Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 3 Num. 24835 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 3 Num. 24835 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: NOME COGNOME
Data pubblicazione: 09/09/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 10982/2022 R.G., proposto da
COGNOME NOME COGNOME rappresentato e difeso dall’avv. NOME COGNOME domiciliato ex lege come da indirizzo pec indicato, per procura su foglio separato allegato al ricorso,
–
ricorrente –
contro
RAGIONE_SOCIALE in persona del procuratore speciale NOME COGNOME rappresentata e difesa dall’avv. NOME COGNOME domiciliata ex lege come da indirizzo pec indicato, per procura su foglio separato allegato al controricorso,
–
contro
ricorrente –
contro
DELLI SANTI NOMECOGNOME NOMECOGNOME
-intimati –
Prova testimoniale -Valutazione -Motivazione
per la cassazione della sentenza n. 3656/2021 del Tribunale di Bari pubblicata il 18.10.2021;
udita la relazione svolta nella Camera di consiglio del 2.7.2025 dal Consigliere dott. NOME COGNOME
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Con sentenza pubblicata il 30.1.2014 il Giudice di Pace di Bari, provvedendo sui procedimenti riuniti promossi da COGNOME Michelangelo e COGNOME NOME nei confronti di Groupama RAGIONE_SOCIALE.RAGIONE_SOCIALE.aRAGIONE_SOCIALE e COGNOME NOMECOGNOME rigettava le domande svolte.
I giudizi traevano origine dal sinistro verificatosi in Bari, località Santo Spirito, il 19.4.2008, alle ore 21.45 circa, allorquando la COGNOME alla guida dell’autovettura Audi TARGA_VEICOLO tg TARGA_VEICOLO (assicurata presso Nuova Tirrena, in seguito RAGIONE_SOCIALE), nell’impegnare l’intersezione con la INDIRIZZO non rispettava il segnale d i stop, così urtando l’Alfa Romeo 147, tg TARGA_VEICOLO, condotta dal Barcellona e a bordo della quale si trovava il D’Introna , per poi terminare la corsa contro altra autovettura lì parcheggiata.
Rimasta contumace la COGNOME il Giudice di Pace, previa istruzione orale e l ‘espletamento di due consulen z e tecniche d’ufficio, rigettava le domande sul rilievo che il fatto costitutivo della pretesa non fosse stato provato per la non attendibilità dell’unica teste escussa .
Il Tribunale di Bari, provvedendo sui giudizi di appello riuniti promossi dal COGNOME e dal Barcellona, sempre nella contumacia della COGNOME, con sentenza pubblicata il 18.10.2021 rigettava entrambe le impugnazioni, ponendo le spese del grado a carico degli appellanti.
Il giudice dell’appello, nel confermare quanto statuito in primo grado, osservava che: a) l ‘unica teste escussa non era attendibile; b) il CAI era stato firmato solo dalla COGNOME e, quand’anche fosse stato sottoscritto da entrambi i conducenti, esso sarebbe stato un elemento di prova da valutare ex art. 2733 cod. civ. insieme alle altre risultanze processuali; c) la mancata prestazione dell’interrogatorio da parte della COGNOME ,
nonostante le numerose intimazioni a comparire, non avrebbe permesso di ritenere provati i fatti atteso il quadro probatorio venutosi a formare; d) le relazioni dei consulenti tecnici non avevano attitudine probatoria del nesso di causa nello specifico, limitandosi esse a indicare la compatibilità in astratto tra l’evento e i danni .
Concludeva il Tribunale: ‘ n definitiva la prova testimoniale appare eccessivamente concisa, il CAI, privo di alcun valore di prova legale e perdipiù sottoscritto dalla sola danneggiante, l’atteggiamento processuale della Sig. COGNOME non conforme ai canoni di buona fede processuale, ossia poco collaborativo rispetto al processo ed alle sue finalità di accertare la verità’.
Per la cassazione della sentenza del Tribunale ricorre NOME COGNOME sulla base di due motivi. Risponde con controricorso RAGIONE_SOCIALE
La trattazione del ricorso è stata fissata in camera di consiglio, ai sensi dell’art. 380bis .1. cod. proc. civ.
Il Pubblico Ministero presso la Corte non ha presentato conclusioni scritte.
RAGIONE_SOCIALE ha depositato memoria.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Con il primo motivo è denunciata ‘ex art. 360, comma primo, n. 5, cod. proc. civ. motivazione omessa, illogica e/o contraddittoria, ovvero quantomeno apparente’.
