Sentenza di Cassazione Civile Sez. L Num. 31081 Anno 2024
Civile Sent. Sez. L Num. 31081 Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 04/12/2024
SENTENZA
sul ricorso 1429-2018 proposto da:
ISTITUTO NAZIONALE RAGIONE_SOCIALE (INPS), in persona del legale rappresentante pro tempore , rappresentato e difeso, in forza di procura conferita in calce al ricorso per cassazione, dagli avvocati NOME COGNOME NOME COGNOME NOME COGNOME NOME COGNOME NOME COGNOME NOME COGNOME, con domicilio eletto in ROMA, INDIRIZZO presso l’Avvocatura centrale dell’Istituto
-ricorrente –
contro
RAGIONE_SOCIALE in persona del legale rappresentante pro tempore , rappresentata e difesa, per procura conferita in calce al controricorso, dall’avvocato NOME COGNOME con domicilio eletto presso lo studio dell’avvocato COGNOME, in ROMA, INDIRIZZO
R.G.N. 1429/2018
COGNOME
Rep.
P.U. 15/5/2024
7/07/2022 giurisdizione Mancata redazione del documento di valutazione dei rischi.
-controricorrente –
per la cassazione della sentenza n. 682 del 2016 della CORTE D’APPELLO DI VENEZIA, depositata il 27 giugno 2017 (R.G.N. 511/2015).
Udita la relazione della causa, svolta all’udienza dal Consigliere NOME COGNOME
Udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore Generale NOME COGNOME che ha chiesto di dichiarare inammissibile il ricorso.
Udita, per il ricorrente, l’avvocata NOME COGNOME che ha insistito per l’accoglimento del ricorso.
FATTI DI CAUSA
–RAGIONE_SOCIALE di COGNOME RAGIONE_SOCIALE, nel 2012, ha provveduto ad aprir e un nuovo locale in Val Canzoi, denominato ‘Ristoro Orsera’.
In seguito all’accesso ispettivo del 14 giugno 2012 , alla società è stata contestata l’inosservanza del termine di novanta giorni per la redazione del documento di valutazione dei rischi.
La contestazione ha condotto all’emissione dell’avviso di addebito n. 316 2014 0000 442805000, per l’importo di Euro 27.026,0 7, a titolo di contributi e sanzioni per la trasformazione dei rapporti di lavoro a tempo determinato e intermittenti in rapporti di lavoro a tempo indeterminato, trasformazione che discenderebbe dalla violazione delle norme in tema di valutazione dei rischi.
Il Tribunale di Belluno ha annullato l’avviso di addebito, in quanto ha escluso che l’apertura di una nuova unità locale corrisponda di per sé alla costituzione di una nuova impresa.
-Con sentenza n. 682 del 2016, depositata il 27 giugno 2017, la Corte d’appello di Venezia ha respinto il gravame dell’I NPS e ha confermato la pronuncia del Tribunale.
A fondamento della decisione, la Corte territoriale ha argomentato che l’esercizio della medesima attività imprenditoriale in un nuovo
locale non rappresenta costituzione di una nuova impresa e non implica, pertanto, l’obbligo di predisporre un nuovo documento di valutazione dei rischi.
Peraltro, l’Istituto non ha avvalorato l’assunzione di rischi diversi e ulteriori rispetto a quelli già analizzati nell’originario documento. Non sussiste, pertanto, nemmeno l’obbligo di procedere alla revisione di tale documento.
La Corte di merito osserva, infine, che comunque il documento è stato aggiornato il 25 luglio 2012 e che l’appellante non ha dimostrato, rispetto al documento così redatto, la violazione del termine prescritto dalla legge.
-L’INPS ricorre per cassazione, sulla base di due motivi, contro la sentenza d’appello.
–RAGIONE_SOCIALE di COGNOME RAGIONE_SOCIALE resiste con controricorso.
-La trattazione del ricorso, ai sensi dell’art. 375, primo comma, cod. proc. civ., è stata fissata per l ‘ udienza pubblica del 15 maggio 2024.
