Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 2 Num. 19111 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 2 Num. 19111 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 11/07/2025
O R D I N A N Z A
sul ricorso proposto da:
RAGIONE_SOCIALE con sede in Prato, in persona del legale rappresentante sig. NOME COGNOME rappresentata e difesa da ll’ Avvocato NOME COGNOME
Ricorrente
contro
COGNOME de la Clergerie NOME COGNOME rappresentato e difeso da ll’Avvocato NOME COGNOME
Controricorrente
e
RAGIONE_SOCIALE con sede in Figline-Incisa Valdarno (FI), in persona del legale rappresentante sig. NOME COGNOME rappresentata e difesa dall’Avvocato NOME COGNOME.
Controricorrente
avverso la sentenza n. 1746/2020 della Corte di appello di Firenze, depositata il 17.9.2020.
Udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 6.6.2025 dal consigliere NOME COGNOME
Fatti di causa e ragioni della decisione
Villemonte de la Clergerie NOME COGNOME chiese la risoluzione del contratto con cui aveva acquistato da RAGIONE_SOCIALE la vettura usata Maserati 337b00 per il prezzo di euro 13.000,00 , lamentando l’impossibilità di immatricolare l’auto in Francia, suo Paese di residenza, in quanto RAGIONE_SOCIALE aveva rifiutato di rilasciargli il certificato di conformità, adducendo che il veicolo presentava una divergenza tra il suo numero di identificazione ed il numero di telaio e che il motore montato sulla vettura non era un motore Maserati.
La società COGNOME contestò la domanda e chiamò in causa a titolo di manleva la RAGIONE_SOCIALE, dalla quale aveva acquistato l’automobile.
Quest’ultima, costituitasi in giudizio, negò di avere venduto il veicolo, assumendo di aver fatto solo da intermediaria tra la proprietaria, COGNOME NOME, e la società RAGIONE_SOCIALE
Con sentenza del 2012 il tribunale di Prato rigettò la domanda, sul presupposto che l’attore avesse esperito l’azione di garanzia della vendita per difetto di qualità promesse, ai sensi dell’art. 1497 c.c., laddove nel caso di spec ie, ricorrendo la fattispecie di vendita aliud pro alio , poteva essere esercitato solo il generale rimedio della risoluzione del contratto per inadempimento previsto da ll’art. 1453 c.c..
Proposto gravame, con sentenza n. 1746 del 17.9.2020 la Corte di appello di Firenze, in totale riforma della sentenza impugnata, accolse la domanda e condannò la società convenuta al pagamento della somma di euro 13.538,29, pari al prezzo ricevuto ed alle spese affrontare dal compratore, con rivalutazione ed interessi; rigettò invece la domanda di manleva avanzata dalla società convenuta.
La Corte fiorentina motivò la decisione rilevando che l’inquadramento della fattispecie nella figura della vendita aliud pro alio non era di ostacolo all’accoglimento della richiesta di risoluzione del contratto, spettando al giudice qualificare la domanda sulla base dei fatti allegati dall’attore; che il bene ceduto era effettivamente diverso da quello pattuito, atteso che l’autovettura , non potendo essere immatricolata e quindi non potendo circolare, non era idonea in modo assoluto alla sua normale utilizzazione; che le difformità denunciate
dall’acquirente risultavano provate dalla documentazione proveniente dalla RAGIONE_SOCIALE, che attestava la presenza di un numero di telaio diverso da quello identificativo dell’auto e la difformità del motore rispetto al modello originario; che per contro la società venditrice non aveva provato, come era suo onere, il proprio esatto adempimento, vale a dire la consegna di un bene esente da vizi ed idoneo all’uso; la richiesta di manleva avanzata da RAGIONE_SOCIALE nei confronti della società RAGIONE_SOCIALE andava disattesa, avendo questa dimostrato di essere intervenuta nell’acquisto del bene da parte di RAGIONE_SOCIALE solo come mandataria della allora proprietaria COGNOME NOME e non avendo la convenuta provato di avere acquistato l’autovettura dalla terza chiamata.
Per la cassazione di questa sentenza, ha proposto ricorso RAGIONE_SOCIALE affidato a sei motivi.