Il ricorrente lamenta che il Tribunale è pervenuto alla sua decisione sulla base di una ‘motivazione macroscopicamente illogica, contraddittoria al punto da doversi considerare del tutto omessa ovvero quantomeno apparente’. Il giudice dell’appello relativamente alla teste NOME COGNOME ha ripreso pedissequamente la motivazione resa dal Giudice di Pace e ne ha ribadito l’inattendibilità, ‘ perché pur avendo risposto a tutte le domande sui capitoli di prova ammessi, le risposte fornite sono limitate a confermare le circostanze capitolate come le venivano lette, senza fornire
le dovute precisazioni a conforto … ha omesso di fornire un maggiore dettaglio riguardo ad esempio al colore delle auto, alla dinamica del sinistro, e soprattutto al motivo per cui non fosse stata allertata nell’immediatezza l’Autorità Sanitaria o quella di Polizia’ .
Segnala che la riportata motivazione è palesemente apparente, non potendo imputarsi alla teste la mancata indicazione di chiarimenti in ordine al colore dei mezzi e al mancato intervento degli organi sanitari e di sicurezza a fronte di domande non poste né dal giudice, né dai difensori. Analogamente, ad avviso del ricorrente, gravemente viziata è la motivazione in ordine alla portata confessoria del CAI e alla irrilevanza delle svolte consulenze tecniche d’ufficio , mentre del tutto omessa è la motivazione in ordine al danno morale.
Il ricorrente, come si ricava da pagina 11 del ricorso, ha proposto due motivi:
con il primo ha invocato l’art. 360, comma primo, n. 5, cod. proc. civ. per ‘motivazione omessa, illogica e/o contraddittoria, ovvero quantomeno apparente’ ;
con il secondo motivo ha denunciato, ai sensi dell’art. 360, comma primo, n. 3, cod. proc. civ. ‘ violazione e falsa applicazione degli artt. 2054 e 2697 in relazione agli artt. 115, 116 e 253 cod. proc. civ.’.
Tuttavia, in esordio e a chiusura del primo motivo i riferiti vizi della motivazione, ad avviso del ricorrente, sarebbero ridondati nella ‘violazione e falsa applicazione degli artt. 2054 e 2697 cod. civ. in relazione agli artt. 115, 116 e 253 cod. proc. civ.’.
Q uand’anche si voglia ritenere che siano state avanzate delle censure per violazione degli artt. 115 e 116 cod. proc. civ. e 2697 cod. civ., preliminarmente deve essere notato come esse, per quanto asseritamente occorse a valle del prospettato vizio di motivazione, siano del tutto mal poste.
Infatti, deve essere ricordato come n ell’ambito di un ricorso per cassazione per dedurre la violazione del paradigma dell’articolo 115 cod.
proc. civ. sia necessario denunciare che il giudice non abbia posto a fondamento della decisione le prove dedotte dalle parti, cioè abbia giudicato in contraddizione con la prescrizione della norma (v. già Cass., sez. III, 10 giugno 2016, n. 11892, il cui principio di diritto trovasi ribadito anche dalle Sezioni Unite nella sentenza n. 20867 del 2020 e già da Cass., Sez. Un., 5 agosto 2016, n. 16598, in motivazione espressa, sebbene non massimata sul punto; Cass., VI-3, 23 ottobre 2018, n. 26769; sez. lav., 19 agosto 2020, n. 17313). Ciò significa che per realizzare la violazione deve aver giudicato, o contraddicendo espressamente la regola di cui alla norma, cioè dichiarando di non doverla osservare, o contraddicendola implicitamente, cioè giudicando sulla base di prove non introdotte dalle parti e disposte invece di sua iniziativa al di fuori dei casi in cui gli sia riconosciuto un potere officioso di disposizione del mezzo probatorio (fermo restando il dovere di considerare i fatti non contestati e la possibilità di ricorrere al notorio, previsti dallo stesso articolo 115 cod. proc. civ.), mentre detta violazione non si può ravvisare nella mera circostanza che il giudice abbia valutato le prove proposte dalle parti attribuendo maggior forza di convincimento ad alcune piuttosto che ad altre, essendo tale attività consentita dal paradigma dell’articolo 116 cod. proc. civ. , rubricato per l’appunto “valutazione delle prove” (v., Cass. 11892/2016, cit.).
