto della domanda attorea e, in via riconvenzionale, che venisse accertata la proprietà in capo allo stesso, nella sua qualità di erede legittimo, della suddetta unità immobiliare.
1.2. Nel corso del giudizio, vennero disconosciute dall’attrice le sottoscrizioni apposte sulle due scritture private e venne disposta C.T.U. grafologica. L’attrice, inoltre , contestò, ex art. 2719 cod. civ., la conformità delle copie prodotte delle suddette scritture private agli originali ed eccepì la nullità della scrittura privata del 25.09.1992 poiché indeterminata nell’oggetto e contra legem ; in ulteriore subordine eccepì la risoluzione del contratto di vendita di cui alla scrittura del 25.09.1992 non essendo stato saldato il prezzo. Contestò altresì il contenuto e l’opponibilità della scrittura del 30.09.1992, eccependo, altresì, che nell’anzidetta scrittura non vi era alcun riconoscimento di pagamento. Infine, eccepì la
prescrizione degli eventuali diritti nascenti dalla due scritture private oltre all’eventuale ripetizione del prezzo ed alla corresponsione dell’indennità per il preteso aumento di valore dell’immobile.
1.3. Il Tribunale, nonostante avesse accertato l’autenticità delle firme apposte sulle due scritture, accolse la domanda attorea avendo giudicato il contratto affetto da nullità. Perciò, condannò il convenuto al rilascio dell’immobile .
Propose appello NOME COGNOME chiedendo, in riforma della sentenza impugnata, che venisse rigettata la domanda attrice e accolta quella riconvenzionale.
Espose che il Tribunale, pur avendo riconosciuto le scritture private come costituenti atto di vendita, le aveva dichiarate nulle per violazione dell’art. 40 co. 2 Legge n. 47/85 , poiché era mancante la dichiarazione sostitutiva di atto notorio attestante che la costruzione era stata iniziata prima del primo settembre 1967. L ‘appellante , al fine di porre rimedio alla mancanza, produsse tale dichiarazione unitamente all’atto di appello.
2.1. La Corte di Appello di Genova, rigettata l’impugnazione incidentale proposta da NOME COGNOME, attinente all’utilizzabilità delle scritture private poste a fondamento della decisione, nonché del documento prodotto in sede di gravame dall’appellante, accolse quella principale del Fersula, dichiarandolo, di conseguenza, proprietario dell’unità immobiliare oggetto di causa.
2.2. Questi, in sintesi, gli argomenti salienti della sentenza, per quel che qui possa rilevare:
-le censure mosse dall’appellante incidentale in ordine alla procedura di verificazione delle firme apposte dalla COGNOME dovevano considerarsi infondate, poiché era provata dagli atti la
produzione degli originali dei documenti contenenti le sottoscrizioni disconosciute;
-l’eccezione circa l’inutilizzabilità della scrittura privata del 30/9/ 1992, per indeterminatezza dell’oggetto e per mancanza della firma di NOME COGNOME doveva essere respinta, poiché la prestazione dovuta dalle parti era stata <> e la sottoscrizione del contratto della parte compratrice non era necessaria, in quanto lo strumento era stato prodotto in giudizio proprio da quest’ultima;
-anche l’eccezione riguardante l’inutilizzabilità dell’ulteriore documentazione prodotta in appello doveva essere respinta, poiché, riguardando la condizione dell’azione, non soggiaceva alla preclusioni di cui all’art. 345 cod. proc. civ.;
di conseguenza, doveva essere accolto, l’appello principale e, quindi, la domanda riconvenzionale formulata in primo grado, a fronte della dichiarazione sostitutiva prodotta da NOME COGNOME con l’atto di appello , che soddisfaceva la condizione imposta a pena di nullità dall’art. 40, l. n. 47/1985.
NOME COGNOME erede di Albina Milanese, propone ricorso fondato su sei motivi. Resiste con controricorso NOME COGNOME
La ricorrente ha depositato memoria e il P.G., conclusioni scritte.
Preliminarmente, siccome eccepito dalla ricorrente, deve dichiararsi l’invalidità del controricorso, tardivamente depositato (notifica del ricorso del 25/2/2021 e spedizione per deposito del controricorso del 22/4/2021).
Con il primo motivo la ricorrente denuncia violazione e falsa applicazione dell’art 2719 cod. civ. e dell’art. 183 co. 6 cod. proc. civ., in relazione all’art. 360 , co. 1 n 3, cod. proc. civ.,
avendo la Corte genovese <> .
L’originaria attrice, spiega la ricorrente, aveva disconosciuto la conformità delle copie prodotte dalla controparte all’eventuale originale. Con la sua prima memoria ex art. 183 cod. proc. civ. la controparte aveva avanzato istanza di verificazione, senza, però, produrre gli originali delle scritture; anche con la seconda e la terza memoria ex art. 183 cod. proc. civ. aveva omesso di produrre gli originali, che avveniva solo successivamente. Quindi, il NOME era incorso in decadenza.
