Ordinanza di Cassazione Civile Sez. L Num. 14406 Anno 2024
Civile Ord. Sez. L Num. 14406 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 23/05/2024
ORDINANZA
sul ricorso 18219/2019 proposto da:
RAGIONE_SOCIALE NOME, in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in INDIRIZZO, presso lo studio dell’avvocato NOME COGNOME, rappresentata e difesa dall’avvocato NOME COGNOME;
-ricorrente –
contro
COGNOME NOME, elettivamente domiciliato in INDIRIZZO, presso lo studio dell’avvocato NOME COGNOME, rappresentato e difeso dall’avvocato NOME COGNOME;
-controricorrente –
avverso la sentenza n. 200/2018 della CORTE D’APPELLO di CAMPOBASSO, depositata il 04/12/2018 R.G.N. 150/2016; udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del
17/04/2024 dal AVV_NOTAIO. NOME COGNOME.
RILEVATO CHE
Con sentenza indicata in epigrafe, la Corte d’appello di Campobasso, in riforma della sentenza del Tribunale di Isernia, ha accertato che tra NOME COGNOME e RAGIONE_SOCIALE di NOME COGNOME è intercorso un rapporto di lavoro subordinato a tempo indeterminato sin dal gennaio 2001 (seppur regolarizzato solamente nel giugno 2001) sino al settembre 2007 ed ha condannato la società al pagamento delle differenze retributive (comprensive di lavoro straordinario) e del T.F.R. pari a complessivi euro 33.252,22, oltre accessori di legge.
La Corte territoriale ha ritenuto che il quadro probatorio raccolto (prospetti paga e deposizioni testimoniali) dimostrasse il carattere subordinato del rapporto di lavoro svolto tra le parti, nel negozio di gommista, sin dal gennaio 2001, con orario di lavoro eccedente l’orario di lavoro ordinario (per complessive 10 ore di lavoro straordinario a settimana) e mansioni corrispondenti al V livello del CCNL Metalmeccanici artigiani.
Avverso tale sentenza la società ha proposto ricorso per cassazione, affidato a tre motivi. Il lavoratore ha resistito con controricorso. Entrambe le parti hanno depositato memoria.
Al termine della camera di consiglio, il Collegio si è riservato il deposito dell’ordinanza nei successivi sessanta giorni.
CONSIDERATO CHE
Con il primo motivo di ricorso è dedotta, ai sensi dell’art. 360 cod.proc.civ., primo comma, n. 3, la violazione e falsa applicazione degli artt. 2730 cod.civ., 115 e 116 cod.proc.civ., avendo, la Corte territoriale, con riguardo alla decorrenza del rapporto di lavoro, trascurato il doc. 3 del fascicolo di primo grado della società consistente nella lettera di dimissioni del lavoratore ove si dichiarava di aver stipulato il contratto di lavoro ‘in data 11.6.2001’.
Con il secondo motivo è dedotta, ai sensi dell’art. 360 cod.proc.civ., primo comma, nn. 3 e 5, la violazione e falsa applicazione degli artt. 115 e 116 cod.proc.civ. nonché omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio, avendo, la Corte territoriale, interpretato le prove testimoniali in maniera insufficiente, senza considerare che i testimoni non avevano distinto l’orario di lavoro in riferimento ai diversi periodi dell’anno e riportando circostanze di una percezione del tutto saltuaria ed occasionale.
Con il terzo motivo è dedotta, ai sensi dell’art. 360 cod.proc.civ., primo comma, n. 4, la nullità della sentenza ai sensi dell’art. 132 n. 4 cod.proc.civ. avendo, la Corte territoriale, fornito una motivazione esclusivamente apparente in ordine alla decorrenza del rapporto di lavoro e allo svolgimento di lavoro straordinario.
Il ricorso è inammissibile.
