Ordinanza di Cassazione Civile Sez. L Num. 10327 Anno 2025
Civile Ord. Sez. L Num. 10327 Anno 2025
Presidente: NOME COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 18/04/2025
ORDINANZA
sul ricorso 4950-2021 proposto da:
RAGIONE_SOCIALE in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato NOME COGNOME rappresentata e difesa dall’avvocato NOME COGNOME;
– ricorrente –
contro
MINISTERO DEL LAVORO E DELLE POLITICHE SOCIALI – I.T.L. ISPETTORATO TERRITORIALE DEL LAVORO DI RAGIONE_SOCIALE, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso ope legis dall’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO presso i cui Uffici domicilia in ROMA, alla INDIRIZZO
– controricorrente – avverso la sentenza n. 534/2020 della CORTE D’APPELLO di POTENZA, depositata il 03/12/2020 R.G.N. 543/2018;
Oggetto
R.G.N.4950/2021
COGNOME
Rep.
Ud.11/02/2025
CC
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 11/02/2025 dal Consigliere Dott. NOME COGNOME
La Corte d’appello di Potenza, con la sentenza in atti, ha respinto l’appello proposto da RAGIONE_SOCIALE avverso la sentenza che rigettava l’opposizione proposta dalla società contro l’ordinanza ingiunzione n. 216/2015 del 3 novembre 2015 con cui veniva ingiunto il pagamento della somma di € 3.713,00 per irregolarità relative al lavoratore COGNOME NOME.
La Corte d’appello ha respinto l’eccezione di decadenza di cui all’art. 14 della legge 689/81 poiché il termine di decadenza doveva essere ancorato non alla data in cui iniziavano gli accertamenti, attraverso l’accesso ispettivo del 5 novembre 2012, ma alla data in cui gli stessi venivano conclusi con l’acquisizione da parte dell’organo accertatore di tutti gli elementi atti a provare la sussistenza delle violazioni contestate; circostanza che nel caso di specie era da ancorarsi all’acquisizione della relazione di servizio di COGNOME NOMECOGNOME sentito anche come teste in sede giudiziale, nella quale egli affermava di aver visto il COGNOME, suo conoscente da circa trent’anni, intento a lavorare nel cantiere di proprietà della società nei giorni precedenti il 5 novembre 2012.
In particolare COGNOME ha affermato di aver visto il COGNOME lavorare non solo il 2 ma anche il 3 novembre 2012, intento a collocare una rete metallica. Risultava pertanto provata l’assunzione del COGNOME nei giorni precedenti al 5 novembre 2012 e quindi la legittimità dell’ordinanza ingiunzione opposta.
Avverso la sentenza ha proposto ricorso per cassazione RAGIONE_SOCIALE con due motivi di ricorso ai quali ha resistito l’Itl ispettorato territoriale del lavoro di Potenza Matera con controricorso. La
ricorrente ha depositato memoria. Il Collegio ha autorizzato il deposito della motivazione successivamente all’udienza, entro il termine stabilito dalla legge.
Motivi della decisione
1.- Col primo motivo di ricorso si deduce violazione dell’articolo 360, comma 1, n. 5, c.p.c. in relazione all’articolo 132, n. 4 c.p.c. per difetto o apparenza di motivazione in relazione alla valutazione della posizione testimoniale del signor COGNOME
1.1.- Il motivo è inammissibile. Anzitutto perché mira in realtà alla rivalutazione della prova del signor COGNOME a cui la Corte non ha dato credito. Si tratta di una valutazione riservata al giudice di merito mentre lo stesso motivo non tiene conto che si versa in una ipotesi di ‘doppia conforme’ che non consentirebbe di valutare alcuna omessa valutazione neppure di fatti decisivi.
1.2. Inoltre non esistono i vizi di motivazione lamentati in ricorso; la chiara motivazione della sentenza impugnata consente invece di individuare il percorso logico seguito dal giudice, senza palesare contraddizioni o illogicità manifeste o insuperabili, giustificando sul piano argomentativo la decisione assunta, considerato altresì che lo scrutinio sulla motivazione è consentito, quale violazione dell’art. 132 c.p.c. ai sensi dell’art. 360, comma primo, n. 4 c.p.c., nei limiti di garanzia del minimo costituzionale e con esclusione del controllo sulla sufficienza della motivazione stessa (cfr., per tutte, Cass. s.u. 8053/2014).
1.3. Peraltro nella fattispecie la Corte di Appello ha esaminato le risultanze della prova orale e della prova documentale.
