Ordinanza di Cassazione Civile Sez. L Num. 951 Anno 2024
Civile Ord. Sez. L Num. 951 Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 10/01/2024
ORDINANZA
Oggetto
CONTRATTO A TEMPO DETERMINATO NULLITA’ DEL TERMINE -VALUTAZIONE RISCHI
R.G.N. 37086/2019
COGNOME
Rep.
Ud. 22/11/2023
CC
sul ricorso 37086-2019 proposto da:
COGNOME, domiciliato in ROMA, INDIRIZZO presso la CANCELLERIA DELLA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE, rappresentato e difeso dagli avvocati NOME COGNOME NOME COGNOME;
– ricorrente –
contro
RAGIONE_SOCIALE COGNOME RAGIONE_SOCIALE
– intimata – avverso la sentenza n. 486/2019 della CORTE D’APPELLO di MILANO, depositata il 03/04/2019 R.G.N. 536/2018; udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 22/11/2023 dal Consigliere Dott. NOME COGNOME
Fatti di causa
La Corte d’appello di Milano, con la sentenza in atti, ha respinto il gravame proposto da NOME avverso la sentenza del tribunale di Lecco che, per quanto ancora di interesse, aveva rigettato il suo ricorso con cui chiedeva di dichiarare la nullità del termine apposto da RAGIONE_SOCIALE al contratto intercorso tra le parti dal 5/3/2015 ed alla sua proroga del 5/6/2015, con trasformazione del contratto a tempo indeterminato e la condanna della convenuta al pagamento di quanto dovuto per le ore di lavoro straordinario.
Avverso tale sentenza ha proposto ricorso per cassazione NOME COGNOME con 6 motivi. Il ricorso è stato proposto a seguito di sentenza di inammissibilità del ricorso per revocazione. La controricorrente è rimasta intimata. Il collegio ha riservato la motiv azione, ai sensi dell’art. 380bis1, secondo comma, ult. parte c.p.c.
Ragioni della decisione
1.- Col primo motivo si denuncia error in procedendo. Omessa pronuncia (articolo 360 comma 1 n. 4 c.p.c.). Erronea interpretazione della domanda, motivazione contraddittoria ed inesistente. Omesso esame fatto decisivo (ex articolo 360 n. 4 e 5 c.p.c.) atteso che il ricorrente aveva dedotto l’illegittimità del contratto a termine sia in primo grado che in secondo grado in quanto la sua assunzione non era stata preceduta dalla dovuta valutazione dei rischi, mentre la Corte d’appello ha affermato che il ricorrente si fosse limitato a contestare l’assenza o inesistenza del DVR.
2.- Col secondo motivo si deduce la violazione e falsa applicazione dell’art. 3 comma 1 lett. d) decreto legislativo n. 368/2001 e dell’art. 28, comma 2 decreto legislativo n. 81/2008 ex art. 360 n. 3 c.p.c. per avere la Corte d’appello affermato che l’assenza di data certa non ha come conseguenza di rendere nullo il documento, che comunque risultava essere stato elaborato in contrasto con quanto disposto dalla norma citata.
3.- Col terzo motivo si prospetta la violazione e falsa applicazione dell’art. 2697 c.c. ex art. 360 n. 3 c.p.c. per avere la Corte d’appello ribaltato l’onere della prova affermando che il ricorrente avrebbe dovuto contestare nella prima difesa utile la documentazione prodotta da controparte, costituita da ‘aggiornamento luglio 2014’, che era priva di data certa.
4.- Con il quarto motivo si sostiene l’error in procedendo. Violazione degli artt. 115, 116 e 420 c.p.c. Motivazione contraddittoria ex art.360, n. 4 c.p.c., per avere la Corte d’appello affermato, relativamente alla domanda concernente il mancato pagamento del compenso dovuto a titolo di lavoro straordinario, che non fosse stata raggiunta la prova del preteso diritto nonostante essa stessa avesse dato atto di una pressoché perfetta concordanza delle prove testimoniali escusse sullo svolgimento da parte del lavoratore di quantomeno 50/52 ore settimanali al posto delle 40 ordinarie. 5.- Col quinto motivo si sostiene l’error in procedendo, violazione degli artt. 115, 116 e 420 c.p.c. Mancata
ammissione dei mezzi di prova decisivi ritualmente proposti ex art. 360 n. 4 c.p.c. atteso che la Corte d’appello di Milano era incorsa nell’aperta violazione del diritto di difesa del lavoratore per non aver ammesso, senza fornire alcuna motivazione, le ulteriori prove di cui il ricorrente aveva formalmente reiterato l’offerta anche in appello ( pag 34 appello).