La censura formulata come violazione o falsa applicazione di legge o come omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio -vizio il cui esame peraltro risulta impedito dalla presenza di una «doppia conforme» – o errore di percezione, mira in realtà alla rivalutazione dei fatti e del compendio probatorio operata dal giudice di merito non consentita in sede di legittimità. Come insegna questa Corte, il ricorso per cassazione non rappresenta uno strumento per accedere ad un terzo grado di giudizio nel quale far valere la supposta ingiustizia della sentenza impugnata, spettando esclusivamente al giudice di merito il compito di individuare le fonti del proprio convincimento, di controllarne l’attendibilità e la concludenza e di scegliere, tra le complessive risultanze del processo, quelle ritenute maggiormente idonee a dimostrare la veridicità dei fatti ad essi sottesi, dando così liberamente prevalenza all’uno o all’altro dei mezzi di prova acquisiti, salvo i casi tassativamente previsti dalla legge (cfr. Cass. n. 27686 del 2018; Cass., Sez. U, n. 7931 del 2013; Cass. n. 14233 del 2015; Cass. n. 26860 del 2014).
In ordine alla dedotta violazione e falsa applicazione degli artt. 115 e 116 cod.proc.civ., questa Corte ha da tempo affermato che detta censura non può avere ad oggetto l’erronea valutazione del materiale istruttorio compiuta dal giudice di merito, ma solo il fatto che questi abbia posto a base della decisione prove non dedotte dalle parti o disposte d’ufficio al di fuori dei limiti legali, ovvero abbia disatteso, valutandole secondo il suo prudente apprezzamento, delle prove legali, o abbia considerato come facenti piena prova, recependoli senza apprezzamento critico, elementi di prova soggetti invece a valutazione (cfr., Cass. S.U. n. 20867 del 2020; nello stesso senso, fra le più recenti, Cass. n. 6774 del 2022, Cass. nn. 1229 del 2019, 4699 e 26769 del 2018, 27000 del 2016), restando conseguentemente escluso che il vizio possa concretarsi nella censura di apprezzamenti di fatto difformi da quelli propugnati da una delle parti (Cass. n. 18665 del 2017) o, in più in generale, nella denuncia di un cattivo esercizio del potere di apprezzamento delle prove non legali, non essendo tale
vizio inquadrabile né nel paradigma dell’art. 360 cod.proc.civ., primo comma, n. 5, né in quello del precedente n. 4, che, per il tramite dell’art. 132 cod.proc.civ., n. 4, attribuisce rilievo unicamente all’anomalia motivazionale che si tramuti in violazione di legge costituzionalmente rilevante (Cass. n. 11892 del 2016). La nullità della sentenza per mancanza della motivazione, ai sensi dell’art. 132 cod.proc.civ., è, poi, prospettabile quando la motivazione manchi addirittura graficamente, ovvero sia così oscura da non lasciarsi intendere da un normale intelletto, evenienze che non ricorrono nel caso di specie.
La valutazione della correttezza della motivazione rientra nel paradigma impugnatorio previsto nel n. 5, dell’art. 360 c.p.c. (come sostituito dall’art. 54, comma 1, lettera b), del decreto-legge 22 giugno 2012, n. 83, convertito, con modificazioni, nella legge 7 agosto 2012, n. 134) a norma del quale è denunciabile in Cassazione solo l’anomalia motivazionale che si tramuta in violazione di legge costituzionalmente rilevante, in quanto attinente all’esistenza della motivazione in sé, purché il vizio risulti dal testo della sentenza impugnata, a prescindere dal confronto con le risultanze processuali (Cass. S.U. n. 8053 del 2014), profili non denunciati né ricorrenti in questa sede.
In conclusione, il ricorso va dichiarato inammissibile e il riparto delle spese del presente giudizio di legittimità segue il criterio della soccombenza dettato dall’art. 91 cod.proc.civ.
Sussistono le condizioni di cui all’art. 13, comma 1 quater, d.P.R.115 del 2002.
P.Q.M.
La Corte dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese del presente giudizio di legittimità liquidate in euro 4.000,00 per compensi professionali e in euro 200,00 per esborsi, oltre spese generali al 15% ed accessori di legge, da distrarsi.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1 -quater, del d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, nel testo introdotto dall’art. 1, comma 17, della legge 24 dicembre 2012, n. 228, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, de ll’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso, a norma del comma 1-bis dello stesso art. 13, se dovuto.
Così deciso nella camera di consiglio del 17 aprile 2024.