Ordinanza di Cassazione Civile Sez. L Num. 29339 Anno 2025
Civile Ord. Sez. L Num. 29339 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 06/11/2025
ORDINANZA
sul ricorso 17751-2023 proposto da:
NOME, RAGIONE_SOCIALE , in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentati e difesi dall’avvocato AVV_NOTAIO COGNOME;
– ricorrenti –
contro
ISPETTORATO TERRITORIALE DEL LAVORO DI MILANOLODI , in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso ope legis dall’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO;
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 65/2023 della CORTE D’APPELLO di MILANO, depositata il 06/03/2023 R.G.N. 1043/2022; udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 22/10/2025 dal AVV_NOTAIO COGNOME.
Oggetto
Opposizione a ordinanza ingiunzione
R.G.N.NUMERO_DOCUMENTO
Cron. Rep. Ud 22/10/2025 CC
FATTI DI CAUSA
La Corte di Appello di RAGIONE_SOCIALE, con la sentenza impugnata, in riforma della pronuncia di primo grado, ha respinto l’opposizione alla ordinanza ingiunzione emessa dall’RAGIONE_SOCIALE proposta da RAGIONE_SOCIALE e COGNOME NOME, in proprio e quale legale rappresentante della società, relativa all’applicazione di sanzione amministrativa connessa all’utilizzo illecito di manodopera, nel periodo dall’1.8.2014 al 31.3.2015 per complessive 1475 giornate, in relazione ai lavoratori formalmente forniti dalla RAGIONE_SOCIALE
In estrema sintesi, la Corte di Appello ha ritenuto fondata la pretesa ingiuntiva sulla scorta di una testimonianza che aveva confermato quanto dichiarato agli ispettori, attribuendo altresì ‘maggiore attendibilità alle dichiarazioni rese dai lavoratori nell’immediatezza dei fatti agli ispettori, piuttosto che alle testimonianze escusse a distanza di alcuni anni dagli accadimenti, anche in considerazione che tutte le precedenti dichiarazioni dei lavoratori agli ispettori avevano confermato che era il Lo Presti colui che dirigeva, assegnava gli ordini di lavoro e organizzava l’attività dei lavoratori assegnati dalla RAGIONE_SOCIALE.
Per la cassazione di tale sentenza la società ha proposto ricorso con un unico motivo; ha resistito con controricorso l’intimato RAGIONE_SOCIALE tramite l’Avvocatura Generale dello Stato. Essendone stata rilevata l’inammissibilità , è stata proposta la definizione anticipata del ricorso ai sensi dell’art. 380 -bis c.p.c.,.
Parte ricorrente ha depositato nei termini istanza di decisione ai sensi dell’art. 380 -bis c.p.c.; è stata, quindi, fissata l’adunanza camerale ai sensi dell’art. 380 bis.1 c.p.c.
La difesa dei ricorrenti ha anche depositato memoria.
All’esito della camera di consiglio, il Collegio si è riservato il deposito dell’ordinanza nel termine di sessanta giorni.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Il motivo di ricorso denuncia la violazione e falsa applicazione degli artt. 115 e 116 c.p.c. ‘nella misura in cui il Collegio ha fatto indebito uso del proprio potere di valutazione del materiale probatorio’; si critica la Corte territoriale per aver att ribuito maggiore attendibilità alle dichiarazioni rese dai lavoratori in sede ispettiva piuttosto che alle testimonianze escusse durante il processo di primo grado.
2. Il ricorso è inammissibile.
Come ribadito dalle Sezioni unite di questa Corte (cfr. Cass. SS.UU. n. 20867 del 2020; tra le molte conformi v., di recente, Cass. n. 9731 del 2025), per dedurre la violazione dell’art. 115 c.p.c. è necessario denunciare che il giudice non abbia posto a fondamento della decisione le prove dedotte dalle parti, cioè abbia giudicato in contraddizione con la prescrizione della norma, il che significa che per realizzare la violazione deve avere giudicato o contraddicendo espressamente la regola di cui alla norma, cioè dichiarando di non doverla osservare, o contraddicendola implicitamente, cioè giudicando sulla base di prove non introdotte dalle parti e disposte invece di sua iniziativa al di fuori dei casi in cui gli sia riconosciuto un potere officioso di disposizione del mezzo probatorio (mentre detta violazione non si può ravvisare nella mera circostanza che il
giudice abbia valutato le prove proposte dalle parti attribuendo maggior forza di convincimento ad alcune piuttosto che ad altre).
