Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 3 Num. 14207 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 3 Num. 14207 Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 22/05/2024
O R D I N A N Z A
sul ricorso n. 30788/21 proposto da:
-) RAGIONE_SOCIALE , in persona del legale rappresentante pro tempore , domiciliato ex lege all ‘ indirizzo PEC del proprio difensore, difeso dall’avvocato NOME COGNOME;
– ricorrente –
contro
-) RAGIONE_SOCIALE , in persona del legale rappresentante pro tempore , domiciliato ex lege all ‘ indirizzo PEC del proprio difensore, difeso dall’avvocato NOME COGNOME;
– controricorrente –
nonché
-) NOME COGNOME , in persona del legale rappresentante pro tempore , domiciliato ex lege all ‘ indirizzo PEC del proprio difensore, difeso dall’avvocato NOME COGNOME;
– controricorrente –
nonché
-) COGNOME NOME , domiciliato ex lege all ‘ indirizzo PEC del proprio difensore, difeso dall’avvocato NOME COGNOME;
– controricorrente –
avverso la sentenza della Corte d’appello di Milano 10 maggio 2021 n. 1485;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 3 aprile 2024 dal AVV_NOTAIO.
Oggetto:
surrogazione assicurativa ex art. 1916 c.c. -valutazione degli indizi da parte del giudice di merito -censurabilità in Cassazione – limiti.
FATTI DI CAUSA
L ‘ esposizione dei fatti sarà limitata alle sole circostanze ancora rilevanti in questa sede.
Nel 2015 un incendio danneggiò gravemente i locali ove svolgeva la propria attività l ‘ RAGIONE_SOCIALE.
La società RAGIONE_SOCIALE, che aveva assicurato la RAGIONE_SOCIALE contro il rischio di danni da incendio, dopo avere indennizzato l ‘ associazione assicurata esercitò l ‘ azione di surrogazione ex art. 1916 c.c. nei confronti della società RAGIONE_SOCIALE, assumendo che quest ‘ ultima dovesse ritenersi responsabile dell ‘ accaduto, per avere installato in modo imperito una stufa per sauna, dalla quale si sprigionò l ‘ incendio.
La RAGIONE_SOCIALE si costituì, negando la propria responsabilità.
In subordine, chiese di essere tenuta indenne dalla ditta produttrice della stufa, la società RAGIONE_SOCIALE, ovvero da NOME COGNOME, incaricato dell ‘ installazione della stufa.
Con sentenza 3.4.2019 n. 809 il Tribunale di Monza accolse la domanda. La sentenza fu appellata dalla RAGIONE_SOCIALE.
Con sentenza 10.5.2021 n. 1485 la Corte d ‘ appello di Milano rigettò il gravame.
La Corte ritenne che la causa dell ‘ incendio andasse ravvisata nella stufa fatta installare dalla RAGIONE_SOCIALE all ‘ interno dei locali in uso alla RAGIONE_SOCIALE. Trasse questa conclusione dai seguenti argomenti:
-) l ‘ incendio divampò nell ‘ area ove era stata installata la nuova stufa;
-) l ‘ incendio divampò poche ore dopo l ‘ installazione della nuova stufa;
-) immediatamente prima del divampare dell ‘ incendio il termometro del locale sauna (ove la stufa era stata installata) segnalava una temperatura di 130°, anomala e ben differente rispetto a quella indicata dal termostato esterno alla stufa, da ritenersi perciò falsata;
-) ciò dimostrava che il nuovo impianto era stato raccordato in modo imperito agli elementi esterni preesistenti (termostato, centralina elettrica) destinati ad assicurarne il funzionamento;
-) l ‘ installazione della stufa era stata di durata ‘ assolutamente contenuta ‘ (un ‘ ora e mezza), incompatibile con le attività di verifica e controllo che una perita esecuzione dell ‘ opera avrebbe richiesto;
-) il rapporto redatto dall ‘ installatore non dava conto dell ‘ effettuazione di un accurato collaudo.
La sentenza d ‘ appello è stata impugnata per Cassazione da RAGIONE_SOCIALE con ricorso fondato su due motivi ed illustrato da memoria.
La RAGIONE_SOCIALE, NOME COGNOME e la NOME OY (questi ultimi due chiamati in causa) hanno resistito con controricorso. La NOME Oy ha deposito memoria.
Con provvedimento del 9.11.2023 è stata formulata proposta di definizione accelerata dal ricorso, ai sensi dell ‘ art. 360 bis c.p.c.. La società ricorrente, con atto ritualmente depositato, ha chiesto che il ricorso sia deciso, sicché ne è stata disposta la trattazione in adunanza. Il Collegio ha disposto il deposito della motivazione nel termine di cui all ‘ art.
380 bis, secondo comma, c.p.c..
RAGIONI DELLA DECISIONE
Col primo motivo la società ricorrente prospetta la ‘ violazione e/o falsa applicazione degli artt. 2727 e 2729 c.c. e 40 c.p., in relazione all ‘ art. 360 n. 3 c.p.c. ‘ .