Villemonte de la Clergerie NOME e la società RAGIONE_SOCIALE hanno notificato distinti controricorsi.
2. Il primo motivo di ricorso denuncia violazione dell’art. 112 c.p.c. e degli artt. 1490, 1497 e 1453 c.c., lamentando che la sentenza impugnata nell’accogliere la domanda della attore, previa riqualificazione della fattispecie concreta come vendita aliud pro alio , sia incorsa nel vizio di extrapetizione. COGNOME aveva infatti chiesto la risoluzione del contratto ai sensi dell’art. 1497 c.c., deducendo che il bene consegnato era privo delle qualità promesse. Il giudice avrebbe pertanto dovuto pronunciarsi, per il principio di corrispondenza tra chiesto e pronunciato, su questa domanda e non avrebbe potuto disporre la risoluzione del contratto perché il bene era diverso da quello convenuto, stante i diversi presupposti di fatto e di diritto tra l’azione di cui all’art. 1497 c.c. e quella generale di inadempimento di cui all’art. 1453.
Il motivo è infondato.
Costituisce principio consolidato nella giurisprudenza di questa Corte che il giudice incorre nel vizio di extrapetizione quando pone a fondamento della sua decisione fatti costitutivi diversi da quelli allegati dalle parti ovvero attribuisce un bene di vita diverso da quello richiesto. Deve per contro escludersi la violazione dell’art. 112 c.p.c. quando il giudice di merito qualifica giuridicamente
l’azione in modo diverso da quello prospettato dalla parte, senza immutazione della causa petendi e del petitum ( ex multis : Cass. n. 32932 del 2024; Cass. n. 6533 del 2024; Cass. n. 5832 del 2021; Cass. n. 5153 del 2019; Cass. n. 8645 del 2018). In tal caso l’operazione che il giudice esegue non è solo legittima ma anche doverosa, costituendo corretta esplicazione della sua potestas iudicandi , il cui esercizio passa necessariamente attraverso il potere di qualificare e valutare giuridicamente i fatti allegati. Ciò è quanto avvenuto nel caso di specie, ove la Corte di appello ha preso in considerazione i fatti dedotti dall’attore e ha ritenuto che essi configurassero non una mancanza di qualità essenziali del bene compravenduto, ma la consegna di una cosa diversa da quella pattuita, per inidoneità della stessa ad assolvere all’uso cui era pacificamente destinata.
Sotto altro profilo va poi sottolineato che l’azione di risoluzione della compravendita in caso in cui il bene non abbia le qualità promesse o essenziali all’uso cui è destinato (art.1497 c.c.) rientra nell’alveo dell’azione di risoluzione per inadempimento prevista dall’art. 1453 c.c. (esperibile secondo la giurisprudenza nella fattispecie di vendita aliud pro alio ), atteso che in entrambi i casi la legge non prescinde dalla colpa del venditore (Cass. n. 33149 del 2019; Cass. n. 10922 del 2005).
3. Il secondo motivo di ricorso denuncia violazione e falsa applicazione degli artt. 2697, 1490 e 1492 c.c., censurando la sentenza impugnata per avere posto a carico della parte venditrice l’onere della prova circa la insussistenza dei vizi del bene, in contrasto con il contrario principio dettato dalla sentenza delle Sezioni unite di questa Corte n. 11748 del 3.5.2019, secondo cui spetta al compratore provare i vizi della cosa venduta.
Il mezzo è infondato.
Il richiamo all’arresto delle Sezioni unite non è pertinente, se solo si considera che esso è stato reso con riguardo alla fattispecie dei vizi della vendita prevista dall’art. 1490 c.c., laddove la Corte di merito ha ritenuto applicabile la disciplina del la azione ordinaria di risoluzione per inadempimento di cui all’art. 1453 c.c., nel cui ambito il consolidato orientamento di questa Corte pone a carico del debitore l’onere di provare di avere correttamente adempiuto.
