Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 2 Num. 5643 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 2 Num. 5643 Anno 2025
Presidente: NOME COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 03/03/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 17440/2020 R.G. proposto da: RAGIONE_SOCIALE DOMENICO COGNOME INDIRIZZO NAPOLI rappresentato e difeso dall’avvocato NOME COGNOME
– ricorrente –
contro
COGNOME rappresentato e difeso dall’avvocato COGNOME
– controricorrente –
nonché contro
COGNOME NOME
-intimati –
avverso la sentenza della CORTE D’APPELLO di NAPOLI n. 3528/2019 depositata il 25/06/2019.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 31/01/2025 dal Consigliere NOME COGNOME
FATTI DI CAUSA
Il Tribunale di Napoli rigettava la domanda proposta da NOME, COGNOME NOME e COGNOME NOME, quali eredi di COGNOME NOME, ai quali subentrava il loro avente causa COGNOME NOME, di accertamento della decadenza del vincolo di destinazione a casa del portiere dell’appartamento int. 10 del fabbricato sito in Napoli al INDIRIZZO e determinava il canone dovuto dal Condominio in euro 500,00 a decorrere dal febbraio 2002, salvi gli aggiornamenti successivi secondo la previsione del contratto del 15 febbraio 1925, ha proposto appello il Condominio in Napoli dell’edificio di INDIRIZZO deducendo a sostegno quattro motiv
Il Condominio in Napoli edificio di INDIRIZZO proponeva appello avverso la suddetta sentenza.
COGNOME COGNOME si costituiva in giudizio eccependo, in via del tutto preliminare, il difetto di rappresentanza del condominio a proporre il gravame mancando sia il mandato sia la necessaria delibera assembleare e, nel merito, chiedendo il rigetto dell’appello .
La Corte d’appello di Napoli accoglieva in parte il gravame e, i n parziale riforma dell’impugnata sentenza, condanna va il Condominio in Napoli al INDIRIZZO alla corresponsione del canone mensile di euro 397,94 (trecentonovantasette,94) oltre interessi legali dal 4.2.2002 a favore di COGNOME NOME.
I l tema centrale della vertenza poteva così riassumersi: NOME, COGNOME NOME e COGNOME NOME, quali eredi di COGNOME NOME, ai quali subentrava il loro avente causa COGNOME
Ric. 2020 n. 17440 sez. S2 – ad. 31/01/2025
NOME, esponevano di essere proprietari di un appartamentino in Napoli, INDIRIZZO piano terra, int. 10, di circa 80 mq, condotto in locazione dal Condominio che lo aveva destinato ad abitazione del portiere prima e ad uso del custode diurno dopo, pagando un canone mensile di euro 120,85 mai rivalutato nonostante plurime istanze avanzate.
Pertanto, parte attrice chiedeva dichiararsi la cessazione del rapporto locatizio ad ‘uso diverso’ dall’abitazione con condanna del condominio alla restituzione nonché la rivalutazione del canone dalla somma in corso di pagamento a quella di mercato indicata in euro 619,75, a decorrere dalla domanda nonché al risarcimento dei danni pari al costo delle opere di ripristino delle condizioni originarie.
Il Condominio aveva dedotto che l’appartamento era sottoposto al vincolo di destinazione a casa del portiere di natura reale, riconducibile alla fattispecie delle obbligazioni propter rem , in virtù dell’atto per notar Saggese del 15.2.1925 rep. n. 13806, col quale il condominio aveva concesso a COGNOME Luigi, dante causa degli attori, la facoltà di costruire detto appartamento in uno spazio condominiale -prima destinato alla discesa nello scantinato -col vincolo permanente di destinazione dell’unità così ricavata ad abitazione del portiere del fabbricato dietro corrispettivo che il portiere di turno avrebbe pagato nella misura da determinarsi secondo criteri prestabiliti.
Quanto alla misura del canone la clausola non escludeva la possibilità di aggiornamento secondo gli indici Istat ovvero secondo le modalità di cui all’art. 6 del rogito notarile.
5.1 Con successivo atto di citazione gli attori promuovevano nuovo giudizio diretto ad ottenere la declaratoria di decadenza del vincolo imposto sull’immobile conseguente alla mutata destinazione di fatto da casa di abitazione del portiere ad alloggio diurno del custode.
