Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 2 Num. 24212 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 2 Num. 24212 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: NOME
Data pubblicazione: 29/08/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 25668/2020 R.G. proposto da :
RAGIONE_SOCIALE elettivamente domiciliata in ROMA in INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato COGNOME rappresentata e difesa dall’avvocato COGNOME
-ricorrente-
contro
RAGIONE_SOCIALE elettivamente domiciliata in ROMA in INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato COGNOME che la rappresenta e difende unitamente all’avvocato COGNOME NOME
-controricorrente-
E contro
COGNOME NOME COGNOME
-intimato- avverso la sentenza della CORTE D’APPELLO di VENEZIA n. 1680/2020 depositata il 01/07/2020. Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 02/07/2025 dal
Consigliere NOME COGNOME
FATTI DI CAUSA
1.Nell’agosto del 2010 NOME COGNOME titolare dell’impresa individuale RAGIONE_SOCIALE COGNOME RAGIONE_SOCIALE, compravendeva da RAGIONE_SOCIALE un banco di prova freni a rulli per il collaudo dei veicoli a motore modello TARGA_VEICOLO, prodotto dalla società RAGIONE_SOCIALE, serie 10075919, al prezzo convenuto di euro 19.200,00.
Successivamente alla installazione da parte di RAGIONE_SOCIALE presso l’autofficina, si manifestarono anomalie nel funzionamento del dispositivo per le quali intervenne, senza esito positivo, il venditore.
NOME COGNOME pertanto, agì in giudizio in redibitoria contro il venditore per i riscontrati vizi e difetti costruttivi; a sua volta la società venditrice chiamò a garanzia RAGIONE_SOCIALE per essere manlevata da una eventuale condanna.
In primo grado la domanda di COGNOME fu accolta, venne quindi dichiarato risolto il contratto di compravendita stipulato da questi con RAGIONE_SOCIALE e quest’ultima fu condannata a restituire la somma versata per l’acquisto del dispositivo, oltre interessi legali dal dovuto al saldo nonché al versamento di euro 3500,00 a titolo di risarcimento del danno, oltre interessi legali dovuti al saldo; venne accolta la domanda di manleva di RAGIONE_SOCIALE contro RAGIONE_SOCIALE e quest’ultima venne condannata anche a rimborsare a RAGIONE_SOCIALE le spese.
COGNOME interpose appello che venne respinto.
La Corte d’appello, in particolare:
respinse l’eccezione di nullità dell’atto di chiamata in causa; affermò che nessuna violazione del principio di corrispondenza tra il chiesto ed il pronunciato fosse stata attuata dal giudice di prime cure; escluse che nella specie, differentemente da quanto ritenuto dalla ricorrente, trovasse applicazione la disciplina della responsabilità del produttore.
Nel dettaglio, e per quel che rileva in questa sede, il giudice di merito affermò che la domanda di garanzia fosse stata correttamente formulata nei confronti della terza chiamata, sia in relazione al petitum che alla causa petendi, ‘indicando nel medesimo atto il tipo di macchinario modello e numero di serie e con ciò permettendole di argomentare ogni difesa inerente quanto dedotto, anche attraverso produzione documentale, di chiedere ammissione di testi, di partecipare correttamente all’istruttoria del processo, attraverso la formulazione di valutazioni in merito alla perizia del CTU tecnico’.
Anche i vizi, differentemente da quanto sostenuto dall’odierna ricorrente, erano stati indicati, atteso che nell’atto di chiamata in causa vi era l’espresso riferimento ad una non precisa calibratura del sistema metrologico, a problemi di pesatura, ed a presunti interventi risolutori sul software del macchinario, facendo ‘riferimento in maniera precisa al contratto di vendita ad esso connesso’.
In relazione alla seconda doglianza si condivise il ragionamento del Tribunale, che aveva accolto la domanda di garanzia ritenendo che la fattispecie concreta da applicare fosse quella della cd. vendita a catena, valutando al contempo la gravità dell’inadempimento degli obblighi assunti dalla appellante in forza del contratto di compravendita.
Sicché era legittima l’azione di rivalsa proposta da RAGIONE_SOCIALE nei confronti di RAGIONE_SOCIALEin quanto l’inadempimento contrattuale di quest’ultima è direttamente e strettamente connesso alla violazione degli obblighi contrattuali che RAGIONE_SOCIALE ha effettuato nei confronti di RAGIONE_SOCIALE e ciò sulla base dello stretto rapporto di causalità connaturato nella vendita del rullo poi fornito all’RAGIONE_SOCIALE.
