Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 3 Num. 15648 Anno 2024
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE TERZA CIVILE
Civile Ord. Sez. 3 Num. 15648 Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 04/06/2024
composta dai signori magistrati:
Oggetto:
AVV_NOTAIO. NOME COGNOME
Presidente
ASSICURAZIONE DANNI (FURTO)
AVV_NOTAIO. NOME COGNOME
Consigliere
AVV_NOTAIO. NOME COGNOME
Consigliere
AVV_NOTAIO. NOME COGNOME
Consigliere relatore
Ad. 22/05/2024 C.C.
AVV_NOTAIO. NOME COGNOME
Consigliere
R.G. n. 15027/2021
ha pronunciato la seguente
Rep.
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al numero 15027 del ruolo generale dell’anno 2021, proposto
da
COGNOME NOME NOMEC.F.: CODICE_FISCALE)
rappresentato e difeso dall’avvocat o NOME COGNOME (C.F.: CODICE_FISCALE)
-ricorrente-
nei confronti di
RAGIONE_SOCIALE (C.F.: non indicato), in persona del legale rappresentante pro tempore
-intimata-
per la cassazione della sentenza della Corte d’a ppello di L’Aquila n. 419/2021, pubblicata in data 19 marzo 2021; udita la relazione sulla causa svolta alla camera di consiglio del
22 maggio 2024 dal consigliere NOME COGNOME.
Corte di Cassazione – copia non ufficiale
Fatti di causa
NOME COGNOME ha agito in giudizio nei confronti della RAGIONE_SOCIALE (oggi RAGIONE_SOCIALE) per ottenere l’indennizzo dalla stessa dovuto in virtù di un contratto di assicurazione contro i danni, per il furto di un motociclo di sua proprietà.
La domanda è stata solo parzialmente accolta dal Tribunale di Pescara, che ha condannato la società convenuta a pagare all’attore l’importo di € 873,00, oltre accessori .
La Corte d’a ppello di L’Aquila ha confermato la decisione di primo grado.
Ricorre il COGNOME, sulla base di un unico motivo.
Non ha svolto attività difensiva in questa sede la società intimata.
È stata disposta la trattazione in camera di consiglio, in applicazione degli artt. 375 e 380 bis .1 c.p.c..
Il Collegio si è riservato il deposito dell’ordinanza decisoria nei sessanta giorni dalla data della camera di consiglio.
Ragioni della decisione
Con l’unico motivo del ricorso si denunzia « violazione e/o falsa applicazione di norme di diritto ex art. 360 n. 3 c.p.c. in riferimento agli artt. 2697 c.c e 115 c.p.c. su un punto decisivo della controversia ».
Secondo il ricorrente, la corte d’appello avrebbe « arbitrariamente ed immotivatamente omesso di tenere in considerazione ai fini del decidere la sequenza di fatti e circostanze » indicate nella parte espositiva del ricorso e avrebbe « omesso qualsivoglia motivazione tesa a spiegare in virtù di quale processo logico-giuridico abbia ritenuto di doverla ignorare ».
Il ricorso è inammissibile.
1.1 In primo luogo, il ricorrente lamenta che la corte d’appello non avrebbe valutato adeguatamente gli elementi istruttori acquisiti agli atti.
Ma le censure di violazione degli artt. 2697 c.c. e 115 c.p.c. non risultano effettuate con la necessaria specificità, in conformità ai canoni a tal fine individuati dalla giurisprudenza di questa Corte (cfr. Cass., Sez. U, Sentenza n. 16598 del 05/08/2016, Rv. 640829 -01; Sez. 3, Sentenza n. 11892 del 10/06/2016, Rv. 640192 -01, 640193 -01 e 640194 -01; Sez. U, Sentenza
Ric. n. 15027/2021 – Sez. 3 – Ad. 22 maggio 2024 – Ordinanza – Pagina 2 di 5
n. 1785 del 24/01/2018, Rv. 647010 -01, non massimata sul punto; da ultimo: Sez. U, Sentenza n. 20867 del 30/09/2020, Rv. 659037 -02: « in tema di ricorso per cassazione, la doglianza circa la violazione dell’art. 116 c.p.c. è ammissibile solo ove si alleghi che il giudice, nel valutare una prova o, comunque, una risultanza probatoria, non abbia operato – in assenza di diversa indicazione normativa secondo il suo ‘prudente apprezzamento’, pretendendo di attribuirle un altro e diverso valore oppure il valore che il legislatore attribuisce ad una differente risultanza probatoria, come, ad esempio, valore di prova legale, oppure, qualora la prova sia soggetta ad una specifica regola di valutazione, abbia dichiarato di valutare la stessa secondo il suo prudente apprezzamento, mentre, ove si deduca che il giudice ha solamente male esercitato il proprio prudente apprezzamento della prova, la censura è ammissibile, ai sensi del novellato art. 360, comma 1, n. 5, c.p.c., solo nei rigorosi limiti in cui esso ancora consente il sindacato di legittimità sui vizi di motivazione »).