Va altresì ricordato che una questione di violazione o di falsa applicazione dell’art. 116 cod. proc. civ. non può porsi per una erronea valutazione del materiale istruttorio compiuta dal giudice di merito, ma solo allorché si alleghi che quest’ultimo abbia disatteso, valutandole secondo il suo prudente apprezzamento, delle prove legali, ovvero abbia considerato come facenti piena prova, recependoli senza apprezzamento critico, elementi di prova soggetti invece a valutazione (v., Cass., 10 giugno 2016, n. 11892; 8 ottobre 2019, n. 25027; 31 agosto 2020, n. 18092; 22 settembre 2020, n. 19798; Cass., Sez. Un., 30 settembre 2020, n. 20867).
Analogamente, il cattivo esercizio del potere di apprezzamento delle prove non legali da parte del giudice di merito non dà luogo ad alcun vizio denunciabile con il ricorso per cassazione, non essendo inquadrabile nel paradigma dell’art. 360, comma primo, n. 5, cod. proc. civ., che dà rilievo all’omesso esame di un fatto storico, principale o secondario, la cui esistenza risulti dal testo della sentenza o dagli atti processuali, abbia costituito oggetto di discussione tra le parti e presenti carattere decisivo per il giudizio, né in quello del precedente n. 4, disposizione che – per il tramite dell’art. 132, n. 4, cod. proc. civ. – dà rilievo unicamente all’anomalia motivazionale che si tramuta in violazione di legge costituzionalmente rilevante (v. Cass. 11892/2016 cit.).
Quanto all’asserita violazione dell’art. 2697 cod. civ. mette conto richiamare il principio fatto proprio dalle Sezioni Unite di questa Corte, ai sensi del quale la violazione della norma si configura se il giudice di merito applica la regola di giudizio fondata sull’onere della prova in modo erroneo, cioè attribuendo l’ onus probandi a una parte diversa da quella che ne era onerata secondo le regole di scomposizione della fattispecie basate sulla differenza fra fatti costitutivi ed eccezioni (v. Cass., Sez. Un., 16598/2016, cit., in motivazione espressa, sebbene non massimata sul punto; Cass., 6III, 23 ottobre 2018, n. 26769; sez. lav., 19 agosto 2020, n. 17313; 15 ottobre 2024, n. 26739). Ipotesi non ricorrenti nel caso di specie, per aver il ricorrente pletoricamente sostenuto la «disapplicazione» degli artt. 2054 e 2697 cod. civ., in relazione agli artt. 115, 116 e 253 cod. proc. civ. a causa di gravi lacune della motivazione.
Tanto premesso, il motivo , di là dall’improprio richiamo all’espressione ‘motivazione omessa, illogica e/o contraddittoria’ contenuta nella vecchia formulazione dell’art. 360, comma primo, n. 5, cod. proc. civ., espone anche la doglianza di motivazione apparente.
Il ricorrente, infatti, pur lamentando formalmente la violazione dell’art. 360, comma primo, n. 5, cod. proc. civ., nell’illustrazione del motivo prospetta un tipico error in procedendo, consistito , per l’appunto,
nell’essere stata resa una motivazione apparente. Errore, quest’ultimo, che si sarebbe dovuto far valere ai sensi dell’art. 360, comma primo, n. 4, cod. proc. civ. L’ errore nell’inquadramento della censura, tuttavia, non osta al suo scrutinio. Infatti, nel caso in cui il ricorrente incorra nel c.d. “vizio di sussunzione” (e cioè erri nell’inquadrare l’errore commesso dal giudice di merito in una delle cinque categorie previste dall’art. 360 cod. proc. civ.), il ricorso non può per ciò solo dirsi inammissibile, quando dal complesso della motivazione adottata dal ricorrente sia chiaramente individuabile l’errore di cui si duole, come stabilito dalle Sezioni Unite di questa Corte (Cass., Sez. Un., 24 luglio 2013, n. 17931).
In merito al controllo in sede di legittimità, deve ribadirsi che, ai sensi dell’art. 360, comma 1, n. 5), cod. proc. civ. nel testo ‘novellato’ dall’art. 54, comma 1, lett. b), del decreto-legge 22 giugno 2012, n. 83, convertito con modificazioni dalla legge 7 agosto 2012, n. 134 (applicabile ‘ ratione temporis ‘ al presente giudizio) il sindacato di questa Corte è destinato a investire la parte motiva della sentenza solo entro il ‘minimo costituzionale’ (v. Cass., Sez. Un., 7 aprile 2014, nn. 8053-80 54; nonché ‘ ex multis ‘, Cass., sez. III, 20 novembre 2015, n. 23828; 5 luglio 2017, n. 16502; sez. I, 30 giugno 2020, n. 13248).