-Il Pubblico Ministero, prima dell’udienza, ha depositato una memoria (art. 378, primo comma, cod. proc. civ.) e ha chiesto di dichiarare inammissibile il ricorso.
-La parte controricorrente, in prossimità dell’udienza, ha depositato una memoria illustrativa.
-All’udienza, il Pubblico Ministero ha esposto le conclusioni motivate, già rassegnate nella memoria, e il difensore della parte ricorrente ha svolto le sue difese.
RAGIONI DELLA DECISIONE
-Con il primo motivo (art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ.), l’Istituto denuncia violazione e/o falsa applicazione degli artt. 28, comma 3bis , e 29, comma 3, del decreto legislativo 9 aprile 2008, n. 81, dell’art. 3, comma 1, lettera d ), del decreto legislativo 6 settembre
2001, n. 368, e dell’art. 34, comma 3, lettera c ), del decreto legislativo 10 settembre 2003, n. 276.
Avrebbe errato la Corte territoriale nel negare che, ove il datore di lavoro prenda in gestione una nuova unità produttiva, si configuri la creazione di una nuova impresa e sorga l’obbligo di redigere un nuovo documento di valutazione dei rischi, entro il termine perentorio di novanta giorni.
Lo stesso datore di lavoro avrebbe provveduto, sia pure tardivamente, a nuova valutazione dei rischi e avrebbe così riconosciuto la doverosità di tale adempimento a fronte del mutamento del rischio, legato allo svolgimento dell’attività lavorativa in un luogo ulteriore rispetto al precedente. Alla data di assunzione dei nuovi lavoratori, «deve certamente ritenersi che vi era prova dell’esercizio della nuova impresa (aprile 2012), con l’inevitabile conseguenz a che l’integrazione del DVR è avvenuta decorsi no vanta giorni dal realizzarsi dell’evento, recando la data del 25.7.2012» (pagina 10 del ricorso per cassazione).
-Con il secondo mezzo (art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ.), il ricorrente deduce violazione e/o falsa applicazione degli artt. 28, comma 3bis , e 29, comma 3, del d.lgs. n. 81 del 2008, dell’art. 3, comma 1, lettera d ), del d.lgs. n. 368 del 2001 e dell’art. 34, comma 3, lettera c ), del d.lgs. n. 276 del 2003.
Anche a non volere ravvisare la costituzione di una nuova impresa, si riscontrerebbe comunque una significativa modificazione del processo produttivo. Ne deriverebbe l’obbligo di aggiornare, entro il termine perentorio di trenta giorni, la valutazione dei rischi.
-I motivi di ricorso possono essere scrutinati congiuntamente, per la connessione che li unisce, e si rivelano nel complesso inammissibili.
-Entrambe le censure, sotto l’egida della violazione e della falsa applicazione della legge, ambiscono a sovvertire l’accertamento che la
Corte di merito ha compiuto, in linea con il Tribunale, e auspicano un diverso, più appagante, inquadramento della vicenda controversa.
La Corte territoriale ha escluso in punto di fatto che, nel caso di specie, l’apertura di una nuova unità produttiva, destinata allo svolgimento della medesima attività imprenditoriale già intrapresa altrove, determini a rigore la costituzione di una nuova impresa (pagina 3 della pronuncia d’appello) e vincoli, perciò, l’imprenditore a effettuare la valutazione dei rischi, elaborando il relativo documento entro novanta giorni dalla data d’inizio dell’attività (art. 28, comma 3 -bis , del d.lgs. n. 81 del 2008).
In seconda battuta, i giudici del gravame hanno osservato che l’apertura della nuova unità produttiva non integra neppure una modificazione del processo produttivo o dell’organizzazione del lavoro, significativa ai fini della salute e della sicurezza dei lavoratori. La valutazione comparativa della situazione pregressa e di quella successiva all’apertura del nuovo ‘RAGIONE_SOCIALE‘ impedisce di riconoscere una modificazione così connotata, che sola impone di rielaborare immediatamente la valutazione dei rischi, aggiornando le misure di prevenzione, nei termini stabiliti dall’art. 29, comma 3, del d.lgs. n. 81 del 2008 (pagine 3 e 4 della sentenza impugnata).
