Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 3 Num. 25568 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 3 Num. 25568 Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 24/09/2024
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 10097/2021 R.G. proposto da:
NOME, domiciliata per legge in ROMA, alla piazza INDIRIZZO, presso la CANCELLERIA della CORTE di CASSAZIONE, rappresentata e difesa dagli avvocati COGNOME NOME (CODICE_FISCALE) e COGNOME NOME (CODICE_FISCALE), con domicilio digitale come in atti
– ricorrente –
contro
RAGIONE_SOCIALE, in persona del legale rappresentante in carica, elettivamente domiciliato in ROMA alla INDIRIZZO, presso lo studio dell ‘ avvocato NOME (CODICE_FISCALE), che lo rappresenta e difende, con domicilio digitale come in atti
– controricorrente –
nonché contro
COGNOME NOME
– intimata – avverso la SENTENZA del TRIBUNALE di REGGIO CALABRIA n. 982/2020 depositata il 02/11/2020.
Udita la relazione svolta, nella camera di consiglio del 22/05/2024, dal Consigliere relatore NOME COGNOME.
Rilevato che:
a seguito dell ‘ incendio, la notte del 1/07/2017, della propria autovettura tipo Smart, NOME adì il Giudice di pace di Reggio Calabria, convenendo in giudizio la proprietaria di altra autovettura, NOME COGNOME, affermando che il fuoco si era da essa propagato, nonché la RAGIONE_SOCIALE, assicuratrice dell ‘ autovettura Citroën di proprietà della COGNOME, al fine di ottenere il risarcimento dei danni;
la compagnia assicuratrice si costituì in giudizio e contestò la domanda, mentre NOME COGNOME rimase contumace;
la causa venne istruita con prova per testi;
la RAGIONE_SOCIALE, all ‘ esito dell ‘ istruttoria, venne condannata dal Giudice di pace di Reggio Calabria, in accoglimento integrale della domanda, al pagamento, in favore della COGNOME, della somma di euro tremila e duecento (€ 3.200,00) ;
il Tribunale di Reggio di Calabria, adìto dalla RAGIONE_SOCIALE, nella contumacia della COGNOME ha, con sentenza n. 982 del 2/11/2020, riformato la sentenza del Giudice di pace e ha, quindi, rigettato la domanda proposta dalla COGNOME in primo grado;
avverso la sentenza del Tribunale propone ricorso per cassazione NOME, con atto affidato a due motivi;
resiste la compagnia assicuratrice;
NOME COGNOME è rimasta intimata;
il Procuratore Generale non ha presentato conclusioni;
la controricorrente ha depositato memoria per l ‘ adunanza camerale del 22/05/2024, alla quale il ricorso è stato trattenuto per la decisione.
Considerato che:
il primo motivo di ricorso pone censura, peraltro richiamando i soli articoli di legge asseritamente violati, ossia gli artt. 285 e 326 cod. proc. civ., ma non anche i parametri di cui all ‘ art. 360, comma 1, codice di rito, di mancato rilievo, da parte del Tribunale, del decorso del termine lungo di cui all ‘ art. 327 comma 1, cod. proc. civ., in quanto il giudice d ‘ appello non avrebbe correttamente computato il termine di sei mesi decorrente dalla pubblicazione della sentenza del Giudice di pace e, inoltre, non avrebbe dato rilievo al fatto che la sentenza era stata notificata, ai fini del decorso del termine breve, in una con il precetto, in modo tale da far decorrere il termine breve di cui all ‘ art. 325, comma 1, cod. proc. civ.;
il motivo è in parte inammissibile e comunque infondato;
sotto il primo profilo, in appello non era stata posta la questione del termine lungo di impugnazione, o, quantomeno, non risulta dove e quando la detta questione fosse stata posta al giudice dell ‘ impugnazione di merito;
il motivo è, comunque, infondato: la sentenza del Giudice di pace venne pubblicata il 26/07/2018, il termine cd lungo scadeva, quindi, il 26/02/2019 (cadente di martedì) e l ‘ appello venne stato notificato il 25/02/2019 e, quindi, nel rispetto del termine semestrale;
con riferimento alla parte di motivo, peraltro abbastanza oscura, relativa alla decorrenza del termine breve, dalla notifica della sentenza, se ne rileva pure l ‘ infondatezza: il termine di trenta giorni di cui all ‘ art. 325, comma 1, cod. proc. civ. non aveva iniziato il suo decorso, in quanto la sentenza era stata notificata alla parte personalmente (precisamente alla sede legale dell ‘ RAGIONE_SOCIALE), con l ‘ atto di precetto, e non al difensore, cosicché detta notificazione era inidonea a provocare il decorso del termine
di trenta giorni per l ‘ impugnazione di merito, come da costante giurisprudenza di questa Corte, anche di livello nomofilattico (Sez. U n. 12898 del 13/06/2011 Rv. 617683 – 01), dalla quale il Collegio non ravvisa ragioni per discostarsi;
il secondo motivo pone, pure senza richiamare alcun parametro di cui all ‘ art. 360, comma 1, cod. proc. civ., censure di violazione ed errata applicazione di legge e difetto di motivazione in relazione agli artt. 115 e 116 cod. proc. civ.;
il motivo è inammissibile, in quanto censura l ‘ apprezzamento delle prove da parte del giudice di merito e peraltro, lo censura pure infondatamente, in quanto contrappone un ‘ unica testimonianza, illogica e lacunosa, a quella dei Vigili RAGIONE_SOCIALE fuoco intervenuti sul posto, che, a seguito di sopralluogo e con adeguato apprezzamento delle condizioni metereologiche della notte del 1/07/2017, avevano ritenuto che l ‘ incendio fosse divampato dall ‘ autovettura Smart della NOME per propagarsi all ‘ adiacente ciclomotore e alla (parte anteriore della) Citroën della COGNOME;