Nell ‘ illustrazione del motivo si sostiene che la Corte d ‘ appello, nel ritenere che la causa dell ‘ incendio andasse ravvisata nell ‘ opera della RAGIONE_SOCIALE, aveva attribuito valore ad indizi privi dei requisiti di gravità, precisione e concordanza; che in ogni caso la sussistenza della prova d ‘ una condotta colposa in capo ai dipendenti della RAGIONE_SOCIALE non bastava a ritenere provato che proprio quella condotta fu la causa dell ‘ incendio; che erano rimaste ignote le ragioni per le quali la stufa installata dalla RAGIONE_SOCIALE iniziò a generare un calore sempre maggiore; che la temperatura del locale sauna rilevata dal termostato ambientale era un indizio non preciso; che non precisi, o non gravi, erano anche gli altri elementi indiziari valorizzati
dalla Corte d ‘ appello, ed in particolare la contiguità temporale tra l ‘ incendio e l ‘ installazione della stufa.
1.1. Il motivo è inammissibile.
Esso, infatti, sotto le vesti della violazione di legge maschera una censura diretta contro la valutazione delle prove e degli indizi per come compiuta dalla Corte d ‘ appello.
Non è, tuttavia, consentita in sede di legittimità una valutazione delle prove ulteriore e diversa rispetto a quella compiuta dal giudice di merito, a nulla rilevando che quelle prove potessero essere valutate anche in modo , Sez.
differente rispetto a quanto ritenuto dal giudice di merito ( ex permultis L, Sentenza n. 7394 del 26/03/2010, Rv. 612747; Sez. 3, Sentenza n. 13954 del 14/06/2007, Rv. 598004; Sez. L, Sentenza n. 12052 del 23/05/2007, Rv. 597230; Sez. 1, Sentenza n. 7972 del 30/03/2007, Rv. 596019; Sez. 1, Sentenza n. 5274 del 07/03/2007, Rv. 595448; Sez. L, Sentenza n. 2577 del 06/02/2007, Rv. 594677; Sez. L, Sentenza n. 27197 del 20/12/2006, Rv. 594021; Sez. 1, Sentenza n. 14267 del 20/06/2006, Rv. 589557; Sez. L, Sentenza n. 12446 del 25/05/2006, Rv. 589229; Sez. 3, Sentenza n. 9368 del 21/04/2006, Rv. 588706; Sez. L, Sentenza n. 9233 del 20/04/2006, Rv. 588486; Sez. L, Sentenza n. 3881 del 22/02/2006, Rv. 587214; e così via, sino a risalire a Sez. 3, Sentenza n. 1674 del 22/06/1963, Rv. 262523, la quale affermò il principio in esame, poi ritenuto per sessant ‘ anni: e cioè che ‘ la valutazione e la interpretazione delle prove in senso difforme da quello sostenuto dalla parte è incensurabile in Cassazione ‘ ).
1.2. Non decisivo è il richiamo, compiuto dalla società ricorrente, ai princìpi stabiliti da questa Corte circa i presupposti (ed i limiti) entro i quali è denunciabile in sede di legittimità la violazione degli artt. 2727 e 2729 c.c.. È bene ricordare a tal riguardo che questa Corte non ha mai affermato che la valutazione con cui il giudice di merito abbia reputato ‘ gravi ‘ , ‘ precisi ‘ e ‘ concordanti ‘ gli indizi a sua disposizione (ovvero ne abbia escluso la
gravità, la precisione e la concordanza) possa essere sindacata sic et simpliciter in sede di legittimità.
Questa Corte ha affermato un principio ben diverso e, cioè, che la possibilità di censurare in sede di legittimità la violazione o falsa applicazione delle norme sulla prova presuntiva ricorre solo in due ipotesi limitate e residuali.
1.2.1. La prima ipotesi è che il giudice di merito, dopo aver egli stesso qualificato come ‘ gravi, precisi e concordanti ‘ gli indizi disponibili, ne escluda l ‘ efficacia probatoria; oppure nell ‘ ipotesi speculare in cui il giudice, dopo aver egli stesso qualificato gli indizi disponibili come ‘ non gravi, imprecisi e discordanti ‘ , li utilizzi come fonte di prova.
1.2.2. La seconda ipotesi è rappresentata dal c.d. ‘ vizio di sussunzione ‘ .
Tale vizio tuttavia ricorre non già per il solo fatto che il giudice di merito abbia interpretato gli indizi in un modo piuttosto che in un altro, come mostra di ritenere la ricorrente.
Il vizio di sussunzione ricorre quando il giudice di merito pervenga al giudizio di ‘ gravità, precisione e concordanza ‘ degli indizi violando il corretto metodo di valutazione di tali concetti, vale a dire:
(a) applicando il ragionamento probabilistico per valutare la gravità;
(b) stimando il grado di probabilità dell ‘ ipotesi rispetto al fatto, per valutare la precisione;
(c) mettendo in relazione ogni indizio con tutti gli altri, per valutare la concordanza.
