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Varianti in corso d’opera: salta la penale per ritardo

Un’impresa costruttrice era stata penalizzata per ritardi nel restauro di un palazzo storico. Tuttavia, la committenza pubblica aveva approvato due importanti varianti in corso d’opera. La Corte di Cassazione ha stabilito che tali modifiche sostanziali alterano i termini del contratto, rendendo inapplicabile la penale per ritardo originaria. La Corte ha specificato che quando vengono introdotte variazioni significative, necessarie al completamento dei lavori, la cronologia e le relative penali vengono superate. Il caso è stato rinviato alla Corte d’Appello per una nuova valutazione.

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Pubblicato il 13 settembre 2025 in Diritto Civile, Giurisprudenza Civile, Procedura Civile

Varianti in corso d’opera: quando la penale per ritardo non è più valida

Quando si parla di appalti, specialmente per lavori complessi come il restauro di edifici storici, le modifiche al progetto sono quasi una certezza. Ma cosa succede ai termini di consegna e alle penali per il ritardo quando intervengono significative varianti in corso d’opera? Con una recente ordinanza, la Corte di Cassazione ha fornito un chiarimento fondamentale: la richiesta di variazioni sostanziali da parte del committente può rendere inapplicabile la penale originariamente pattuita, poiché modifica l’intero assetto contrattuale.

Il caso: un restauro complesso tra ritardi e modifiche progettuali

Una ditta di costruzioni, incaricata del restauro di un prestigioso palazzo storico per conto di un ente pubblico, si è trovata al centro di una controversia legale. Il contratto iniziale prevedeva un termine di 730 giorni per il completamento dei lavori. Durante l’esecuzione, sono emerse carenze progettuali e imprevisti che hanno reso necessarie due perizie di variante.

La prima variante ha concesso una proroga. Tuttavia, molto tempo dopo la scadenza di questa prima proroga, è stata approvata una seconda variante, contenente opere definite come ‘indispensabili’ per il completamento dell’edificio. Nonostante l’opera fosse stata ultimata entro il nuovo termine concesso con la seconda variante, l’ente pubblico ha applicato una pesante penale, calcolando il ritardo a partire dalla scadenza della prima proroga. L’impresa ha contestato la detrazione, dando il via a un lungo iter giudiziario.

La decisione della Corte e l’impatto delle varianti in corso d’opera

La Corte di Cassazione ha accolto i motivi principali del ricorso dell’impresa, ribaltando la decisione della Corte d’Appello. Il punto centrale della sentenza è il principio secondo cui la richiesta di varianti in corso d’opera notevoli e importanti da parte del committente non è una semplice modifica accessoria, ma si traduce in un vero e proprio mutamento del piano di lavoro originario.

Perché le modifiche sostanziali azzerano i termini originari?

La Corte ha stabilito che l’introduzione di variazioni significative, soprattutto se necessarie per la corretta esecuzione e il completamento dell’opera, comporta una ‘sostituzione consensuale’ del regolamento contrattuale. In pratica, le parti, accordandosi sulle modifiche, superano i termini e le condizioni originali, inclusi quelli relativi alla consegna e alla penale. Di conseguenza, il committente non può pretendere di applicare una penale legata a una scadenza ormai superata dai fatti e dalle sue stesse richieste. L’approvazione della seconda variante, avvenuta mesi dopo la scadenza della prima proroga, ha di fatto reso inapplicabile quel termine come base per il calcolo di qualsiasi ritardo.

L’onere della sospensione dei lavori: a chi spetta?

Un altro aspetto cruciale chiarito dalla Corte riguarda la gestione dei lavori in attesa dell’approvazione di una variante. La Corte d’Appello aveva implicitamente addebitato all’impresa la mancata richiesta di sospensione dei lavori. La Cassazione, invece, ha precisato che il potere di sospendere i lavori, secondo la normativa sugli appalti pubblici, spetta al direttore dei lavori o al responsabile del procedimento (figure che agiscono per conto del committente), non all’appaltatore. L’impresa è tenuta a garantire la continuità dell’esecuzione, mentre è onere della stazione appaltante gestire le pause necessarie a ridefinire il progetto senza penalizzare l’esecutore.

Le motivazioni

Le motivazioni della Suprema Corte si fondano su un consolidato orientamento giurisprudenziale. La richiesta di importanti variazioni al progetto da parte del committente durante l’esecuzione dell’opera non è un evento marginale, ma incide sulla natura stessa dell’accordo. Questo porta a un mutamento dell’originario piano dei lavori e, di conseguenza, a una sostituzione consensuale della regolamentazione contrattuale. Il termine pattuito per la consegna dell’opera viene meno, e con esso la clausola penale strettamente collegata a quel termine. La Corte ha ritenuto errata la decisione dei giudici di merito di far decorrere il ritardo dalla scadenza della prima proroga, ignorando che la necessità di una seconda, indispensabile, variante aveva reso quel termine irrealistico e non più esigibile. Inoltre, è stato chiarito che non si può imputare all’appaltatore la mancata sospensione dei lavori, poiché tale facoltà è una prerogativa della direzione lavori per conto del committente, al fine di garantire l’ordinato sviluppo del cantiere.

Le conclusioni

L’ordinanza ha importanti implicazioni pratiche per gli appalti, sia pubblici che privati. Stabilisce che un committente che modifica sostanzialmente il progetto non può poi penalizzare l’impresa per i ritardi che ne derivano, se non vengono rinegoziati e formalizzati nuovi termini di consegna. Questo principio tutela le imprese appaltatrici da richieste contraddittorie, garantendo che le scadenze e le penali siano sempre correlate al reale e attuale ambito dei lavori pattuiti. La decisione riafferma l’importanza della correttezza e della buona fede nell’esecuzione del contratto, imponendo al committente di assumersi la responsabilità delle proprie scelte progettuali.

Se il committente approva delle varianti sostanziali al progetto, la penale per il ritardo prevista nel contratto originale è ancora valida?
No. Secondo la Corte, la richiesta di notevoli ed importanti variazioni del progetto si traduce in un mutamento del piano di lavoro originario. Questo comporta la sostituzione consensuale delle regole contrattuali, facendo venir meno il termine pattuito per la consegna e, di conseguenza, la penale ad esso collegata.

In caso di necessità di una variante, a chi spetta l’onere di sospendere i lavori?
Spetta al direttore dei lavori o al responsabile del procedimento per conto della committente. La Corte chiarisce che l’appaltatore non ha la facoltà di sospendere unilateralmente l’esecuzione dei lavori, neanche se ravvisa la necessità di una variante. L’onere di gestire la prosecuzione dei lavori in modo ordinato ricade sulla stazione appaltante.

Una perizia di parte basata su fotografie può essere usata come prova del danno in un processo?
Sì, ma con dei limiti. La perizia giurata di per sé ha solo valore di indizio. Tuttavia, se il perito che l’ha redatta viene chiamato a testimoniare in giudizio e conferma le circostanze di fatto che ha accertato, queste possono acquisire pieno valore di prova, su cui il giudice può fondare la propria decisione, anche per una valutazione equitativa del danno.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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