6.- I primi tre motivi, da trattare unitariamente per la connessione delle censure sollevate in relazione alla mancanza del DVR prima dell’assunzione a termine del ricorrente, sono fondati.
Il lavoratore ha sostenuto fin dall’atto introduttivo in primo grado che mancava la valutazione del rischio precedente l’assunzione a termine ed ha reiterato, anche in fase di appello, la tesi che la datrice di lavoro non avesse adempiuto al proprio onere di provare di aver effettuato la dovuta valutazione dei rischi presenti presso la propria sede operativa prima di procedere alla sua assunzione a termine nel marzo 2015; aggiungendo inoltre che ‘l’estratto di sole quattro pagine del DVR prodotto da controparte è del tutto inutile ai fini in discorso, sia perché assolutamente parziale…sia, soprattutto, perché privo di tutte e quattro le firme necessarie ai fini della sua necessaria data certa ai sensi degli artt. 28 e 29 del decreto legislativo 81/2008’ .
Ciò posto, deve essere rilevato sul piano normativo che ai sensi dell’art. 3, lett. d) del d.lgs. n. 368/2001 ‘L’apposizione di un termine alla durata di un contratto di lavoro subordinato
non e’ ammessa:…d) da parte delle imprese che non abbiano effettuato la valutazione dei rischi ai sensi dell’articolo 4 del decreto legislativo 19 settembre 1994, n. 626, e successive modificazioni’.
A mente dell’art. 28 d.lgs. n. 81/2008 -che ha sostituito la disciplina del d.lgs. 626/1994 – il DVR deve essere redatto per iscritto e deve essere dotato di data certa attestata dalla sottoscrizione del documento da parte del datore di lavoro, del responsabile del servizio di prevenzione e protezione, del rappresentante dei lavoratori per la sicurezza o del rappresentante per la sicurezza territoriale, del medico competente ove nominato (‘Il documento di cui all’articolo 17, comma 1, lettera a), redatto a conclusione della valutazione, può essere tenuto, nel rispetto delle previsioni di cui all’ articolo 53, su supporto informatico e deve essere munito, anche tramite le procedure applicabili ai supporti informatici di cui all’articolo 53, di data certa o attestata dalla sottoscrizione del documento medesimo da parte del datore di lavoro nonché, ai soli fini della prova della data, della sottoscrizione del responsabile del servizio di prevenzione e protezione, del rappresentante dei lavoratori per la sicurezza o del rappresentante dei lavoratori per la sicurezza territoriale e del medico competente, ove nominato’).
Com’è noto, la ratio del divieto di stipulare contratti di lavoro subordinato a termine per le imprese che non abbiano effettuato la valutazione dei rischi per la sicurezza e la salute dei lavoratori, è diretta alla più intensa protezione dei
lavoratori rispetto al maggior rischio dovuto dalla flessibilità d’impiego la quale riduce la familiarità con l’ambiente e gli strumenti di lavoro (Cass. n. 12499/2020).
Pertanto, nel caso di specie, i requisiti formali e sostanziali stabiliti dalla legge in ordine alla redazione del DVR ed alla certezza della sua data non potevano essere integrati dalla mera produzione di un aggiornamento effettuato nel luglio 2014 privo di qualsiasi data; talchè si rivela certamente errata l’affermazione effettuata nella sentenza impugnata secondo cui ai fini del requisito previsto dalla legge basta che sia elaborato il documento mentre può anche mancare la data certa (‘l’assenza di data certa non ha come conseguenza di rendere nullo il documento che comunque risulta essere stato elaborato’). Laddove, al contrario, il divieto di stipulare contratti di lavoro subordinato a termine per le imprese che non abbiano effettuato la valutazione dei rischi per la sicurezza e la salute dei lavoratori, stabilito dall’art. 3 del d.lgs. n. 368 del 2001, costituisce una norma imperativa la cui violazione produce la nullità del termine con la conseguente conversione del contratto di lavoro in contratto a tempo indeterminato ai sensi degli artt. 1339 e 1419, comma 2, c.c. (Ordinanza n. 21683 del 23/08/2019).
