Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 3 Num. 25478 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 3 Num. 25478 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 17/09/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 4578/2024 R.G. proposto da:
, rappresentata e difesa dall’avvocato COGNOME (CODICE_FISCALE) unitamente all’avvocato COGNOME (CODICE_FISCALE); NOMECOGNOME
-ricorrente-
contro
RAGIONE_SOCIALE, in persona del legale rappresentante pro tempore nonché Direttore Generale, NOME COGNOME, elettivamente domiciliata in ROMA, INDIRIZZO, presso lo studio dell’avvocato NOME COGNOME (CODICE_FISCALE) che la rappresenta e difende unitamente agli avvocati NOME (CODICE_FISCALE) e NOME (CODICE_FISCALE);
avverso la SENTENZA della CORTE D’APPELLO di ROMA n. 7870/2023, depositata il 06/12/2023 e notificata il 14/12/2023. Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 06/06/2025 dal Consigliere NOME COGNOME.
FATTI DI CAUSA
Il Tribunale di Roma, con sentenza n. 3952/2017, rigettava la domanda di volta all’accertamento della responsabilità dell’RAGIONE_SOCIALE per i danni asseritamente subiti a seguito della perforazione del retto colon durante un accertamento endoscopico e per i successivi esiti di un intervento di ploctocolectomia restaurativa con applicazione di stoma e alla conseguente condanna della convenuta ai risarcimento dei danni subiti, ravvisando, stante la situazione della paziente che soffriva di rettocolite ulcerosa da circa 20 anni, se non l’urgenza, almeno l’opportunità dell’intervento poi praticatole, idoneo a risolvere sia la perforazione intestinale che la rettocolite ulcerosa cronica, al fine di prevenire ulteriori perforazioni, fistolizzazioni o degenerazioni cancerose; per l’effetto, condannava la alla refusione delle spese processuali in favore della convenuta e della terza chiamata, l’impresa di assicurazioni della convenuta, e al pagamento delle spese di C.RAGIONE_SOCIALE
Con sentenza n. 7870/2023, pubblicata il 06/12/2023 e notificata il 14/12/2023, la Corte d’appello di Roma, dopo avere ritenuto fondata l’eccezione della inerente la correttezza della C.T.U. e nominato un collegio peritale, composto da un medico legale e da uno specialista in chirurgia dell’apparato digerente, cui sottoponeva nuovi quesiti, ha disatteso gli esiti della nuova C.T.U., e ritenuti confacenti e corretti gli accertamenti eseguiti presso la struttura RAGIONE_SOCIALE (escludendo il verificarsi di un «malaccorto pinzamento») e opportuno l’intervento di proctocolectomia, in NOME.
relazione agli elementi clinici esistenti, al fine di scongiurare l’ingravescenza della rettocolite ulcerosa e l’insorgenza di altre patologie, tra cui il cancro del colon retto e la perforazione del colon – evenienze non solo possibili, ma, data la riscontrata fragilità delle pareti intestinali, anche probabili – ; in particolare, ha rilevato che le evidenze documentali confermavano la bontà delle conclusioni alle quali era addivenuto il tribunale sulla scorta della C.T.U. svolta in primo grado; C.T.U. che ha reputato «esente dalle censure di nullità sollevate nel gravame per le gravi irregolarità procedurali commesse dall’ ausiliario, consistite nel porre a fondamento dell’elaborato peritale la documentazione irritualmente inviata a mezzo mail dal ctp dell’ RAGIONE_SOCIALE dopo il giuramento prestato e prima dell’invio della bozza di elaborato alle parti». Per l’effetto, ha confermato la sentenza del tribunale e concluso nel senso della non ravvisabilità di errori diagnostici o di procedura nella scelta e nella realizzazione dell’intervento di proctocolectomia restaurativa, alla quale la era stata sottoposta in data 26.4.2008 da parte della RAGIONE_SOCIALE. Ha escluso, inoltre, che non fosse stata fornita alla un’adeguata rappresentazione dei rischi connessi al trattamento, mediante l’acquisizione di un dettagliato consenso informato, diversamente da quanto ritenuto dal collegio peritale che aveva ravvisato la genericità del modulo sottoposto alla prima dell’intervento e sottoscritto dalla medesima e la non rispondenza delle informazioni in esso contenute allo specifico caso clinico. A tale conclusione è giunta, rilevando che risultavano barrate le caselle relative alla colectomia con ileo-retto anastomosi, consistente nell’asportazione del colon e nel ripristino del transito intestinale mediante abboccamento dell’ultima porzione di intestino tenue con il retto ed eventuale ileostomia di protezione, e che, in base al tenore letterale del modulo sottoscritto e del grado di sua RAGIONE_SOCIALE.
