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Valutazione del danno: la discrezionalità del giudice

A seguito della distruzione di un’imbarcazione in un incendio, la Corte di Cassazione conferma la decisione dei giudici di merito che si erano discostati dalla stima del perito (CTU). L’ordinanza ribadisce che la valutazione del danno è un accertamento di fatto rimesso alla discrezionalità del giudice, il quale può disattendere la consulenza tecnica purché fornisca una motivazione adeguata. Il ricorso della proprietaria è stato dichiarato inammissibile.

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Pubblicato il 21 settembre 2025 in Diritto Civile, Giurisprudenza Civile, Procedura Civile

Valutazione del Danno: Quando il Giudice Può Discostarsi dalla Perizia del CTU

La corretta valutazione del danno è uno dei nodi centrali di qualsiasi causa di risarcimento. Spesso, per quantificare un pregiudizio, il giudice si affida a un esperto, il Consulente Tecnico d’Ufficio (CTU). Ma cosa succede se il giudice non condivide le conclusioni del suo perito? Una recente ordinanza della Corte di Cassazione affronta proprio questo tema, delineando i confini della discrezionalità del magistrato e i limiti del sindacato in sede di legittimità. Il caso riguarda la distruzione di un’imbarcazione a seguito di un incendio e la successiva battaglia legale per ottenerne il giusto risarcimento.

I Fatti di Causa

Una proprietaria di un’imbarcazione stipulava un contratto con il titolare di un rimessaggio per la custodia del natante durante il periodo invernale all’interno di un capannone. Sfortunatamente, un incendio divampava nella struttura, distruggendo completamente la barca. La proprietaria citava in giudizio il titolare del rimessaggio per ottenere il risarcimento dei danni.

Il Tribunale di primo grado accertava la responsabilità del convenuto per omessa custodia e nominava un CTU per la stima del valore del bene perduto. Il consulente quantificava il valore in circa 38.000 euro. Tuttavia, il giudice, ritenendo che il CTU avesse utilizzato come metro di paragone imbarcazioni di tipo diverso, si discostava da tale valutazione e liquidava un danno di soli 19.000 euro.

La proprietaria proponeva appello, lamentando l’inadeguatezza della somma. La Corte d’Appello accoglieva parzialmente il gravame, riconoscendo la necessità di attualizzare il valore del bene alla data della pronuncia e liquidando una somma maggiore, pari a circa 24.000 euro, ma confermando il criterio di stima del primo giudice e, quindi, il dissenso dalla CTU.

Il Ricorso in Cassazione e la Valutazione del Danno

Insoddisfatta anche da questa seconda liquidazione, la proprietaria ricorreva in Cassazione, sollevando due motivi principali. Con il primo, lamentava la violazione delle norme sul risarcimento del danno, contestando il criterio di stima adottato dai giudici di merito. Con il secondo, denunciava l’omesso esame di un fatto decisivo: il crollo del mercato nautico tra la data del sinistro (2006) e quella della liquidazione, che avrebbe dovuto portare a una stima più alta se rapportata al momento dell’incendio.

Le Motivazioni

La Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile, fornendo importanti chiarimenti sulla valutazione del danno e sui poteri del giudice.

In primo luogo, la Corte ha ribadito un principio consolidato: la stima e la liquidazione del danno sono attività che rientrano nell’ambito degli accertamenti di fatto, rimessi alla valutazione discrezionale del giudice di merito. Quest’ultimo non è vincolato alle conclusioni del CTU e può discostarsene, a condizione di fornire una motivazione congrua, logica e non contraddittoria. Nel caso di specie, sia il Tribunale che la Corte d’Appello avevano motivato il loro dissenso dalla perizia, e tale motivazione, in quanto tale, non è sindacabile in sede di legittimità.

In secondo luogo, riguardo all’omesso esame del ‘crollo di mercato’, la Cassazione ha ritenuto il motivo inammissibile per due ragioni. Anzitutto, operava il limite della ‘doppia conforme’: poiché sia il primo che il secondo grado di giudizio avevano raggiunto la medesima conclusione sulla ricostruzione dei fatti, non era possibile sollevare in Cassazione una censura per omesso esame. Inoltre, la ricorrente non aveva dimostrato di aver specificamente sollevato la questione del crollo del mercato nel giudizio di appello. Limitarsi a contestare genericamente i criteri di stima non è sufficiente per introdurre un fatto specifico che si assume essere stato trascurato.

Conclusioni

L’ordinanza in esame rafforza la centralità del ruolo del giudice di merito nella valutazione del danno. La consulenza tecnica è uno strumento di ausilio fondamentale, ma non spoglia il magistrato del suo potere-dovere di valutare autonomamente le prove e di giungere a una decisione basata sul suo prudente apprezzamento, purché adeguatamente motivata. Per le parti in causa, questa decisione rappresenta un monito sull’importanza di strutturare i motivi di appello e di ricorso in modo specifico e puntuale, dimostrando non solo l’errore del giudice, ma anche di aver sottoposto al suo esame tutti i fatti ritenuti decisivi nei gradi di merito precedenti.

Può un giudice decidere un risarcimento diverso da quello stimato dal consulente tecnico (CTU)?
Sì, il giudice può discostarsi dalla valutazione del CTU. La stima del danno è un accertamento di fatto rimesso alla sua discrezionalità. Tuttavia, ha l’obbligo di fornire una motivazione chiara e logica per spiegare le ragioni del suo dissenso dalla perizia tecnica.

Perché un ricorso in Cassazione può essere dichiarato inammissibile?
Un ricorso è inammissibile quando non rispetta i requisiti previsti dalla legge. In questo caso, i motivi erano inammissibili perché uno contestava un accertamento di fatto motivato, non sindacabile in Cassazione, e l’altro era bloccato dal principio della ‘doppia conforme’ e dalla mancata prova di aver sollevato la specifica questione in appello.

Cosa insegna questa ordinanza sulla preparazione di un appello?
Insegna che è fondamentale essere estremamente specifici nei motivi di impugnazione. Non è sufficiente contestare genericamente un criterio di valutazione, ma è necessario indicare con precisione quali fatti storici e decisivi il giudice avrebbe omesso di considerare, e dimostrare che tali fatti erano stati oggetto di discussione nel grado di giudizio precedente.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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