il motivo è incongruente con l ‘ asserita violazione dell ‘ art. 115 e dell ‘ art. 116 cod. proc. civ., volta che, nella specie, non viene lamentato un vizio della sentenza impugnata sotto il profilo dell ‘ errore percettivo e, cioè, del travisamento del contenuto oggettivo della prova (sul quale si veda ora Sez. U n. 5792 del 05/03/2024 Rv. 670391 – 01), censurandosi, di converso, la pronuncia impugnata esclusivamente (quanto inammissibilmente) sotto l ‘ aspetto dell ‘ erronea valutazione del merito dei fatti di causa;
quanto alla censura relativa alla pretesa violazione dell ‘ art. 360 n. 5 cod. proc. civ., osserva, infine, il Collegio che, alla luce dei principi affermati dalle Sezioni Unite di questa Corte nelle sentenze nn. 8053 e 8054 del 07/04/2014, la riformulazione dell ‘ art. 360, primo comma, n. 5, cod. proc. civ., disposta dall ‘ art. 54 del d.l. n. 83 del 22/06/2012 conv. in legge n. 134 del 7/08/2012, deve
essere interpretata, alla luce dei canoni ermeneutici dettati dall ‘ art. 12 delle preleggi, come riduzione al «minimo costituzionale» del sindacato di legittimità sulla motivazione;
pertanto, è denunciabile in cassazione solo l ‘ anomalia motivazionale che si tramuta in violazione di legge costituzionalmente rilevante, in quanto attinente all ‘ esistenza della motivazione in sé, purché il vizio risulti dal testo della sentenza impugnata, a prescindere dal confronto con le risultanze processuali;
tale anomalia si esaurisce nella «mancanza assoluta di motivi sotto l ‘ aspetto materiale e grafico», nella «motivazione apparente», nel «contrasto irriducibile tra affermazioni inconciliabili» e nella «motivazione perplessa ed obiettivamente incomprensibile», esclusa qualunque rilevanza del semplice difetto di «sufficienza della motivazione»), il cattivo esercizio del potere di apprezzamento delle prove non legali da parte del giudice di merito, non essendo incasellabile né nel paradigma del n. 5 né in quello del n. 4 (per il tramite della deduzione della violazione del n. 4 dell ‘ art. 132 cod. proc. civ. nei termini ora indicati), la motivazione della sentenza impugnata si pone ampiamente al di sopra del «minimo costituzionale» di cui è cenno nelle ricordate pronunce, né risulta affetta da insanabili vizi logici o inemendabili contraddizioni, di tal che la censura, in parte qua , non trova di per sé alcun diretto referente normativo nel catalogo dei vizi denunciabili con il ricorso per cassazione;
la ricostruzione fattuale cui il giudice dell ‘ impugnazione di merito ha ritenuto di dare credibilità escludeva, inoltre, la necessità di accertamenti tecnici, che, peraltro, non risulta siano mai stati chiesti dalla COGNOME, o quantomeno non è stato fatto constatare in quali specifici atti processuali detti incombenti vennero richiesti;
giova, peraltro, ribadire che il giudice del merito non è vincolato all ‘ istanza di parte al fine di disporre consulenza tecnica di ufficio, potendo ritenere sufficienti gli elementi acquisiti agli atti al fine della ricostruzione della dinamica di un incidente (Cass. n. 4660 del 02/03/2006 Rv. 587497 – 01), o, a tutto concedere, non adempiuto adeguatamente dalla parte l ‘ onere di somministrare gli elementi da sottoporre al suo ausiliario, onde evitare una consulenza meramente esplorativa (e tranne il caso -che qui non ricorre- di quella c.d. percipiente);
il ricorso è, in conclusione, infondato;
il ricorso è rigettato;
le spese di lite seguono la soccombenza della ricorrente nei confronti della compagnia assicuratrice e tenuto conto dell ‘ attività processuale espletata, in relazione al valore della controversia, sono liquidate come da dispositivo;
al contrario, nulla va statuito sulle spese nei rapporti con NOME COGNOME, non avendo ella qui svolto attività difensiva;
ai sensi dell ‘ art. 13, comma 1 quater , del d. P.R. n. 115 del 2002, stante il rigetto dell ‘ impugnazione, deve darsi atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente e in favore del competente Ufficio di merito, dell ‘ ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso (in forza del comma 1 bis dello stesso art. 13), se dovuto;
il deposito della motivazione dell ‘ ordinanza è fissato nel termine di cui al secondo comma dell ‘ art. 380 bis 1 cod. proc. civ.;
p. q. m.
la Corte rigetta il ricorso;
condanna la ricorrente al pagamento, in favore della controricorrente, delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in Euro 1.900,00 per compensi, oltre alle spese forfettarie nella
misura del 15 per cento, agli esborsi liquidati in Euro 200,00, ed agli accessori di legge;
ai sensi dell ‘ art. 13 comma 1 quater del d.P.R. n. 115 del 2002, inserito dall ‘ art. 1, comma 17 della l. n. 228 del 2012, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente e in favore del competente Ufficio di merito, dell ‘ ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso principale, a norma del comma 1bis , dello stesso articolo 13, se dovuto.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio della Corte di