Ordinanza di Cassazione Civile Sez. L Num. 18884 Anno 2024
Civile Ord. Sez. L Num. 18884 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 10/07/2024
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 13159/2023 r.g., proposto da
NOME , elett. dom.to in presso la Cancelleria di questa Corte, rappresentato e difeso dall’AVV_NOTAIO.
ricorrente
contro
RAGIONE_SOCIALE , in persona del legale rappresentante pro tempore , elett. dom.to in INDIRIZZO, rappresentato e difeso dagli AVV_NOTAIOti NOME COGNOME e NOME COGNOME.
contro
ricorrente
nonché
RAGIONE_SOCIALE in liquidazione – intimata , in persona del legale rappresentante pro tempore .
intimata
avverso la sentenza della Corte d’Appello di Cagliari n. 21/2022 pubblicata in data 21/12/2022, n.r.g. 252/2020.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del giorno 08/05/2024 dal AVV_NOTAIO NOME AVV_NOTAIO.
RILEVATO CHE
OGGETTO:
sindacato di legittimità sulla valutazione degli elementi probatori -esclusione
1.NOME COGNOME aveva lavorato alle dipendenze di RAGIONE_SOCIALE dall’08/10/2008 con inquadramento di operaio livello 5S ccnl settore distribuzione e recapito servizi postali, con mansioni di ‘ripartitore fattorino addetto promiscuamente alla ripartizione e a prestazioni di fattorino anche con uso di motorino o automezzo’ ed era stato addetto ai servizi affidati in appalto alla sua datrice di lavoro da RAGIONE_SOCIALE.
Deduceva di avere in realtà svolto mansioni di fattorino ed autista direttamente alle dipendenze di RAGIONE_SOCIALE, dovendo eseguire le consegne delle raccomandate secondo orari e percorsi indicati da RAGIONE_SOCIALE, funzionali all’organizzazione interna di RAGIONE_SOCIALE, e si serviva di modulistica, abbigliamento e tesserino di riconoscimento forniti da RAGIONE_SOCIALE; ispettori postali controllavano il suo operato; altri dipendenti di RAGIONE_SOCIALE lo contattavano direttamente al cellulare modificando all’occorrenza le sue incombenze o emettendo ordini di servizio.
Precisava di essere stato licenziato da RAGIONE_SOCIALE a decorrere dal 31/12/2012 per la scadenza dell’appalto.
Deduceva la nullità del licenziamento, perché intimato da soggetto fittiziamente interposto e quindi non reale datore di lavoro.
Adìva il Tribunale di Cagliari per ottenere l’accertamento della sussistenza di un rapporto di lavoro subordinato alle dipendenze di RAGIONE_SOCIALE e la declaratoria di nullità o di inefficacia del licenziamento, nonché la condanna di RAGIONE_SOCIALE a pagargli le differenze retributive derivanti dal diverso CCNL applicabile.
2.Radicatosi il contraddittorio, espletata la prova testimoniale, il Tribunale rigettava le domande.
3.Con la sentenza indicata in epigrafe la Corte d’Appello rigettava il gravame interposto dallo NOME.
Per quanto ancora rileva in questa sede, a sostegno della sua decisione la Corte territoriale affermava:
o l’attività è appaltabile, oppure non lo è e nel senso caso l’illiceità dell’appalto risulta dallo stesso titolo, mentre nel primo caso il contratto è lecito ed allora l’interposizione vietata deve risultare dalla difformità dell’esecuzione concreta rispetto al regolamento contrattuale;
lo stesso appellante ammette che l’attività era appaltabile;
ed allora l’elemento cardine è esclusivamente la genuina qualità di imprenditore in capo all’appaltatore, che sussiste quando abbia una propria organizzazione del lavoro ed un proprio rischio d’impresa;
in tal senso soccorrono anche Cass. n. 15615/2011 e Cass. ord. n. 9139/2018;
quindi il grado di specificità dell’oggetto del contratto di appalto è compatibile con il tipo contrattuale utilizzato, sicché è lecito e pertanto l’interposizione vietata può dirsi sussistente solo quando sul piano dell’esecuzione concreta, vi sia uno scostamento dalle previsioni del regolamento contrattuale;
quindi, contrariamente all’assunto dell’appellante, il grado di specificità delle clausole contrattuali, relativamente alle modalità di effettuazione indicate da RAGIONE_SOCIALE, non è di per sé indice della natura subordinata della prestazione, in tal senso dovendosi rimeditare il proprio precedente n. 223/2017;
sul piano della valutazione dell’esecuzione concreta del regolamento contrattuale, si condivide la valutazione espressa dal Tribunale in ordine alla scarsa attendibilità dei testimoni COGNOME, COGNOME e COGNOME, poiché promotori di identica controversia contro RAGIONE_SOCIALE;
