Ordinanza di Cassazione Civile Sez. L Num. 22592 Anno 2025
Civile Ord. Sez. L Num. 22592 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME COGNOME
Data pubblicazione: 05/08/2025
Oggetto
Lavoro subordinato
R.G.N.13560/2022
COGNOME
Rep.
Ud.08/04/2025
CC
ORDINANZA
sul ricorso 13560-2022 proposto da:
NOME COGNOME rappresentato e difeso dall’avvocato NOME COGNOME
– ricorrente –
contro
DITTA COGNOME in persona del suo titolare, rappresentata e difesa dall’avvocato NOME COGNOME
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 114/2022 della CORTE D’APPELLO di L’AQUILA, depositata il 14/04/2022 R.G.N. 291/2021; udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 08/04/2025 dal Consigliere Dott. NOME COGNOME.
FATTI DI CAUSA
Con la sentenza in epigrafe indicata la Corte d’appello di L’Aquila rigettava l’appello proposto da NOME COGNOME contro la sentenza del Tribunale di Teramo n. 217/2021, che aveva respinto il suo ricorso, proposto nei confronti di COGNOME NOMECOGNOME teso ad ottenere il riconoscimento del proprio diritto a differenze retributive per un totale di € 32.276,67 (oltre accessori), a titolo di compenso per lavoro straordinario e differenze sulle mensilità aggiuntive e sul trattamento di fine rapporto, in riferimento ai rapporti di lavoro a tempo determinato intercorsi tra le parti nei non continuativi periodi indicati, con mansioni di bracciante agricolo e con inquadramento quale operaio di Area 3 del vigente C.C.N.L. Agricoltura.
La Corte territoriale, riferiti i due motivi di gravame formulati dall’appellante, li esaminava congiuntamente e li disattendeva, ritenendo che, non avendo fornito l’appellante tranquillante prova dei fatti costitutivi posti a sostegno della domanda di retribuzione del lavoro straordinario, doveva ritenersi che lo stesso non aveva assolto all’onere probatorio sullo stesso gravante.
Avverso tale decisione NOME COGNOME ha proposto ricorso per cassazione, affidato a due motivi.
L’intimato resiste con controricorso.
Il Consigliere delegato ex art. 380 bis c.p.c. novellato, con atto depositato il 10.5.2024, ha proposto la definizione del ricorso per cassazione nel senso della sua manifesta infondatezza.
Con atto depositato telematicamente il 10.6.2024, il difensore del ricorrente ha chiesto la decisione del ricorso.
Il controricorrente ha depositato memoria.
MOTIVI DELLA DECISIONE
Osserva il Collegio che nella cennata proposta in data 10.5.2024 si è considerato che:
<Il ricorso è manifestamente infondato e deve essere respinto in conformità del precedente di questa Corte intervenuto in fattispecie sovrapponibile a quella in esame (Cass. 11977/2024);
ed invero, quanto al primo motivo, va qui ribadito che i verbali redatti dai funzionari degli enti previdenziali e assistenziali o dell'Ispettorato del lavoro fanno piena prova dei fatti che i funzionari stessi attestino avvenuti in loro presenza o da loro compiuti, mentre, per le altre circostanze di fatto che i verbalizzanti segnalino di avere accertato (ad esempio, per le dichiarazioni provenienti da terzi, quali i lavoratori, rese agli ispettori) il materiale probatorio è liberamente valutabile e apprezzabile dal giudice, unitamente alle altre risultanze istruttorie raccolte o richieste dalle parti (cfr. Cass. 19/04/2010 n. 9251). Neppure la dichiarazione di fatti a sé sfavorevoli resa dal datore di lavoro in un verbale ispettivo ha valore di confessione stragiudiziale con piena efficacia probatoria nel rapporto processuale, ma costituisce prova liberamente apprezzabile dal giudice. L'ispettore del lavoro, pur agendo quale organo della P.A., non la rappresenta in senso sostanziale, e, quindi, non è il destinatario degli effetti favorevoli, ed è assente l'animus confitenti, trattandosi di dichiarazione resa in
funzione degli scopi dell'inchiesta (cfr. Cass. 07/09/2015 n. 17702);
il secondo motivo, che denunzia vizio di motivazione ex art. 360, comma 1 n. 5 c.p.c. è inammissibile, ai sensi dell'art. 348 ter ultimo comma c.p.c., per <> non avendo parte ricorrente indicato le ragioni di fatto poste a base, rispettivamente, della decisione di primo grado e della sentenza di rigetto dell’appello, dimostrando che esse sono tra loro diverse (cfr. recentemente Cass. 28/02/2023 n. 5947 e già 22/12/2016 n. 26774)’.
Rileva il Collegio che il ricorrente: 1) con il primo motivo denuncia ‘Violazione dell’art. 360 n. 3 c.p.c. in relazione alla falsa ed errata applicazione dell’art. 10. C. 5, d.lgs. n. 124/2004 circa l’efficacia probatoria del verbale dell’Ispettorato d el lavoro’; 2) con il secondo motivo denuncia ‘Violazione dell’art. 360 n. 5 c.p.c. per omesso esame circa un fatto decisivo della controversia, in riferimento al formale disconoscimento della dichiarazione liberatoria prodotta dal datore di lavoro, in copia, effettuato in sede di interrogatorio formale’.
Ebbene, l’ordinanza n. 11977/2024 di questa Corte, richiamata nella proposta di definizione e da intendersi in questa sede integralmente richiamata, si è effettivamente espressa nel senso del complessivo rigetto del ricorso per cassazione proposto da altro lavoratore, in base a due motivi identici a quelli sopra riassunti, avverso altra sentenza della medesima Corte territoriale, ma resa in fattispecie largamente sovrapponibile a quella oggetto del ricorso in esame, che vedeva quale convenuto in prime cure e poi controricorrente in questa sede il medesimo datore di lavoro.
In definitiva, in conformità alla suddetta proposta (oltre che al precedente praticamente specifico sopra cit.), il ricorso dev’essere rigettato.
Il ricorrente, in quanto soccombente, dev’essere condannato al pagamento, in favore del controricorrente, delle spese di questo giudizio di legittimità, liquidate come in dispositivo, ed è tenuto al versamento di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso, ove dovuto. Inoltre, ai sensi dell’art. 380 bis, ult. comma, c.p.c. novellato, siccome il giudizio di legittimità viene definito in conformità alla proposta di cui sopra, devono essere applicati il terzo ed il quarto comma dell’art. 96 c.p.c. nei termini specificati in dispositivo.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso. Condanna la ricorrente al pagamento, in favore del controricorrente, delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in € 200,00 per esborsi e in € 3.000,00 per compensi professionali, oltre rimborso forfetario delle spese generali nella misura del 15%, IVA e C.P.A. come per legge; condanna, altresì, il ricorrente al pagamento, in favore della controricorrente, della somma di € 1.500,00, ex art. 96, comma terzo, c.p.c., ed al pagamento, in favore della cassa delle ammende, della somma di € 1.500,00, ex art. 96, comma quarto, c.p.c.
Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis, se dovuto.
Così dec iso in Roma nell’adunanza camerale dell’8.4.2025.
La Presidente
NOME COGNOME