Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 3 Num. 4128 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 3 Num. 4128 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 14/02/2024
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 30279/2021 R.G. proposto da:
COGNOME NOME, COGNOME NOME, elettivamente domiciliati in INDIRIZZO, presso lo studio dell’avvocato COGNOME NOME (CODICE_FISCALE) che li rappresenta e difende unitamente all’avvocato COGNOME NOME (CODICE_FISCALE)
-ricorrente-
contro
RAGIONE_SOCIALE, RAGIONE_SOCIALE, COGNOME NOME, COGNOME NOME, elettivamente domiciliati in INDIRIZZO, presso lo studio dell’avvocato COGNOME NOME (CODICE_FISCALE) ,
rappresentati e difesi dall’avvocato COGNOME NOME (CODICE_FISCALE)
-controricorrenti- avverso SENTENZA di CORTE D’APPELLO VENEZIA n. 2347/2021 depositata il 13/09/2021.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 14/12/2023 dal Consigliere NOME COGNOME.
Rilevato che
COGNOME NOME e NOME COGNOME ricorrono, sulla base di cinque motivi, per la cassazione della sentenza n. 2347 del 2021 della Corte di appello di Venezia esponendo, per quanto qui ancora importa, che:
–RAGIONE_SOCIALE, in uno ai soci NOME, NOME e NOME COGNOME, si era opposta al decreto ingiuntivo ottenuto dalla RAGIONE_SOCIALE per il pagamento di una fornitura di merce, in specie serramenti, e manodopera;
-l’opponente aveva chiamato in causa i deducenti coniugi quali committenti per l’installazione dei prodotti nel proprio immobile, i quali avevano dedotto che i serramenti forniti erano di marca differente da quella oggetto dell’ordinativo;
-il Tribunale aveva confermato il decreto ingiuntivo per il pagamento del prezzo ma accolto la domanda riconvenzionale spiegata dagli odierni ricorrenti per la sostituzione dei serramenti;
-la Corte di appello aveva riformato la decisione, escludendo che fosse stata provata la commissione degli specifici serramenti pretesi da COGNOME e COGNOME, e che
fosse risultata una fattispecie di ‘aliud pro alio’, essendo stati forniti e installati serramenti della medesima categoria con cui erano garantite complessivamente omogenee prestazioni, così da doversi negare la sussistenza di una violazione degli artt. 129 e 130 del codice del consumo, analogamente a quanto avvenuto nella sede penale in cui era stata esclusa la sussistenza del reato di frode in commercio;
-il giudice di seconde cure aveva fatto leva anche sulle prove atipiche rappresentate in particolare dalle deposizioni testimoniali raccolte in sede penale, che avevano indicato come non fosse stata ordinata una merce di una particolare marca, risultante da uno dei preventivi elaborati, ma di un certo tipo corrispondente come detto a quello fornito, e soprattutto al campione da ultimo esaminato dai committenti;
resistono con controricorso RAGIONE_SOCIALE, NOME, NOME e NOME COGNOME;
le parti hanno depositato memorie;
Rilevato che
con il primo motivo si prospetta la violazione degli artt. 115, 132, cod. proc. civ., poiché la Corte di appello avrebbe errato mancando di considerare, in particolare, che dalle complessive deposizioni testimoniali rese in sede penale era emerso come RAGIONE_SOCIALE non trattava serramenti in alluminio, tanto da rivolgersi perciò alla società RAGIONE_SOCIALE, sicché non poteva in alcun modo comprendersi perché, a un certo punto della trattativa, era emerso il riferimento alla dunque richiesta marca NOME, mentre COGNOME non aveva mai detto di aver scelto l’ultimo campione, di marca PR, mostratogli evidentemente perché tale
ultima azienda, come confermato da quelle escussioni, era ‘partner’ di RAGIONE_SOCIALE, dal che un immotivato travisamento della informazione probatoria in atti, tanto più evincibile vagliando, come non era stato fatto, la ridotta attendibilità del testimone NOME COGNOME, architetto direttore dei lavori poi rinunciante all’incarico, che non ricordava neanche quanti preventivi fossero stati elaborati e discussi;
con il secondo motivo si prospetta la violazione degli artt. 115, 116, cod. proc. civ., poiché la Corte di appello avrebbe errato mancando di ponderare maggiormente l’istruttoria e mancando considerare che non era emersa prova della circostanza secondo cui il materiale fornito corrispondeva al campione da ultimo mostrato a COGNOME, laddove la pretesa omogeneità funzionale dei due prodotti, NOME e PR, era stata affermata dalla perizia di parte prodotta da NOME COGNOME e redatta sulla sola base delle schede tecniche, senza dare al contempo alcun peso alle contestazioni dei ricorrenti in ordine all’assenza di guarnizioni e all’inadeguatezza a fronte di eventi meteorici con conseguenti allagamenti degli interni;
