Ordinanza di Cassazione Civile Sez. L Num. 23614 Anno 2025
Civile Ord. Sez. L Num. 23614 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: NOME COGNOME
Data pubblicazione: 20/08/2025
ORDINANZA
sul ricorso 22811-2021 proposto da:
NOME in qualità di titolare dell’omonima impresa individuale,, rappresentata e difesa dall’avvocato NOME COGNOME
– ricorrente –
contro
COGNOME rappresentata e difesa dall’avvocato NOME COGNOME
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 415/2021 della CORTE D’APPELLO di L’AQUILA, depositata il 24/06/2021 R.G.N. 638/2020; udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 04/06/2025 dal Consigliere Dott. NOME COGNOME
Oggetto
R.G.N.22811/2021
COGNOME
Rep.
Ud 04/06/2025
CC
FATTI DI CAUSA
La Corte di appello di L’Aquila aveva rigettato l’appello proposto da COGNOME NOME avverso la decisione con cui il tribunale la aveva condannata a pagare la somma di e. 9.726,47 a titolo di differenze retributive maturate da NOME NOME per le mansioni di commessa di gioielleria svolte dal 21.4.2015 al 30.11.2015, alle dipendenze della ricorrente.
La Corte di merito accertava la regolarità della notifica del ricorso originario effettuata alla ricorrente e riteneva provato, attraverso l’escussione testimoniale, l’orario di lavoro svolto, anche in eccedenza, e così provato il riferimento del rapporto in questione alla ricorrente e non al padre della stessa.
Avverso detta decisione la COGNOME proponeva ricorso a cui resisteva con controricorso la COGNOME.
Entrambe le parti depositavano successiva memoria.
RAGIONI DELLA DECISIONE
1)- Con il primo motivo è dedotta la violazione di legge in riferimento all’art. 134 c.p.c. ed al disposto di cui all’articolo 111, 1° comma, Costituzione (“giusto processo regolato della legge”), nonché violazione del disposto dell’articolo 421, 2 comma c.p.c. – vizio di motivazione (ai sensi del co.1 n. 5 dell’articolo 360 c.p.c.)
Il motivo censura la sentenza impugnata nella parte in cui erano state erroneamente applicate le norme di legge ed anzi non applicate, anche con omessa pronuncia sulla doglianza della ricorrente in appello riferita alla gestione delle risultanze testimoniali come operata dalla corte territoriale.
In sostanza la ricorrente si duole della valutazione di merito svolta dalla corte d’appello in ordine alle risultanze istruttorie.
Si osserva in proposito che già il tenore della censura (pg. 53 ricorso) evidenzia come la stessa sia essenzialmente proiettata ad offrire una ricostruzione della vicenda esaminata e delle risultanze istruttorie, anche documentali, raccolte, alternativa, nella interpretazione, a quella invece effettuata dal giudice di appello.
Come già in molte occasioni affermato ‘l”esame dei documenti esibiti e delle deposizioni dei testimoni, nonché la valutazione dei documenti e delle risultanze della prova testimoniale, il giudizio sull’attendibilità dei testi e sulla credibilità di alcuni invece che di altri, come la scelta, tra le varie risultanze probatorie, di quelle ritenute più idonee a sorreggere la motivazione, involgono apprezzamenti di fatto riservati al giudice del merito, il quale, nel porre a fondamento della propria decisione una fonte di prova con esclusione di altre, non incontra altro limite che quello di indicare le ragioni del proprio convincimento, senza essere tenuto a discutere ogni singolo elemento o a confutare tutte le deduzioni difensive, dovendo ritenersi implicitamente disattesi tutti i rilievi e circostanze che, sebbene non menzionati specificamente, sono logicamente incompatibili con la decisione adottata ( ex multis Cass. n. 19011/2017; Cass.n. 16056/2016).
La valutazione richiesta non puo’ neppure trovare sponda sul versante dell’esame della motivazione e della sua denunciata carenza e contraddittorietà, in quanto le Sezioni Unite di questa Corte, con la sentenza n. 8053/2014 hanno chiarito che ‘La riformula zione dell’art. 360, primo comma, n. 5, cod. proc. civ., disposta dall’art. 54 del d.l. 22 giugno 2012, n. 83, conv. in legge 7 agosto 2012, n. 134, deve essere interpretata, alla luce dei canoni ermeneutici dettati dall’art. 12 delle preleggi, come riduzione al “minimo costituzionale” del sindacato di legittimità sulla motivazione. Pertanto, è denunciabile in cassazione solo l’anomalia motivazionale che si tramuta in violazione di legge costituzionalmente rilevante, in quanto attinente all’esistenza della motivazione in sé, purché il vizio risulti dal testo della sentenza impugnata, a prescindere dal confronto con le risultanze processuali. Tale anomalia si esaurisce nella “mancanza assoluta di motivi sotto l’aspetto materiale e grafico”, nella “motivazione apparente”, nel “contrasto irriducibile tra affermazioni inconciliabili” e nella “motivazione perplessa ed obiettivamente incomprensibile”, esclusa qualunque rilevanza del semplice difetto di “sufficienza” della
motivazione’. L’assenza di precise indicazioni inerenti una delle ipotesi sopra enunciate rende quindi inammissibile la censura.
Per quanto detto la censura deve essere ritenuta inammissibilmente proposta.
2)Con il secondo motivo è dedotta la violazione di legge relativamente all’art.160 c.p.c. ed al disposto di cui all’articolo 111, 1° comma, Costituzione sul “giusto processo regolato della legge”, nonché la violazione dell’art. 153 c.p.c.
Con tale motivo ci si duole della mancata rimessione in termini con riferimento alla attività notificatoria, nonché la mancata osservanza dei ‘ principi del processo del lavoro in merito alle prove…( poiché )…il giudice ha il poteredovere di provvedere d’ufficio agli atti istruttori che siano idonei a superare l’incertezza dei fatti costitutivi dei diritti in contestazione. indipendentemente dal verificarsi di preclusioni o decadenze in danno delle parti ‘.
Si osserva che la corte di merito ha accertato la regolarità della notifica tentata prima presso la sede della società, non risultante dalla visura camerale, e poi presso la parte personalmente, non trovata; a ciò era seguita la notifica effettuata regolarmente ai sensi degli artt. 139 e 140 c.p.c. Si evidenzia che la stessa ricorrente ha affermato che la notifica è stata ricevuta dal padre convivente (come attestato dalla corte di appello).
Non trova fondamento, pertanto la doglianza relativa alla mancata rimessione in termini, non sussistendo i presupposti di fatto per la stessa.
Non pertinente risulta poi il richiamo ai poteri di cui all’art. 421 cpc, in quanto <> ( Cass n. 23605/2020).
L’assenza di un vizio notificatorio concreto non poteva pertanto dare ingresso all’esercizio di un potere -dovere che, come visto, non può supplire a costituzioni tardive o comunque a carenze della posizione della parte interessata.
Il ricorso si appalesa, pertanto, infondato.
Le spese seguono il principio di soccombenza.
Si dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente dell’ulteriore importo, a titolo di contributo unificato, ove dovuto.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso; condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali liquidate in E. 3.000,00 per compensi ed E. 200,00 per spese oltre spese generali nella misura del 15% ed accessori di legge.
Ai sensi dell’art. 13 comma quater del d.p.r. n. 115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente dell’ulteriore importo, a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma del comma 1bis, dello stesso articolo 13, ove dovuto.
Cosi’ deciso in Roma il 4 giugno 2025.
La Presidente NOME COGNOME