5.2 Si costituiva anche in questo giudizio il Condominio chiedendo il rigetto della domanda.
5.3 Riuniti i due giudizi, espletata fase istruttoria, il Tribunale aveva ritenuto sussistente sia il vincolo di destinazione avente il carattere di realità con conseguente trasmissibilità agli aventi causa, sia la clausola di adeguamento del corrispettivo ai canoni medi praticati nel condominio col risultato della attualizzazione del suo ammontare in euro 500,00, alla stregua dei dati di comune conoscenza, con decorrenza dalla data della domanda.
5.4 La Corte d’Appello riteneva che la determinazione del canone mensile nella misura di euro 500,00 effettuata dal primo giudice fosse carente di adeguata motivazione e soprattutto non suffragata da idonei riscontri oggettivi. Pertanto, disposta consulenza tecnica di ufficio, la riduceva secondo il valore indicato dall’ausiliario di euro 397,94 (trecentonovantasette,94).
Infine, la Corte riteneva infondato il motivo dedotto secondo cui il corrispettivo originariamente determinato era riferito ad una durata quadrimestrale, trattandosi di motivo nuovo articolato per la prima volta in sede di gravame e comunque, dalla documentazione prodotta emergeva che il canone era previsto nella misura mensile di euro 120,85= anche se la concreta corresponsione avveniva a favore del proprietario ogni quattro mesi.
Quanto poi alla decorrenza del canone, così come accertato dal consulente tecnico di ufficio, esso non poteva che decorrere dalla domanda, ossia dal 4 febbraio 2002. Da tale data decorrevano altresì gli interessi nella misura legale.
Il Condominio in Napoli edificio di INDIRIZZO ha proposto ricorso per cassazione avverso la suddetta sentenza sulla base di otto motivi di ricorso.
Allocca Lugi ha resistito con controricorso
Il Condominio ricorrente con memoria depositata in prossimità dell’udienza ha insist ito nelle sue richieste.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Il primo motivo di ricorso è così rubricato: Violazione e falsa applicazione dell’art. 112 c.p.c., e dell’art. 24 Cost.; in relazione all’art. 360, comma 1, n. 4 c.p.c..
La Corte di Appello ha condannato il Condominio alla corresponsione del canone mensile di € 397,94 per il vincolo reale, dalla data della domanda (4.2.2002), oltre interessi legali, in favore del sig. NOME COGNOME
Tale pronuncia sarebbe illegittima in quanto la Corte di Appello, rideterminando il canone, ha palesemente modificato il fatto costitutivo del diritto di credito posto a fondamento della domanda degli originari attori.
La Corte di Appello non avrebbe tenuto in alcuna considerazione la pronuncia del Tribunale che aveva ritenuto che la domanda di un canone libero di mercato era stata effettuata esclusivamente in ragione della cessazione del vincolo reale e della conseguente riconduzione del rapporto in questione alla fattispecie della locazione e non in ragione della permanenza del vincolo reale
stesso. Sul punto la sentenza di primo grado sarebbe passata in giudicato e in ogni caso la Corte d’Appello avrebbe violato l’art. 2909 c.c..
Il secondo motivo di ricorso è così rubricato: Violazione e falsa applicazione dell’art. 2909 c.c., degli artt. 346 e 112 c.p.c., e dell’art. 24 Cost.; in relazione all’art. 360, comma 1, n. 3 e n. 4, c.p.c.
La Corte di Appello non avrebbe considerato che il Tribunale di Napoli, con la sentenza che ha definito il primo grado del presente giudizio, ha emesso esclusivamente una pronuncia ‘dichiarativa’, ‘determinando’ il canone in € 500,00, senza pronunciare alcuna ‘condanna’ del Condominio a l pagamento dello stesso.
Il rigetto della domanda di condanna e, comunque, l’omessa pronuncia sulla stessa non è stato oggetto di impugnazione o riproposizione da parte del sig. NOME COGNOME
Inoltre, quest’ultimo ha anche chiesto la conferma della pronuncia dichiarativa
Sarebbe illegittima anche la pronuncia sugli interessi legali. Anche tale statuizione, infatti, violerebbe il giudicato interno formatosi sia a seguito dell’omessa impugnazione, sia a seguito della domanda del sig. NOME COGNOME di conferma della sentenza del Tribunale con la quale è stato stabilito che ‘ gli interessi per gli arretrati non sono dovuti, atteso che l’obbligo del pagamento della maggior somma non sussisteva prima della presente sentenza ‘ (V. pag. 10 della sentenza).