con il terzo motivo si prospetta la violazione degli artt. 115, 360, n. 5, cod. proc. civ., poiché la Corte di appello avrebbe errato mancando di considerare, in particolare, che dalle complessive risultanze documentali e testimoniali era emerso come né il venditore, RAGIONE_SOCIALE, né il fornitore, RAGIONE_SOCIALE, commercializzavano NOME, marca valutata in séguito alla richiesta di COGNOME e poi presente nei documenti di trasporto e nella certificazione di conformità per un preteso e poco credibile errore di trascrizione, sicché non era immaginabile che i committenti avessero scelto un prodotto diverso sulla base di un anonimo campione;
con il quarto motivo si prospetta la violazione degli artt. 112, 132, 324, cod. proc. civ., 2909, cod. civ., poiché la Corte di appello avrebbe errato mancando di considerare che sull’applicazione al
caso delle norme del codice del consumo si era formato il giudicato interno, come dedotto dalla difesa degli allora appellati, posto che le censure di seconde cure si erano diversamente incentrate sull’ipotesi di ‘aliud pro alio’, senza che su tutto ciò nulla risultasse infine detto con la sentenza di secondo grado;
con il quinto motivo si prospetta la violazione degli artt. 129 e 130, codice del consumo, poiché la Corte di appello avrebbe errato mancando di considerare che, a fronte della scelta del prodotto di marca NOME, era evidente che la merce fornita era differente da quanto in tal senso discusso tra venditore e compratore;
Considerato che
i motivi di ricorso, da esaminare congiuntamente per connessione, sono inammissibili;
è stato reiteratamente ribadito (cfr., ad esempio, Cass., 10/09/2019, n. 22525, Cass., 07/11/2019, n. 28619, Cass., 18/02/2021, n. 4304) che, in tema di valutazione delle prove, il principio del libero convincimento, posto a fondamento degli artt. 115 e 116, cod. proc. civ., opera sul piano dell’apprezzamento di merito, insindacabile in sede di legittimità, sicché, in questa chiave, la denuncia della violazione delle predette regole da parte del giudice del merito non configura un vizio di violazione o falsa applicazione di norme processuali, bensì un errore di fatto, che dev’essere censurato attraverso il corretto paradigma normativo del difetto di motivazione, e dunque nei limiti dell’art. 360, primo comma, n. 5, cod. proc. civ., mai estensibili, dunque, alla rivalutazione dell’incarto processuale (Cass., 12/10/2017, n. 23940);
ciò posto, se la violazione dell’art. 116, cod. proc. civ., è idonea per altro verso a integrare il vizio di cui all’art. 360, n. 4, cod. proc. civ., solo quando il giudice di merito disattenda il sopra ricordato principio in assenza di una deroga normativamente
prevista, ovvero, all’opposto, valuti secondo prudente apprezzamento una prova o risultanza probatoria soggetta a un diverso regime; viceversa, la violazione dell’art. 115, cod. proc. civ., può essere dedotta come analogo vizio solo denunciando che il giudice ha dichiarato espressamente di non dover osservare la regola contenuta nella norma, ovvero ha giudicato sulla base di prove non introdotte dalle parti, ma disposte di sua iniziativa fuori dei poteri officiosi riconosciutigli, e non anche che il medesimo, nel valutare le prove proposte dalle parti, ha finito -senza, logicamente, e in tesi, manifesti travisamenti delle risultanze obiettive (Cass., 03/05/2022, n. 13918, pagg. 13 e seguenti, Cass., 06/09/2022, n. 26209, pagg. 9 e seguenti) -per attribuire maggior forza di convincimento ad alcune piuttosto che ad altre (cfr. Cass., 10/06/2016, n. 11892, Cass., Sez. U., 05/08/2016, n. 16598, pag. 33);
la questione dei limiti di deducibilità del travisamento, ‘in iure’, è stata rimessa alle Sezioni Unite di questa Corte, con ordinanze del 29 marzo 2023 n. 8895 e del 27 aprile 2023 n. 11111, ma nella concreta fattispecie il tema non è comunque astrattamente ipotizzabile;
infatti, non si tratta di risultanze informative probatorie, tali ritenute dal giudice di merito, prive di ogni possibile o immaginabile connessione con le fonti appartenenti al processo, ovvero non, in questo senso, di un’assoluta impossibilità logica di ricavare, dagli elementi probatori, i contenuti informativi tratti dal giudice stesso;
nel ricorso si propone, diversamente, un’alternativa lettura delle risultanze probatorie, del tutto estranea, come tale, al presente giudizio, tenendo a mente il principio per cui sono riservate al giudice del merito l’interpretazione e la valutazione del materiale probatorio, il controllo dell’attendibilità e della concludenza delle prove, la scelta, tra le risultanze probatorie, di quelle ritenute idonee a dimostrare i fatti in discussione, nonché la
