Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 3 Num. 12390 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 3 Num. 12390 Anno 2025
Presidente: NOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 09/05/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 26234/2022 R.G. proposto da:
COGNOME rappresentata e difesa dall’avvocato COGNOME (CODICE_FISCALE, con domiciliazione digitale ex lege
-ricorrente-
contro
COGNOME NOMECOGNOME elettivamente domiciliato in ROMA INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato COGNOME (CODICE_FISCALE rappresentato e difeso dall’avvocato COGNOME (CODICE_FISCALE, con domiciliazione digitale ex lege
avverso la SENTENZA della CORTE D’APPELLO ROMA n. 2541/2022 depositata il 15/04/2022.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 06/03/2025 dal Consigliere NOME COGNOME
Fatti di causa
1.- NOME COGNOME ha stipulato con NOME COGNOME titolare di un rimessaggio per barche, un contratto, definito atipico dai giudici di merito, con il quale ha affidato al COGNOME sia l’ormeggio estivo della banca che la custodia invernale dentro ad un capannone.
E’ accaduto che proprio durante il periodo di custodia al coperto un incendio della struttura ha distrutto l’imbarcazione.
La proprietaria del natante ha citato in giudizio il COGNOME ed il Tribunale di Latina ha accertato la responsabilità di costui per omessa custodia, ha nominato un consulente tecnico per la stima del valore perduto della barca, ed infine ha condannato il convenuto al risarcimento del danno nell’ammontare di 19 mila euro, oltre interessi. Il CTU aveva stimato che la barca avesse un valore di 37.942,00 euro.
3.- La sola COGNOME ha proposto appello sul quantum , accolto parzialmente dalla Corte di Appello di Roma, che ha ritenuto la necessità di attualizzare il valore della imbarcazione alla data della pronuncia, ed ha dunque riconosciuto la maggiore somma di 24.016,00, euro oltre interessi.
4.- La COGNOME ha ritenuto ingiusta questa ulteriore liquidazione ed ha proposto ricorso per cassazione con due motivi. Si è costituito l’intimato con controricorso e ha depositato pure memoria.
Ragioni della decisione
Il primo motivo di ricorso prospetta violazione dell’articolo 1223
1.c.c.
La tesi è la seguente.
Il giudice di primo grado si è discostato dalla valutazione del CTU. C ome si è accennato, quest’ultimo aveva stimato il danno in circa 38 mila euro, mentre il giudice di primo grado ne aveva liquidati 19 mila, oltre interessi, poi aumentati a poco più di 24 mila, oltre interessi, dal giudice di appello.
Questo dissenso del Tribunale rispetto al CTU era basato sul fatto che costui aveva preso a comparazione il valore di imbarcazioni di tipo diverso da quella andata distrutta, mentre il giudice di primo grado ha preferito fare la comparazione con una imbarcazione del medesimo cantiere, più grande di quella andata distrutta.
Il giudice di secondo grado ha ritenuto che il giudice di merito si era discostato dalla valutazione del CTU in maniera motivata.
Invece, secondo la ricorrente, la decisione è erronea.
Il motivo non è chiarissimo: per certi versi sembra adombrare un difetto di motivazione (v. ricorso, p. 5 all’inizio).
Ma in questi termini non tanto è infondato, posto che una motivazione c’è (p. 3 della sentenza), ma piuttosto è inammissibile poiché non dice in che termini la motivazione difetta, ossia su che punto, e quale è la rilevanza di quel difetto.
Per altri versi, il motivo sembra contestare il criterio di stima effettuato dal giudice di merito, in quanto costui avrebbe preso in considerazione solo le ‘ caratteristiche tecniche delle imbarcazioni confrontate, nonché (i) corrispettivi richiesti per la relativa cessione ‘ senza preoccuparsi di tenere in conto il valore del natante al momento del sinistro.
Quindi si censura in sostanza il ricorso ad un criterio diverso da quello adottato dal CTU.
In tali termini, il motivo è nuovamente inammissibile in quanto il giudice può disattendere la consulenza tecnica purché dia conto di
tale dissenso (da ultimo Cass. 36638/ 2021), ed il giudice di appello, richiamando le motivazioni del primo giudice, lo ha fatto. Ma, soprattutto, in questo caso la censura attiene ad un accertamento in fatto, tale essendo il criterio con cui effettuare la stima del valore di un bene, accertamento rimesso al giudice di merito, e non sindacabile purché motivato: la motivazione, come si è visto, c’è.
2.- Con il secondo motivo si denuncia omesso esame.
La censura verte sulla medesima questione del primo motivo: la CTU aveva dato una stima maggiore di quella poi fatta propria dal giudice di merito che se ne è discostato.
In questo caso la ricorrente sostiene che è stato omesso l’esame di un fatto rilevante, vale a dire che, tra la data del danno (2006) e quella della stima, il mercato era crollato, e bisognava dunque tener conto del fatto che, se la stima era fatta in quel momento, il prezzo era più basso di quello invece che poteva essere al momento del danno.
Il motivo è inammissibile.
Intanto perché, denunciando omesso esame, va incontro al limite della doppia conforme, essendo il fatto accertato in modo identico nei due gradi di giudizio.
In secondo luogo, un omesso esame in tanto può essere censurato in cassazione in quanto del fatto omesso si sia discusso in appello.
La ricorrente non dimostra di avere posto in appello la specifica questione, ossia il fatto che la stima doveva tener conto del calo di mercato verificatosi tra il danno (2006) ed il momento in cui veniva liquidato (2016 o 2022, a seconda della sentenza).
Il fatto di avere devoluto al giudice di appello la questione dei criteri di stima del danno, non implica né dimostra che sia stata devoluta la specifica questione, ossia che si sia discusso dello specifico fatto il cui esame si ritiene omesso né valgono a tanto i generici riferimenti ad alcuni atti del giudizio di merito operati dalla parte ricorrente nel
motivo senza riportare specificamente le censure eventualmente proposte al riguardo.
Infine, si tratta nuovamente di criteri di stima e di accertamento rimessi al giudice di merito, ed insindacabili se motivati.
Il ricorso va pertanto dichiarato inammissibile. Le spese seguono la soccombenza.
P.Q.M.
La Corte dichiara inammissibile il ricorso. Condanna la ricorrente al pagamento delle spese di lite, che liquida in complessive 4.200,00 euro, oltre 200,00 euro per esborsi, ed oltre spese generali al 15%. Ai sensi dell’art. 13 comma 1 quater del d.P.R. n. 115 del 2002, inserito dall’art. 1, comma 17 della l. n. 228 del 2012, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente, al competente ufficio di merito, dell’ulterior e importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma del comma 1-bis, dello stesso articolo 13.
Così deciso in Roma, il 6/03/2025.