A queste conclusioni i giudici d’appello sono giunti all’esito di una valutazione approfondita e coerente dei dati probatori acquisiti e delle particolarità dell’attività svolta, in un costante raffronto con gli elementi prospettati dall’odierno ricorrente (cfr., su tale profilo, la pagina 4 della sentenza d’appello).
Contro il particolareggiato accertamento di fatto così compiuto, s’infrangono i motivi formulati dal ricorrente , che sconfinano nella richiesta di riesame del merito, come anche il Pubblico Ministero ha rilevato nella memoria (pagina 2).
-Una concorrente ragione d’inammissibilità risiede nelle considerazioni espresse dal Pubblico Ministero con riguardo alla
mancata confutazione di una delle rationes decidendi che sorregge la pronuncia d’appello (pagina 3 della citata memoria).
La sentenza impugnata pone in risalto la circostanza che il documento è stato comunque predisposto, il 25 luglio 2012, e che la società ha sempre disconosciuto di aver curato in ritardo tale incombente. Peraltro, per i contenuti di tale documento, non si adombra la difformità rispetto ai dettami normativi.
La Corte d’appello di Venezia puntualizza che, anche a voler concordare con la tesi della costituzione di una nuova impresa, l’Istituto non ha ottemperato all’onere di vincere le contestazioni della parte appellata e di dimostrare l’intempestività del la redazione del documento rispetto a quel termine di novanta giorni, specificamente indicato a supporto del credito per contributi e sanzioni (pagina 4).
Secondo i giudici d’appello, l’ Istituto ha omesso di indicare elementi circostanziati in ordine alla data di effettivo inizio dell’attività, anche alla stregua del carattere stagionale che essa presenta e dell’irrilevanza del momento della stipulazione del contratto d’affitto d’azienda , atomisticamente considerato.
Contro quest’argomentazione, di per sé idonea a giustificare la decisione adottata, i motivi di ricorso non indirizzano critiche persuasive.
In questa sede di legittimità, il ricorrente si limita a identificare, per incidens , l’inizio della nuova attività nella data di assunzione dei lavoratori (aprile 2012). Tale deduzione, nondimeno, in difetto di elementi che valgano a darle consistenza e a confutare le contestazioni dell’odierna controricorrente e l’analitica ricostruzione in fatto racchiusa nella sentenza impugnata, non si dimostra risolutiva né in relazione all’effettivo inizio dell’attività , che rappresenta lo specifico oggetto del contendere, né sul versante della significativa modificazione del contesto di rischio, già esclusa con ponderato apprezzamento dai giudici del gravame.
La prospettazione così propugnata, in ultima analisi, non soltanto si rivela apodittica e non infirma in modo efficace il più articolato percorso argomentativo dei giudici d’appello, ma si risolve , altresì, nel sollecitare a questa Corte una revisione della valutazione delle prove, anche in ordine al profilo saliente della tempestività dell’adempimento.
-Il ricorso, in definitiva, dev’essere dichiarato inammissibile.
7. -Le spese del presente giudizio, liquidate in dispositivo, sono poste a carico della parte ricorrente (art. 385, primo comma, cod. proc. civ.).
8. -La declaratoria d’inammissibilità del ricorso, proposto dopo il 30 gennaio 2013, impone di dare atto dei presupposti per il sorgere dell’obbligo del ricorrente di versare un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per la stessa impugnazione, ove sia dovuto (Cass., S.U., 20 febbraio 2020, n. 4315).
P.Q.M.
La Corte dichiara inammissibile il ricorso; condanna la parte ricorrente a rifondere alla parte controricorrente le spese del presente giudizio, che liquida in Euro 4.000,00 per compensi, in Euro 200,00 per esborsi, oltre al rimborso delle spese forfettarie nella misura del 15% e agli accessori di legge.
Dichiara la sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per la stessa impugnazione, a norma del comma 1bis dell’art. 13 del d.P.R. n. 115 del 2002, ove dovuto.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Quarta Sezione