Non sussiste quindi alcun profilo di omessa considerazione delle risultanze delle prove. Il ricorrente, pertanto, propone una
lettura alternativa di alcuni elementi istruttori, senza tener conto che ‘L’esame dei documenti esibiti e delle deposizioni dei testimoni, nonché la valutazione dei documenti e delle risultanze della prova testimoniale, il giudizio sull’attendibilità dei testi e sulla credibilità di alcuni invece che di altri, come la scelta, tra le varie risultanze probatorie, di quelle ritenute più idonee a sorreggere la motivazione, involgono apprezzamenti di fatto riservati al giudice del merito, il quale, nel porre a fondamento della propria decisione una fonte di prova con esclusione di altre, non incontra altro limite che quello di indicare le ragioni del proprio convincimento, senza essere tenuto a discutere ogni singolo elemento o a confutare tutte le deduzioni difensive, dovendo ritenersi implicitamente disattesi tutti i rilievi e circostanze che, sebbene non menzionati specificamente, sono logicamente incompatibili con la decisione adottata’ (Cass. Sez. 3, Sentenza n. 12362 del 24/05/2006,: conf. Cass. Sez. 1, Sentenza n. 11511 del 23/05/2014, 631448; Cass. Sez. L, Sentenza n. 13485 del 13/06/2014).
1.4. Le deduzioni del ricorrente si risolvono in realtà in una censura di merito, preclusa in cassazione poiché con essa non si lamenta l’omesso esame di un fatto, ma si contesta l’apprezzamento di una risultanza istruttoria, senza confrontarsi con il principio generale per cui la valutazione delle prove appartiene al giudice di merito. L’omesso esame denunziabile in sede di legittimità, infatti, deve riguardare un fatto storico considerato nella sua oggettiva esistenza, ‘… dovendosi intendere per “fatto” non una “questione” o un “punto” della sentenza, ma un fatto vero e proprio e, quindi, un fatto principale, ex art. 2697 c.c., (cioè un fatto costitutivo, modificativo, impeditivo o estintivo) od anche un fatto secondario (cioè un fatto dedotto in funzione di prova di un fatto principale), purché controverso e decisivo’ (Cass. Sez. 1,
Sentenza n. 17761 del 08/09/2016; cfr. anche Cass. Sez. 5, Ordinanza n. 2805 del 05/02/2011).
Non sono quindi ‘fatti’ nel senso indicato dall’art. 360, primo comma, n. 5, c.p.c., né le singole questioni decise dal giudice di merito, né i singoli elementi di un accadimento complesso, comunque apprezzato, né le mere ipotesi alternative, ed infine neppure le singole risultanze istruttorie, ove comunque risulti un complessivo e convincente apprezzamento del fatto svolto dal giudice di merito sulla base delle prove acquisite nel corso del relativo giudizio.
2.- Col secondo motivo, si deduce violazione e falsa applicazione dell’articolo 360, comma 1, n.4 c.p.c. omissione di pronuncia della sentenza di merito, error in procedendo per avere la Corte di appello omesso di pronunciare sul motivo di impugnazione relativo alla condanna alle spese in favore della Direzione territoriale del lavoro, da parte del giudice di primo grado, nonostante l’amministrazione si fosse costituita e fosse stata assistita in giudizio da un funzionario delegato nonché dal responsabile affari legali e contenzioso e neppure le aveva richieste; il motivo di appello si articolava in due censure su cui la Corte non aveva pronunciato, attinenti alla violazione dell’articolo 91 c.p.c. e alla violazione dell’articolo 112 c.p.c. nel senso della ultrapetizione da parte del giudice di primo grado.
2.1. Il motivo è inammissibile perché l’omessa pronuncia in realtà non esiste dovendo ritenersi piuttosto che la Corte abbia implicitamente rigettato le stesse doglianze. In ogni caso le stesse sono manifestamente infondate posto che risulta applicabile nel caso di specie l’art. 9,2 comma del decreto legislativo n. 149/2015, secondo cui ‘In caso di esito favorevole della lite all’Ispettorato sono riconosciute dal giudice le spese, i
diritti e gli onorari di lite, con la riduzione del venti per cento dell’importo complessivo ivi previsto’.
3.- Il ricorso va pertanto rigettato, con condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali; deve darsi atto, inoltre, che sussistono le condizioni richieste dall’art. 13, comma 1 quater del d.P.R. n. 115 del 2002 per il raddoppio del contributo unificato a carico del ricorrente.
PQM
La Corte rigetta il ricorso e condanna la parte ricorrente al pagamento delle spese processuali che si liquidano in € 1500,00 per compensi e € 200,00 per esborsi, oltre al rimborso forfettario nella misura del 15% e agli altri oneri di legge ed alle spese prenotate a debito; ai sensi dell’articolo 13, comma 1 quater d.p.r. numero 115 del 2000, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma del comma 1-bis dello stesso articolo 13.
Roma, così deciso nella camera di consiglio dell’11.2.2025