istruzione, la era senz’altro stata in grado di comprendere la natura dell’intervento al quale doveva sottoporsi, ben essendo consapevole, del resto, della gravità della patologia che l’affliggeva dal 1985. Ha accertato che era stata l’appellante a rifiutare un ulteriore intervento di canalizzazione che avrebbe comportato la definitiva eliminazione delle problematiche indotte dalla stomia. Ha accolto invece la censura riguardante l’erronea condanna della al pagamento delle spese di lite sostenute dalla terza chiamata, l’impresa di assicurazione RAGIONE_SOCIALE, in ragione della manifesta infondatezza della chiamata in causa da parte dell’RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE convenuta che ben conosceva l’inoperatività della polizza per avvenuto superamento del massimale aggregato di retroattività. J.B. J.B.
In parziale accoglimento dell’appello e in riforma della sentenza del tribunale, ha compensato le spese di lite del primo grado nei rapporti tra la e la terza chiamata; ha condannato l’RAGIONE_SOCIALE a rifondere le spese di lite del primo grado in favore della terza chiamata, data l’infondatezza della chiamata; ha compensato tra tutte le parti le spese del giudizio d’appello e posto quelle della C.T.U., espletata nel giudizio d’appello, a carico dell’appellante. J.B.
ricorre per la cassazione di detta sentenza, formulando cinque motivi. NOME.
RAGIONE_SOCIALERAGIONE_SOCIALE resiste con controricorso.
La trattazione del ricorso è stata fissata ai sensi dell’art. 380 -bis 1 cod.proc.civ.
in vista dell’odierna camera di consiglio, deposita memoria illustrativa. NOME.
La controricorrente deposita un atto con cui si limita a rinviare al controricorso e, che, pertanto, non ha le caratteristiche della memoria.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Con il primo motivo si denunziano la violazione e falsa applicazione degli artt. 194 cod.proc.civ., 87 e 90 disp. att. cod.proc.civ. nonché degli artt. 1176 e 2236 cod.civ., ai sensi dell’art. 360, 1° comma, n. 3 cod.proc.civ.
La ricorrente ripropone la censura già mossa al tribunale e disattesa dal giudice d’appello di nullità della C.T.U. svolta in primo grado, per avere il C.T.P. dell’RAGIONE_SOCIALE inviato al C.T.U. irritualmente una vera a propria perizia di parte tre giorni dopo l’udienza di giuramento, ma prima della redazione della bozza preliminare; perizia mai precedentemente prodotta in giudizio, degradata dall’ausiliario del giudice a «note preliminari ex art 194 cod.proc.civ.», interamente recepite nell’elaborato finale.
Inoltre al C.T.U. si rimproverava, in violazione dell’art. 195 cod.proc.civ., di aver depositato la perizia a propria firma nel fascicolo telematico del giudizio in data 13/04/2014, ovvero soltanto due giorni prima dell’udienza di esame della C.T.U. del 15/04/2014, senza aver mai preventivamente inviato alcuna bozza al perito di parte.
Il tribunale, nonostante le puntuali eccezioni mosse in tal senso, si era limitato ad autorizzare il C.T.P. a formulare osservazioni alla bozza peritale che, peraltro, il C.T.U. ometteva di riportare nella nuova stesura finale della relazione.