Parimenti la pronuncia rammenta che la violazione dell’art. 116 c.p.c. è riscontrabile solo ove si alleghi che il giudice, nel valutare una prova o, comunque, una risultanza probatoria, non abbia operato – in assenza di diversa indicazione normativa secondo il suo «prudente apprezzamento», pretendendo di attribuirle un altro e diverso valore, oppure il valore che il legislatore attribuisce ad una differente risultanza probatoria (come, ad esempio, valore di prova legale), nonché, qualora la prova sia soggetta ad una specifica regola di valutazione, abbia invece dichiarato di valutare la stessa secondo il suo prudente apprezzamento, mentre, ove si deduca che il giudice ha solamente male esercitato il suo prudente apprezzamento della prova, la censura era consentita ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 5, cod. proc. civ., nel testo previgente ed ora solo in presenza dei gravissimi vizi motivazionali individuati da questa Corte fin da Cass. SS.UU. nn. 8053 e 8054 del 2014.
Sulla sostanza della censura è sufficiente altresì rammentare che: ‘La valutazione delle risultanze della prova testimoniale e il giudizio sull’attendibilità dei testi e sulla loro credibilità involgono apprezzamenti di fatto riservati al giudice di merito, il quale, nel porre a fondamento della decisione una fonte di prova con esclusione di altre, non incontra alcun limite se non quello di indicare le ragioni del proprio convincimento, senza essere tenuto a discutere ogni singolo elemento o a confutare ogni deduzione difensiva (nella specie, con riferimento all’accertamento dell’omesso versamento di contributi previdenziali relativi a rapporti di lavoro subordinato, la sentenza di merito, confermata dalla RAGIONE_SOCIALE.C., aveva conferito
attendibilità alle dichiarazioni rese da due testimoni agli ispettori dell’RAGIONE_SOCIALE rispetto a quelle rese in giudizio dagli stessi, avendo ritenuto le prime più veritiere e genuine in base alla considerazione di una serie di elementi di fatto)’ (Cass. n. 13910 del 2001; in senso conforme, più di recente, Cass. n. 13054 del 2014)
In conclusione, dichiarata l’inammissibilità del ricorso, le spese seguono la soccombenza liquidate come da dispositivo; considerato che la trattazione del ricorso è stata chiesta ai sensi dell’art. 380-bis c.p.c. a seguito di proposta di definizione anticipata e che il giudizio viene definito in conformità alla proposta, occorre applicare l’art. 96, commi 3 e 4, c.p.c., come previsto dal comma quarto del citato art. 380-bis c.p.c. (cfr. Cass. SS.UU. n. 10955 del 2024), non ravvisando, il Collegio, ragioni per discostarsi nella specie dalla suddetta previsione legale (cfr. Cass. SS.UU. n. 36069 del 2023).
Ai sensi dell’art. 13, comma 1 -quater, del d.P.R. n. 115 del 2002, nel testo introdotto dall’art. 1, comma 17, della legge n. 228 del 2012, occorre altresì dare atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte dei ricorrenti, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello, ove dovuto, per il ricorso, a norma del comma 1bis dello stesso art. 13 (cfr. Cass. SS.UU. n. 4315 del 2020).
P.Q.M.
La Corte dichiara inammissibile il ricorso e condanna i soccombenti al pagamento delle spese liquidate in euro 5.500,00, oltre alle spese prenotate a debito; condanna altresì i ricorrenti, ai sensi dell’art. 96, comma 3, c.p.c., al pagamento della somma di euro 2.750,00 in favore di parte controricorrente
e, ai sensi dell’art. 96, comma 4, c.p.c., al pagamento della somma di euro 2.750,00 in favore della RAGIONE_SOCIALE delle ammende. Ai sensi dell’art. 13, co. 1 -quater , d.P.R. n. 115 del 2002 dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte dei ricorrenti, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello per il ricorso a norma del comma 1bis dello stesso art. 13, se dovuto.
Così deciso in Roma nell’adunanza camerale del 22 ottobre 2025.
Il Presidente AVV_NOTAIO NOME COGNOME