2.1 I primi due motivi di ricorso sono infondati.
Deve premettersi che costituisce orientamento del tutto consolidato quello secondo il quale il potere-dovere del giudice di
inquadrare nella esatta disciplina giuridica i fatti e gli atti che formano oggetto della contestazione incontra il limite del rispetto del “petitum” e della “causa petendi”, sostanziandosi nel divieto d’introduzione di nuovi elementi di fatto nel tema controverso, sicché il vizio di “ultra” o “extra” petizione ricorre quando il giudice di merito, alterando gli elementi obiettivi dell’azione (“petitum” o “causa petendi”), emetta un provvedimento diverso da quello richiesto (“petitum” immediato), oppure attribuisca o neghi un bene della vita diverso da quello conteso (“petitum” mediato), così pronunciando oltre i limiti delle pretese o delle eccezioni fatte valere dai contraddittori (Sez. 1, Sentenza n. 9002 del 11/04/2018, Rv. 648147 – 01) .
Ciò premesso deve osservarsi come la domanda di NOME COGNOME era anche di rideterminazione del canone dovuto. La tesi secondo cui la domanda era legata solo al venir meno del vincolo reale sul bene è del tutto destituita di fondamento.
D’altra parte lo stesso ricorrente cita la giurisprudenza di questa Corte secondo cui in tema di interpretazione delle domande giudiziali, il giudice non è condizionato e dalle parole utilizzate dalla parte deve tener conto dell’intero contesto dell’atto, senza alterarne il senso letterale ma, allo stesso tempo, valutandone la formulazione testuale e il contenuto sostanziale in relazione all’effettiva finalità che la parte intende perseguire (Sez. L, Ordinanza n. 19435 del 20/07/2018, Rv. 649970 – 01).
La qualificazione della domanda è compito del giudice del merito che deve accertare e valutare il contenuto sostanziale della pretesa, quale desumibile non esclusivamente dal tenore letterale degli atti ma anche dalla natura delle vicende rappresentate dalla
medesima parte e dalle precisazioni da essa fornite nel corso del giudizio, nonché dal provvedimento concreto richiesto, con i soli limiti della corrispondenza tra chiesto e pronunciato e del divieto di sostituire d’ufficio un’azione diversa da quella proposta. Il relativo giudizio, estrinsecandosi in valutazioni discrezionali sul merito della controversia, è sindacabile in sede di legittimità unicamente se sono stati travalicati i detti limiti o per vizio della motivazione (Sez. 3, Ord. n. 13602 del 2019).
Anche la tesi della pronuncia meramente dichiarativa è del tutto infondata. La sentenza di primo grado aveva determinato il canone dovuto dal condominio in euro 500,00 a decorrere dalla data della domanda (4 febbraio 2002). Il condominio aveva proposto appello e COGNOME aveva reiterato la domanda. Se la pronuncia fosse di mera determinazione del canone perderebbe di significato l’individuazione della data della sua decorrenza così come la pronuncia sulla non debenza degli interessi. Quanto a questi ultimi deve condividersi la tesi del controricorrente secondo cui la sentenza del Tribunale non si riferiva agli interessi legali ma al maggior danno ex art. 1224 comma secondo, c.c.
Il terzo motivo di ricorso è così rubricato: Violazione e falsa applicazione dell’art. 2697 c.c., dell’art. 115 c.p.c.; degli artt. 61, 191 e 194 c.p.c.; in relazione all’art. 360, comma 1, n. 3, c.p.c..
Il Tribunale ha rilevato la ‘ assenza di riscontro ‘ di canoni di locazione ‘ all’interno del fabbricato oggetto di causa ‘ e, nonostante ciò, ha disposto la C.T.U. per determinare il valore locativo del quartino in questione.
La clausola contrattuale del 1925, istitutiva del vincolo reale, stabilisce che il relativo corrispettivo deve essere proporzionato e
correlato ‘ al valore dei fitti medii delle altre località facenti parte della nuova costruzione sull’ala franata ‘ del Condominio.