L’elaborato peritale, inoltre, viene censurato per essere insufficientemente motivato, avendo l’ausiliare del giudice: i) eluso o comunque non affrontato in maniera tecnicamente esaustiva la questione centrale demandatagli; ii) omesso di accertare quali fossero le sue condizioni cliniche alla data dell’intervento, limitandosi a indicare che risultava affetta da rettocolite ulcerosa e a descrivere genericamente la malattia e le sue possibili infinite evoluzioni, in maniera del tutto riassuntiva ed avulsa da ogni riferimento al caso di specie; iii) trascurato di esprimersi sull’esito
dell’esame istologico del 17/04/2008, limitandosi a menzionarlo, nonostante che detto esito, oltre a confermare l’assenza di displasie, fosse stato reso noto il giorno successivo all’espletato intervento chirurgico; iv) evitato ogni valutazione circa la giustificazione dell’intervento chirurgico del 16/04/2008, atteso che la C.T.U. conteneva l’elencazione dei casi in cui, secondo le leges artis , la chirurgia invasiva è applicabile in ipotesi di necessità ed urgenza (espressamente ritenute insussistenti), e ipotizzava, in assenza di letteratura scientifica a sostegno, che la scelta dei sanitari sarebbe stata giustificata e/o giustificabile da un non meglio precisato intento di risolvere completamente il problema infiammatorio e permettere una guarigione.
Del resto -osserva la ricorrente – la stessa corte d’appello aveva inizialmente condiviso dette inadempienze del C.T.U. di primo grado, tant’è vero che aveva ritenuto alcuni profili dell’esame demandatogli meritevoli di approfondimento e disposto, a tale scopo, una nuova consulenza tecnica d’ufficio, affidando l’incarico ad un collegio peritale.
2) Con il secondo motivo la ricorrente prospetta la nullità della sentenza per violazione e falsa applicazione dell’art. 132, 2° comma, n. 4, cod.proc.civ., ex art. 360, 1° comma, n. 4 cod.proc.civ., per non avere il giudice a quo esposto le ragioni per cui ha ritenuto non condivisibili le puntuali ed esaustive conclusioni dei due ausiliari facenti parte del collegio peritale nominato in grado d’appello, con particolare riferimento alle ampiamente documentate sue condizioni cliniche che avevano indotto i detti due periti a ritenere, ciascuno per le sue specifiche competenze, ingiustificabile l’intervento chirurgico demolitorio a cui era stata sottoposta, non ricorrendo né l’ipotesi di una mancata rispondenza della rettocolite ulcerosa alle terapie farmacologiche in atto né una ingravescenza clinica e/o una trasformazione in senso neoplastico.
Il giudice a quo , dopo avere disposto una nuova C.T.U., si sarebbe limitato a ritenere non condivisibili gli esiti di detta nuova C.T.U. e, dopo un acritico ‘copia e incolla’ di rilevanti parti della C.T.U. svolta nel giudizio di primo grado, ha ritenuto non vi fossero valide ragioni per discostarsi dalle conclusioni del primo ausiliario, «essendo le stesse sorrette da un accurato esame anamnestico e sulla valutazione della documentazione sanitaria oltre che esenti di vizi lamentati dall’appellante ». Tanto, secondo quanto prospettato, integrerebbe la violazione dell’art. 132, 2° comma, n. 4 cod.proc.civ.
3) Con il terzo motivo parte ricorrente si duole dell’omesso esame di un fatto decisivo oggetto di discussione tra le parti – omessa comparazione tra le perizie ex art. 360, 1° comma, n. 5 cod.proc.civ. -e della violazione dell’art. 111 Cost., perché, essendo state espletate nel corso del giudizio di merito più consulenze tecniche, in tempi diversi e con difformi soluzioni prospettate, il giudice che si sia uniformato ad una consulenza senza valutare le eventuali censure di parte e giustificare la propria preferenza, limitandosi ad una acritica adesione ad una di esse, ovvero che si sia discostato da entrambe le soluzioni senza dare adeguata giustificazione del suo convincimento mediante l’enunciazione dei criteri probatori e degli elementi di valutazione specificatamente seguiti (Cass. n. 13770/2018; Cass. n. 18598/2020; Cass. n. 13399/2018; Cass. n. 13922/2016) incorre nel vizio di omesso esame di un fatto decisivo. Nella specie, in particolare, alla corte territoriale si rimprovera di avere aderito acriticamente alla perizia di primo grado e di non avere effettuato una necessaria ed imprescindibile comparazione tra le opposte perizie.