1.2 In particolare, la corte d’appello ha confermato gli accertamenti in fatto già svolti dal giudice di primo grado in ordine ai seguenti fatti, rilevanti ai fini della determinazione dell’effettivo valore del veicolo oggetto del furto, al momento dello stesso (che costituisce l’unica questione ancora in discussione tra le parti): « la persona da cui l’attore aveva acquistato il motociclo a luglio 2009 aveva acquistato il medesimo, nuovo, il 27.02.2009 per un importo di € 6.500,00 (dunque per un importo inf eriore al valore dichiarato in polizza dall’attore) »; « la persona che glielo aveva venduto non aveva eseguito alcuna riparazione sul mezzo (incidentato nel maggio 2009 i cui danni erano stati valutati dal perito dell’assicurazione dell’epoca in € 5.472,90) »; « non vi era, del resto, prova della asserita intervenuta riparazione, né, dell’avvenuto pagamento da parte del COGNOME di € 9.000,00 all’intermediario nella vendita, né,
ancora, della successiva riparazione del mezzo da parte dell’attore dopo l’ulteriore incidente del settembre 2009 ».
Ha, altresì, condiviso la valutazione del giudice di primo grado di maggiore attendibilità, ai fini della prova dei suddetti fatti, dei testi (ritenuti non interessati al giudizio) che avevano riferito le circostanze appena esposte, rispetto a quelle dei testi indicati dall’attore (portatori di un interesse personale all’esito del giudizio), i quali avevano riferito diverse e contrastanti circostanze (segnatamente: che l’attore avrebbe acquistato il motociclo, riparato dopo il primo incidente, per € 9.000,0 0 e, dopo che lo stesso aveva subito un secondo incidente, lo avrebbe fatto riparare per un cifra di circa € 8.700,00).
Tutte le censure formulate con il motivo di ricorso in esame si risolvono, in buona sostanza, nella contestazione di tali accertamenti di fatto, che sono però sostenuti da più che adeguata motivazione, non meramente apparente, né insanabilmente contraddittoria sul piano logico e, come tale, non sindacabile nella presente sede, nonché nella richiesta di una nuova e diversa valutazione delle prove (e della stessa attendibilità dei testi escussi), il che non è consentito nel giudizio di legittimità.
Il ricorso è dichiarato inammissibile.
Nulla è a dirsi in ordine alle spese del giudizio, non avendo la società intimata svolto attività difensiva.
Deve darsi atto della sussistenza dei presupposti processuali (rigetto, ovvero dichiarazione di inammissibilità o improcedibilità dell’impugnazione) di cui all’art. 13, co. 1 quater , del D.P.R. 30 maggio 2002 n. 115.
Per questi motivi
La Corte:
-dichiara inammissibile il ricorso.
Ric. n. 15027/2021 – Sez. 3 – Ad. 22 maggio 2024 – Ordinanza – Pagina 4 di 5 Si dà atto della sussistenza dei presupposti processuali (rigetto, ovvero dichiarazione di inammissibilità o improcedibilità dell’impugnazione) di cui all’art. 13, comma 1 quater , del
D.P.R. 30 maggio 2002 n. 115, per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso (se dovuto e nei limiti in cui lo stesso sia dovuto), a norma del comma 1 bis dello stesso art. 13.
Così deciso nella camera di consiglio della Terza Sezione Ci-