Nonostante ciò, i giudici di secondo grado avevano rigettato l’appello incidentale e accolto la domanda riconvenzionale dell’appellante, pur essendo non provata e priva di fondamento.
Con il secondo motivo viene denunciata violazione e falsa applicazione degli artt. 216-217 e 183 cod. proc. civ., in relazione all’art. 360 , co. 1 n. 3, cod. proc. civ., avendo la Corte d’appello accertato unicamente che la produzione degli originali dei documenti contenenti le sottoscrizioni disconosciute fosse comunque avvenuta, senza tuttavia indagare in ordine alla tempestività e ritualità di tale produzione e, dunque, fondando il suo convincimento su prove non utilizzabili.
Secondo la ricorrente, la produzione dell’atto disconosciuto doveva avvenire contestualmente alla proposizione dell’istanza di verificazione o, comunque, al più tardi nei termini ordinari imposti ex lege , onere che non sarebbe stato assolto dal resistente e di cui non avrebbe tenuto conto il giudice di secondo grado.
I primi due motivi, fra loro osmotici, sono infondati.
Sul punto è bastevole riportare il principio di diritto, condiviso dal Collegio, secondo il quale, nella procedura di verificazione della scrittura privata disconosciuta, che sia stata versata in atti solamente in copia, il deposito dell’originale del documento non costituisce nuova produzione in senso tecnico-giuridico e può avvenire, pertanto, anche dopo la scadenza dei termini di cui all’art. 183, comma 6, n. 2, c.p.c. (nella specie, nel corso delle operazioni di consulenza tecnica), essendo la presenza dell’originale agli atti del giudizio ancor più necessaria, giacché la perizia grafica deve preferibilmente svolgersi su tale documento e non sulla copia, onde assicurare la massima affidabilità dell’indagine devoluta all’ausiliario e, con ciò, rispondere ad un’esigenza concorrente, non soltanto delle parti, ma anche dello stesso ordinamento giuridico (Sez. 6 n. 35167, 18/11/2021, Rv. 663261).
Con il terzo motivo viene denunciata violazione e falsa applicazione degli artt. 1346 1325-1326 cod. civ., in relazione all’art. 360 , co. 1 n. 3, cod. proc. civ.
Questa la sintesi delle critiche mosse:
il Tribunale di Sanremo aveva dichiarato che la scrittura privata del 25.09.1992 era viziata poiché il suo oggetto era indeterminato;
lo stesso giudice di primo grado aveva tuttavia ricostruito l’oggetto di tale scrittura mediante l’altra scrittura privata del 30.09.1992;
tale statuizione, in quanto non appellata, era passata in giudicato, con l’ulteriore conseguenza che il giudice di secondo grado non poteva ricercare ulteriori motivazioni in ordine alla supposta determinatezza dell’oggetto del contratto del 25.09.1992, ma avrebbe dovuto valutare unicamente se fosse possibile
utilizzare il contratto del 30.09.1992 per comprendere l’oggetto del contratto del 25 settembre;
-in tal senso, l’appellate aveva rilevato, sia in primo grado che con l’appello incidentale, che non avrebbe potuto essere utilizzata la scrittura privata del 30 settembre, portante la sola sottoscrizione della venditrice, poiché prodotta da un soggetto estraneo al negozio oggetto di causa, ovverosia l’erede dell’originario acquirente;
i giudici di secondo grado, dunque, avevano errato nel considerare irrilevante la questione posta al riguardo nell’appello incidentale.
9. Il motivo è infondato.
A dispetto delle norme indicate come asseritamente violate la ricorrente, assume che la Corte d’appello non abbia rispettato l’intervenuto giudicato interno sul punto.
Un tal giudicato deve escludersi. Invero, non si è in presenza d’un capo autonomo non impugnato, bensì di un mero argomento e, per consolidata giurisprudenza di questa Corte la “minima unità suscettibile di acquisire la stabilità del giudicato interno” individua la sequenza logica costituita dal fatto, dalla norma e dall’effetto giuridico, ossia la statuizione che affermi l’esistenza di un fatto sussumibile sotto una norma che ad esso ricolleghi un dato effetto giuridico, con la conseguenza che l’appello motivato con riguardo ad uno soltanto degli elementi di quella statuizione riapre la cognizione sull’intera questione che essa identifica, così espandendo nuovamente il potere del giudice di riconsiderarla e riqualificarla anche relativamente agli aspetti che, sebbene ad essa coessenziali, non siano stati singolarmente coinvolti, neppure in via implicita, dal motivo di gravame (da ultimo Cass. nn. 32563/24,
30722/22, 10760/19, 24783/18; si vedano anche Cass. nn. 21566/2017, 40276/2021, 20951/2022, 27246/2024).