La censura peraltro non si correla alle ragioni della decisione impugnata, avendo la Corte di appello accolto la domanda di risoluzione ritenendo, da un lato, che l’attore avesse provato, alla luce della documentazione prodotta proveniente dalla Maserati s.p.a., l’inadempimento dell’altra parte, in particolare che l’autovettura presentava un numero di tela io diverso da quello identificativo del veicolo ed aveva montato un motore difforme da quello originale, e, dall’altro, che il venditore non aveva provato di avere correttamente ottemperato agli impegni assunti, dimostrando di non essere incorso in alcuna negligenza.
4. Il terzo motivo di ricorso denuncia vizio di omessa motivazione su un fatto decisivo per il giudizio oggetto di discussione delle parti, per avere la Corte di appello tralasciato del tutto di rilevare che il documento proveniente dalla RAGIONE_SOCIALE era in lingua straniera e ne mancava la traduzione, sicché esso non poteva essere utilizzato come mezzo di prova. Sotto altro profilo, si deduce che la dichiarazione in esso riportata aveva un valore probatorio incerto, precisandosi in essa che era stata rilasciata sulla base delle indicazioni fornite dal richiedente e che la stessa dichiarante declinava ogni personale responsabilità in ordine al suo rilascio.
Il motivo è manifestamente infondato.
Dalla lettura della sentenza impugnata e d ello stesso ricorso risulta che l’attore, fin dall’atto introduttivo, ha fondato la sua domanda sul contenuto della certificazione rilasciata dalla Maserati s.p.a., producendola in giudizio e riportandone il contenuto dichiarativo, mentre la società convenuta ha articolato le sue difese contestandone il valore probatorio e senza mai addurre la sua non comprensibilità per la sua mancata traduzione dal francese, eccezione che, a quanto risulta dagli atti, ha sollevato solo con il ricorso per cassazione. Ora, dallo svolgimento del processo e dall’oggetto delle questioni discusse dalle parti emerge chiaramente che la odierna ricorrente aveva avuto piena conoscenza e consapevolezza del significato del testo del documento, come comprovato altresì dalla seconda parte del motivo, in cui ne vengono riportate e commentate alcune frasi. La censura va pertanto respinta anche per il suo carattere chiaramente strumentale ed artificioso.
Per il resto il motivo è inammissibile, non essendo gli elementi testuali addotti decisivi ed investendo la censura la valutazione di documento, che, risolvendosi in un apprezzamento di fatto di esclusiva competenza del giudice di merito, non è soggetta a controllo in sede di giudizio di legittimità.
5. Il quarto motivo di ricorso denuncia violazione e falsa applicazione degli artt. 1175, 1206 e 2697 c.c., lamentando che la Corte di appello non abbia attribuito rilievo alla circostanza che la odierna ricorrente non è mai stata posta nella possibilità di visionare il veicolo, al fine di accertare la presenza effettiva delle difformità denunciate dalla controparte. La Corte di merito ha anzi ritenuto giustificato il rifiuto del compratore di fare trasportare il mezzo presso la sede della società venditrice ai fini del suo controllo, trascurando di considerare la lettera con cui COGNOME si era dichiarata disponibile ad eseguire il trasporto, mediante carro attrezzi, a sue spese, incorrendo nel triplice errore di invertire l’onere della prova a scapito della venditrice, di non considerare che una mera offerta non formale non equivale a costituire in mora il debitore ed omettendo di valutare il suddetto rifiuto sotto il profilo del dovere di correttezza e buona fede nell’esecuzione dell’obbliga zione, che pone a carico del creditore l’obbligo di cooperare con il debitore al fine di consentirne l’adempimento.
Il motivo non merita accoglimento.
La Corte di appello ha affermato che le allegazioni dell’attore circa le cause che impedivano al mezzo di essere immatricolato e quindi di circolare erano state puntuali e comprovate dalla documentazione prodotta e che la società venditrice non aveva provato di avere ottemperato agli impegni contrattualmente assunti, dimostrando di non essere incorsa in alcuna negligenza. Ha quindi aggiunto e precisato che non era obbligo del compratore adoperarsi per recapitare l’autovettura, che non poteva circolare, all a concessionaria per consentirle di effettuare gli accertamenti tecnici del caso, ma era quest’ultima, ove ne avesse ritenuto la necessità, che avrebbe dovuto recuperare il veicolo presso l’acquirente, ritiro a cui era stata espressamente invitata dal legale della controparte con lettera del 4.12.2008. Ha inoltre aggiunto: ‘ La concessionaria appellata avrebbe inoltre potuto verificare direttamente presso la RAGIONE_SOCIALE la correttezza di quanto attestato
nel documento inviatogli dall’acquirente, essendo stata messa nelle condizioni da quest’ultimo di compiere i necessari riscontri ‘.