Avverso la prefata decisione ricorre Vamag con quattro motivi, resiste con controricorso RAGIONE_SOCIALE è rimasto intimato COGNOME.
Le parti in prossimità dell’udienza hanno depositato memorie illustrative.
RAGIONI DELLA DECISIONE
1.Con il primo motivo si denuncia la nullità della sentenza per violazione del principio di corrispondenza tra chiesto e pronunciato di cui all’art. 112 c.p.c. (art. 360, primo comma, n. 4 c.p.c.).
2.Con il secondo motivo si denuncia la nullità dell’atto di citazione per chiamata in causa di terzo quale notificato da RAGIONE_SOCIALE a Vamag in ragione della assoluta incertezza delle ragioni della domanda (art. 360, primo comma, n. 4 c.p.c.).
3.Con la terza censura si denuncia la violazione/erronea applicazione degli artt. 114, 116, 117, 118, 120, 123, 129, 130 e 131 del d. lgs. 206/2005 (art. 360, primo comma, n. 3 c.p.c.).
La sentenza nella seconda parte della motivazione sembrerebbe qualificare per contro (ed accogliere) la domanda formulata da RAGIONE_SOCIALE in termini di responsabilità (aquiliana) del produttore.
4 .Con la quarta censura si deduce infine la violazione dell’art. 91 c.p.c. e si impugna la decisione nella parte in cui Vamag è stata condannata dalla Corte d’appello ‘ a rifondere a COGNOME Roberto le spese del presente grado di giudizio, che liquida per ciascuno in Euro 5.200,00 per compensi, oltre rimborso spese generali ‘ (cfr. statuizione impugnata, pagina 13). Secondo la ricorrente non era ravvisabile alcuna soccombenza di Vamag nei confronti della ditta RAGIONE_SOCIALE, non essendo stata proposta (né in prime cure, né in appello) alcuna domanda del l’una nei confronti dell’altra parte.
5.Il primo ed il secondo motivo, strettamente collegati, possono essere valutati unitariamente e sono da ritenersi infondati.
Deve preliminarmente precisarsi che quando col ricorso per cassazione venga denunciato un vizio che comporti la nullità del procedimento o della sentenza impugnata, sostanziandosi nel compimento di un’attività deviante rispetto ad un modello legale rigorosamente prescritto dal legislatore, ed in particolare un vizio afferente alla nullità dell’atto introduttivo del giudizio per indeterminatezza dell’oggetto della domanda o delle ragioni poste a suo fondamento, il giudice di legittimità non deve limitare la propria cognizione all’esame della sufficienza e logicità della motivazione sul punto, ma è investito del potere di esaminare direttamente gli atti ed i documenti sui quali il ricorso si fonda, purché la censura sia stata proposta dal ricorrente in conformità alle
regole fissate al riguardo dagli artt. 366, comma 1, n. 6, e 369, comma 2, n. 4, c.p.c. (Cass. n. 134 del 2020).
Muovendo dalla lettura dell’atto di chiamata in causa, come trascritto dallo stesso ricorrente, è evidente che nessuna nullità sussista.
Dall’atto emerge che a seguito della vendita da parte di RAGIONE_SOCIALE al Dolcetti, quest’ultimo chiese l’intervento della ditta venditrice per alcune anomalie nel funzionamento del dispositivo prodotto da RAGIONE_SOCIALE.
RAGIONE_SOCIALE agì in giudizio per ottenere la risoluzione del contratto per inadempimento e il consequenziale risarcimento del danno. Sicché, costituitasi la convenuta nel giudizio introdotto da RAGIONE_SOCIALE, ex art. 1490 c.c., espressamente affermò ‘è assolutamente incontrovertibile che di ogni eventuale vizio sia responsabile la casa produttrice’ e chiese ‘di essere autorizzata a chiamare in causa RAGIONE_SOCIALE
Ancorché nell’atto di citazione per chiamata di terzo non si faccia esplicitamente riferimento al contratto intercorso tra RAGIONE_SOCIALE e RAGIONE_SOCIALE, lo stesso è comunque presupposto come si rileva alla stregua di quanto esposto a pag. 8 dell’atto di chiamata, laddove si assume che ‘anomalie verificatesi successivamente all’installazione … ineriscono un macchinario progettato, disegnato e prodotto da RAGIONE_SOCIALE, non dall’odierna convenuta, semplice rivenditrice del citato apparecchio’.