Il difetto di motivazione è, dunque, ipotizzabile solo nel caso in cui la parte motiva della sentenza risulti ‘meramente apparente’, evenienza configurabile, oltre che nell’ipotesi di ‘carenza grafica’ della stessa, quando essa, ‘benché graficamente esiste nte, non renda, tuttavia, percepibile il fondamento della decisione, perché recante argomentazioni obbiettivamente inidonee a far conoscere il ragionamento seguito dal giudice per la formazione del proprio convincimento’ (v., Cass., Sez. Un., 3 novembre 2016, n. 22232; nonché, più di recente, Cass., sez. 6-V, 23 maggio 2019, n. 13977), o perché affetta da ‘irriducibile contraddittorietà’ (v., Cass., sez. III, 12 ottobre 2017, n. 23940; sez. 6-III, 25 settembre 2018), ovvero connotata da ‘affermazioni inconciliabili’ (v., Cass., sez. 6 -lav., 25 giugno 2018, n. 16111; sez. III, 25 settembre 2018; sez. I, 25
giugno 2021, n. 18311; sez. III, 6 novembre 2023, n. 30579), mentre ‘resta irrilevante il semplice difetto di «sufficienza» della motivazione’ (Cass., sez. II, 13 agosto 2018, n. 20721). Ferma in ogni caso restando la necessità che il vizio ‘emerga immedia tamente e direttamente dal testo della sentenza impugnata’ (Cass., sez. un., 8053/2014 cit.), vale a dire ‘prescindendo dal confronto con le risultanze processuali’ (così, tra le molte, Cass., sez. I, 20 giugno 2018, n. 20955, non massimata; in senso conforme, più di recente, Cass., sez. I, 3 marzo 2022, n. 7090).
Il Tribunale, nel confermare la valutazione sulla teste COGNOME fatta dal Giudice di Pace, si è così espresso: ‘ la Sig.ra COGNOME risulta non attendibile, perché pur avendo risposto a tutte le domande sui capitoli di prova ammessi, le risposte fornite sono limitate a confermare le circostanze capitolate come le venivano lette, senza fornire le dovute precisazioni a conforto. Ha dichiarato la presenza di un ‘s ignore” nell’Alfa 147 e di presunti dolori alla spalla destra del COGNOME‘COGNOME, e tuttavia, pur essendo in linea di principio irrilevante il motivo della sua presenza in strada (potendo ben essere un testimone oculare occasionale trovatosi di passaggio sulla strada), la stessa ha omesso di fornire un maggiore dettaglio riguardo ad esempio al colore delle auto, alla dinamica del sinistro, e soprattutto al motivo per cui non fosse stata allertata nell’immediatezza l’Autorità Sanitaria o quella di Polizia. L’attendibilità del teste è ulteriormente minata dall’omesso inserimento del suo nome nel CAI redatto dai soggetti coinvolti, nonostante nel format esista un’apposita voce a ciò dedicata ‘ (pagina 2, ultimo capoverso, pagina 3, primo capoverso).
A pagina 5 della sentenza il Tribunale, conclusivamente, ha affermato ‘ n definitiva la prova testimoniale appare eccessivamente concisa’.
Effettivamente, la riferita motivazione poggia su proposizioni del tutto illogiche, peraltro meramente confermative di quanto già affermato in primo grado dal Giudice di Pace, tali da renderla del tutto apparente. Così decidendo il Tribunale ha abdicato al necessario vaglio riservato al giudice dell’appello.
Il Tribunale ha ritenuto la teste non attendibile, ‘perché pur avendo risposto a tutte le domande sui capitoli di prova ammessi, le risposte fornite sono limitate a confermare le circostanze capitolate come le venivano lette, senza fornire le dovute precisazioni a conforto’ . La teste, inoltre, non avrebbe fornito ulteriori dettagli sul colore delle autovetture, sulla dinamica del sinistro e sul perché non fossero state allertati nell’immediatezza i soccorsi e la polizia. Il Tribunale, a conclusione della disamina del compendio probatorio, quanto alla prova testimoniale, in modo del tutto illogico e improprio , l’ha qualificata come ‘eccessivamente concisa’ , senza tuttavia precisare se eventuali domande a chiarimenti fossero state poste e se queste fossero rimaste prive di risposte.