4) Con il quarto motivo parte ricorrente imputa al giudice a quo la violazione e falsa applicazione dell’art. 1 della legge 22 dicembre 2017, n. 219 e degli artt. 2, 13 e 32 Cost. oltre che degli artt.
1176, 2° comma, 1218, 1236 cod.civ. e 115 cod.proc.civ., ai sensi dell’art. 360, 1° comma, n. 3 cod.proc.civ., nonché la violazione e falsa applicazione dell’art. 132, 2° comma, n. 4, cod.proc.civ., ex art. 360, 1° comma, n. 4 cod.proc.civ.
Anche relativamente al consenso informato, la corte d’appello lo avrebbe ritenuto validamente espresso con una motivazione apparente ed illogica, inidonea a superare le differenti conclusioni espresse dal collegio peritale d’appello. Contrariamente alle conclusioni de giudice a quo, nel modulo mancava la barratura relativa alle informazioni circa la diagnosi della malattia, non erano esplicitati la patologia da cui era affetta, il motivo dell’intervento, le possibili alternative all’intervento subito, né le conseguenze dell’eventuale rifiuto. Il collegio peritale aveva rilevato che nel modulo di consenso «viene riportata una serie di generiche complicanze della malattia, evidentemente inattuali per il caso della Paziente, tant’è che la relativa casella non è certo barrata, esattamente come non è barrata la successiva, che si riferisce all’eventualità di una trasformazione in senso neoplastico, ugualmente inattuale nel caso della Perizianda, sebbene per realizzare l’intervento non si attenda neppure la pubblicazione dell’esame istologico » e che non erano indicate le gravissime conseguenze derivanti dall’asportazione di ben due organi quali il colon ed il retto.
Peraltro, aggiunge la ricorrente, l’intervento subito non era quello che la corte territoriale ha ritenuto barrato – colectomia con ileoretto anastomosi, consistente nella asportazione del colon e ripristino del transito intestinale mediante abboccamento dell’ultima porzione di intestino tenue con il retto ed eventuale ileostomia di protezione- che era indicato al punto precedente del modulo – rettocolectomia con ileo ano anastomia e pouch che consiste nell’asportazione del colon e del retto – cioè quello cui si sarebbe potuta sottoporre successivamente e che aveva rifiutato
non per capriccio (come ha lasciato intendere il giudice a quo ), ma perché, soltanto una volta dimessa dall’ospedale era venuta a conoscenza delle gravi conseguenze derivanti dalla resezione del colon e del retto, e aveva avuto modo di documentarsi presso specialisti in chirurgia che avevano sconsigliato la chiusura dell’ileostomia, «costantemente e ripetutamente rappresentata come foriera di numerosi rischi quoad vitam e quoad valetudinem».
5) Con il quinto motivo la ricorrente si duole della violazione dell’art. 360, 1° comma, n. 5 cod.proc.civ. per omesso esame del motivo di appello n. 7-a) e 7-b), relativo alla ingiusta condanna alla refusione delle spese del primo grado di giudizio.
La corte territoriale, in parzialmente accoglimento dell’appello e in riforma della sentenza del tribunale, ricorrendone i giusti motivi, ha compensato sia le spese del giudizio di appello, sia le spese di lite del primo grado relativamente ai soli rapporti tra con la terza chiamata, confermando tuttavia « l’impugnata sentenza in ordine alla regolazione delle spese di lite tra le parti principali in quanto non oggetto di specifica censura».
La tesi della ricorrente è che il giudice a quo abbia valutato come erroneamente non censurata la sentenza emessa dal tribunale anche in ordine alla regolazione delle spese di lite tra le parti principali, così di fatto disattendendo e/o omettendo di valutare i motivi di impugnazione n. 7 a-b, con cui era stata lamentata la mancata compensazione delle spese di lite, posta la peculiarità e complessità delle questioni trattate, e il motivo n. 7-c), con cui veniva censurata l’arbitraria chiamata del terzo in causa e la conseguente arbitraria condanna alle spese anche in favore del terzo chiamato.