La assunta (e sopra contestata) avversa domanda di attualizzazione del corrispettivo, quindi, doveva essere supportata dalla prova del valore dei menzionati ‘ fitti medi ‘.
3.1 Il motivo è anch’esso infondato.
Lo stesso ricorrente riferisce che la Corte in assenza di riscontro dei canoni di locazione all’interno del fabbricato ha disposto una consulenza tecnica per stabilire il valore del canone spettante ai proprietari dell’appartamento.
In tali casi il giudice può assegnare alla consulenza tecnica d’ufficio ed alle correlate indagini peritali funzione ” percipiente ” quando essa verta su elementi già allegati dalla parte, ma che soltanto un tecnico sia in grado di accertare per mezzo delle conoscenze e degli strumenti di cui dispone (Sez. 6 – 3, Ordinanza n. 13736 del 03/07/2020 (Rv. 658504).
Deve richiamarsi il seguente principio di diritto: La consulenza tecnica di ufficio, non essendo qualificabile come mezzo di prova in senso proprio, perché volta ad aiutare il giudice nella valutazione degli elementi acquisiti o nella soluzione di questioni necessitanti specifiche conoscenze, è sottratta alla disponibilità delle parti ed affidata al prudente apprezzamento del giudice di merito. Questi può affidare al consulente non solo l’incarico di valutare i fatti accertati o dati per esistenti (consulente deducente), ma anche quello di accertare i fatti stessi (consulente percipiente), ed in tal caso è necessario e sufficiente che la parte deduca il fatto che pone a fondamento del suo diritto e che il giudice ritenga che
l’accertamento richieda specifiche cognizioni tecniche. (Sez. 3 – , Ordinanza n. 3717 del 08/02/2019, Rv. 652736 – 01).
Ne consegue che nessuna violazione delle norme indicate nella rubrica del motivo si è realizzata.
Il quarto motivo di ricorso è così rubricato: Violazione e falsa applicazione degli artt. 132, comma 1, n. 4, c.p.c., e 118 disp. att. c.p.c., degli artt. 111, comma 6, e 24 Cost., degli artt. 1578 e 1581 c.c.; in relazione all’art. 360, comma 1, n. 3 e n. 4, c.p.c..
La Corte di Appello, facendo proprie le affermazioni del C.T.U. e trascrivendole nella sentenza, ha determinato il canone di locazione del quartino alla data del 13.1.2016 (data del deposito della relazione tecnica), in € 397,94 mensili, secondo il metodo d i valutazione sinteticocomparativo, fondato sull’analisi comparativa dei prezzi di mercato della locazione, all’attualità, di beni aventi caratteristiche simili a quelle del quartino stesso.
La pronuncia di condanna è illegittima in quanto è in inconciliabile ed in irriducibile contrasto con le affermazioni contenute nella motivazione della sentenza.
La Corte di Appello ha prima affermato di voler determinare il canone locativo di mercato all’attualità secondo il metodo di valutazione sintetico-comparativo. Su tale presupposto lo ha determinato in € 397,94 mensili. Successivamente ha negato che questo sia l’effettivo valore del canone di locazione in quanto il quartino non è idoneo al pernottamento ed, infine -nonostante ciòha inspiegabilmente condannato il Condominio al pagamento dello stesso canone di € 397,94.
5.1 Questo motivo di ricorso è invece fondato.
La Corte d’Appello ha accolto l’appello del ricorrente sulla somma da riconoscere a titolo di canone fondando la decisione su una consulenza tecnica che ha motivato il criterio in base al quale ha calcolato il valore locatizio. Il consulente, dopo aver determinato il canone di mercato per quel bene in euro 397,00 ha evidenziato che quel valore non corrispondeva a quello effettivo perché doveva tenersi conto del fatto che l’appartamento non era idoneo al pernottamento.
La Corte d’Appello, invece, non ha tenuto conto di tale rilevante circostanza e di conseguenza ha disatteso sul punto le conclusioni del CTU pur affermando di volersi adeguare alla consulenza. Infatti, in sentenza si richiama il principio secondo il quale il giudice di merito che riconosce convincenti le conclusioni del consulente tecnico non è tenuto ad esporre in modo specifico le ragioni che lo inducono a fare propri gli argomenti dell’ausiliare se dalla indicazione della consulenza tecnica possa desumersi che le contrarie deduzioni delle parti siano state rigettate, dato che in tal caso l’obbligo della motivazione è assolto con l’indicazione della fonte dell’apprezzamento espresso.