ciò che è emerso dalle altre deposizioni testimoniali è che RAGIONE_SOCIALE si era sempre limitata a trasmettere a RAGIONE_SOCIALE gli MPT contenenti i percorsi e gli orari e che, a seguito di tali comunicazioni, era stata RAGIONE_SOCIALE ad organizzare le turnazioni di lavoro tra il suo personale (testi COGNOME e COGNOME sentiti in analoghe controversie);
quanto ai controlli, è emerso che servivano a verificare la corretta esecuzione dell’appalto, sia con riguardo alla corretta utilizzazione del tesserino di riconoscimento utile ai fini dell’accesso ad uffici di RAGIONE_SOCIALE e all’accreditamento presso i clienti di RAGIONE_SOCIALE, nonché della divisa fornita da RAGIONE_SOCIALE in base al contratto di appalto, sia con riguardo al sistema ‘tracking’;
in caso di inefficienze o irregolarità del servizio i supervisori e gli ispettori non formulavano direttive oppure ordini diretti ai lavoratori, ma si limitavano a fare le segnalazioni al servizio logistica di RAGIONE_SOCIALE e
poi al servizio RAGIONE_SOCIALE in vista dell’avvio della procedura di contestazione di inadempimenti al referente di RAGIONE_SOCIALE, ossia al sig. NOME COGNOME;
nessuna rilevanza può avere il fatto che RAGIONE_SOCIALE posto a disposizione, in comodato, stampante e un computer con sistema tracking installato, poiché erano beni di valore del tutto marginale rispetto agli altri mezzi impiegati dai dipendenti RAGIONE_SOCIALE per l’esecuzione dell’appalto e segnatamente i mezzi di trasporto, che erano di proprietà o comunque nella disponibilità di RAGIONE_SOCIALE, che si faceva carico del rifornimento di carburante e delle operazioni di manutenzione, ricovero e custodia di quei mezzi.
4.Avverso tale sentenza COGNOME NOME ha proposto ricorso per cassazione, affidato ad un motivo.
5.- RAGIONE_SOCIALE ha resistito con controricorso.
6.- Entrambe le parti hanno depositato memoria.
7.- Il Collegio si è riservata la motivazione nei termini di legge.
CONSIDERATO CHE
Con l’unico motivo, proposto ai sensi dell’art. 360, co. 1, n. 4), c.p.c. il ricorrente denunzia nullità della sentenza o del procedimento per violazione degli artt. 115 e 116 c.p.c. per avere la Corte territoriale ritenuto facenti piena prova alcuni elementi che invece dovevano essere soggetti a valutazione ed apprezzamento critico, come il contratto di appalto e i suoi allegati.
Il motivo è inammissibile, perché sollecita a questa Corte un diverso apprezzamento e una diversa interpretazione di quei documenti, attività che invece sono riservate al giudice di merito ed interdette in sede di legittimità.
Va infatti ricordato che la questione della ‘violazione’ o della ‘falsa applicazione’ degli artt. 115 e 116 c.p.c. è ammissibile dinanzi alla Corte di legittimità solo se si alleghi che il giudice di appello abbia posto a base della decisione prove non dedotte dalle parti, oppure prove disposte d’ufficio al di fuori dei limiti legali, oppure abbia disatteso prove legali, oppure abbia considerato come facenti piena prova (recependoli senza apprezzamento critico) elementi probatori soggetti invece a prudente valutazione (Cass. ord. n. 27000/2016; Cass. ord. n. 1229/2019; Cass. ord. n. 6774/2022).
C ontrariamente all’assunto del ricorrente, i giudici d’appello non hanno affatto considerato quei documenti come ‘prova legale’, tanto è vero che si sono spinti a prendere in esame tutte le deposizioni testimoniali, anche relative ad analoghe controversie, per verificare se in concreto il rapporto si fosse svolto con modalità differenti dalle clausole del contratto di appalto. E l’esito di tale accertamento, in conseguenza dell’apprezzamento di tutte le fonti di prova, è stato nel senso della genuinità del contratto di appalto. Dunque nessuna violazione degli artt. 115 e 116 c.p.c. è riscontrabile nella sentenza impugnata.
Le spese seguono la soccombenza e sono liquidate come in dispositivo.
P.Q.M.
La Corte dichiara inammissibile il ricorso; condanna il ricorrente a rimborsare alla controricorrente le spese del presente giudizio di legittimità, che liquida in euro 4.000,00, oltre euro 200,00 per esborsi, oltre rimborso forfettario delle spese generali e accessori di legge.
Dà atto che sussistono i presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, ai sensi dell’art. 13, co. 1 quater, d.P.R. n. 115/2002 pari a quello per il ricorso a norma dell’art. 13, co. 1 bis, d.P.R. cit., se dovuto.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della sezione lavoro, in