Tanto premesso, il motivo è inammissibile in quanto muove da una ricostruzione dei fatti diversa ed alternativa rispetto a quella fatta propria dalla sentenza impugnata, che non può essere messa in discussione di fronte a questa Corte, che è giudice del diritto e non del fatto e non può pertanto sindacare gli accertamenti che rientrano nella esclusiva competenza del giudice di merito.
6. Il quinto motivo di ricorso denuncia violazione e falsa applicazione degli artt. 1710, 1175 e 1176 c.c., censurando il capo della sentenza che ha rigettato la domanda di manleva verso la RAGIONE_SOCIALE. Si sostiene che la Corte di appello, una volta riconosciuto alla terza chiamata il ruolo di mero intermediario e non di venditrice, avrebbe dovuto comunque affermare la sua responsabilità, per avere la mandataria eseguito l’incarico in modo non corretto, omettendo di controllare dal punto di vista tecnic o ed amministrativo l’autovettura, così inducendo la mandante ad acquistare un veicolo che non era in grado di essere immatricolato.
Il mezzo è inammissibile.
Dalla lettura della sentenza emerge chiaramente che la convenuta aveva chiamato in causa la società RAGIONE_SOCIALE chiedendo di essere garantita in caso di eventuale condanna per avere da essa acquistato l’autoveicolo per cui è causa. Il ricorso prospetta invece un titolo di responsabilità della convenuta ex mandato che è chiaramente diverso e nuovo rispetto a quello dedotto nel giudizio di merito e che comunque richiederebbe accertamenti e valutazioni di fatto in ordine all’espletamento del mandato da parte dell a COGNOME che non possono essere compiuti in questa sede.
7. Il sesto motivo di ricorso, che denuncia violazione e falsa applicazione degli artt. 2697 e 2969 c.c. e degli artt. 112, 152, 345, 346 e 356 c.p.c., censura il capo della decisione che ha respinto la richiesta di prove testimoniali avanzata dalla società appellata nella comparsa di risposta in appello, per la ragione che la suddetta prova, articolata in primo grado, dopo essere stata respinta dal tribunale, non era stata poi reiterata al momento della precisazione delle conclusioni.
Il motivo è infondato.
La decisione della Corte di appello appare conforme all’orientamento di questa Corte, che espressamente richiama, secondo cui la parte che si sia vista rigettare dal giudice le proprie richieste istruttorie ha l’onere di reiterarle, in modo specifico, quando precisa le conclusioni, senza limitarsi al richiamo generico dei precedenti atti difensivi, poiché, diversamente, le stesse devono ritenersi abbandonate e non potranno essere riproposte in sede di impugnazione (Cass. n. 36134 del 2021; Cass. n. 5741 del 2019; Cass. n. 19352 del 2017).
Né può ritenersi, come dedotto dalla ricorrente, che la prova avrebbe dovuto comunque essere ammessa in mancanza di eccezione di decadenza della controparte, in quanto nel caso considerato l’ostacolo alla ammissione non è costituito da decadenza, ma da una preclusione processuale che fa ritenere che la richiesta di prova respinta, se non reiterata nelle conclusioni, sia stata abbandonata.
8. Il ricorso è pertanto respinto.
Le spese del giudizio, liquidate in dispositivo, seguono la soccombenza.
Si dà atto che sussistono i presupposti per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, se dovuto.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese del giudizio, che liquida in euro 2.490,00, di cui euro 200,00 per esborsi, oltre accessori di legge e spese generali, per ciascuna parte controricorrente.
Dà atto che sussistono i presupposti per il versamento, da parte della società ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, se dovuto.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio del 6 giugno 2025.