E’ opportuno altresì precisare che l’onere di provare il requisito della data certa incombe sul datore di lavoro e che, una volta dedotto da parte del lavoratore la mancanza di un DVR con data certa antecedente alla sua assunzione, egli non ha
anche l’oner
e
di contestare
ulteriormente
documentazione prodotta allo scopo dal datore di lavoro, posto che ‘ La contestazione da parte del convenuto dei fatti già affermati o già negati nell’atto introduttivo del giudizio non ribalta sull’attore l’onere di “contestare l’altrui contestazione”, dal momento che egli ha già esposto la propria posizione a riguardo’ ( Cass. n. 6183 del 14/03/2018).
4.Il quarto motivo relativo all’error in procedendo relativamente alla pretesa prova del diritto al compenso per lavoro straordinario non è fondato, atteso che la Corte di appello ha affermato, in base alle prove in atti, che l’orario di lavoro svolto dal lavoratore veniva aumentato nei casi di bisogno con un’ora al giorno e se necessario di tre ore al sabato e che ciò capitava maggiormente nel periodo estivo; ha altresì accertato che al Niang veniva pagato ogni mese il lavoro straordinario per un certo numero di ore e che non risultava accertato, per i riferimenti non sufficientemente precisi dei testi se le ore retribuite fossero state effettivamente inferiori a quelle lavorate in quale misura ciò si sia manifestato punto fermo restando che a tale valutazione non è possibile pervenire in via equitativa.
Pertanto la Corte di appello ha fondato la propria conclusione sulle prove in atti dando una motivazione chiara e congrua e rispondente alla giurisprudenza di questa Corte in materia di straordinario che necessita di prova rigorosa e non può essere liquidato in via approssimativa. Mentre la stessa censura deve essere ritenuta inammissibile nella parte in cui mira in realtà
a sottoporre a sindacato la valutazione di merito effettuata dalla Corte sul quantum delle ore di lavoro straordinario eseguite.
5.- Col quinto mezzo si sostiene l’error in procedendo, violazione degli artt. 115, 116 e 420 c.p.c. Mancata ammissione dei mezzi di prova decisivi ritualmente proposti ex art. 360 n. 4 c.p.c. atteso che la Corte d’appello di Milano era incorsa nell’aperta violazione del diritto di difesa del lavoratore per non aver ammesso, senza fornire alcuna motivazione, le ulteriori prove di cui il ricorrente aveva formalmente reiterato l’offerta anche in appello.
Il motivo è inammissibile, anzitutto perché non è provato che il ricorrente si sia opposto alla chiusura della istruttoria in primo grado, reiterando la richiesta di assumere gli ulteriori testimoni.
Per il resto il motivo prospetta – come violazioni di legge asserite deficienze della sentenza impugnata in ordine all’accertamento dei fatti, che andavano denunciate articolando idonee censure di vizio di motivazione ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 5, nei limiti in cui tale vizio è oggi deducibile.
E’ ius receptum che, la mancata ammissione della prova testimoniale o di altra prova può essere denunciata per cassazione solo nel caso in cui essa abbia determinato l’assenza di motivazione su un punto decisivo della controversia e, quindi, ove la prova non ammessa ovvero non esaminata in concreto sia idonea a dimostrare circostanze tali
da invalidare, con un giudizio di certezza e non di mera probabilità, l’efficacia delle altre risultanze istruttorie che hanno determinato il convincimento del giudice di merito ( Cass. 4702/2019, 27815/2018). La scelta dei mezzi istruttori utilizzabili per il doveroso accertamento dei fatti rilevanti per la decisione è invero rimessa all’apprezzamento discrezionale, ancorché motivato, del giudice di merito, ed è censurabile, quindi, in sede di legittimità, sotto il profilo del vizio di motivazione e non della violazione di legge (Cass. n. 21603 del 20/09/2013).
Sulla scorta di quanto fin qui osservato vanno quindi accolti il primo, il secondo ed il terzo motivo di ricorso e dichiarati inammissibili gli altri; la sentenza impugnata deve essere cassata in relazione ai motivi accolti con rinvio, per la prosecuzione della causa e la liquidazione delle spese del giudizio di legittimità, al giudice indicato in dispositivo; non sussistono le condizioni di cui all’art. 13, comma 1 quater, d.P.R.115 del 2002 per il raddoppio del contributo unificato.
P.Q.M.
La Corte accoglie il primo, il secondo, il terzo motivo del ricorso e dichiara inammissibili gli altri; cassa la sentenza impugnata in relazione ai motivi accolti e rinvia la causa alla Corte di appello di Milano in diversa composizione, per la prosecuzione del giudizio e la liquidazione delle spese del giudizio di legittimità.
Così deciso nella camera di consiglio del 22 novembre 2023.