In altri termini, la Corte d’Appello nonostante abbia espressamente motivato rimandando alle conclusioni della CTU in realtà le ha fraintese e, anzi, in sostanza le ha disattese, non tenendo conto del rilievo del consulente che dopo aver determinato il valore di mercato del canone in euro 397,936 ha affermato espressamente che il cespite come da verbale della ASL non è idoneo al pernottamento e pertanto il canone indicato non è applicabile alle condizioni attuali dell’appartamento.
L’errore di diritto è palese e pertanto si rende necessario cassare la sentenza in relazione a tale motivo.
Il quinto motivo di ricorso è così rubricato: Violazione e falsa applicazione degli artt. 105, 100, 111 e 112 c.p.c.; in relazione all’art. 360, comma 1, n. 3 e n. 4, c.p.c..
NOME COGNOME ha dedotto di avere acquistato l’immobile in questione in data 2.8.2007 ed è intervenuto nel presente giudizio con comparsa di costituzione datata 25.10.2007, facendo proprie tutte le domande e le eccezioni formulate dai precedenti proprietari con i due atti di citazione.
La Corte di Appello ha condannato il Condominio al pagamento del canone mensile di € 397,94 a decorrere dal 4.2.2002 a favore del sig. NOME COGNOME .
Il sesto motivo di ricorso è così rubricato: Violazione e falsa applicazione dell’art. 112, dell’art. 115 c.p.c.; in relazione all’art. 360, comma 1, n. 4 c.p.c..
Il Condominio ha sempre corrisposto ai proprietari del quartino il canone quadrimestrale originariamente pattuito, rivalutandolo annualmente secondo gli indici istat.
Di conseguenza sarebbe nulla per vizio di ultrapetizione e, comunque, extrapetizione, la pronuncia di condanna che non contiene la precisazione che dal canone mensile determinato di € 397,94 devono essere detratte le somme già corrisposte dal Condominio.
Il settimo motivo di ricorso è così rubricato: Violazione e falsa applicazione degli artt. 132, comma 1, n. 4, e 118 disp. att. c.p.c., degli artt. 111, comma 6, e 24 Cost., degli artt. 2697 c.c.,
dell’art. 115 c.p.c., degli artt. 1578 e 1581 c.c.; in relazione all’art. 360, comma 1, n. 3 e n. 4, c.p.c.
Non si comprenderebbe per quale ragione il canone, che è stato determinato dal C.T.U. ai valori di mercato esistenti al momento del deposito della sua relazione (16.1.2016), debba poi decorrere dal 2002.
Inoltre, gli originari attori non hanno fornito alcuna prova dei valori dei ‘fitti medi’ dell’anno 2002 relativi alla costruzione sull’ala franata, a cui fa riferimento la clausola contrattuale istitutiva del vincolo reale del 1925.
L’ottavo motivo è così rubricato: Violazione e falsa applicazione dell’art. 112 c.p.c. degli artt. 91 e 92, comma 2, c.p.c., dell’art. 274 c.p.c. in relazione all’art. 360, comma 1, n. 3 e n. 4, c.p.c..
La Corte di Appello avrebbe erroneamente compensato le spese del doppio grado del giudizio per soccombenza reciproca.
I motivi di ricorso dal quinto all’ottavo restano logicamente assorbiti dall’accoglimento del quarto, dovendo il giudice di rinvio (Corte d’Appello di Napoli in diversa composizione) rideterminare il quantum dovuto tenendo conto della non abitabilità dell’appartamento evidenziata dall’ausiliare e provvedere ad una nuova liquidazione delle spese di lite e di quelle del presente giudizio.
P.Q.M.
La Corte accoglie il quarto motivo di ricorso, rigetta i primi tre motivi e dichiara assorbiti i restanti, cassa la sentenza impugnata in relazione al motivo accolto e rinvia alla Corte d’Appello di Napoli
in diversa composizione che provvederà anche in ordine alle spese del giudizio di legittimità;
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della 2^ Sezione