6) In primo luogo vanno esaminate le eccezioni di improcedibilità e di mancata integrazione del contraddittorio sollevate dall’RAGIONE_SOCIALE.
Quanto alla prima, fondata sulla violazione dell’art. 369, 2° comma n. 2 cod.proc.civ., per non avere la ricorrente soddisfatto l’onere di depositare entro il termine di cui all’art. 369, 1° comma, cod.proc.civ., la copia della decisione impugnata con la relazione di notificazione avvenuta in data 14/12/2023, occorre muovere dal rilievo che, contrariamente a quanto eccepito, la ha NOME.
soddisfatto le prescrizioni di cui all’art. 369, 2° comma n. 2, cod.proc.civ. (si vedano gli allegati al ricorso n. 24 e n. 1 che
contengono la relata di notifica e la copia della sentenza d’appello qui impugnata).
Quanto alla seconda, per non avere la ricorrente provveduto a notificare il ricorso alla RAGIONE_SOCIALE, nonostante essa fosse stata parte dei due giudizi di merito, va osservato quanto segue:
Sussistendo tale situazione è di tutta evidenza che, in assenza di una situazione di inscindibilità della cause o di dipendenza fra esse
7) Passando, ora, allo scrutinio dei motivi di ricorso, il primo è inammissibile.
La ricorrente reitera le censure già disattese dal giudice a quo , senza confrontarsi con la statuizione di rigetto.
La corte d’appello ha rilevato che «dagli atti allegati alla C.T.U. che il ctp di parte convenuta, dott. nel pieno rispetto di quanto previsto dall’art. 194 cod.proc.civ. e 90 disp. att. cod.proc.civ., inviava all’ausiliario note sulla situazione della perizianda nelle quali si richiamavano i documenti sanitari ritualmente versati in atti dalle parti e la letteratura specialistica in materia (v. bozza di perizia e relazione finale della dott.ssa nella quale si richiamano le note del ct di entrambe le parti)» (p. 11). RAGIONE_SOCIALE.
Deve ribadirsi che con i motivi di ricorso per cassazione la parte non può limitarsi a riproporre le tesi difensive svolte nelle fasi di
8) Il secondo ed il terzo motivo, esaminabili congiuntamente, sono fondati p.q.r.
L’impianto giustificativo del rigetto dell’appello si regge sui seguenti passaggi argomentativi:
– a p. 8 della sentenza, il giudice d’appello dà atto che con ordinanza del 10.11.2017, «ritenuta la fondatezza della eccezione inerente la correttezza della C.T.U., in relazione alla responsabilità per la perforazione intestinale, alla riferita refrattarietà della alle cure farmacologiche ed alla opportunità della praticata proctocolectomia, affidava incarico a collegio peritale composto da un medico legale e da specialista in chirurgia dell’apparato digerente, formulando nuovi quesiti peritali»; NOMECOGNOME
-dopo aver riportato i quesiti e le risposte elaborate dal collegio peritale (pp. 10-11) e aver rilevato che « All’esito della relazione i Ctu stimavano pari ad un 35% il valore del danno anatomofunzionale comprensivo delle incidenze sulle attività quotidiane e sugli aspetti dinamico relazionali della danneggiata», il giudice a quo si è limitato ad affermare che «le conclusioni alle quali sono addivenuti i ctu nominati in questo grado sulla adeguatezza e correttezza degli accertamenti eseguiti e sulla adegutezza dell’ intervento di proctocolectomia eseguito anche in relazione agli elementi clinici esistenti non siano condivisibili. Per contro le evidenze documentali confermano la bontà delle conclusioni alle
quali è addivenuto il Tribunale sulla scorta della ctu della dott.ssa
(p. 11); COGNOME.V.