È stato affermato ripetutamente da questa Corte che ‘ e infatti il giudice ritiene decisiva la conoscenza d’una circostanza di fatto sulla quale il testimone non era formalmente chiamato a riferire (perché non compresa nei capitoli ammessi), l’ordinamento gli accorda il potere di rivolgere al testimone “tutte le domande che ritiene utili a chiarire i fatti” (art. 253, comma 1, c.p.c.), come pure di richiamare il testimone già escusso (art. 257 c.p.c.) ‘, per poi enunciare che ‘il giudice di merito non è un mero registratore passivo di quanto dichiarato dal testimone, ma un soggetto attivo e partecipe dell’escussione testimoniale, al quale l’ordinamento attribuisce il potere-dovere in primo luogo di sondare con zelo l’attendibilità del testimone, ed in secondo luogo di acquisire dal testimone (vuoi con le domande di chiarimento, vuoi incalzandolo, vuoi contestandogli contraddizioni tra quanto dichiarato ed altre prove già raccolte) tutte le informazioni ritenute indispensabili per una giusta decisione. Quel che invece il giudice di merito non può fare, senza contraddirsi, è da un lato non rivolgere al testimone nessuna domanda a chiarimento e non riconvocarlo; e dall’altro ritenere lacunosa la testimonianza perché carente su circostanze non capitolate, e sulle quali nessuno ha chiesto al testimone di riferire’ (v. , Cass., sez. III, 24 settembre 2015, n. 18896; Cass., sez. III, 16 ottobre
2015, n. 20929; Cass., sez. III, 28 agosto 2020, n. 17981; Cass., sez. I, 3 novembre 2022, n. 32456).
Il Tribunale nella valutazione di inattendibilità della teste ha illogicamente attribuito rilevanza al fatto che si fosse limitata a confermare le circostanze capitolate, senza fornire non meglio indicate precisazioni, senza considerare se tali approfondimenti o chiarimenti fossero stati richiesti alla teste, ivi compreso quale fosse il colore delle autovetture coinvolte (tenuto conto che si assume essere avvenuto il sinistro intorno alle 21.45 del 19.4.2008), ma soprattutto del tutto inconferente, e comunque poco comprensibile, appare il rilievo dato alla mancata allerta nell’immediatezza dell’autorità di polizia e del personale sanitario , non potendo imputarsi la circostanza alla teste, né riverberarsi sulla posizione dell’attore.
Del pari illogico è il richiamo finale alla «concisione» della teste, ben potendo anche il giudice dell’appello disporre d’ufficio la riconvocazione del teste ai sensi dell’art. 356 cod. proc. civ. (v. Cass. 16 agosto 1990, n. 8308).
Analogamente, del tutto inconferente è il richiamo alla condotta processuale della COGNOME a proposito della mancata risposta all’interrogatorio formale deferito. Quand’anche contrario tale comportamento al canone della «buona fede processuale» , perché ‘poco collaborativo rispetto al processo ed alle sue finalità di accertare la verità’, resta del tutto inesplicata la ragione per la quale tale contrarietà debba ricadere sull’attore , ostando al raggiungimento della prova in ordine al fatto storico ‘e al nesso di causa tra questo e gli eventi alla base del petitum ‘.
Conclusivamente, nel pervenire alla sua decisione, il Tribunale non avrebbe potuto, se non incorrendo in grave contraddizione, da un lato, non rivolgere al testimone nessuna domanda a chiarimento e non riconvocarlo, dall’altro, ritenere lacunosa la testimonianza perché carente su circostanze non espressamente indicate nei capitoli ammessi, e sulle quali nessuno aveva chiesto al testimone di riferire.
Il motivo, pertanto, deve essere accolto per quanto di ragione, e il Tribunale di Bari dovrà rendere una motivazione effettiva e percepibile in ordine all ‘ attendibilità o meno, della teste escussa.
L’accoglimento del pr imo motivo di ricorso, determina l’assorbimento del secondo, con il quale si denuncia , ai sensi dell’art. 360, comma primo, n. 3, cod. proc. civ., violazione e falsa applicazione degli artt. 2054 e 2697 in relazione agli artt. 115, 116 e 253 cod. proc. civ.
Accolto il primo motivo per quanto di ragione, assorbito il secondo, la sentenza impugnata deve essere cassata, rinviando al Tribunale di Bari, in persona di diverso magistrato, anche per la regolazione delle spese del giudizio di legittimità.
P.Q.M.
La Corte accoglie il primo motivo di ricorso per quanto di ragione, assorbito il secondo, cassa la sentenza impugnata e rinvia, anche per le spese del giudizio di legittimità, al Tribunale di Bari, in persona di diverso magistrato. Così deciso in Roma nella camera di consiglio della Terza sezione civile della