10. Con il quarto motivo viene denunciata violazione e falsa applicazione dell’art. 40 Legge 47/1985, in relazione all’art. 360 , co. 1 n. 3, cod. proc. civ., avendo i giudici di secondo grado ritenuto sufficiente, ai fini della validità dell’atto di vendita, la mera dichiarazione sostitutiva, mentre, trattandosi non di un preliminare di vendita ma di un atto definitivo, sarebbe stato necessario <> .
11.1. Il motivo è fondato.
Dispone l’art. 40 , co. 2, cit.: ‘ Se la mancanza delle dichiarazioni o dei documenti, rispettivamente da indicarsi o da allegarsi, non sia dipesa dall’insussistenza della licenza o della concessione o dalla inesistenza della domanda di concessione in sanatoria al tempo in cui gli atti medesimi sono stati stipulati, ovvero dal fatto che la costruzione sia stata iniziata successivamente al 1 settembre 1967, essi possono essere confermati anche da una sola delle parti mediante atto successivo, redatto nella stessa forma del precedente, che contenga la menzione omessa o al quale siano allegate la dichiarazione sostitutiva di atto notorio o la copia della domanda indicate al comma precedente.’
Di conseguenza questa Corte ha già avuto modo di condivisamente chiarire che la nullità prevista dagli artt. 17 e 40 della l. n. 47 del 1985 (applicabile “ratione temporis”), per omessa indicazione (o allegazione), nell’atto, degli estremi dei titoli edilizi relativi all’immobile alienato, riveste carattere formale, sicché, da
un lato, per la sua configurazione è sufficiente che si riscontri la mancanza di tale indicazione nel contratto, senza che occorra interrogarsi sulla reale esistenza di detti titoli, mentre, dall’altro, essa può essere sanata solo nei modi tipici previsti dal legislatore e, cioè, mediante la “conferma” prevista dalla citata l. n. 47, la quale consiste in un nuovo e distinto atto con cui si provveda alla comunicazione dei dati mancanti o all’allegazione dei documenti, avente i medesimi requisiti formali del precedente, ed in forme che non ammettono equipollenti – la cui disciplina non è passibile di interpretazione estensiva né analogica, avendo la sanatoria di un atto nullo carattere eccezionale. (In applicazione di tale principio, dichiarata la nullità, in primo grado, di un contratto di compravendita immobiliare ex art. 40 predetto, la S.C. ha fatto discendere l’inammissibilità della produzione, in appello, della domanda di concessione in sanatoria relativa all’immobile compravenduto, non già dal carattere di “novità” di tale documentazione, ex art. 345 c.p.c., quanto dalla sua irrilevanza ai fini della predetta declaratoria di nullità) -Sez. 2, n. 14804, 14/06/2017, Rv. 644670 –
È appena il caso di soggiungere che l’ipotesi di cui qui si discute non è equiparabile al l’esecuzione in forma specifica dell’obbligo di concludere il contratto, ai sensi dell’art. 2932 cod. civ. In quest’ultimo caso, infatti, essendo il giudice a far luogo del contratto definitivo, davanti a esso può essere prodotta la documentazione richiesta dalla legge solo per il contratto definitivo e non già anche per quello preliminare (cfr., da ultimo, Cass. n. 22656/2024).
12. Con il quinto motivo viene denunciata violazione e falsa applicazione dell’art. 40 Legge 47/1985, in relazione all’art. 360 co. 1 n. 3, avendo la Corte d’appello accolto la domanda
riconvenzionale del resistente sulla base della dichiarazione sostitutiva di atto notorio sopra menzionata, nonostante vi fosse una discrepanza tra l’indicazione catastale contenuta nella suddetta dichiarazione e la domanda del Fersula.
I giudici di secondo grado avrebbero dovuto rilevare la contraddittorietà ed insufficienza della dichiarazione sostitutiva e confermare la pronuncia di nullità della scrittura privata del 25.09.1992.
Con il sesto motivo si denuncia violazione e falsa applicazione degli artt. 91 cod. proc. civ. e 13, co. 1-quater, d.P.R. n. 115/2002, in relazione all’art. 360 co. 1 n. 3 cod. proc. civ. , assumendosi errate le statuizioni discendenti dalle norme richiamate, nonostante la fondatezza dell’impugnazione incidentale.
L’accoglimento del quarto motivo rende superfluo l’esame degli ultimi due, i quali, pertanto, restano assorbiti in senso proprio.
Cassata con rinvio la sentenza per le svolte ragioni, il Giudice del rinvio statuirà anche sul capo delle spese del giudizio di legittimità.
P.Q.M.
accoglie il quarto motivo del ricorso, rigetta i primi tre e dichiara assorbiti il quinto e il sesto, cassa la sentenza impugnata in relazione all’accolto motivo e rinvia alla Corte d’appello di Genova, altra composizione, anche per statuire sul capo delle spese del giudizio di legittimità.
Così deciso nella camera di consiglio del 4 giugno 2025.