scelta delle prove ritenute idonee alla formazione del proprio convincimento, sicché risulta insindacabile in sede di legittimità il “peso probatorio” dato ad alcune prove rispetto ad altre, in base al quale il giudice suddetto sia pervenuto a un giudizio logicamente motivato (cfr., ad esempio, Cass., 08/08/2019, n. 21187);
con una motivazione pienamente riconoscibile la Corte territoriale ha valorizzato quali prove atipiche le risultanze delle deposizioni testimoniali rese nel giudizio penale, i cui profili di attendibilità, senza che fossero emerse univoche contraddizioni, rappresentano valutazioni anche implicite ma come visto sempre proprie del giudice di merito, e ha quindi accertato che:
-la trattativa era stata incentrata non sul singolo preventivo, ultimo o penultimo, ma sul campione infine concretamente esibito e sul prezzo, tenendo conto della complessiva omogeneità funzionale di alcuni prodotti, come i due in questione;
-quanto a quest’ultima, essa è risultata sì da una perizia di parte elaborata su schede tecniche, ma senza contestazioni della conformità di quanto installato a quanto risultante dalla documentazione esaminata dal tecnico (pag. 15 della sentenza impugnata), ragione decisoria, questa, non specificatamente censurata, mentre nulla si può desumere dal riferimento alle contestazioni via posta elettronica certificata che avrebbero riguardato assenza o inadeguatezza delle guarnizioni, che non solo non sono riportate né illustrate in ricorso specificatamente ovvero compiutamente nei loro contenuti, con profilo di aspecificità ex art. 366, n. 6, cod. proc. civ. (peraltro ‘ratione temporis applicabile’), ma neppure si dimostra se e quando rese allegazioni assertive nel corso del processo, posto che tutta la discussione è stata focalizzata sulla
diversità di marca e non su vizi di quanto fornito, come appunto osservato dal Collegio di merito;
-quanto al tema del minor prezzo come fattore decisivo, i ricorrenti riportano un elenco dei preventivi a loro dire rifiutati fino all’ultimo indicato come accettato, ma effettivamente ne risulta una varietà di costi rispetto alla quale quello oggetto dell’ingiunzione monitoria era più basso di quello pretesamente accettato e ancor di più dell’altro NOME indicato come rifiutato;
-le stesse deposizioni avevano poi confermato che nei documenti di trasporto e nell’attestazione di conformità, poi rettificati, era stato commesso un errore di trascrizione, effettivamente plausibile proprio a fronte dei molti preventivi discussi;
in questo quadro, è del tutto evidente che non sussiste alcun elemento per anche solo ipotizzare un giudicato interno sulla violazione degli artt. 129 e 130 del codice del consumo, posto che è sempre stata devoluta al giudice di merito la questione della diversità della merce fornita rispetto a quella affermata come ordinata, e quella della omogeneità funzionale o meno dei due prodotti al di là della diversa marca di produzione;
quanto ancora a quest’ultima, fermo ciò che prima si è già osservato, può aggiungersi per completezza che:
-la produzione della pagina ‘web’ di RAGIONE_SOCIALE evocata in ricorso (pag. 15) non fa che confermare quella sostanziale omogeneità;
-la produzione delle etichette dei serramenti forniti, che dimostrerebbe una permeabilità all’aria inferiore rispetto a quella indicata nella ‘brochure’, non risulta un elemento univoco proprio per la diversità con le acclarate caratteristiche proprie, anche secondo la scheda tecnica, del prodotto installato TARGA_VEICOLO, e dovendosi ribadire che
non è dato sapere se e in quali termini sia stata eccepita la sussistenza di vizi rispetto allo stesso prodotto PR in parola, in luogo anche subordinato rispetto alla domanda come visto formulata in ragione della diversità tra i prodotti delle due marche;
da quanto sopra risulta palese che tutte le censure mirano in realtà, come anticipato, ad avallare un diverso accertamento fattuale, che il giudizio di legittimità non può più offrire;
spese secondo soccombenza;
P.Q.M.
La Corte dichiara inammissibile il ricorso e condanna i ricorrenti in solido alla rifusione delle spese processuali dei controricorrenti, in solidarietà attiva, liquidate in euro 5.200,00, oltre a 200,00 euro per esborsi, 15% di spese forfettarie e accessori legali.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1 -quater, del d.P.R. n. 115 del 2002, la Corte dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte dei ricorrenti in solido, se dovuto e nella misura dovuta, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello dovuto per il ricorso.
Così deciso in Roma, il 14/12/2023.