È il rispetto di questa metodologia valutativa che la Corte di cassazione può sindacare sotto il profilo del vizio di sussunzione e non certo l ‘ esito finale cui il giudice di merito sia approdato .
La critica al ragionamento presuntivo svolto dal giudice di merito non è, invece, sindacabile in sede di legittimità quando ‘ si concreta o in un ‘ attività diretta ad evidenziare soltanto che le circostanze fattuali in relazione alle quali il ragionamento presuntivo è stato enunciato dal giudice di merito avrebbero dovuto essere ricostruite in altro modo ( … ), o nella mera prospettazione di una inferenza probabilistica semplicemente diversa da quella che si dice applicata dal giudice di merito ‘ (così Cass. sez. un., 1785/18, cit.).
La valutazione degli indizi compiuta dal giudice di merito, dunque, è incensurabile non solo quando sia l ‘ unica possibile, ma anche quando sia solo una tra le tante plausibili.
1.3. Nel caso di specie, non ricorre nessuna delle due ipotesi ricordate al § 1.2.2 che precede.
La prima non è stata nemmeno prospettata; quanto alla seconda, rileva questa Corte che l ‘ intero primo motivo di ricorso censura il risultato della valutazione indiziaria, ma non il metodo .
Metodo che, lo si rileva ad abundantiam , in ogni caso non fu scorretto. La Corte d ‘ appello, infatti, ha valutato gli indizi a disposizione mettendo in relazione gli uni con gli altri ed ha tratto da essi inferenze probabilistiche non illogiche e non scarsamente probabili.
Il secondo motivo prospetta la nullità della sentenza per mancanza di motivazione, ai sensi dell ‘ articolo 132 c.p.c., ed è manifestamente infondato alla luce della nota sentenza delle Sezioni Unite di questa Corte n. 8053 del 2014, alla cui motivazione può qui rinviarsi ai sensi dell ‘ art. 118 disp. att. c.p.c..
2.1. Nella sentenza impugnata, infatti, la motivazione non solo non manca, ma anzi è diffusa ed estesa: sicché a torto la società ricorrente invoca la incomprensibilità di una sentenza la quale si diffonde per molte pagine a motivare sul nesso di causa.
Lo stabilire, poi, se le prove raccolte consentissero o meno quella conclusione non è questione sindacabile questa sede.
Le spese del presente giudizio di legittimità sono regolate come segue.
3.1. Nei confronti della RAGIONE_SOCIALE esse seguono la soccombenza, ai sensi dell ‘ art. 385, comma 1, c.p.c.: e sono liquidate nel dispositivo.
3.2. Nei confronti della NOME Oy e di NOME COGNOME non è luogo a provvedere: infatti, sebbene il ricorso per cassazione sia stato notificato anche ad essi, nessuna impugnazione è stata proposta contro di loro. Pertanto, nemmeno l ‘ eventuale accoglimento del ricorso avrebbe potuto nuocere alla NOME Oy ed a NOME COGNOME, sulla cui estraneità ai fatti si era formato il giudicato.
Ne consegue che le spese da questi sostenute per la non necessaria difesa nel presente giudizio (ove non si voglia rilevare che, in questo modo, tali destinatarie della notifica del ricorso neppure abbiano assunto la qualità di parti nel presente giudizio: tra le altre, Cass. Sez. 3, Sentenza n. 2208 del 16/02/2012) non sono ripetibili né per soccombenza (la RAGIONE_SOCIALE non è ‘ soccombente ‘ nel presente giudizio di legittimità rispetto alla NOME COGNOME e NOME COGNOME), né per causalità (la scelta di notificare controricorso da parte della NOME e di NOME COGNOME non fu necessitata dal ricorso proposto dalla RAGIONE_SOCIALE).
3.3. Inoltre, la conformità tra la presente sentenza e la proposta di definizione accelerata ex art. 380 bis c.p.c. comporta ope legis la duplice condanna della ricorrente ex art. 96, commi terzo e quarto, c.p.c., secondo la liquidazione operata in dispositivo.
P.q.m.
(-) dichiara inammissibile il ricorso;
(-) condanna RAGIONE_SOCIALE alla rifusione in favore di RAGIONE_SOCIALE delle spese del presente giudizio di legittimità, che si liquidano nella somma di euro 5.800, di cui 200 per spese
vive, oltre I.V.A., cassa forense e spese forfettarie ex art. 2, comma 2, d.m. 10.3.2014 n. 55;
(-) condanna RAGIONE_SOCIALE al pagamento in favore di RAGIONE_SOCIALE, ex art. 96, terzo comma, c.p.c., della somma di euro 5.800;
(-) condanna RAGIONE_SOCIALE al pagamento in favore della Cassa delle Ammende della somma di euro 5.000 ex art. 96, quarto comma, c.p.c.;
(-) dichiara non luogo a provvedere in merito alle spese sostenute da NOME COGNOME e NOME COGNOME;
(-) ai sensi dell ‘ art. 13, comma 1quater , del d.P.R. n. 115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso a norma del comma 1bis dello stesso art. 13, se dovuto.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Terza Sezione civile