E’ evidente che la chiamata si fondi sulla responsabilità per i vizi riscontrati e che sia univocamente riferibile al contratto di vendita. Infatti, come chiarito dal giudice di merito ‘ la domanda di garanzia è stata formulata nei confronti della terza chiamata correttamente, sia per quanto riguarda il petitum che la causa petendi indicando nel medesimo atto il tipo di macchinario modello numero di serie e con ciò permettendole di argomentare ogni difesa inerente a quanto dedotto, anche attraverso la produzione documentale, di chiedere l’ammissione di testi, di partecipare correttamente all’istruttoria del processo attraverso la formulazione di valutazioni in merito alla perizia del ctu tecnico. Per quanto concerneva la lamentata assenza di vizi e/o difetti denunciati, nell’atto di chiamata in causa vi era l’espresso riferimento ad una non precisa calibratura del sistema metrologico, a problemi di pesatura, ed a presunti interventi
risolutori sul software del macchinario, facendo ‘riferimento in maniera precisa al contratto di vendita ad esso connesso’.
7.Il terzo motivo è infondato. Il ricorrente non coglie la ratio della decisione che in alcun modo si riferisce alla disciplina invocata.
Ed infatti lo stesso giudice afferma che, ‘al di là della questione inerente l’applicabilità o meno della disciplina della responsabilità del produttore al caso del quo, rimane del tutto impregiudicata la questione dell’inadempimento posto in essere da COGNOME, la quale ha fornito al proprio rivenditore un macchinario destinato alla vendita, che presentava in nuce effettivi vizi o difetti.’
Sicché la dedotta fattispecie di vendita del rullo prodotto da RAGIONE_SOCIALE, vend uto al rivenditore RAGIONE_SOCIALE e poi acquistato dall’RAGIONE_SOCIALE ricadeva ‘senza dubbio nella fattispecie delle cd. vendite a catena’ con conseguente possibilità per RAGIONE_SOCIALE di agire in rivalsa verso l’odierna ricorrente.
8.Anche la quarta censura è infondata.
Il ricorrente si duole poiché è stato condannato al pagamento delle spese processuali d’appello non solo a favore di RAGIONE_SOCIALE, nei cui confronti aveva formulato specifiche domande, ma anche nei confronti del RAGIONE_SOCIALE, nei cui confronti nulla era stato chiesto.
Il motivo è pianamente infondato.
Ed infatti, la condanna alle spese d’appello anche a favore del COGNOME è diretta conseguenza del principio di soccombenza; ed invero, COGNOME aveva appellato la pronuncia di Tribunale non solo in relazione alla domanda di manleva avanzata da RAGIONE_SOCIALE, ma aveva altresì censurato la pronuncia di I grado nel merito della domanda principale, dolendosi dell’esito della CTU e della valutazione delle prove.
Va ricordato che l’obbligo del rimborso delle spese processuali, che si fonda sul principio di causalità, di cui la soccombenza costituisce solo un elemento rivelatore, risponde all’esigenza di ristorare la parte vittoriosa dagli oneri inerenti al dispendio di attività processuale cui è stata costretta dall’iniziativa dell’avversario ovvero del soggetto che abbia causato la lite(Cass. 13430 del 2007).
In conclusione il ricorso deve essere respinto, e le spese sono liquidate come da dispositivo. Deve darsi atto che ai sensi dell’art. 13 comma 1 quater del DPR n. 115 del 2002 sussistono i presupposti per il versamento da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma del comma 1-bis dello stesso art. 13.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso, condanna la ricorrente al pagamento delle spese del presente giudizio di cassazione che liquida in E 3000,00 oltre E 200,00 per esborsi, oltre spese generali ed accessori come per legge.
Dà atto che ai sensi dell’art. 13 comma 1 quater del d.P.R. n. 115 del 2002 sussistono i presupposti per il versamento da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma del comma 1-bis dello stesso art. 13.
Così deciso in Roma, nella Camera di Consiglio della Seconda Sezione