– riportati da p. 12 a p. 15 ampi stralci della C.T.U. espletata del giudizio di primo grado, ha concluso che « In base alle considerazioni del ctu dr.ssa del primo grado , dalle quali non si hanno valide ragioni per discostarsi essendo le stesse sorrette da un accurato esame anamnestico e sulla valutazione della documentazione sanitaria oltre che esenti dai vizi lamentati dall’ appellante », alla struttura RAGIONE_SOCIALE non potessero imputarsi «errori diagnostici o di procedura nella scelta e nella realizzazione del protocollo medico dell’intervento di proctocolectomia restaurativa», precisando che « l’accertamento effettuato (colonscopia con biopsia) era senz’ altro raccomandato al fine di scongiurare l’ingravescenza della patologia da cui era affetta e l’ insorgenza di altre patologie, tra cui il cancro del colon retto», che il rischio di perforazione del colon era un’evenienza non solo possibile, ma anche probabile, che non erano emersi «elementi per ricondurre la perforazione alle biopsie praticate dagli operatori della struttura sanitaria per un ‘malaccorto pinzamento’ » e che comunque la complicanza era stata «monitorata accuratamente dai sanitari dell’ RAGIONE_SOCIALE ». COGNOME.COGNOME.
Le censure mosse con i motivi qui scrutinati appaiono, dunque, effettivamente fondati, perché la motivazione della sentenza
Deve altresì rilevarsi l’assoluta contraddittorietà (dell’ipotetica) motivazione: se anche si volesse intendere che la corte territoriale
La corte d’appello neppure si è fatta carico di esplicitare le ragioni per cui ha ritenuto non condivisibili le risultanze del collegio peritale
d’appello.
Come questa Corte ha già avuto modo di affermare, se nel corso del giudizio vengono nominati, in tempi successivi, due
In particolare, allorquando intenda uniformarsi al parere di uno dei consulenti, non può limitarsi ad un’acritica adesione ad esso, ma deve, invece, valutare le eventuali censure di parte e giustificare la propria preferenza, indicando le ragioni per cui ritiene di dover disattendere le conclusioni dell’altro consulente, salvo che queste non siano state già criticamente esaminate nella nuova relazione peritale, nel qual caso soltanto sarà sufficiente accettare ragionatamente le conclusioni di quest’ultima, senza necessità di una minuziosa ed analitica confutazione degli argomenti esposti nell’altra (Cass. 17/05/2022, n.15721); mentre è tenuto a farsi carico di sviluppare un’analisi comparativa con le altre consulenze, che risulta imprescindibile laddove le conclusioni recepite non siano idonee a palesare, da sole, le ragioni della adesione espressa dal giudicante (Cass. 26/05/2021 , n. 14599).
Il quarto motivo di ricorso è inammissibile.
La corte d’appello ha ritenuto con un apprezzamento di fatto incensurabile in cassazione, se non per vizio di motivazione (la motivazione nel caso di specie supera il minimo costituzionale: a p. 16 la corte territoriale enuncia le ragioni per cui ha disatteso le risultanze del collegio peritale, facendo leva su quanto risultante dal doc. 30 del fascicolo di parte attrice e dalle allegazioni difensive della stessa), che la ricorrente era stata informata della natura dell’intervento e delle sue implicazioni e che il ripristino della funzionalità organica e il superamento delle problematiche indotte dalla ileostomia era mancato per scelta della ricorrente «non altrimenti giustificata che dalla paura dell’intervento».
Il quinto motivo resta assorbito.
Alla fondatezza p.q.r. del secondo e del terzo motivo, assorbito il quinto, inammissibili il primo e il quarto, consegue l’accoglimento del ricorso e la cassazione in relazione ai motivi accolti dell’impugnata sentenza con rinvio alla Corte d’appello di
liquidazione delle spese del giudizio di cassazione.
Va disposto che, in caso di utilizzazione del presente provvedimento in qualsiasi forma, sia omessa l’indicazione delle
generalità e degli altri dati identificativi di
NOME.
P.Q.M.
La Corte accoglie p.q.r. il secondo e il terzo motivo, assorbito il quinto, inammissibili il primo e il quarto, cassa in relazione ai motivi accolti l’impugnata sentenza con rinvio alla Corte d’appello di Roma, in diversa composizione, che provvederà anche alla liquidazione delle spese del giudizio di cassazione.
Dispone l’oscuramento dei dati personali di nei termini di cui in motivazione. NOME.
Così deciso nella Camera di Consiglio del 6 giugno 2025 dalla Terza sezione civile della Corte di Cassazione.
Il Presidente NOME COGNOME